Bulls: è l’ora delle scelte

Buono l'esordio in NBA per Derrick Rose

Giugno scorso, Madison Square Garden, New York: i Chicago Bulls, al termine di una stagione che definire tribolata sarebbe quantomeno limitativo, con la prima chiamata scelgono Derrick Rose, talentuosa guardia da Memphis.

La numero uno è in cassaforte, il ragazzo di casa indossa la casacca dei suoi sogni, e per Chicago inizia una nuova era.

Ci eravamo lasciati più o meno così: dopo la soddisfazione per la prima scelta, e l’ingaggio di Rose, i riflettori erano puntati sulle possibili mosse di mercato, sul “caso Gordon” e sull’impatto del nuovo coach Del Negro.

Ebbene il mercato ha prodotto poco o nulla, Ben Gordon è rimasto (probabile ultimo anno) ma i Bulls per il momento restano un gradino al di sotto del 50% di vittorie, ideale riferimento per la post-season.

Finisse oggi la stagione regolare, potrebbe anche bastare l’attuale bilancio, ma allo stato attuale delle cose mi sentirei di buttare i classici 10 dollari per scommettere che la squadra, da qui a fine anno, non sarà  la stessa.

I problemi

Nel reparto guardie si sgomita per un posto, e lì il talento non manca, anzi l’abbondanza di giocatori di livello rischia di creare problemi e togliere spazio a chi lo meriterebbe e magari, da un’altra parte, saprebbe tornare in fretta a certi livelli.

Per contro tra i lunghi si sente la mancanza di un centro di ruolo, di un giocatore d’impatto capace di garantire minuti, qualità , anche in difesa, e soprattutto punti e rimbalzi.

L’attuale situazione di Chicago non ha molti eguali nella Lega.
Basti pensare che il rookie Derrick Rose, seppure prima scelta e seppure fenomeno già  dai tempi della high school alla Simeon Career Academy, è il giocatore più utilizzato da Vinny Del Negro (oltre 38 minuti a partita), e ha nelle mani 18.5 punti e più di 6 assists. Della serie “Rookie of the year aspettami che arrivo…”

E, come se non bastasse, l’ex rookie Joakim Noah, pur partito titolare 10 volte nelle prime 18 gare, ha visto diminuire i minuti a sua disposizione in campo, dimezzando i punti (appena 3.3 per sera). Pur essendo uno dei due soli centri della squadra, non resta sul parquet più di 16 minuti a gara.

Insomma, la situazione è in piena evoluzione ed ora molti, ragionevolmente, guardano già  al mercato; una buona trade, infatti, potrebbe risolvere, almeno tamponare i problemi dei Bulls (e anche quelli di qualche altra franchigia), rilanciare la squadra in campionato e proiettarla con maggiori prospettive all’estate 2010. Quella che cambierà  il volto e le gerarchie di mezza Nba.

Basta analizzare con attenzione l’andamento del team in questo primo scorcio di stagione regolare, per farsi un’idea del momento che si vive a Chicago. Una squadra che allo United Center mantiene un ruolino di marcia decisamente buono (8-3), ma che lontano dall’Illinois fatica troppo a ottenere risultati (3-9).

Nel pitturato, nonostante la citata assenza di un centro di peso, ci si difende, ma di certo la possibilità  di sfruttare un buon gioco di post in grado di non coinvolgere il solo Gooden (comunque 13+9 ogni sera), e quindi di ampliare le variabili offensive della squadra, sarebbe di certo gradita.

Si punta, soprattutto, sulle (tante) qualità  individuali, dal già  citato Rose, tra l’altro l’unico dei Tori a partire in quintetto in tutte le 21 partite ufficiali della squadra (segue Gooden con 19 su altrettante presenze), al solito Ben Gordon, top scorer dei suoi con più di 20 punti di media a partita.

Per il resto nella Wind City si paga soprattutto la mancanza di esperienza di un gruppo trasformato nel giro di un anno solare, dalla trade-Wallace in avanti, e affidato all’esordiente Del Negro come capo allenatore, che si trova peraltro a lottare in una Eastern Conference più tosta rispetto alle ultime stagioni.

Obiettivi

Bè, il primo non è che sia troppo complicato da indovinare…
Da tempo si parla di sfoltire un roster ricco di talento, ma che costa e soprattutto, al momento, non sta ottenendo i risultati sperati e non ha ancora trovato la chimica giusta.
E poi, come sfoltire ?

In primo piano resta la questione del ridimensionamento del reparto guardie.
Una trade sarebbe forse la soluzione migliore per tutti: per Chicago, che potrebbe liberarsi di una delle tante guardie in rosa ed acquisire il famoso lungo che tanto manca alla squadra, e per l’eventuale altra franchigia interessata allo scambio.

In mano i Bulls hanno diverse opzioni, per certi versi buone, per altri meno.
Rumors: da un pezzo si parla di un concreto interessamento del team per Chris Kaman, centro tutta sostanza che sarebbe utilissimo per Del Negro, ma sul quale la franchigia dovrebbe puntare per un progetto a lunga scadenza (il suo contratto va oltre il famoso 2010).

Con l’affollamento in quel reparto in casa Clippers, e se contiamo che Camby (in scadenza nel 2010) e Randolph sono gli ultimi arrivati, non è assurdo pensare ad una trade che coinvolga il centro cresciuto a Central Michigan. Chicago, in questo caso, qualche carta da giocarsi l’avrebbe, come l’ipotesi di inserire in un eventuale scambio Larry Hughes (e il suo contratto, il più oneroso per la franchigia) e Thabo Sefolosha.

Gli ultimi affari di questi giorni sono il chiaro segnale di come il mercato della Nba sia più vivace e frizzante che mai. Nonostante tutto Chicago, da tempo indicata come una delle possibili protagoniste, per ora è rimasta alla finestra, forse cercando l’occasione migliore per piazzare il colpo. Ed ora potrebbe anche essere arrivato il momento buono.

Il tutto sempre senza perdere di vista il monte salari, perché se da un lato è vero che per l’anno prossimo la situazione in casa Bulls non cambierà  di molto, alla “benedetta” estate 2010 si dovrebbe invece arrivare decisamente più leggeri, e ambiziosi.

Intanto, nonostante la firma ed il contratto annuale, si continua a parlare di una possibile partenza di Ben Gordon, in scadenza a fine stagione, verso nuovi (ma imprecisati) lidi.

Per onor di cronaca è necessario sottolineare che, quali che siano le volontà  di franchigia e giocatore per il prossimo futuro, la guardia da Connecticut resta la principale fonte di punti per la squadra, quasi 21 a partita. E’ uno starter che prende 16 tiri ad ogni uscita, su di lui poggia una parte importante dell’attacco e per cambiare in corsa bisogna che lo staff abbia bene in mente l’eventuale, nuova impostazione di squadra, schemi e automatismi senza di lui.

Il che, con un gruppo nuovo, potrebbe essere un problema ma anche un punto di partenza.
Questione di valutazioni.

I Bulls di domani?

Analizzata l’attuale situazione, si pone dunque l’interrogativo principale: quali Bulls ci dobbiamo aspettare per l’immediato futuro? La squadra che in casa mantiene buone medie, e vince con discreta regolarità , o quella che fatica e spesso perde on the road?

Forse è solo un problema di personalità , ma probabilmente un’aggiustata al roster potrebbe risolvere qualche problema e lanciare la squadra verso i playoff.
Sinceramente mi sento ottimista.

Attualmente si lotta per l’ottavo, e ultimo, posto utile, e le avversarie si chiamano New York, Toronto e Philadelphia, squadre a loro volta alle prese con diversi problemi (le ultime due), o con la ricostruzione di un nuovo corso (la compagine di D’Antoni).

Miami e New Jersey, del resto, sono lì, distanti giusto un paio di vittorie, ma nella Eastern Conference di oggi bastano e avanzano per decretare una qualificazione alla post-season, o piuttosto un’eliminazione.

Chicago, questo sì, può partire da una certezza che ha un nome ed un cognome: Derrick Rose, prima scelta più che mai azzeccata, pilastro dei Bulls di oggi e di domani.
E già  questa non è cosa da poco.

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