La vie en Rose?

Vinny Del Negro sconsolato

L’attuale è la 43^ stagione dei Chicago Bulls nella NBA.
Una stagione iniziata con entusiasmo e voglia di stupire.

11 giugno 2008: la società  dell’Illinois annuncia l’ingaggio di Vinny Del Negro, l’head coach numero 17 nella storia della franchigia. Del Negro la scorsa annata ha affiancato Mike D'Antoni come assistente sulla panchina dei Phoenix Suns.


Guidare dalla panchina i Chicago Bulls non è certo un impiego come gli altri.
E’ un po’ come guidare la migliore moto di Valentino Rossi che lui stesso ti ha affidato perché crede nelle tue capacità .

La questione, però, può diventare un tantino più complicata se guidare i Bulls è la tua prima esperienza come capo allenatore. Certo Del Negro ha avuto un’esperienza notevole sul campo e in seguito come dirigente sportivo d’alto livello, ma la patata che ha tra le mani è di quelle che definire bollenti è un eufemismo da letterati.


L’ex playmaker della Benetton è stato in ogni modo equilibrato fin dall’inizio di questa sua avventura e ha detto di non preoccuparsi troppo dei risultati che verranno, quanto dall’atteggiamento che avrà  il gruppo.

“M’interessa”, ha più volte affermato, “che diano tutto e che giochino da squadra: il resto verrà …”.
In “soldoni”: lasciatemi il tempo di lavorare. La squadra è buona, ma giovane: si farà .
Pazientate se potete, per ora. 


Del Negro si aspetta molto soprattutto dai giovani e ha fatto chiaramente capire quale sarà  la pietra angolare su cui poggerà  il suo progetto: Derrick Rose, il rookie prima scelta assoluta, che può diventare l’uomo franchigia in poche stagioni. Un talento notevole che sta dimostrando con i fatti di possedere una leadership naturale: tiro, assist, visione di gioco, cambio di marcia, capacità  d'andare in transizione, una penetrazione dirompente.

Come aveva detto il general manager John Paxon ad inizio stagione, l’attesa era grande e in molti ci credevano.

“Nella nostra squadra abbiamo bisogno di un leader. Abbiamo visto tutti come Chris Paul si è imposto a New Orleans…”
A distanza di qualche mese da questa dichiarazione, possiamo dire che il “tassello” Rose si è inserito perfettamente nel meccanismo.

Analizzando il rendimento della squadra in questa stagione, notiamo, come davanti ad un grafico virtuale, che Chicago ha cominciato abbastanza bene la regular season, ma è andata però via via calando. C’è da evidenziare inoltre che molte vittorie sono state propiziate degli sprazzi di classe dei singoli, non del gioco d’assieme.

Il 16 Novembre, con 23 punti del rookie proveniente da Memphis University, i Bulls sconfiggono Indiana che cede nell’ultimo quarto. La prima scelta assoluta del draft segna 12 punti nel terzo quarto contribuendo al +8 di Chicago, e con la sua velocità  tiene i Pacers a distanza (104-91).

Il 25 Novembre i Bulls espugnano l'ostica roccaforte dei Utah Jazz (100-101) all’EnergySolutions Arena e Rose è il migliore in campo con 25 punti e 9 assist, anche se è necessario il canestro sulla sirena di Larry Hughes che è ritenuto valido solamente dopo il replay televisivo. 


Sembra che da qui in poi per i Bulls si annunci una cavalcata trionfale verso i playoff e invece niente. Discontinuità  e involuzione nel gioco.

Pare manchi ancora qualcosa per fare il passo decisivo verso il top della Eastern Conferente, ma non è chiaro cosa. Siamo lì a un passo, ma ci si ferma sempre un attimo prima…

Mancanza di carattere?
Chimica sballata nello spogliatoio?
Giocatori male assemblati in un ambiente dal passato opprimente? Forse il giocattolo si è già  rotto?

Nel 2007 Chicago sembrava pronta al consolidamento dopo un’eccellente stagione terminata onorevolmente al secondo turno dei play off. Poi invece una stagione anonima con medie bassissime, prestazioni scadenti, penosa posizione in classifica, con una difesa che ha fatto acqua da tutte le parti.

Allora via il tecnico Scott Skiles (alla guida della squadra da quattro anni) a dicembre e cessione di Ben Wallace a febbraio. Una chiara inversione di rotta per certi aspetti difficile da capire.

Oltre che su Rose, i Bulls quest’anno hanno puntato forte su Luol Deng,.
Deng, free agent con restrizione, è stato blindato con un’impegnativa estensione di 6 anni da 71 milioni, che potrebbero diventare fino a 80 con alcuni incentivi.

''Rifirmare Luol è sempre stata una priorità  per la nostra organizzazione perché pensiamo che possa essere un elemento importante per il futuro” ha commentato Paxson al temine della trattativa, “Siamo felici che abbia accettato di crescere insieme a noi''.

Deng si è detto ''contento di poter far parte di questa franchigia per molto tempo. Ho sempre voluto rimanere qui. E adesso darò il massimo per aiutare i compagni e riportare la squadra ai playoffs''.

La conferma di Deng sembra abbia però colpito in negativo Ben Gordon che diventerà  free agent totale l'estate prossima. Però tutti si domandano: Ben firma o no?

La stagione attuale ha però finora dato poche soddisfazioni ai Bulls che sembrano essere in difficoltà  e specialmente fuori casa difendono piuttosto male. Si è capito che questa squadra soffre troppo la mancanza di stazza e centimetri nel front-court.

I tifosi si lamentano con passione nei forum e scrivono chiaramente che Noah non è un giocatore da quintetto, ma anche che Gooden è troppo leggero. Che Deng e Gordon hanno punti nelle mani, ma senza rimbalzisti i tiri sbagliati sono sempre preda degli avversari. Inoltre si è visto troppo spesso un Hinrich sfiduciato, Luol Deng sembra involuto, Gordon sembra in rotta con l'ambiente, Tyrus Thomas è altalenante e Nocioni meno tonico del solito.

La rotazione degli uomini sarà  fondamentale per i Bulls che hanno uno dei roster più interessanti della lega con, in pratica, un secondo quintetto di poco inferiore a quello messo in campo. Perciò Del Negro dovrà  accontentare tutti e cercare di sfruttare al meglio le seconde linee.


Il 20 gennaio gli Hawks guidati da Mike Bibby battono i Bulls 105-102 davanti al neo-presidente Obama. Gordon è il miglior marcatore di Chicago con 21 punti, seguito da Andres Nocioni con 15 punti.

I Bulls non si sono arresi quando Atlanta è partita 17-4, e non si sono scomposti quando gli Hawks hanno segnato 14 punti filati arrivando a 72-61 a metà  del terzo quarto. Ci hanno messo forse l’impegno che è mancato per gran parte dell’anno, come era successo nelle ultime precedenti due sconfitte con San Antonio e New York, ma non è servito a niente.


“È sostanzialmente la storia della nostra stagione fin qui,” ha detto Gordon.
“Punteggio ravvicinato, ma noi non siamo abbastanza bravi da chiudere le partite”.

Questo riuscivano a farlo, ma negli ultimi due anni sono fortemente peggiorati.
“Stiamo ancora combattendo per un posto nei playoff,” ha detto Hinrich, che ha realizzato tutti i suoi punti nel primo tempo. “Questo è il nostro obiettivo principale. Ovviamente, possiamo riuscirci solo se mettiamo un po’ di cose a posto.”

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