Scott Brayton posa dopo la pole positon del 1996
"La velocità e la pericolosità delle auto da corsa non possono mai prepararti alla perdita di un amico. Scott è stato una fonte d'ispirazione per tutti coloro che lo conoscevano", Mark A. Roesler, presidente della CMG Worldwide.
Questo è il primo articolo dello speciale "Indycar History”, nato per parlare dei piloti, degli avvenimenti, delle corse che hanno fatto la storia della Indycar e più in generale dell'automobilismo americano a ruote scoperte.
Il primo protagonista è forse un nome non molto conosciuto ai più, a parte i fan delle corse americane: Scott Brayton. Egli gareggiò in 14 Indy 500, a cominciare dal 1981. Brayton morì durante le prove libere, dopo il conseguimento della pole position, per la gara del 1996.
Scott Brayton nacque il 20 febbraio 1959 nel Michigan. Suo padre, Lee, era stato pilota a sua volta, aveva tentato per un paio di anni anche la qualificazione alla Indy 500, fallendola. Aveva poi fondato un suo team, il Brayton Racing, con cui proprio Scott esordì nella allora CART nel 1981.
Brayton legò particolarmente il suo nome ai motori V6 stock-block, innanzitutto perché l'organizzazione di suo padre, la Brayton Engineering, fu la prima che sviluppò questo tipo di motore.
Una tipologia di motore (sviluppata specialmente dalla Buick) molto potente, ma anche molto fragile, che garantiva la possibilità di buoni risultati in qualifica, ma che spesso portava a rotture o comunque a cadute di prestazioni durante la corsa.
Chi sposò questo genere di motore e lo sviluppò con maggior interesse fu John Menard, proprietario dell'omonimo Team Menard, fino addirittura modificarli personalmente e dargli il proprio nome. E negli anni di maggior impegno, Menard si avvalse dei servigi di Scott Brayton. Menard per anni visse ossessionato dalla 500 Miglia di Indianapolis, tenendo in piedi una intera factory con un centinaio di uomini soltanto per correre e vincere questa corsa. Ma alla fine non ci riuscì mai.
Brayton fu chiamato a esserne un po' l'emblema e il pilota di punta negli anni in cui lo sviluppo del motore Menard V6 stock-block era al punto più alto e la vittoria sembrava possibile. Alla fine arrivarono due pole position, nel 1995 e nel 1996, ma la vittoria sfuggì sempre, a causa di un motore molto potente ma anche fragile e difficile da gestire nel traffico di una gara lunga come la Indy 500. Questa ossessione di Menard per Indianapolis rivestirà una importanza tragica, ancorché involontaria, nella scomparsa di Brayton.
Il 1996 era un anno particolare: il proprietario dell'Indianapolis Motor Speedway Tony George, stanco di dover sottostare ai voleri della CART, decise di fondare una propria serie, la Indy Racing League, che fu subito boicottata da quasi tutti i team e i piloti più importanti.
Tra i primi ad accodarsi a George e ad aderire a questo nuovo campionato fu invece John Menard, che già da anni correva solo la Indy 500 e che decise di partecipare a tutta la stagione IRL pur di poter continuare a competere a Indianapolis.
Il pilota di punta era già da qualche anno Scott Brayton, che nell'anno precedente aveva conquistato una sorprendente pole position, approfittando della grande potenza dei motori Menard e beffando piloti nettamente più quotati come Michel Andretti, Jacques Villeneuve o Scott Goodyear.
Nel 1996, Brayton si presentava per la prima volta ad Indianapolis, dopo anni di onesta carriera passata in team di seconda fascia, da grande favorito, con sostanzialmente soltanto due avversari designati: l'esperto Arie Luyendyk, già vincitore nel 1990, e un giovanotto di belle speranze di nome Tony Stewart, anch'egli ingaggiato da Menard.
L'evidente pochezza dello schieramento di quel primo anno di IRL fece sì che sin dai primi giorni di prove libere, almeno la lotta per la pole position fosse un fatto esclusivo tra loro tre.
Per venire incontro al maggior numero di proprietari di team possibili, l'IRL continuava a correre con le stesse vetture del 1995 (e anche degli anni precedenti), rinviando di un anno l'arrivo delle nuove vetture, e lasciando il regolamento tecnico abbastanza libero, consentendo una maggiore potenza del turbo rispetto a quella consentita dalla CART fino all'anno precedente.
Il 1996 rappresenterà l'ultimo anno in cui saranno presenti i motori turbo-compressi ad Indianapolis. La competizione al vertice portò subito a prestazioni eccezionali, e i tre piloti iniziarono subito a girare a ritmo da record, spesso oltre i 380 kmh di media sul giro. Si registrava un evidente clima di grande competizione, e si abbattevano record su record.
Il giorno precedente al Pole Day, Luyendyk arrivò a 384,969 kmh.
Il giorno seguente, il primo a presentarsi in pista per i 4 giri di qualifica fu Tony Stewart, che segnò il nuovo record ufficiale ad una media di 375,058 kmh. Brayton risultò leggermente più lento, e Luyendyk beffò tutti e due qualificandosi a 375,524 kmh.
In accordo con le regole della Indy 500, a 10 minuti dalle 6 del pomeriggio, termine ultimo per qualificarsi, Menard decise di eliminare il tempo di Brayton e rimandarlo in pista, su di una nuova vettura (che Brayton aveva provato in precedenza per appena 5 giri) per un nuovo tentativo di qualifica.
Brayton segnò una media di 376,052 kmh, nuova pole position e nuovo record ufficiale. Sulla pressione di doversi riqualificare negli ultimi 10 minuti e con una vettura con soli 5 giri alle spalle, Brayton dichiarò: "Il fallimento non è una possibilità per un pilota ad Indy, non si può pensare in quella direzione. Quella di oggi è stata la più grande emozione che ho mai provato".
Nelle verifiche post-qualifiche, la vettura di Luyendyk fu trovata sottopeso, venne squalificata e il pilota fu costretto a riqualificarsi il giorno successivo (per partire nel parti basse della griglia, come vuole il sistema di qualifiche adottato ad Indy).
Luyendyk non se lo fece chiedere due volte, e il giorno dopo scese in pista e fece segnare una media di 382.216 kmh, distruggendo il precedente record ottenuto da Brayton. Per Menard, nonostante il fatto di aver piazzato per il secondo anno consecutivo due suoi piloti ai primi due posti della griglia di partenza, fu uno smacco insopportabile.
Nei giorni seguenti, Menard cercò di riappropriarsi almeno del record non ufficiale. Venerdì 17 Maggio 1996, Scott Brayton stava provando una terza vettura, differente dalle altre due provate per il Pole Day, quando alle 12:17, mentre affrontava la seconda curva, un pneumatico esplose, la vettura si girò ed andò a picchiare contro il muretto a circa 370 kmh. Brayton fu estratto dalla vettura (che tra l'altro presentava relativamente pochi danni) incosciente, e fu dichiarato morto mezz'ora dopo all'Indianapolis Methodist Hospital.
La sua tragica morte segnerà un momento importante per la storia della sicurezza delle corse su ovale. Probabilmente quel giorno ci si rese conto che si era arrivati ad un punto eccessivo, e la morte di Brayton aiutò a capire che bisognava intervenire sulle velocità , per ridurle.
Inoltre, la sua scomparsa accelerò la ricerca verso nuovi strumenti di sicurezza, che porterà in pochi anni alla sperimentazione ed al successivo impianto delle nuove barriere di protezione SAFER al posto dei classici muretti (che hanno ridotto di tantissime le conseguenze degli impatti), ed allo studio e al successivo utilizzo di un nuovo collare per proteggere il collo dei piloti.
"Oggi abbiamo perso un grande amico. Era un grande uomo, un grande padre e un grande competitore. Amava Indianapolis. Era così orgoglioso del fatto che avesse ottenuto la pole position. E' morto facendo ciò che amava. E se conosco Scott, probabilmente adesso si starà divertendo a scherzare con Dio" dichiarò subito dopo John Menard.
Arie Luyendyk disse: "Scott e io eravamo molto amici, oltre ad essere concorrenti. Vorrei poter portare indietro l'orologio, ma purtroppo non ne sono capace".
"Scott è stato un grande ambasciatore per lo sport. La sua famiglia ha messo tutto il cuore e l'anima nelle corse. C'è tanto amore per le corse in quella famiglia" furono le parole dedicategli da Tony George.
Alla fine, il suo giovane compagno di squadra, Tony Stewart, partì dalla pole.
La bontà del lavoro di Brayton quell'anno, e le sue grandi possibilità di vittoria, furono testimoniate dal fatto che il suo sostituto, Danny Ongais, un 54enne ex-pilota che non correva ad Indianapolis da dieci anni, dopo aver provato per soli 17 giri la vettura qualificata in pole da Brayton, partì dal trentatreesimo ed ultimo posto e terminò settimo.
Scott Brayton non ha mai vinto una corsa Indycar, ma non vi è alcun dubbio egli è stato uno dei piloti più popolari e amati degli anni '80 e '90.
In suo onore fu istituito nel 1997 lo "Scott Brayton Driver's Trophy", assegnato al conducente che, durante il mese di Maggio, “meglio esemplifica il carattere, l'atteggiamento e lo spirito di competizione di Scott Brayton”.