Dennis Rodman, uno dei più grandi difensori di sempre, non sarà dimenticato tanto in fretta…
Purtroppo di uno sport spesso ci si dimentica una cosa fondamentale.
Ci si ricorda sempre dei grandi giocatori, di quelli che hanno fatto la differenza, di quelli che segnavano trenta punti a partita, o segnavano una punizione incredibile.
La bravura di tali giocatori però stava nel saper battere la difesa. Quella stessa difesa che magari la volta prima aveva saputo resistere. I difensori chi se li ricorda? Quasi nessuno, e pochi sanno ancora oggi cosa significa vincere concedendo un punto in meno, piuttosto che facendone uno in più.
Questo articolo è volto a ricordare i fondamenti di una difesa, quella del basket, che in molti hanno dimenticato.
Leggendo i vari articoli pubblicati nel sito mi sono reso conto come la propria metà campo sia dimenticata a vantaggio di percentuali, punti e assist. Per questo motivo vorrei eleggermi a difesa di tutti quei giocatori che fecero della difesa la loro arma vincente (perdonate il gioco di parole). Talvolta anche di ottimi attaccanti che però avevano l’umiltà di contenere tutti i danni possibili quando il possesso era in mano avversaria.
I grandi difensori non sono mancati nella storia del basket NBA, anzi. I grandi difensori sono stati dimenticati. Non tutti, ma alcuni sì.
Non meritano forse anche loro un po’ di onore nella storia di questo sport?
Non prevedo classifiche, né confronti, solo di ricordare tutti coloro ai quali madre natura donò grinta, sagacia, rapidità e cuore. Coloro che impararono le basi della difesa e le tramandarono ai posteri dopo averle arricchite.
Partendo da Bill Russell, per arrivare ai grandi difensori degli anni ’90 come Gary Payton e Dennis Rodman. I rimbalzisti, i ladri di palloni, i “liberi” in mezzo all’area pronti a stoppare.
Prima di parlare nel dettaglio di chi furono i grandi della metà campo difensiva, penso sia anche giusto spiegare in cosa consiste la miglior difesa. E di questo argomento tratterò in questo articolo.
La difesa nella NBA
Il primo punto fondamentale della difesa NBA è la quasi totale mancanza di una difesa a zona. Il che rende più facile il mio lavoro, e più spettacolare e agonistico il gioco.
La base dell’attacco odierno oggi è l’uno contro uno. Sappiamo tutti qual è l’obiettivo dell’attaccante, ma cosa deve fare un difensore? Molte più cose del suo avversario, ma sostanzialmente non farsi battere.
In caso di uomo battuto accorreranno degli aiuti difensivi e interverranno delle rotazioni per coprire gli scarichi più facili, ma se l’aiuto fosse in ritardo allora l’attaccante potrà tirare.
E qui sorge il dilemma più grande per un giocatore: stoppare o non stoppare?
Nel primo caso le conseguenze possono essere due: la gloria e la rovina, nel secondo si alza una mano ad ostacolare, senza rischiare il fallo, e quando l’avversario scende lo si taglia fuori per catturare il rimbalzo.
Se il tiro entra la nostra sessione difensiva è finita, se il tiro esce è il momento di prendere il rimbalzo.
“Chi non impara il rimbalzo non entra in partita”.
Un rimbalzo in più dell’avversario potrebbe garantire la vittoria, ma per prendere il rimbalzo è necessario accettare di prendersi qualche gomitata in più nel pitturato.
Infine, c’è un altro tipo di azione che contraddistingue i giocatori che hanno il cuore e l’istinto dei difensori: il floor sweep.
Se davanti ai nostri occhi corre una palla vagante, il cui possesso può essere determinato dalla voglia di sbucciarsi le ginocchia e dal desiderio di vincere allora ci tufferemo per prenderla, a costo di farci male.
Queste sono le caratteristiche principali della difesa, varieranno a seconda degli schemi offensivi, della situazione a tabellone e del difensore, ma le basi sono queste.
Ci sono stati giocatori nella storia del gioco che non solo hanno accettato queste regole, ma che addirittura valutavano la propria partita contando le botte prese, i tagli, le bruciature che si procuravano sul parquet, gli sfondamenti subiti.
Tutte cose che non vanno a referto, o nei computer degli scouts, ma tutte cose che restano impresse nel cuore dei guerrieri dell’area, di quelle persone che accettano di farsi male per vincere, di quelli che si prendono un tiro in meno in attacco e sono i primi a rientrare per evitare il contropiede, di quelli che finita la partita vedono a zero il proprio score e si consolano perché hanno tenuto l’avversario più pericoloso al 30% dal campo.
La vecchia pubblicità della converse recitava questo testo:
“Before Mr. Taylor taught the world to play; before fiberglass, before parquet; before the word doctor was spelled with a “J”, and the ballrooms were ballcourts where the Renaissance played; before the hype and before the dunk, after the rhythm but before the funk; before the money and before the fame, before New and Old School, before the School had a name: it was only a ball, and the Soul of the Game.”
“Prima che Mr Taylor insegnasse al mondo a giocare; prima della vetroresina, prima del parquet; prima che la parola doctor fosse pronunciata con una “J”, e le sale da ballo fossero i campi dove giocava la Rinascente; prima della ferro smontabile e prima della schiacciata; prima dei soldi e prima della fama, prima della nuova e vecchia scuola, prima che la scuola avesse un nome: c’era solo una palla e l’anima del Gioco.”
Quella stessa anima che veniva dal cuore dei giocatori, dalla voglia di vincere e di lottare, quella stessa anima che infiamma lo spirito di quei giocatori che dimentichiamo, ma che cambiavano le partite nell’ombra, lottando con orgoglio e coraggio, spesso sgraziati, spesso con delle pessime mani in attacco, ma con un gran cuore.
Di questo tratterò nei prossimi articoli, di quello che succedeva quando la palla ce l’avevano gli avversari, di ciò che accadeva quando si giocava nella propria metà campo. Parlerò di quelli che si sporcavano le mani. Dei Guerrieri Dimenticati.