Dove andranno i Sixers?

Dopo un inizio di stagione sotto tono, Iguodala è tornato a dominare le partite…

L’andamento della stagione dei Sixers è facilmente equiparabile a un giro sulle montagne russe. Si è passati dai momenti entusiastici della pre season, a momenti di delusione di inizio stagione culminati con l’allontanamento di coach Cheeks, fino allo sconforto per l’infortunio di Elton Brand e alla successiva fase di risalita grazie alle 7 vittorie consecutive.

Ad oggi il record riporta un 21-22 assolutamente in linea con la stagione passata. Solo che quest’estate ha portato nella città  dell’amore fraterno un regalo (costoso) dalla California che doveva far impennare le quotazioni di Phila nella corsa ad est. Elton Brand doveva garantire quel qualcosa in più per cercare di competere per il titolo di conference.

In realtà  Boston, Detroit e Cleveland fin dalla vigilia della stagione erano considerate più forti dei Sixers; ma migliorare il settimo posto della scorsa regular season era un obbiettivo assolutamente alla portata. Anche perché per raggiungerlo è stato rifirmato Andre Iguodala con contratto da giocatore di alto livello quale ha dimostrato di essere nell’ultima stagione.

Al loro fianco confermato un Andre Miller che ha in mano le chiavi della squadra ed ha stabilizzato il proprio rendimento garantendo sicurezza per il ruolo di play. In più in mezzo all’area Samuel Dalembert a garantire fisicità  e rimbalzi, oltre a qualche evitabile ingenuità .

L’arrivo di Brand gli ha tagliato minuti e spazi, ma i numeri sono dalla sua parte; i punti si sono dimezzati ma la presenza in post di Brand non poteva passare inosservata; i rimbalzi sono scesi come valore assoluto ma rispetto alla scorsa stagione la media per minuti giocati è aumentata. Ha una fisicità  che ai playoffs può servire ed è quindi da considerare un punto fermo del quintetto. Senza considerare che per il lavoro sporco sotto le plance, quando il gioco comincerà  a farsi duro, la consistenza e la solidità  di Reggie Evans sarà  sicuramente utile.

Insomma, la spina dorsale della squadra c’è. E anche il resto del roster presenta giocatori che hanno prospettive interessanti. In particolare Thaddeous Young è cresciuto notevolmente in questo suo secondo anno dando continuità  al suo rendimento e mostrando una notevole adattabilità  alle diverse scelte del lo staff tecnico. Ricopre entrambi i ruoli in ala allargando la rosa di scelte tattiche anche all’interno di una stessa gara.

Anche Louis Williams ha mostrato sprazzi del suo talento e ultimamente ha messo assieme una serie di prestazioni convincenti: dall’infortunio di Brand in poi ha mantenuto 15 punti di media in 25 minuti circa uscendo dalla panchina. Certamente un’addizione notevole per una squadra che in posizione di guardia ha probabilmente il suo tallone d’achille. L’assenza di Brand costringe Young a passare a numero 4 e Iguodala a numero 3; il posto da guardia in quintetto è passato a Willie Green anche se a guardare i minutaggi è Williams quello che gioca di più e che effettivamente rende di più.

Il ritorno graduale di Brand dovrebbe ristabilire il quintetto di inizio stagione con Iguodala guardia e Young ala piccola; questo non garantisce un miglioramento del record perché bisogna risolvere i problemi non risolti da coach Cheeks, quando gli equilibri non si erano ancora trovati. La realtà  è che l’anima del gruppo è da corsa. Andrè Miller se può far correre la palla è un top playmaker e giocatori come Iguodala, Young e Williams vanno a nozze in campo aperto; considerando che il quintetto senza Brand è assolutamente “undersized” il gioco in velocità  è probabilmente l’unica arma vincente.

La presenza di Brand cambia molte cose: un uomo da doppia doppia 20 punti e 10 rimbalzi in carriera e da 80 milioni in 5 anni va sfruttato. Quindi va aspettato per potergli dare i possessi che il suo talento merita. La domanda a Phila adesso è questa: è giusto che il resto del gruppo si debba adeguare snaturando il gioco che buoni risultati ha portato la scorsa stagione e durante l’assenza dell’ex Clippers? E’ ancora da verificare se il gruppo è in grado di esprimersi al meglio con in campo Brand. Certamente se si trovasse il bilanciamento tra le due anime della squadra i risultati non tarderebbero a venire.

Un grosso vantaggio dato dall’assenza di Brand è stata la scoperta di Marreese Speights ala forte da Florida, 16° pick di quest’anno. Nel mese di gennaio in meno di 20 minuti ha messo in piedi numeri promettenti (10 punti con il 56% al tiro, 5 rimbalzi e oltre una stoppata) e anche difensivamente ha avuto un buon impatto. Forse coach Di Leo ha trovato in casa il backup dei suoi lunghi. E’ ancora offensivamente grezzo ma la sua atleticità  e le sue braccia lunghe ne fanno un prospetto validissimo.

Si diceva di coach Di Leo. Che ne sarà  di lui?
Rumors parlano di un interessamento per Eddie Jordan alla guida dei Sixers nella prossima stagione.

Certo è che per ora sta facendo bene il suo lavoro (12-8 da quando c’è lui). Se trovasse veramente il modo di inserire Brand senza perdere le qualità  della scorsa stagione i progetti della società  potrebbero cambiare.

Il suo primo obbiettivo è quello di scalare posizioni a est per evitare proibitivi incontri al primo turno. Accoppiamenti con Celtics o Cavs sarebbero da evitare ma per riuscirci bisogna tenere un ritmo da leader di conference. Vedremo quanto ci metteranno a trovare l’equilibrio che tanto manca.

Quasi certamente non si vedranno grossi cambiamenti nel roster da qui alla trade deadline del 19 febbraio. La situazione salariale non permette di avere addizioni dai free agent e l’unico contratto scambiabile è quello di Andrè Miller (10 milioni in scadenza a fine stagione) ma non si vede la convenienza a farlo a questo punto della stagione.

Gli altri contratti o sono lunghi e pesanti (e comunque degli investimenti appena fatti dalla società , vedi Brand e Iguodala) o sono di giocatori giovani su cui si sta puntando (Young e Williams in testa).

Quindi, a meno di stravolgimenti si andrà  con questo gruppo fino alla fine della stagione. Le potenzialità  ci sono per migliorare la posizione nel ranking; certo è che Detroit, Miami e Atlanta, che sono davanti a Phila, hanno comunque roster di livello e non sarà  facile raggiungere almeno la quinta posizione che garantisce di non avere al primo turno una delle big di conference.

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