Potenza contro tecnica: la sfida del decennio
Nessuno potrà mai confermarlo ne smentirlo, perché sono solo parole, racconti di chi li ha visti, li ha sfidati, allenati o ammirati, ma secondo molti uno è The Most Dominant Ever a livello di centri (anche secondo se stesso) e l’altro è semplicemente l’ala grande più forte e completa di tutti i tempi.
Basterebbero i dati, le statistiche o le immagini per presentarli, ma queste parole, che dicono che loro sono i più grandi, e se non lo sono ci vanno davvero molto vicini, li renderanno delle leggende, ammesso che già non lo siano.
Lo sapete già di chi stiamo parlando: ovviamente Shaquille Rashaun O’Neal e Timothy Theodore Duncan.
Non siamo qui per dire se siano oppure no i più grandi, è un’eterna diatriba irrisolvibile ma una cosa è certa, sono stati i dominatori dell’ultimo decennio.
Infatti dal 1999 al 2007, ovvero ben 9 anni consecutivi, uno dei 2 si è sempre presentato ai nastri di partenza delle Finals Nba, 5 anni per Shaq e 4 per TD, e solo nel 2004 non sono arrivati all’anello, con i Lakers di Diesel che si sono arresi ai Detroit Pistons.
La carta d’identità purtroppo non lascia adito a dubbi, perché Shaq va per i 37 e Tim per i 33, e il meglio è già stato dato al mondo Nba.
Non vuol dire però che questi 2 campioni, così simili per classe genuina e per la storia incredibile che hanno alle spalle, e così diversi per il modo di stare dentro e fuori dal campo, non debbano dominare ancora.
Shaq sognava di fare il rapper, Duncan si allenava per essere un nuotatore, ma quando compirono 14 anni il destino li mandò verso il basket.
L’educazione militare di O’Neal, Lousiana State e Dale Brown da una parte, l’uragano Hugo e Wake Forest dall’altra, racconti sentiti centinaia di volte degli aficionados della palla a spicchi, ma che hanno cambiato la vita dei due.
Shaquille O’Neal
Prima scelta assoluta nel draft del 1992 da parte degli Orlando Magic, Shaq in 3 anni è riuscito a portare la sua squadra alle Finals Nba, onorando le parole di chi lo aveva reso un predestinato, fra cui Pat Riley, con cui la strada più tardi si incrociò di nuovo, e Larry Bird.
Quelle Finali furono una grande sconfitta per O’Neal, visto che gli Houston Rockets di Hakeem The Dream spazzarono via i suoi Magic in 4 partite, e l’anno dopo il loro cammino si fermò ancor prima, di fronte allo scoglio insormontabile dei Bulls di Jordan.
Nell’estate del 1996 però, Shaq si trasferì nella squadra che lo farà diventare un grande di questo sport, i Lakers, dove insieme a Kobe Bryant, sotto la guida di Phil Jackson renderà Los Angeles nuovamente una dinastia.
In 8 anni nella Città degli Angeli Shaq ha messo in bacheca tre titoli Nba consecutivi, 4 finals, 1 titolo di MVP della regular season nel 99/00 e 3 titoli di MVP nelle Finals.
Nel 2004 però, dopo l’inaspettata sconfitta contro i Pistons, Shaq cambiò indirizzo e andò in Florida, destinazione Miami, dove, anche li, in collaborazione con Flash, Dwayne Wade, portò gli Heat all’anello nel 2006.
Nel febbraio 2008 The Big Aristotele si sposta ancora per andare a rinforzare i Phoenix Suns, dove gioca attualmente.
Durante questi incredibili 16 anni di Nba Shaq è diventato uno dei più celebri cestisti del mondo, non solo per il suo dominio incontrastato sotto i tabelloni, ma anche per la sua simpatia e il suo modo di essere un personaggio fuori dal campo.
Fra i tanti riconoscimenti individuali, spicca l’inserimento nella lista dei 50 più grandi giocatori di sempre, evento per festeggiare i 50 anni della lega, lista in cui Diesel fu inserito quando ancora gli anelli alle sue dita erano zero.
Nel 2000 fu nominato CO-MVP dell’All Star Game di Oakland insieme a nientemeno che l’uomo delle Isole Vergini.
Tim Duncan
The Big Fundamental ( soprannome datogli, per via della bravura tecnica in post senza eguali, proprio da Shaq) è stato la prima scelta del draft 1997, e con lui i San Antonio Spurs, che prima non avevano mai vinto, ora hanno in bacheca 4 titoli Nba.
La sua non è una storia fatta di cambiamenti, lui è e rimarrà sempre l’icona degli Spurs, l’ultima dinastia, di cui TD è ovviamente padre e padrone.
La stagione 96/97 degli Spurs, che sembrava essere la peggiore della storia della franchigia, è la perfetta incarnazione del detto Non Tutti i Mali Vengono Per Nuocere, infatti, grazie a quella sciagurata annata piena di infortuni, al Draft successivo è arrivato proprio il caraibico.
Insieme a David Robinson per 6 anni ha formato le twin towers del Texas, fino a quando nel 2003, dopo il secondo titolo, l’ammiraglio ha appeso le scarpe al chiodo, ma quella che doveva essere la fine di un’era, perché tutto sarebbe cambiato con l’assenza del numero 50 nel pitturato, è stato solo un nuovo inizio, grazie all’esplosione di Tony Parker e Manu Ginobili.
Nel 2005 è arrivato il titolo più bello, quello di gara 7 contro i Pistons, forse uno dei più grandi capolavori di Tim Duncan, e il 2007 è il momento del cappotto ai danni di Lebron James e dei suoi Cavaliers.
TD è stato 3 volte MVP delle Finals, 2 della Regular Season, oltre al premio di Rookie dell’anno nel 1998 e al già citato CO-Mvp dell’All Star Game.
Cosa li avvicina
Il predominio in questi anni è il principale motivo che ci permette di affiancarli, entrambi sempre e comunque avversari da evitare nei Playoff, che nessuno vorrebbe avere di fronte.
Marcarli è un rebus irrisolvibile, e spesso le squadre che affrontano sono costrette a raddoppiarli, a volte anche a triplicarli.
Hanno in comune purtroppo anche un problema, quello alle articolazioni delle gambe, infatti Shaq soffre da sempre, per via del suo fisico imponente, di problemi alla ginocchia mentre per TD sono le caviglie, sottoposte a diversi infortuni, il vero tallone d’Achille.
Nonostante questo li abbia privati di atletismo in alcuni movimenti, i 2 eterni rivali continuano ad imporre la loro legge sotto le plance.
I numeri e le statistiche li avvicinano, infatti anche se Shaq è più realizzatore, con 25 punti di media in carriera contro i 21, proprio come il suo numero, di TD, a rimbalzo e nella stoppata i 2 si eguagliano, mentre The Big Fundamental, proprio come dice il suo soprannome, rispetto a The Big Aristotele è maestro delle piccole cose, quelle che non vanno a referto ma che cambiano per davvero il corso di una partita.
Il mio tirare con il 40% dalla lunetta è solo il modo in cui Dio ci dice che nessuno è perfetto
Questa frase, una delle tante che hanno reso celebre Shaq fuori dal terreno di gioco, spiega alla perfezione il più grosso problema tecnico che pesa sulla schiena dei 2 fuoriclasse: i tiri liberi.
Per il centro di Newark è una vera e propria croce, infatti in carriera ha una media che supera di poco il 50% e negli ultimi anni alcune squadre, fra cui proprio gli Spurs, hanno attuato l’Hack-a-Shaq. Il suo problema è di natura tecnica, non essendo un tiratore, anche a causa delle enormi mani.
Per il giocatore di St.Croix il problema è completamente diverso, infatti TD è un tiratore sopraffino, con discrete percentuali dalla linea della carità (70%) ma ci sono dei momenti durante le partite in cui va in crisi psicologica, come nelle gare 5 e 6 della famosa serie con Detroit, sbagliando anche 6 liberi consecutivamente.
Cosa li allontana
Parleremo dei movimenti potenti di O’Neal contro i giri sul perno e i bank shot di Duncan, ma la cosa che li differenzia di più è il loro carattere.
Shaq è uno show vivente, che trova sempre il modo di divertire i compagni e scatenare il pubblico, e questo ha fatto di lui uno dei giocatori più amati nel panorama della Nba.
E’ diventato celebre per alcuni sue dichiarazioni pepate ma sempre umoristiche nei confronti degli avversari ( chiedere a Divac o ai Sacramento Queens) e quando c’è la partita delle stelle riesce ad animare il gruppo con trovate sempre nuove, come le sedute di break-dance oppure l’evoluzione della scarpa di Shaq.
Quando poi si scontrano 2 personalità come quelle del nostro Big Aristotele e quella di Kobe Bryant ne escono screzi a non finire, con conseguente divorzio dopo qualche anno, quando il giovane 24 è diventato grande e vuole continuare da solo.
Fra un divertimento e l’altro Shaq avrebbe anche intrapreso la carriera di cantante, attore e vice-sceriffo, licenziato a causa di un rap proprio contro il suo ex compagno di squadra: insomma, un personaggio unico.
Il giocatore invece è un concentrato di potenza con un fisico devastante, immarcabile per chiunque se è in forma, e ora, a 36 anni di cui 16 passati in Nba con ogni stagione sopra il 50% al tiro, un dato incredibile, regala ancora 18 di media ad allacciata di scarpe con 9 rimbalzi.
Si può dire con sicurezza che lo Shaq visto negli anni del three-peat, quello sì che era The Most Dominant Ever.
Il 21 neroargento invece è esattamente il contrario dell’eclettico O’Neal, è un giocatore ma soprattutto una persona schiva e silenziosa, leader della sua squadra con poche parole ma molti esempi pratici.
L’antidivo per eccellenza fra le superstar Nba, all’All Star Weekend partecipa perché è una convenzione, ma se non lo votate probabilmente gli fate un favore al contrario del suo eterno rivale che scatena lo show.
In una città piccola e silenziosa che gli calza a pennello ha costruito insieme a Coach Pop un sistema che è diventato il più imitato nella Lega, ma che non sarà mai come quello originale, perché di Tim Duncan ce n’è uno, ed è l’ingrediente segreto di quel meccanismo perfetto.
Il suo gioco non è mai spettacolare, ma fatto di movimenti eleganti, di giri sul perno, di tiri appoggiati al vetro, un fondamentale dimenticato fino all’arrivo di TD, che ne ha fatto il suo marchio di fabbrica.
Non manca niente nel repertorio di The Big Fundamental, la Power Forward più completa di sempre, uno che prende 11 rimbalzi e fa 2,5 stoppate a sera solo di posizione, e che se avesse avuto l’atletismo di un Dwight Howard fermarlo sarebbe stato impossibile.
Ha acquisito talmente tanto rispetto fra i suoi compagni che questi si fidano ciecamente delle doti di TD anche nelle situazioni più impensabili, come dietro la linea dei 3 punti in una partita di playoff, dopo aver segnato zero canestri pesanti in tutta la stagione.
Possono ancora arrivare al titolo?
La differenza sostanziale fra i 2 è che Shaq è in una franchigia che ha cambiato poco negli ultimi anni, e che non ha mai vinto, mentre TD è nella stessa identica situazione, cioè con un Roster variato minimamente, ma con dei giocatori che sono dei vincenti da sempre.
Basta pensare ai suoi 2 fidi compagni, Tony Parker, che a 26 anni ha già vinto 3 titoli NBA da protagonista, e Manu Ginobili, che oltre a quei titoli ha vinto tutto quello che si poteva vincere dall’altra parte dell’oceano e con la sua nazionale, mentre i vari Nash, Stoudamire e Richardson sono delle Superstar che non hanno mai dimostrato di essere vincenti.
Certo non basta questo per arrivare ad un titolo, ma gli Spurs sono ad un Centro ( perché ora è costretto a farlo TD) dall’essere una contender che fa paura a chiunque, e hanno abbastanza spazio nel salary cup per poterselo permettere.
Se uno dei 2 deve rivincere l’anello ci sentiamo di lanciare la nostra monetina a favore di Duncan e dei suoi Spurs, anche se, con Shaq nei paraggi non si può mai sapere.