Hornets a corrente alternata

Chris Paul: statistiche da MVP. Ma il resto del team?

Prima di cominciare quest’articolo per analizzare la situazione attuale che si vive a New Orleans, vorrei fare una breve premessa raccontando la mia esperienza come tifoso Hornets durante questi anni.

Tutto cominciò nel 1993 quando mi fu regalato un cappellino degli allora Charlotte Hornets; quella fu la scintilla che fece scoppiare il mio amore per il basket a stelle e strisce.

Ma cosa significa essere un tifoso Hornets? Quali sono state le più grandi soddisfazioni che abbiamo avuto in questi 15 anni? Personalmente, i miei momenti di vero godimento sono stati:

• 8 Aprile 1996: interrompiamo l’imbattibilità  casalinga dei Bulls dello storico 72-10;

• 9 Febbraio 1997: Glen Rice viene nominato MVP dell’All Star Game con 26 punti in 25 minuti, stabilendo anche una serie di record che resistono tutt’ora (maggior numero di punti segnati in un quarto e in un tempo, rispettivamente 20 e 24);

• Playoffs 2001: veniamo eliminati alle semifinali di Conference in 7 gare dai Milwaukee Bucks del trio Cassell – Allen – Robinson, dopo aver avuto ben 2 match point di cui uno casalingo.

Come capirete da questo mio breve excursus, la “carriera” di un tifoso Hornets non è stata propriamente costellata di annate indimenticabili.

Questo fino all’anno passato, quando la squadra ha chiuso la regular season con il miglior record della storia della franchigia (56-26), dopo un’appassionante finale di stagione che vedeva Hornets e Lakers confrontarsi su due fronti differenti: quello per assicurarsi lo spot n°1 nell’agguerritissima Western Conference (tutte le 8 squadre qualificate ai playoffs hanno avuto almeno 50 W in stagione) e quello per il titolo di MVP, dove si profilava un testa a testa tra Kobe Bryant e Chris Paul.

Tutti sappiamo come sono andate a finire le cose, con i Lakers che l’hanno spuntata su entrambi i fronti, Hornets qualificati come testa di serie n°2 ed eliminati nelle semifinali di Conference dai campioni in carica degli Spurs in 7 gare, dopo essere stati in vantaggio per 2-0.

Nonostante nella sostanza la squadra non avesse raggiunto nessun traguardo tangibile, c’era grande soddisfazione e grande fiducia per la stagione successiva. Fiducia che crebbe ulteriormente quando fu ufficializzata la firma di James Posey, per molti l’MVP ombra delle ultime finali vinte da Boston e Miami.

Nelle previsioni di inizio stagione, gli Hornets erano dati come la più credibile contendente ai Lakers per l’approdo alle finali. Molti li davano ad un lungo di esperienza dalla panchina per considerarli nel novero di quelle 3-4 squadre che potevano giocarsi il titolo. Al di là  delle previsioni personali, c’era in generale un clima di ottimismo che aleggiava intorno alla squadra.

Pronti, via, gli Hornets vanno subito 3-0, battendo nell’ordine quell’imbarazzante confusione tecnico-tattica che risponde al nome di Golden State Warriors, i Suns ed i Cavs, con le prime due gare in trasferta. Subito un inizio positivo quindi, battendo anche due squadre quotate come Phoenix e Cleveland.

Le successive partite, però, segnano un brusco cambio di rotta: sconfitta casalinga contro Atlanta e sconfitta anche a Charlotte contro i non certo irresistibili Bobcats.
Gli Hornets tornano alla vittoria contro Miami per poi prepararsi al primo confronto stagionale contro i Lakers. Per chi come me ha visto la partita, si sarà  reso conto che il dominio Lakers è andato ben al di là  delle cifre finali (sconfitta 86-93).

Non c’è stato un singolo momento della partita in cui ho pensato che potevamo vincerla. L’impressione che ho avuto è che, se l’anno scorso godevamo di poca considerazione riuscendo a cogliere di sorpresa molte squadre, quest’anno chi ci incontra ha un’idea ben precisa di cosa lo aspetterà .

Nello specifico, il piano dei Lakers è stato chiaro fin da subito: far arrivare la palla in mano a Paul il più tardi possibile durante l’azione. A turno, Farmar e Fisher pressavano CP3 ed agivano sulle linee di passaggio, riuscendo molte volte nel loro intento di far arrivare la palla in mano al play quando mancavano circa 10 secondi allo scadere del cronometro dell’azione, provocando scelte affrettate e poco ragionate.

Al momento in cui sto scrivendo questo articolo, il record degli Hornets recita 11-6. Non è certo un record deprecabile, ma bisogna constatare che è anche frutto anche di una serie di incontri con squadre “materasso” (per rubare un termine calcistico), come i Thunders (in back to back), Clippers e Memphis.

Quello che preoccupa è l’alternanza di ottime prestazioni, come la vittoria in casa dei bollenti Nuggets, a prove assolutamente deludenti, come la sconfitta casalinga contro i Kings. Trovare un imputato per questa incostanza di risultati non è semplice.

Non c’è un giocatore che sta evidentemente giocando al di sotto delle sue possibilità .
Chris Paul è magnifico, come al solito se non di più: le statistiche parlano di 20.6 punti, 11.8 assist, 5.6 rimbalzi ( volevo ricordare che, salvo ognuno, alle ultime misurazioni la barra si fermava ancora a 183 cm) e 2.8 palle rubate a partita.

Nelle palle rubate e negli assist è, manco a dirlo, il leader della lega: queste statistiche gli sono valse il titolo di Giocatore del Mese di Novembre per la Western Conference. David West viaggia ancora a 20 punti di media (anche se prende 3 rimbalzi in meno a partita rispetto all’anno scorso) e James Posey si è inserito bene nelle rotazioni, mettendo a segno i tiri sugli scarichi ed appiccicandosi al pericolo pubblico di turno.

Ecco, se proprio dovessimo trovare qualcuno che sta rendendo al di sotto delle aspettative, quel qualcuno è Tyson Chandler. Statisticamente parlando, siamo passati da 11.8 punti e 11.7 rimbalzi della stagione scorsa a 8.1 punti e 7.8 rimbalzi di quest’anno.

Nella recente trasferta degli Hornets a Los Angeles per incontrare i Clippers, il coach Byron Scott in un’intervista ha dichiarato di aver incontrato l’Hall of Famer Jerry West: “Jerry mi ha detto che una differenza della mia squadra rispetto allo scorso anno è che Tyson Chandler non sta giocando con la stessa energia”.

Come ho già  accennato, anche coach Scott ha individuato uno dei problemi della sua squadra in questo inizio di stagione “Siamo 29esimi nella Lega nei rimbalzi ed ho puntato due ragazzi per questo problema: i rimbalzi di Tyson sono 4 in meno e quelli di David sono 3 in meno. Se avessero la stessa media dello scorso anno saremmo settimi nella Lega”.

Per dir la verità , Chandler sta convivendo anche con qualche problemino fisico, dopo che nella prima partita della stagione si è girato una caviglia che lo ha costretto a saltare qualche gara, anche se nel suo blog ha dichiarato che si sta sentendo meglio nelle ultime gare e che sta tornando al 100% della condizione. Problemi fisici che stanno affliggendo anche un altro elemento del quintetto Hornets, ovvero Morris Peterson, costretto a saltare le ultime 7 gare per un problema al ginocchio.

L’impressione è che una volta risolti i problemi fisici e acquisita fiducia nei propri mezzi, affrontando la realtà  di dover partire col ruolo di favorita nella maggior parte delle partite, gli Hornets restano una delle favorite per l’accesso alla finale di Conference.

Con i Lakers nel ruolo di strafavoriti nella Western per quanto fatto vedere fin’ora, gli Hornets dovranno guardarsi principalmente dalla concorrenza di Houston (infortuni permettendo, of course), San Antonio (se dividi 2009 per 2 appare una virgola, indi è un anno dispari, indi occhio a dare per morti gli Spurs) e Utah, che ha iniziato lenta anche a causa degli infortuni ma che ha lasciato praticamente intatto il gruppo che ha fatto tanto bene lo scorso anno.

Phoenix, Dallas, Portland e Denver si contenderanno gli altri 3 posti disponibili nei playoffs, ma non mi sembrano attrezzate per poter arrivare in finale in una Western così tosta.

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