Crisi d’identità  a Phoenix

Steve Nash sta faticando non poco ad adattarsi al nuovo stile di gioco dei Suns

"Se continuiamo così come adesso non miglioreremo molto in attacco", parola di Steve Nash.

Benvenuti a Phoenix, stagione 2008-09, dove l'attacco è il più grande problema dei Suns.
Sembra incredibile, ma è proprio così.

Infatti i Suns, nelle ultime sei partite, sono riusciti ad oltrepassare la soglia del centinaio di punti soltanto due volte e la media stagionale è di appena 100, contro 97,9 subiti per una differenza di +2,1, una cifra da squadretta mediocre (tanto per dire, Denver e Miami hanno una differenza-punti migliore).

Mentre Nash apertamente esprimeva la sua preoccupazione, altri preferivano evitare di pronunciarsi. "Non voglio parlare del nostro attacco", affermava Raja Bell, uno di quelli che più sta faticando a capire cosa vuole Terry Porter nella metà  campo avversaria.

Anche Stoudemire, uno che non ha mai nascosto la sua allegria per l'arrivo di Porter e che non ha esitato a tirar fuori qualche critica, più o meno velata, verso l'ex allenatore D'Antoni, non è molto contento: "Giocavamo così bene al contrattacco con Mike. Ora con Porter è diverso, dobbiamo adattarci e vedere se riusciamo a trovare l'equilibrio tra contrattacco e gioco a metà  campo".

Indubbiamente, l'unico giocatore contento è Shaquille O'Neal che non si lamenta certo del suo maggior protagonismo nell'attacco dei Suns. Se l'anno scorso era a Phoenix per "difendere e far partire il fast-break" ora è, in un certo senso paradossalmente, la pietra angolare dello schema offensivo. Per questo sta avendo una stagione sorprendente dal punto di vista statistico ma è da vedere se questa strategia favorisce o, in realtà , danneggia la squadra.

Il risultato di questa strategia, che avrebbe potuto funzionare tre o quattro anni fa con uno Shaq più giovane, è che il resto dei giocatori sembra non riuscire mai a trovare il ritmo in attacco. L'aggravante, poi, è che più palloni tocca Shaq, meno ne tocca Stoudemire che si è già  lamentato, velatamente, della situazione quando ha dichiarato che contro avversari come Landry o Scola "dovrebbe dominare" e che "dovremo correggere questi errori" dando ad intendere che è un errore non dargli la palla di più.

Insomma i Suns sono nel bel mezzo di una crisi d'identità . Una crisi profonda perché nonostante si continui a professare "pazienza" e a dire che "è ancora presto", l'impressione è che il problema non sia il tempo necessario per digerire la nuova filosofia di Porter, ma la filosofia stessa. Una filosofia che è apertamente messa in discussione da una parte della squadra che sembra rimpiangere Mike D'Antoni.

E' impossibile vederla in maniera diversa quando Nash dice sentirsi, a volte, "emarginato", anche se poi cerca di zuccherare la sua affermazione dicendo che sta cercando solo di "trovare il suo ruolo".

Per ora il suo ruolo è stato portare la palla oltre il centro del campo (e nemmeno sempre visto che a volte lo fa Barnes o qualche altro giocatore) e passare la palla a Shaq in post basso. Niente più pick'n'roll con Stoudemire, niente più palleggi prolungati in ricerca del compagno libero. E stiamo parlando di un giocatore che è ancora uno dei migliori playmaker del mondo.

Insieme a Raja Bell è sembrato il giocatore più in difficoltà  in queste prime settimane, le sue statistiche parlano chiaro: 13,5 punti (peggior media punti dal 2000), 7,6 assist (prima volta nelle ultime cinque stagioni che non è in doppia cifra) e 3,5 turnover.

Sapevamo tutti che questi non sarebbero stati più i Suns dei "7 seconds or less", ma non potevamo certo immaginare che faticassero a cominciare un'azione di attacco in sette secondi.

"Credo ci siano momenti in cui vogliano correre - dichiarava Porter - Ed è una cosa che capisco, ma voglio che lo facciano dopo aver difeso bene e recuperato un pallone o preso un rimbalzo".

Nel frattempo, tutto questo subbuglio si traduce in sconfitte, o forse dovremmo dire sonore sconfitte. Nello scorso Report dicevamo che si sarebbe visto di che pasta erano fatti i Suns contro alcune delle migliori squadre della lega e, purtroppo per i tifosi "purple and orange", non ci sono molti motivi per essere ottimisti.

Se escludiamo la convincente vittoria contro i Pistons, che si trovavano comunque alla fine di un lungo road-trip, i Suns hanno perso alla grande (12,3 punti di differenza) gli altri “big match” contro Rockets, Jazz (questi senza Deron Williams e Okur) e Lakers. La cosa più significativa è che in nessuna di queste partite i Suns sono sembrati in grado di vincere e, per lo più, hanno dato l'impressione di essere una squadra alla deriva che non sa esattamente cosa fare.

Contro i Lakers, tra il secondo e il terzo quarto, nessun giocatore dei Suns ha segnato un singolo punto eccetto Shaq per otto lunghissimi minuti. È stato lì che i Lakers hanno preso il largo e non hanno più guardato indietro.

"Non stiamo tirando molto bene - rispondeva Shaq in conferenza stampa - Dobbiamo semplicemente cominciare a segnare canestri".

Per quattro anni segnare canestri non era mai stato un problema, piuttosto era l'incapacità  di impedire i canestri avversari il grande problema dei Phoenix Suns. Con Terry Porter gli avversari continuano a segnare, sono i Suns che si sono dimenticati di come si fa. Staremo a vedere se è soltanto un problema passaggero oppure il problema è che l'attuale schema offensivo non sfrutta al meglio i giocatori a disposizione. In tal caso sarà  difficile anche raggiungere i Playoff.

Around the Valley

Ogni volta che c'è un Lakers-Suns ci si aspettano grandi cose. Le aspettative derivano da molteplici fattori: l'ormai famosa mossa da wrestling di Raja Bell a Kobe, la rivalità  storica tra le due franchigie e, soprattutto, il sempre difficile da interpretare rapporto tra Kobe e Shaq.

Ad aggiungere ancora un po' di pepe alla situazione è stato, come no, O'Neal che in un intervista al giornale "Sacramento Bee" ha dichiarato che la sua rivalità  con Kobe, ai tempi dei Lakers, era alimentata dallo stesso Phil Jackson.

"Credo che fosse tutto parte del suo piano - affermava Shaq - insomma, deve essere così perché non ci ha mai richiamati, non ci ha mai convocato nel suo ufficio per dirci di smettere. Credo sapesse che ci motivava la nostra rivalità  e devo dire che ripensandoci è stato molto divertente".

Durante tempi duri come quelli che stanno attraversando i Suns preparatevi a sentire speculazioni, voci di mercato, qualche mezza verità  e svariate bugie. Difficile dire tra quali delle precedenti si può classificare una voce che parla di un interessamento dei Knicks per Nash, potenziale obbiettivo per la folle estate del 2010, quella in cui gente come LeBron, Wade, Bosh o lo stesso Stoudemire saranno sul mercato.

Bugia o verità , c'è un ragionamento dietro: se Nash, dopo gli ultimi due anni di contratto con i Suns deciderà  di continuare a giocare, perché non andare dal suo mentore D'Antoni ed aiutarlo, magari insieme a LeBron, a vincere l'anello che hanno mancato a Phoenix?

Nash, però, non sembra interessato a parlare del futuro: "Forse ne potremo parlare tra due anni. Ma ora come ora sono molto occupato a provare a portare questa squadra al massimo livello". Insomma, per ora, niente di cui preoccuparsi"almeno per un paio d'anni.

Per finire, vi segnaliamo una piccola intervista con Tom Chambers, mitico giocatore dei Suns ed ora commentatore per la Fox Sports Arizona.

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