Superbowl XLIII: la Storia

A Tampa una battaglia aspetta le squadre

C’è un giorno, ogni anno, dal lontano match-esperimento tra AFL e NFL del 1966, in cui una nazione intera si ferma, paralizzata davanti al teleschermo quasi fosse una festa nazionale.

Come dicono in USA per gli americani il baseball è ciò che vorrebbero essere: grandi riunioni di famiglie, gioco senza duri contatti da far vedere ai figli, il gioco degli eroi dalla faccia pulita da Di Maggio a Jeter; il football è ciò che l’america è: la “guerra”, la sofferenza, la yard dopo yard da conquistare, lo snow bowl, i “Patrioti” di Boston che vincono il superbowl nell’anno dell’attentato alle torri gemelle, gli spot venduti un milione di dollari al secondo, lo spettacolo all’intervallo, gli eroi dalla faccia dura, grandi e grossi, circa 90 milioni di telespettatori nei solo USA, un miliardo di audience in tutto il mondo tutto il contorno delle settimane precedenti fanno del grande ballo la leggenda vivente di tutte le finali sportive.

Quest’anno l’onore di rappresentare le due conference AFC e NFC è toccato a due squadre per certi versi diametralmente opposte per gioco, storia e presenze nel match più importante dell’anno: gli esperti, 5 volte campioni e settima apparizione per loro il 1 febbraio 2009 a Tampa, Pittsburgh Steelers batteranno bandiera AFC; dall’altro lato a difendere i colori della NFC ci saranno i mai-stati-al-grande-ballo Arizona Cardinals, underdog per eccellenza.

L’ultima volta che si sono affrontate alla week 4 del 2007 l’ha spuntata Arizona 21-14 ma a Tampa sarà  tutta un’altra storia.

Ed è proprio la storia che vogliamo conoscere meglio.

Pittsburgh Steelers

Team con base a Pittsburgh in Pennsylvania, appartengono attualmente alla north division della American Football Conference.

La squadra, fondata nel 1933, è la più antica e vincente della AFC. Fondati come Pirates l’otto luglio dell’anno sopraccitato, da Art Rooney sono attualmente guidati da Dan Rooney e dall’aiuto del figlio Art Rooney II.

Il loro campo di battaglia è l’Heinz Field, costruito nel 2001, che ha rimpiazzato il Three Rivers Stadium che per 31 lunghi anni ha ospitato la squadra che in precedenza si era divisa tra Pitt Stadiume Forbes Field.

Simbolo di riconoscimento, oltre la mascotte Steely McBeam che non piace molto ai tifosi, sono indubbiamente le terrible towel, termine creato dello speaker radiofonico Myron Cope, tovagliette che sono sventolate all’Heinz Field e che possono incutere davvero timore come colpo d’occhio e ciò unitamente alla leggendaria sempreverde difesa Steelers potrebbe rappresentare un problema.

Rivali storiche e più recenti della squadra sono i Browns, i Ravens, i Bengals, i Patriots, gli Eagles, i Raiders e i Cowboys. Da ricordare inoltre che tutti i fan alla base dell’appoggio alla squadra fanno parte della cosiddetta Steeler Nation, nata dalla voce di John Facenda e ad oggi conosciuta in tutto il mondo. Ma come ogni grande squadra che si rispetti anche gli Steelers hanno vissuto delle ere, approfondiamole meglio partendo dalla cosiddetta Chuck Noll Era.

La Chuck Noll Era inizia con l’ingaggio dell’allenatore che dà  il nome all’era. Dopo un periodo iniziale post- fondazione della squadra molto sfortunato, il vento cambia con l’acquisto di alcuni giocatori importanti tra cui Joe “Mean” Green nel 1969, Mel Blount e Terry Bradshaw nel 1970, Jack ham e Franco Harris nel 1971 e 1972; ma soprattutto l’incredibile draft del 1974 regalerà  ai tifosi Steelers quattro futuri Hall of Famers: Jack Lambert, John Stallworth, Lynn Swann e Mike Webster.

Il nome di questi giocatori e quella squadra riecheggiano nella leggenda e la dinastia nascente vincerà  quattro superbowl nel giro di sei anni: 1975, 1976, 1979, 1980.

Sono gli anni della mitica “steel curtain” formata dal defensive tackle Joe Green, dal defensive end L.C. Greenwood, dal defensive tackle Ernie Holmes e infine dal defensive end Dwight White. Il termine deriva da un gioco di parole tratto dalla celeberrima frase “iron curtain”, cortina di ferro, pronunciata dal primo ministro inglese Winston Churchill.

Sono gli anni della immacolate reception, storica azione di gioco avvenuta nel divisional game contro i Raiders di Oakland dove Bradshaw sotto nel punteggio e con pochissimi secondi alla fine della partita riuscì miracolosamente, con i difensori addosso e lo schema chiamato dal coach ineseguibile, a trovare la valvola di sfogo Franco Harris che portò la palla in metà .

Purtroppo dopo il quarto titolo molti dei giocatori che dall’inizio degli anni settanta avevano contribuito a creare la leggenda, tra cui anche la steel curtain, sia per infortuni che per fine carriera giunta lasciano gli Steelers e il sogno arriva al capolinea.

L’head coach dei miracoli resta in sella traghettando la squadra fino agli anni novanta, anni in cui lascia le redini all’erede proveniente dai Kansas City Chiefs, dove rivestiva il ruolo di difensive coordinator, Bill Cowher natico di Crafton, un sobborgo di Pittsburgh.

L’era di Bill Cowher, del figliol prodigo, del profeta in patria, porta I frutti di 10 presenze ai playoff in 15 stagioni come head coach. La prima apparizione del nuovo coach al grande ballo avviene nel 1995 dove perderà  27-17 contro i Dallas Cowboys.

È l’anno reso famoso dal termine Blitzburgh. Il termine si riferisce alla zona 3-4 che blizzava continuamente sul quarterback avversario. Lo schema era stato forgiato dalla sapiente mente difensiva di Dick LeBeau che sfruttava le enormi capacità  fisiche e atletiche della sua linea difensiva e dei suoi linebacker tra cui ricordiamo Greg Lloyd, Kevin Greene, Chad Brown e Levon Kirkland.

La delusione per la sconfitta al grande ballo è enorme ma il destino, la storia e il talento dieci anni dopo saranno più benevoli. 5 febbraio 2006 a Detroit I Seattle Seahawks vengono sconfitti 21 a 10 e gli Steelers sono la squadra più vincente della storia della NFL. Anche quest’era è però costretta a finire in quanto l’head coach decide di lasciare libero l’incarico per passare più tempo con la propria famiglia.

A dividersi il possibile onere e onore della sua successione ci sono vari candidati tra cui l’allora offensive coordinator Ken Whisenhunt, il difensive coordinator dei Bears Ron Rivera e il difensive coordinator dei Vikings Mike Tomlin. Nel 2007 Tomlin raggiunge i playoff con un record di 10 W e 6 L ma viene subito eliminato nelle wild card dai Jacksonville Jaguars per 31-29. è una sconfitta bruciante ma fondamentale a livello psicologico per ricominciare con la giusta cattiveria la stagione successiva.

Il 2008 si chiude con un record di 12 vinte e 4 perse e la porta di accesso diretta per il divisional game. La squadra è carica, favorita e pronta a vendicare la sconfitta dell’anno precedente.
11 gennaio 2009: all’Heinz Field vengono battuti i San Diego Chargers per 35-24.
I favoriti avanzano.

18 gennaio 2009: all’Heinz Field battuti i Baltimore Ravens 23-14.
I favoriti avanzono.

Inizia qui, forse, un’altra era ma questa è una storia ancora da scrivere.
Cominciando proprio da Tampa.
Bentornati al grande ballo Steelers.

Arizona Cardinals

Se gli Steelers sono squadra storica per certi versi, di certo non si può dire che non lo siano i Cardinals; difatti sono la squadra professionista più longeva di tutta la storia del football made in USA. La loro data di nascita è, ormai due secoli or sono, l’anno 1898.

Il campionato NFL per come lo conosciamo oggi naturalmente aveva ancora lunghi anni davanti a sé prima di vedere la luce ma nei sobborghi nella zona sud di Chicago un gruppo di volenterosi irlandesi diede vita al Morgan Athletic Club. Dopo l’acquisto da parte di Chris O’Brien, folkloristico magnate dell’epoca, la squadra si trasferisce e inizia a giocare al Normal Field da cui prendere il nome di Normals.

Come tutte le belle storie americane che si rispettino anche qui abbiamo una genesi abbastanza epica quando il padrone O’Brien fece giocare la squadra con delle divise usate comprate dalla vicina università  di Chicago: il colore di quelle divise era marrone ma forse per un difetto di vista o per qualche altra nascosta ragione lo stesso O’Brien con una scatto di orgoglio dichiaro: “Non è marrone, è Rosso Cardinal”. Iniziamo dunque a riconoscere la sagome sfuocata della squadra che affronterà  al prossimo Super Bowl gli Steelers.

Ma naturalmente la storia non finisce qui; il nome da Normals divenne Racine Cardinals per il colore delle divise da gioco. Dopo varie vicissitudini tra cui uno scioglimento del team e una florida ripresa attraverso i ruggenti anni ’20, la grande depressione, la seconda guerra mondiale, Pearl Harbor, la cortina di ferro, quella vera e non quella Steelers, la città  di Chicago vede crescere la squadra, di certo non vincente ma a suo modo amata. Fino al fatidico anno 1959. È in quest’anno che infatti la squadra si trasferirà  a Saint Louis dove altri cardellini, del baseball, già  infiammano i tifosi della cittadina nello stato del Missouri.

Rispetto agli anni passati nella città  di Al Capone la squadra è adesso maggiormente competitiva e nuovi validi giocatori emergono tra cui ricordiamo Jim Bakken, Larry Wilson e Sonny Rande ma la suqdra non risulta vincente neanche in questa situazione. Disgraziatamente mentre una speranza di costruzione di team vincente all’orizzonte stava apparendo viene a mancare meno Violet Bidwell Wolfner la grande mamma del team dal lontano 1947 anno in cui morto il marito Charles W. Bidwell prese le redini della franchigia. In uno dei momenti più bui sono gli eredi, i figli Bill e Charles Jr a prendere il controllo e il primo dei due è al timone tutt’ora.

Guidata la squadra attraverso la perdita della figura di riferimento la squadra si toglie alcune soddisfazioni tra cui la vittoria, sotto la guida dell’head coach Don Coryell, la NFC East ma perdendo il divisional la stagione si conferma comunque perdente.

Il periodo di S.Louis tra sfortunate e sciagurate scelte al draft, partite al cardiopalma sempre perse e stampa che rinomina la squadra Cardiac Cardinal lascia impresso nella memoria tuttavia un momento folgorante: una delle più grandi rimonte della storia: l’8 novembre 1987 battono 31 a 28 i bucanieri di Tampa con 28 stratosferici punti nel quarto quarto dove ne subiscono 0! È il congedo più bello immaginabile per la città , difatti alla fine dell’anno i “nostri” si trasferiranno nel deserto in Arizona.

In un primo momento Phoenix Cardinals, di casa al Sun Devil Stadium e successivamente come li conosciamo oggi Arizona Cardinals, di casa all’University of Phoenix Stadium, continuano con le loro ascese e ricaduta ma mai arrivano a toccare il cielo con un dito, mai al grande ballo, mai al Super Bowl .

Dopo un inizio fatto di assestamento e di ambientamento con la nuova realtà  nel 1998 con l’avvento del quarterback Jack Plummer tornano i “Cardiac Cards” che raggiungono i playoff dove estenuanti partite punto a punto e dopo le ultime tre vittorie filate di cui una ad un soffertissimo overtime. Spazzati via clamorosamente i Cowboys a casa loro nella wild card sulle ali dell’entusiasmo vengono però a loro volta distrutti da Vikings 41-21 a Minneapolis.

Si pensa possa essere ad ogni modo un buon punto di inizio per un futuro radioso ma è solamente un funereo canto del cigno; gli anni seguenti sono un mesto ritorno alla mediocrità : il 1999 finirà  senza playoff con un desolante record di 6-10. la squadra si trascina da una stagione all’altra, da un coach all’altro, nell’ordine Tobin, McGinnis, Green ma i risultati sono sempre gli stessi.
Insoddisfacenti. Unica gemma, letteralmente nel deserto è l’approdo al nuovo stadio da 63.500 posti che all’occasione possono divenire 72.800 nell’anno del signore 2006; il record anche quest’anno sarà  di 5-11 proprio come nel 2005, perdente proprio come negli anni passati.

Ma come nelle favole arriva anche qui il nostro incontro con il mago buono, con il nostro Harry Potter, l’head coach che dal 2007 guida i cardellini: Ken Whisenhunt ex offensive coordinator degli Steelers, proprio loro.

Dopo aver pescato nel 2006 il promettente quarterback Matt Leinart da Southern California, nel 2007 scelgono alla quinta chiamata l’offensive tackle Levi Brown da Penn State. La stagione finisce dopo molto tempo non in negativo: 8 vinte e 8 perse.
È una buona pietra su cui costruire delle fondamenta.

Anno di grazia 2008; al draft viene chiamato Dominique Rodgers-Cromartie, DRC per i compagni e i tifosi, cornerback da Tennessee, la squadra ha un record di 9 vinte e 7 perse.

Il record è figlio delle vittorie contro 49ers, Dolphins, Bills, Cowboys, Rams, 49ers, Seahawks, Rams e Seahawks; le sconfitte sono subite per mano di Redskins, Jets, Panthers, Giants, Eagles, Vikings, Patriots. Dopo il 1998 i ragazzi di Whisenhunt tornano ai playoff, alle wild card. Sono etichettati dalla maggior parte degli addetti ai lavori come squadra materasso, come underdog.
3 gennaio 2009: all’University of Phoenix Stadium vengono battuti gli Atlanta Falcons per 30-24. Gli underdog avanzano.

10 gennaio 2009: al Bank of America Stadium battuti i Carolina Panthers 33-13.
Gli underdog avanzano.

18 gennaio 2009: all’University of Phoenix Stadium superati i Philadelphia Eagles per 32-25.
Gli underdog avanzano e vanno per la prima volta della loro storia al superbowl.

Chissà  se anche Jerry Maguire l’avrebbe mai immaginato?
Benvenuti al grande ballo Cardinals.

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