Miami: un Flash sul futuro

Dwyane Wade: gli Heat lavorano per tenerlo anche dopo il 2010

“Il momento è di quelli troppo importanti, e il rischio troppo grosso. Il pericolo è di fare la scelta sbagliata e, di conseguenza, mettere a rischio l’equilibrio che la squadra ha trovato, in una stagione vissuta con uno spirito decisamente diverso dalla precedente”

Eccoci. Non sono le dichiarazioni di un GM prima di procedere, o non procedere, con una trade importante, ma quello che avrei scritto io stesso soltanto qualche giorno fa, quando stavo per pubblicare il resoconto sulla stagione degli Heat.

Con la trade che ha portato in Florida Jermaine O’Neal (di cui peraltro si vociferava da tempo e per la quale probabilmente si aspettava proprio la pausa All Star), cambia tutto… o forse niente.

Dipenderà , diciamolo subito, dalle sue condizioni fisiche e da quanto saprà  produrre il centro di Columbia in maglia Heat, magari quello che non è riuscito a fare con i Raptors, che devono aver meditato a lungo prima di lasciarlo andare, ammettendo implicitamente di non aver indovinato le scelte estive e l’investimento messo in campo per portarlo da Indianapolis a Toronto.

Non è il caso di dilungarsi troppo sui particolari della trade, già  trattati in un apposito articolo: la sostanza è che, con tutte le varie implicazioni per quanto riguarda il salary cap dei prossimi anni, Jermaine O’Neal, Jamario Moon ed una futura prima scelta finiscono a Miami, in cambio di Shawn Marion e Marcus Banks.

Miami pre-trade…

Attenendoci sostanzialmente alla prima parte di stagione, possiamo affermare che i Miami Heat finora hanno viaggiato come treni rispetto all’annus horribilis (quello scorso), e non importa se il loro record (28-24) sia lontano un miglio da quello delle migliori della Eastern Conference.

In Florida nessuno si sogna di paragonare gli attuali Heat alle corazzate attualmente in vetta, ma lo scorso anno regala le stesse sensazioni di una foto ingiallita ritrovata per caso in soffitta, vecchia e distante nel tempo.

Wade e compagni hanno “trovato la via”, o meglio hanno trovato la loro via. E tanto basta, o meglio è bastato, per farne una squadra da playoff. Oltre a questo, nessuna illusione ma tanti programmi, soprattutto in chiave futura.

Con il ritorno in campo di Wade, gli Heat hanno trovato una nuova dimensione. Accanto al leader, ognuno sembra essersi ritagliato la sua fetta di spazio. Dai più attesi come Michael Beasley, per cui ora è stato liberato un bel posto nello starting five, ai veterani come Udonis Haslem.

Per la categoria sorprese, invece, prego consultare alla voce Mario Chalmers, utilissima seconda scelta di Minnesota, girata a Miami e protagonista fin qui di un’ottima stagione da rookie. Sorprendente forse più dello stesso Beasley, altro tipo di giocatore, con punti nelle mani e potenzialità  ancora da sviluppare.

C’è chi si sorprende, oggi, di questi Heat, così profondamente diversi da quelli della passata stagione. E adesso va a capire come stanno davvero le cose.

Il roster, qualcuno dice. Bè, in pratica la rosa fino a qualche giorno fa era la stessa dell’anno scorso con l’aggiunta dei due rookie di cui sopra. Dunque, a meno di voler considerare decisivi giocatori come Diawara, James Jones o Jamaal Magloire, possiamo concludere che dal roster grandi novità  non ne sono arrivate.

Allora l’allenatore? In estate, Pat Riley è tornato ad accomodarsi sulla poltrona del suo ufficio e la squadra è stata affidata al giovane Erik Spoelstra che, dopo il college a Portland e un paio d’anni d’esperienza in Germania, ha fatto ritorno a casa e trovato posto nello staff degli Heat.
Il più giovane allenatore della Nba si è trovato, nell’ordine: a dover guidare un gruppo reduce dalla peggior stagione della sua storia ventennale (15-67); a dover sostituire un Hall of Famer come Pat Riley; alle prese con un roster non certo di primissimo livello; con una chimica ed un equilibrio tutti da trovare.

Ora non so cosa accadrà  nella carriera di questo giovane coach, se vincerà  dieci titoli Nba o non passerà  mai un turno di playoff, ma di certo il suo lavoro lo sta facendo egregiamente.
Se poi, esperto o novellino, ogni sera ti trovi uno che gioca con la maglia numero 3, la maglia della tua squadra, e si chiama Dwyane Wade, tutto diventa improvvisamente più facile.

Flash sta confermando tutto ciò che di buono ha fatto vedere a Pechino: con quasi 28.5 punti di media, è il secondo marcatore della Lega, praticamente sugli stessi livelli di Lebron, ma è soprattutto il naturale trascinatore dei suoi.

… e after trade

Lo scambio Heat-Raptors ha aperto e immediatamente chiuso il mercato di Miami, che ora può concentrarsi sul resto della regular season. Nei giorni scorsi dichiarazioni di stima di tutti per tutti; il centro tanto cercato è arrivato, Shawn Marion, come ormai si sapeva, se n’è andato, e Wade contento per i chili aggiunti sotto canestro.

Se poi l’esperimento non funzionerà , nessun problema, intanto il contratto J O’Neal andrà  in scadenza, ma tu guarda, nell’estate 2010, per cui anche l’anno prossimo potrà  essere utilizzato come (eventuale) scambio.
Tutto ok, dunque?

Teoricamente sì. Gli obiettivi non cambiano di una virgola, semmai a cambiare sarà  la strategia e l’organizzazione di gioco. Con O’Neal, coach Spoelstra dovrà  rivedere i giochi in post della squadra, con il rookie Michael Beasley che, come detto, troverà  un posto stabile di un quintetto. A questo punto lo starting five, sulla carta, diventa potenzialmente molto competitivo. Già , sulla carta…

L’ultima parola, come sempre, dovrà  pronunciarla il campo, sempre che gli infortuni non tornino a bersagliare il centro ex Pacers.

Via Marion, la squadra perde chiaramente un’ala assolutamente affidabile soprattutto come supporto ai lunghi sotto canestro. Non dimentichiamo che, con i suoi 9 rimbalzi (circa) a sera, oltre a 12 punti di media, Matrix era il miglior rimbalzista della squadra. Jermaine andrà  a colmare questo vuoto, divenendo il centro titolare e prendendo il posto di Magloire, spesso partito in quintetto nelle ultime uscite, o di Anthony, che ha collezionato minuti importanti dopo essere partito titolare 28 volte in stagione, ma con soli 2.5 punti e 3.5 rimbalzi di media.

Lo staff di Miami è intervenuto proprio dove la squadra aveva più bisogno, sotto canestro. Chiaramente si chiudono le altre piste, quelle che forse la dirigenza pensava di seguire nel caso fosse fallito l’assalto a O’Neal, e quelle solo azzardate, peraltro con una buona dose di fantasia, come il possibile trasferimento di Amare Stoudemire in Florida.

Anche prendendo l’ipotesi per buona, la trade avrebbe comportato solo due soluzioni possibili: o il ritorno di Matrix in Arizona (improbabile, direi…), oppure l’allestimento di uno scambio a tre o più, comunque difficilmente costruibile, in questo periodo.

Ben più reale, a questo punto, sembra essere la possibilità  di trattenere la stella della squadra, quel Wade che finalmente si è lasciato alle spalle l’infortunio e la iella, ed è tornato a scatenare l’entusiasmo dei fans.

Da Miami giungono voci che riguardano l’ipotesi, che per ora resta tale, di un prolungamento del contratto di Flash per altri 4 anni dopo il 2010, la famosa stagione della possibile “grande mutazione” nella genetica Nba.

Le cifre in ballo sono di quelle importanti, ma a Miami sanno che per tornare grandi da qualche parte bisogna pure iniziare a costruire. E se il punto di partenza si chiama Dwyane Wade…
lui è il franchise-player, il giocatore intorno al quale gli Heat vorrebbero ricostruire già  da domani il loro futuro.

Perderlo significherebbe dover ripartire, per poi magari dare l’assalto a un altro big disponibile nell’estate dei grandi nomi liberi da vincoli. E allora fanno bene, a Miami, a portarsi avanti e lavorare già  per il rinnovo di Flash. Serviranno buone disponibilità  nel cap, ma anche un supporting cast intorno a lui pronto a supportare la sua (eventuale) permanenza in Florida.

Ora vedremo all’opera i rinnovati Heat che, tra fine febbraio e inizio marzo, giocheranno in casa 9 volte su 13, prima di un filotto di trasferte tra cui quella di Boston.

Per ora si punta a difendere l’attuale quinto posto nel ranking dell’Est dagli assalti di Sixers e Pistons, mentre qualcuno continuerà  a chiedersi cos’ha questa squadra più di altre, partite con ben altre ambizioni, e che invece ora arrancano nei bassifondi della Conference.

Ognuno di noi avrà  la sua risposta: intanto hanno uno dei migliori giocatori della Nba, poi tanta voglia di riscatto e forse più qualità  di quanto possa sembrare, nei meandri di un roster senza tanti “nomi”.

Ma la risposta migliore la darà  il campo. Come sempre. E come sempre avrà  ragione.

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