Mike Bibby, la chiave di volta degli Hawks
Atlanta non è avara di sorprese. Pochi infatti sanno che nel suo sottosuolo c’è un underground di 6 rioni su tre piani e che la capitale della Georgia non è solo la città della Coca Cola e della CNN, ma anche il luogo di nascita del movimento per i diritti civili, di Martin Luther King e di Julia Roberts.
Qui nel Peach State è passata gente che ha dato del tu alla palla a spicchi come Walt Bellamy, Pete Maravich, Bob Pettit, Dominique Wilkins e l’amore per il basket è sentito eccome. Anche perchè proprio in questo campo non sono mancati i colpi di scena nel corso degli anni.
Durante la Guerra di secessione americana, Atlanta fu rasa al suolo da un terribile incendio, ma in pochi anni fu ricostruita più fiorente di prima.
Un po’ quello che sta succedendo oggi agli Hawks, con le dovute proporzioni.
Erano una squadra anonima, piatta, sfilacciata, senza spunti interessanti che, prima della scorsa stagione, aveva nettamente la più lunga striscia di stagioni senza playoffs della Lega.
Un team giovane di belle speranze dall’atletismo straripante che non riusciva a ingranare.
Fino allo scorso aprile quando, dopo aver acciuffato l'ultimo posto disponibile per i playoff, hanno portato i Boston Celtics campioni NBA a gara 7 e, come una fenice, sono rinati dalle loro ceneri. Al primo turno hanno fatto meglio dei Lakers in Finale imponendosi come squadra rivelazione.
Grandi protagonisti delle gare disputate alla Philips Arena sono stati Joe Johnson e Josh Smith, ma a detta di molti è stato Mike Bibby a dare il “la” alla risalita dei falchi.
Lo scorso febbraio, mentre tutti aspettavano l’evolversi della trade più stravagante della stagione, quella che doveva poi portare Jason Kidd da New Jersey a Dallas, Atlanta, viaggiando a fari spenti, è riuscita a portarsi a casa il playmaker di Sacramento Mike Bibby.
Per diversi addetti ai lavori dare le “chiavi” del gioco al figlio del grande Henry Bibby è stato decisivo per la chimica della squadra. Sul parquet è il prototipo del metronomo e ha un’intelligenza cestistica spiccata. Un giocatore che sceglie quasi sempre la soluzione giusta, oltre a dettare i ritmi più adeguati al quintetto in campo.
Ora il team georgiano sembra avere finalmente una propria identità , un gioco organizzato e anche una apparente solidità mentale, ma cullarsi sugli allori e pensare di essere già arrivati potrebbe essere rischioso.
Quest’estate gli Hawks hanno cambiato di poco la loro fisionomia lasciando immutato il quintetto base che è lo stesso della passata stagione: Al Horford (che quest'anno è sophomore), Josh Smith, Marvin Williams, Joe Johnson e Mike Bibby. Unica assenza di rilievo è Josh Childress che in estate ha firmato con l'Olympiacos Pireo per 20 milioni di dollari in tre anni. Dopo la sua partenza, Atlanta ha investito sul contrattone di Josh Smith, grande stoppatore longilineo e atletico, un attaccante del ferro giovane in grado di crescere molto in prospettiva, ma che deve lavorare parecchio per migliorarsi in difesa e nel tiro da fuori.
Nel ruolo di centro Al Horford sta confermando di avere i numeri (10,4 PPG, 8,40 RPG, 2,5 APG) per essere un giocatore importante in post basso, mentre dall'ex North Carolina Marvin Williams (13,9 PPG, 6,50 RPG, 1,4 APG) ci si aspetta molto perché è migliorato con regolarità nelle sue tre stagioni tra i professionisti ed è ancora molto giovane.
Joe Johnson è ormai tra i giocatori più completi nella NBA, lo dicono le sue attuali statistiche: 21,6 punti, 4,4 rimbalzi e 6,1assist per gara. Una garanzia.
In panchina c'è sempre Mike Woodson, alla guida del team dal 2004, già assistant coach di Larry Brown nei Detroit Pistons campioni NBA 2003-04.
Dai comprimari può uscire qualche sorpresa. Sono arrivati a portare la loro esperienza Maurice Evans e Flip Murray, ci sono ancora Zaza Pachulia e Acie Law, secondo anno ancora grezzo che può dire la sua. E’ arrivato anche Thomas Gardner, giovane guardia che ha bisogno di farsi le ossa come il centro Randolph Morris, ex New York Knicks.
Il quintetto degli Hawks ha un'età media al di sotto dei 26 anni e i margini di miglioramento sono notevoli. Per questo Atlanta ha ora voglia di diventare protagonista a Est, ma dovrà spesso misurarsi con le proprie debolezze, soprattutto con la poca esperienza di diversi suoi giocatori. Gli obiettivi sono il miglioramento del record (35W-47L) dell’ultima regular season, il superamento del secondo turno dei playoffs e la crescita per i diversi giovani del roster.
La coesione di una squadra si costruisce partendo dalla difesa. Gli Hawks hanno tutte le caratteristiche per diventare una squadra difensiva in grado di forzare gli avversari a perdere palla. Per fare questo devono però riuscire a prendere più rimbalzi e gestire meglio il tagliafuori.
Recuperare più palloni, stoppare e migliorare a rimbalzo strade essenziali da seguire per migliorarsi. E Atlanta può farcela, anche se avrebbe bisogno di allungare la propria panchina con qualche giocatore di sostanza.
In una stagione come quella attuale tra alti e bassi e diversi infortuni sono state piuttosto significative le due ultime partite fatte coi Pistons (il 9 e l'11 Febbraio). Due vittorie che hanno dato morale alla squadra (alla sesta vittoria nelle ultime sette disputate) e che promettono di rappresentare una svolta importante. L’anno scorso in regular season avevano perse tutte e quattro le sfide coi Pistons.
Nella prima (85-78) tutti si attendevano il duello Johnson-Iverson, ma determinante è stato Mike Bibby, che si è rivelato ancora una volta fondamentale. “Questo la dice lunga su ciò che abbiamo aggiunto alla nostra squadra: siamo migliorati molto, e mi aspetto di vedere cose positive anche nel resto della stagione”, ha detto Johnson ai giornalisti al termine della gara.
Nella seconda (95-99 a Detroit) sono protagonisti Johnson e Ronald “Flip” Murray, ex col dente avvelenato che ad Atlanta svolge il ruolo di back-up proprio del grande Joe. Dopo un primo tempo in equilibrio (48-46 per gli Hawks), è proprio Murray a essere risolutivo: 10 punti con 4/4 al tiro. Nel finale è comunque Johnson, da grande campione, a togliere le castagne dal fuoco.
Che lo spirito e la concentrazione degli scorsi playoff siano finalmente ritornati?
Se Atlanta comincia a girare come deve e migliorerà ancora può essere una mina vagante e dare reale fastidio anche in postseason.