‘Classe D’ in crisi?

Nowitzki fermato con le cattive da Aldridge…

Ci sono giocatori che hanno un modo di imporsi all'attenzione del tutto particolare. Appena entrano in campo li noti per quel loro sguardo carico o cinico, per la postura, per la tecnica di tiro.
Nowitzki lo si riconosce subito e non solo per la sua pelle lattea.

Dicono di lui che sia un'ala grande atipica, quasi un'ala piccola sovradimensionata. Che ha forse il miglior tiro nella NBA, quello in grado di risolvere le partite.

Dicono anche che in difesa non è costante, che è troppo morbido.
Ma soprattutto continuano a girare espressioni più o meno velate che non sia un vincente, un leader in grado di caricarsi sulle spalle la propria squadra e trascinarla a vincere nei match che contano veramente (vedi alla voce playoff), che qualcosa si è rotto dentro di lui quando ha sbagliato i liberi del 3-0 nella finale contro Miami del 2006.

Quel pensiero lo ha certamente tormentato nel corso della stagione, il resto lo hanno fatto le scelte sbagliate di Avery Johnson nella serie contro i Warriors. E' complicato, in uno sport di squadra come il basket, comprendere davvero dove cominci e finisca l'impatto di un singolo giocatore, se non hai in squadra un fuoriclasse assoluto come Michael Jordan.

Nowitzki è il cosiddetto terminale offensivo del gioco, il punto di riferimento, l’ariete se vogliamo metterla in termini calcistici.

Troppo spesso ultimamente si ritiene che per battere i Mavericks basta mettere un difensore arcigno attaccato con la colla a Dirk e limitarlo il più possibile. Gli allenatori della NBA hanno capito che Nowitzki soffre le marcature asfissianti dei giocatori più piccoli di lui, che non lo fanno giocare fronte a canestro o che gli impediscono di palleggiare e lo disturbano in continuazione come mosconi.

Discusso e amato dunque.
Comunque un giocatore che si impegna quotidianamente per migliorarsi e si è meritato anche cinque edizioni dell'Euroscar per l'amore dimostrato verso la propria Nazionale. Nowitzki ha lottato per poter vestire la maglia della Germania contro chi lo paga, non si è mai risparmiato nemmeno in allenamento, ha messo in discussione un contratto da star dimostrandosi un leader umile, un giocatore che tira per vincere e non per fare punti più degli altri.

MVP 2007 (24,6 punti di media, 9 rimbalzi, 3,4 assist in 36,2 minuti) al termine di una stagione contraddittoria, fantastica in regular season, disastrosa ai playoff quando i Mavericks, grandi favoriti per la vittoria dopo il miglior record ottenuto in stagione regolare (67 vittorie e 15 sconfitte), vengono eliminati da Golden State (dell'ex coach Don Nelson) al primo turno.

Un fatto assolutamente rilevante perché è capitato poche volte nella storia della Lega che una numero 8 nel tabellone eliminasse la numero 1. Cose comunque che nello sport capitano.

C'è chi scrive che da allora il campione di Wà¼rzburg sia calato, che sia entrato in una specie di crisi acuta, che sia la controfigura del giocatore ammirato in regular season nel 2007. Se ne dicono tante e tante se ne diranno. Il fatto è che Nowitzki sta vivendo un periodo di alti e bassi in attacco e che probabilmente non ha più attorno una squadra in grado di farlo rendere come vorrebbe. Qualche episodio-chiave?

Il 17 novembre 2008 Nowitzki gioca una grande partita, avversari i Knicks e salva probabilmente la panchina di Carlisle.

Il 5 Dicembre Dallas batte i Suns 112-97 al termine di un match intenso. Il primo violino è il numero 41 dei Mavs con 39 punti (37 nei primi tre quarti, 17/25 al tiro, 3/3 da tre) a cui aggiunge 9 rimbalzi. Nove giorni dopo i Mavericks soffrono, ma vincono ancora e Nowitzki è decisivo con 46 punti (10/10, 5/5 nell’ultimo quarto).

Il 9 Gennaio di quest'anno i Knicks fanno nuovamente vedere i muscoli ai Mavericks a Dallas, ma alla fine chiudono con una sconfitta meritata sul campo. Il 2,13 di Dallas però chiude con un deludente 3/13 dal campo.

Viene criticato dai tifosi in maniera piuttosto pungente e da qualche tempo è anche oggetto di rumors che ipotizzano trade fantasiose. Il patron Cuban naturalmente nega tutto. Noi altrettanto se fossimo al posto suo.

Qualcun altro ipotizza che Dallas ha subito un duro colpo a livello psicologico tre anni fa quando Wade scippò loro il titolo NBA dopo l'iniziale 2-0 Mavs e dopo che in gara 3 si stavano avviando a un tremendo 3-0.

Lo scorso anno hanno deluso, ma sono arrivati ai playoff per poi essere eliminati 4-1 dagli Hornets di Chris Paul.

Dallas ha acquistato a gennaio dello scorso anno Jason Kidd con la speranza di fare il salto di qualità  e poter mettere giocatori come Nowitzki nelle condizioni di rendere al meglio. Kidd si è rivelato un acquisto eccellente sulla carta, ma sopravvalutato (non si dimentichi che è in cambio è stato ceduto Harris) perché l'età  non è più verde.

Certamente è un valore aggiunto e porta leadership, controllo, regia, passaggi, variazioni di ritmo e di “tema offensivo”. Dallas punta a vincere nel breve periodo e se con Avery Johnson in panchina Kidd non aveva senso, visto come veniva utilizzato, quest'anno il discorso sembra cambiato, con molti più pick and roll centrali anche con i lunghi e non solo più palla a Nowitzki o pick and roll di Terry e gli altri a fare da comparsa.

Secondo molti invece la parabola discendente della squadra texana è iniziata proprio quando, in un gioco di soli isolamenti e post alti al gomito, si è voluto inserire un play fenomenale in un gioco di transizione.

Nell’attuale stagione la franchigia di Mark Cuban ha collezionato parecchi record negativi.
Uno su tutti la peggior partenza degli ultimi 10 anni: 2 vittorie e 7 sconfitte. E con un coach difensivo come Carlisle ci si aspettava di più. Purtroppo questo trend negativo è continuato.

Preoccupa il saldo passivo tra punti segnati e punti concessi, ma anche alcune crepe che si sono chiaramente viste nel gruppo.

Quello che preoccupa maggiormente sono i limiti mentali che appaiono nei momenti topici della gara. Rick Carlisle, intervistato a inizio stagione affermava di essere “sorpreso soprattutto dalla nostra mancanza di voglia di soffrire, di lottare.”

Jason Kidd invece ha detto che “il nostro problema è che non difendiamo. Ci accontentiamo di difendere bene per i primi minuti e poi smettiamo. In attacco non c’è un problema perché siamo tra le squadre con più bocche da fuoco della lega, il problema è in difesa, noi abbiamo bisogno di gente che voglia difendere davvero.”

A vederla da fuori sembra dunque che Dallas e dunque anche Nowitzki abbiano più un blocco mentale che dei veri e propri problemi tecnici. Il “materiale” umano non manca certo, speriamo solo si possa accendere finalmente la lampadina.

Intervistato il 23 Dicembre del 2008 (Adnkronos), Nowitzki non escludeva un possibile ritorno alla Lega di Germania: “Se dopo vorrò ancora giocare e il mio corpo non sopporterà  più il ritmo dell’Nba, allora potrei tornare a giocare in Germania. I Giochi Olimpici hanno superato tutte le mie aspettative. L’ingresso nello stadio olimpico con la bandiera tedesca è stato un grande onore e un’esperienza indimenticabile”.

L’articolo è più volte rimbalzato anche in Rete e c’era anche chi credeva che tutto fosse già  combinato. Il ritorno dell’eroe sconfitto, non ha più stimoli, la crisi colpisce anche l’NBA e chi più ne ha più ne metta…

Niente di fatto naturalmente, Dirk resta a Dallas e riproverà  a rifarsi e a far ricredere quanti hanno dubitato di lui.

Da parte nostra crediamo che Dirk Nowitzki possa dare ancora molto alla NBA e che ci sia ancora tempo da spendere con successo prima di ritornare a casa…

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