Grande intesa tra D'Antoni e Duhon.
“La gente sottovaluta Duhon. Penso veramente sia un buon giocatore di basket e che può essere un vincente sul campo. Ma non voglio paragonarlo a Steph (Marbury). Non penso sia giusto farlo.”
Così si è espresso in un’intervista Mike D’Antoni dopo che in estate i Knicks hanno annunciato l’ingaggio di Chris Duhon con un contratto biennale da 5.8 milioni di dollari a stagione, cioè l’intera l’eccezione salariale a disposizione del team.
“Chris si è fatto la reputazione di essere una point guard solida nella Lega, è per questo che l’abbiamo scelto” ha dichiarato con lungimiranza Donnie Walsh nella conferenza stampa in cui si annunciava il suo arrivo.
“Gioca bene in entrambi i lati del campo e prende sempre la decisione giusta quando ha la palla in mano”.
Molto spesso i campioni sulla carta non fanno la differenza e troppi galli in un pollaio rischiano di farlo scoppiare. Questa è una regola che il nuovo duo al vertice di NY conosce molto bene.
D’Antoni in particolare sa anche che qualche volta ci vuole coraggio non solo a prendere una decisione difficile, ma anche a conviverci dopo averla presa, che si finisca con una vittoria o con una sconfitta. Un po’ quello che sta succedendo ora nel team.
Duhon è diventato per la prima volta titolare di una squadra NBA e lo ha fatto nella maniera più difficile, gestendo ottimamente in pre-season la pressione dovuta al fattore-Marbury: alla prima sbadataggine, parecchi avrebbero gridato a gran voce il nome di Starbury.
L’ex allievo di Duke ha invece dimostrato sul campo una personalità inattesa, ma soprattutto una notevole talento nel fare la cosa giusta al momento giusto, senza strafare.
Come coach e leader, l’ex allenatore della Benetton sta lavorando bene e affidandosi a Duhon lo sta ampiamente dimostrando.
Se si continua sempre a tener d'occhio la statistica delle vittorie e delle sconfitte per determinare se la squadra sta facendo bene, spesso non si è in grado di fare una valutazione completa. Una vera attitudine vincente è data dallo standard di eccellenza.
Per costruire una squadra vincente è importante ricordare che i membri della squadra non devono essere perfetti, ma migliorare costantemente per raggiungere il massimo. Ci sono inoltre componenti umane che vanno oltre il lavoro e la tecnica.
Il cuore, per esempio, non è facilmente definibile e non è neppure comprensibile da tutti. L'allenatore ha il compito di scovarlo, ma è sempre riconosciuto dai giocatori sul campo.
Chi ce l’ha può tirar fuori il meglio da tutti gli altri con la sua passione e il suo coraggio.
Chris Duhon non è un nome altisonante su cui fantasticare e che fa sognare i tifosi, ma è uno che mette il cuore in campo e può realmente migliorare chi gli sta vicino.
Un giocatore essenziale senza tanti fronzoli, con una notevole attitudine difensiva, che gioca con intensità portando pressione sul portatore di palla avversario e con un tiro da 3 devastante.
Della serie: non c'è spazio e tempo per montarsi la testa, alla base di tutto c'è sacrificio e umiltà .
Pochi comunque si aspettavano che si calasse così bene nei panni dell’uomo-squadra.
Nei forum americani si legge spesso che coach Mike Krzyzewski avrebbe influenzato D’Antoni perché prendesse l’ex point guard di Duke.
Certo quattro anni con Krzyzewski sono stati fondamentali e Duhon è il tipo di giocatore che conosce il concetto di squadra ed è quindi perfetto per il sistema di gioco dantoniano.
Coach K ha spiegato bene che cos’è per lui la leadership in campo e Duhon sembra averlo appreso bene.
“Quando il leader è benvoluto dal gruppo, non viene messa in discussione la sua autorità e il compito è ben definito, egli non deve preoccuparsi del morale e può concentrarsi sul compito; quando invece non è ben accetto, dispone di poco potere e il compito è ambiguo, egli non è in grado di intervenire sul morale.”
E ancora: “Il modello ideale di giocatore è una persona capace di pensare, di fare delle scelte, non un atleta imbottito di nozioni, costruito per essere telecomandato.”
Il coach di Duke lo avrà anche segnalato a D’Antoni, ma il resto l’hanno fatto tecnico e soprattutto giocatore che ha fin qui dimostrato carattere e qualità umane non comuni.
Il merito di Duhon è stato senz’altro quello di riuscire in poco tempo a calarsi in una realtà complessa come quella di NY.
Certamente facilitato dalla presenza di un allenatore che è centro di unità e coesione per il gruppo, ma in primis grazie a una forte etica del lavoro, a una grande voglia di raggiungere con la massima determinazione gli obiettivi prefissati a inizio stagione e a un eccellente spirito di squadra.
Con in mente chiari gli insegnamenti di Krzyzewski a Duke, che “una squadra di basket è come le cinque dita di una mano; se puoi riunirle insieme, allora avrai un pugno. Così è come voglio che voi giochiate.”
Da questa frase che è ormai un classico del basket e non solo possiamo quindi dedurre che una squadra rispecchia sempre il carattere e il tipo di persona che è l’allenatore.
Si può allora dire che Duhon giocatore è frutto del modello di coach K, ma che si sta ora plasmando sulla personalità di Mike D’Antoni.
Dotato di un fisico non eccezionale, gioca con grande grinta, si sacrifica in difesa e in attacco sfrutta l’ottimo tiro da fuori.
Lavorando duramente, nel corso di questa stagione, è diventato il leader della squadra e i compagni stessi lo lodano pubblicamente dicendo che è un altruista come pochi, che non si tira mai indietro, che vuole giocare sempre e non è mai stanco.
Quello che colpisce guardando le sue statistiche è senz’altro la voce minuti giocati. In questa stagione è al primo posto nei Knicks e, se andiamo a spulciare nel suo passato, scopriamo che è leader all-time dell’Università di Duke proprio alla voce minutes played (4,813), oltre che nelle palle “rubate” (300).
Insomma uno stakanovista in campo che per D’Antoni gioca quaranta minuti a partita e finora è stato il collante che ha tenuto assieme la squadra.
“Se posso camminare giocherò” ha più volte detto Duhon a conferma di questa sua qualità di guerriero del parquet.
L’ex allievo di Mister K ha portato più ordine e soprattutto personalità in campo e sta concretamente dando una mano a cambiare la mentalità a New York giocando con il coltello tra i denti senza dimenticarsi di difendere.
Come, del resto, aveva detto il giorno in cui si è presentato.
“Scenderò in campo portando leadership e cercando di farci diventare una squadra.”
Chris Duhon è oramai una garanzia, è ottavo nella lega per numero di assist (7.9) ed è il cervello della squadra, la trasposizione del coach in campo. Inoltre ha dimostrato parecchia freddezza negli ultimi impegni, risultando determinante in attacco quando c’era bisogno.
Il 29 Novembre scorso, nella gara disputata con i Golden State Warriors, ha stabilito in nuovo record di franchigia per il numero di assist in una gara: 22. Bottino fantastico se pensiamo che il record resisteva dal lontano 1958 (detenuto da tale Richie Guerin).
Sarà Chris Duhon il vero leader che New York sta aspettando?