Danica Patrick durante le prove libere della 500 Miglia di Indianapolis 2008
Non c'è dubbio che il pilota più popolare della Indycar Series sia lei: Danica Patrick.
Non è la prima donna a partecipare alla serie: in principio furono Janet Guthrie, Lyn St. James e Sarah Fisher. Adesso c'è lei. Ma non è la stessa cosa.
Il circo mediatico che è stato costruito attorno a questa 26enne del Wisconsin non ha precedenti, almeno per una donna. All'inizio, le donne venivano viste come una sorta di fenomeno da baraccone, una particolarità , una provocazione. Con Danica non è lo stesso.
Le altre ragazze che avevano tentato prima di lei la strada delle corse automobilistiche erano viste più come qualcosa di buffo, quasi un voler sfidare l'establishment di uno sport prettamente maschile e maschilista.
In molti, specialmente all'inizio della sua carriera, continuavano a ripetere che "questo è uno sport per uomini", come sosteneva il grande Richard Petty, il Re delle corse NASCAR.
Danica è andata oltre, si è affermata come fenomeno sia per il suo sesso, ma anche e soprattutto per essersi dimostrata una che in pista ci sta, e ci sta bene.
Perché qui sta il punto: Danica è un pilota, coi suoi pregi e i suoi difetti, ma pur sempre un pilota. Non che chi l'avesse preceduta non lo fosse, semplicemente erano viste più come qualcosa di bizzarro per attirare qualche sponsor facendosi una po' di facile pubblicità , che stavano lì più per il fatto di essere "diverse". Non Danica.
Danica ha dimostrato di stare lì per le sue capacità di guida.
Il tutto è stato sublimato in una data storica: il 20 Aprile 2008, sull'ovale di Motegi in Giappone, è diventata la prima donna a vincere una gara Indycar e di conseguenza una gara automobilistica di livello internazionale. E' il risultato che probabilmente l'ha definitivamente sdoganata agli occhi degli addetti ai lavori e degli appassionati ed ha fatto in modo che tutti l'accettassero come un pilota vero.
Perché la sfida di Danica, ancor più che con i colleghi in pista, è stata proprio questa: farsi accettare dal pubblico. Certo, alcuni servizi in bikini magari non hanno certo aiutato a mandar via il pensiero che alla fin fine anche lei non fosse altro che una bella ragazza con cui potersi fare un po' di facile e veloce pubblicità . Ma questi sono peccati che le si possono perdonare, un prezzo da pagare ad un mondo che sappiamo come va.
Per Danica non è stato facile, nonostante l'apparenza.
Non è stato facile emergere in un mondo, quello delle corse automobilistiche, esclusivamente maschile, vincere lo scetticisimo, i sorrisi, le ironie, i pettegolezzi.
Non è stato facile farsi accettare per quello che in fondo è, un pilota.
Non è facile, oggigiorno, sopportare una aspettativa del pubblico ed una pressione mediatica neanche paragonabile con quella dei suoi colleghi della Indycar.
Tutti la vogliono, tutti la conoscono, tutti si aspettano da lei vittorie e trionfi.
Dopo la vittoria di Motegi, è stata montata una campagna mediatica impressionante che dipingeva Danica come la possibile, probabile, vincitrice della 500 Miglia di Indianapolis 2008.
Nonostante che giorno per giorno, giro di prova per giro di prova, emergesse chiaramente come lei e il suo team erano sensibilmente, ma anche sostanzialmente, un gradino sotto i piloti di Ganassi e Penske, i media hanno continuato a martellare con "Danica vincerà , Danica vincerà ".
Non è semplice resistere a tutto questo, non è semplice resistere a chi ti chiede, si aspetta e pretende qualcosa di cui forse non sei in grado, qualcosa per cui non sei ancora preparata.
Perché qui sta il punto fondamentale: da pilota vero, Danica ha i suoi pregi e i suoi difetti.
A parte la questione fisica (è alta 1,57 m e pesante 45 kg, meno che qualsiasi altro collega, e molti sostengono che questo l'abbia favorita, visto che fino ad un anno fa nella Indycar il peso minimo veniva calcolato solo per la vettura, senza il pilota a bordo come accade invece in Formula 1, e quindi avere un pilota più leggero potreva essere un vantaggio), è un pilota che quando è in giornata sa correre, sa gestirsi, sa nascondersi bene nelle prime fasi di gara come fanno i grandi interpreti delle corse su ovali (e specialmente di una corsa complicata da gestire come la 500 Miglia di Indianapolis), per poi emergere nelle fasi finali.
Come fece nel 2005, alla sua prima Indy 500, quando stette un po' in disparte per tutta la corsa e poi, nel finale, uscita indenne (e molto fortunosamente c'è da dire) da una delle solite carambole a più vetture che gli permise però di "sparigliare" la strategia dei pit stop, si portò in testa per diversi giri, prima (e finora unica) donna a riuscirci, prima che Wheldon avesse la meglio, riuscendo comunque a finire al quarto posto (miglior risultato per una donna).
Il problema è che spesso si lascia prendere la mano, finisce per perdere la testa, per innervosirsi, per confondersi, per pasticciare con le regolazioni ai box (fondamentali nelle corse su ovale) , per sbraitare alla radio con tecnici e "spotter" (altro aspetto fondamentale delle corse su ovale, gli uomini che dall'alto della pista "guidano" i piloti e li aggiornano su tutto quello che accade in pista, sugli eventuali incidenti e sull'esatta posizione degli avversari nei continui sorpassi che compiono o subiscono).
Il che la porta spesso a commettere a volte degli errori che la portano ad eclissarsi o comunque a non sfruttare il grande potenziale suo e del suo team (che resta uno dei tre migliori della Indycar, l'Andretti-Green Racing).
La sua grande popolarità ed il suo carattere piuttosto peperino ha poi portato a diversi malumori e a diversi confronti con i suoi colleghi. Oramai celebri alcuni episodi, come i tentativi di scazzottate con Wheldon qualche anno o, più recentemente, con Ryan Briscoe ad Indianapolis, rei di essere venuti a contatto con lei e averle rovinato la corsa. Ancora più celebre, il litigo tutto al femminile con Milka Duna quest'anno a Lexington, quando la bella (e, sinceramente, molto meno capace) venezuelana l'aveva tenuta troppo dietro durante una sessione di prove libere.
Ancora più grave, è però la tensione che spesso si crea all'interno del suo team.
Già la vita all'interno di un team con ben quattro vetture sarebbe difficile di per sé, se ci aggiungiamo pure che uno di questi quattro è il figlio del proprietario già si capisce che la situazione non è facilissima e si ha l'impressione che probabilmente qualche risultato lo si è buttato più per la tensione interna che per una effettiva inferiorità rispetto agli avversari.
Se a tutto questo aggiungiamo la pressione dei media per avere due nomi così pesanti, come quelli della Patrick e di Marco Andretti, e gli atteggiamenti da primadonna di Danica (che, ad esempio, ha per contratto il privilegio di poter usare i dati della telemetria dei suoi compagni senza che loro possano fare lo stesso con i suoi), si capisce bene come la situazione non sia semplice.
Situazione che ha portato tutto sommato ad una stagione, prima e storica vittoria a parte, deludente. A parte Motegi, Danica non ha portato a casa che due quinti posti quali miglior risultato. Addirittura, non è stata nemmeno la donna a percorrere più giri in testa durante la stagione, superata 5 a 4 dalla Duno. E' vero che il team ha pagato sicuramente una inferiorità tecnica rispetto a Penske e Ganassi, ma è anche vero che le tensioni non hanno certo aiutato, tutt'altro.
Il tutto pare che non abbia ancora scalfito la grande popolarità di Danica. Voci ripetute la vogliono addirittura in Formula 1 (si vocifera da tempo, non si sa bene secondo quali fonti, di un possibile test alla Honda), ancora una volta sfruttando la sua figura come fenomeno da baraccone, come bella donna da mettere in copertina, e senza invece analizzare tecnicamente la situazione, ovvero che lei è un buon pilota, ma molto più forte sui circuiti ovali che sui circuiti stradali, di cui si compone esclusivamente il calendario di Formula 1.
Lei stessa si è confrontata con l'ipotesi di un test in Formula 1 in un modo molto intelligente, dichiarando: "Entrare in quel mondo piacerebbe a qualsiasi pilota e non penso che ci sarebbe nulla di strano se dovessi fare un test. Mi avevano già chiesto di fare un giro dimostrativo a Indianapolis nel 2005 ma dissi di no perché non volevo che facessero di me solo uno spettacolo. Sarebbe stato imbarazzante, mentre un test vero è una cosa a cui sono assolutamente interessata".
Mentre lei dichiarava questo, da noi si continuava a dare la notizia come "la ragazza col corpo da modella proverà una F1", a dimostrazione di come la sua figura sia ancora non ben compresa dalle nostre parti, dove le donne nelle corse automobilistiche sono ancora poco considerate e sono ancora merce rara.
Negli Usa invece, a parte lei, in Indycar corrono altre due ragazze, Sarah Fisher e Milka Duno, ed in più nelle varie categorie propedeutiche ci sono altre che si stanno imponendo e vincendo delle corse, e che presto potrebbero raggiungerla, come Ana Beatriz e Simona De Silvestro.
Ed allora il futuro cosa prospetta?
Dopo aver vinto una prima battaglia, quella di farsi accettare nel suo ambiente come pilota vero, la Patrick vincerà la prossima, quella di diventare un pilota top? Cosa dobbiamo aspettarci dal 2009?
Questa sua grande popolarità , che l'ha sicuramente favorita in molti aspetti e che sicuramente favorisce il suo team nel trovare sponsor e liquidità in un momento di crisi come quello attuale, si rivelerà , come si è già rivelata quest'anno, un boomerang?