Ti prego, Allen, fallo per noi. Non tradire mai te stesso !
Cosa ci fa Allen Iverson con la maglia dei Pistons ?
L'ultima trade che ha portato The Answer in Michigan mi ha serenamente scioccato. Allen Iverson nella squadra più quadrata d'America ? Allen Iverson nella squadra di Tayshaun Prince e Rip Hamilton ? Già , Rip, il maestro dell'in-between game, il ragazzo con la testa sulle spalle.
Cosa ci fa un artista solista nella città dei motori ? Se penso a Detroit mi viene in mente una città sporca, dura, decisamente operaia, quasi senza arte né speranza. La migrazione di massa verso le fabbriche di auto l'ha resa la città di almeno 100.000 abitanti con la più alta percentuale di afro-americani (quasi 84 %), anche se poi può essere conosciuta come la culla dell'unico rapper bianco di successo, Eminem.
Proprio ieri vedevo Menace II Society. Il ragazzino figlio di Jada Pinkett Smith indossava sempre un cappellino dei Pistons, anche a Watts, ghetto nero di Los Angeles. Cosa c'entra tutto questo ? Apparentemente niente.
I Pistons sono una squadra con un largo pubblico afro-americano, anche se non si direbbe a prima vista. Allen Iverson è cascato in una città nera come nessuna per i numeri, ma che non rende onore al suo genio. Né la squadra tantomeno la città .
La trade che lo ha coinvolto ha sollevato in me una questione delicata. Non esistono quasi più i giocatori-bandiera, come Magic ai Lakers o Larry Bird ai Celtics, ma anzi, alcuni grandi campioni come Allen Iverson rischiano di macchiarsi il finale di carriera in squadre e in città che non fanno rima con il proprio particolare talento.
Iverson, per inciso, doveva restare a Philadelphia, altro che Denver o Detroit. Qui la domanda è un'altra. E' bello vincere un titolo, se mai lo dovesse fare, con una squadra raggiunta nel finale di carriera cinicamente e unicamente per questo scopo ?
Peggio, se lo facesse da non protagonista, peggio ancora, oscurando se stesso e il suo modo di giocare che lo ha reso unico al mondo.
L'ultimo capitolo dei grandi campioni è il tema di questo pezzo.
Il titolo. Ecco quello che tutti desiderano. L'anello del vincitore. Che cosa non si farebbe pur di metterselo al dito. Ci sono anelli ed anelli però, non è sempre lo stesso sapore.
Se Gary Payton vince con i Miami Heat non proprio da comprimario ma sicuramente non da protagonista, beh, ammetterete pure voi che non è lo stesso che sarebbe stato con la maglia di Seattle, la sua squadra fin dall'inizio.
Non è tanto o soltanto il discorso della gloria un po' usurata che vince in una squadra in cui non è più il primo attore. E' non vincere più con la squadra con la quale sei nato, cresciuto e ti sei affermato. Nel caso specifico i Sonics per Gary, che nel 1996 ha perso contro Michael Jordan e i Bulls le sue Finals.
Ecco, questo è il problema. Cambiare bandiera, non essere più simbolo.
Anticipo già il mio giudizio, peraltro penso già chiaro. E' più onorevole restare a vita con la stessa maglia e non vincere niente pur di andare in una squadra già forte, snaturarsi e vincere da non protagonista.
Coppia Stockton to Malone. La tenete presente ? Benissimo.
Per una vita hanno cercato l'anello, hanno sofferto dolorosissime eliminazioni ai playoff, poi finalmente a fine carriera due Finali NBA. C'è sempre Michael Jordan con i suoi Bulls però. Strada sbarrata.
John Stockton si ritira, Karl Malone vai ai Lakers.
Come, ai Lakers ? Ma stiamo scherzando ?
E' la squadra di Kobe e Shaq, point guard è quel Gary Payton di cui sopra al primo tentativo di mettersi anche lui l'anello al dito. Finals 2004. Vincono i Pistons, a sorpresa.
Ma Karl avrebbe gioito lo stesso ? Qui qualcuno lo ha voluto punire.
Per inciso, e senza troppi giri di parole. John Stockton batte Karl Malone. L'onore prima di tutto.
L'ultimo capitolo della carriera può assumere vari aspetti. Chi va in una squadra nuova per il titolo che non ha mai avuto dopo una carriera in cui è stato simbolo di un'altra maglia lo abbiamo già visto. Nella lista dei disonorevoli disperati in fuga ci mettiamo anche, a malincuore, Kevin Garnett.
Piccola scusante : ha dimostrato un sincero attaccamento ai Celtics e soprattutto, anche se è stato una bandiera dei Timbervolves la pena è ridotta. Qui è meglio sia andata così. Meglio aver dimostrato di saper onorare una maglia storica che i boschi ghiacciati di Fargo.
L'ultimo capitolo può essere a volte un romantico ritorno a casa. Chauncey Billups a Denver (dove è nato) o Jason Kidd a Dallas. Amo i viaggiatori di ritorno.
Michael Jordan invece, sul campo come in qualsiasi altro discorso, è sempre un caso a parte. Tornò nella NBA dopo tre stagioni di assenza, con i Wizards, annunciando il suo rientro in NBA in contemporaneità con l'11 Settembre. La parentesi a Washington ha rovinato tutto ?
Certo che no, ma feci fatica a capire allora la sua decisione. Resta il fatto che oggi e per sempre sarà il dominatore con la maglia dei Bulls. Obiettivo raggiunto.
La memoria non è stata intaccata ma proprio perché si chiama Michael Jordan e non Joe l'idraulico e anzi, ha aggiunto un nuovo capitolo interessante seppur ovviamente secondario. Credo che lo abbia fatto per passione (secondo voi ???!), quindi onore al più grande.
Chi invece puzza di arrapato fino all'ultimo dollaro è il capitolo finale di Hakeem Olajuwon, per esempio. Un paragrafo e non un capitolo in realtà , ma che senso ha giocare un'ultima stagione di carriera con Toronto ? Anche qui non si sporca nulla del passato, ma è bene parlarne comunque. Carriera pura andata a male.
Come quella di Patrick Ewing, poverino. Niente titolo ai Knicks, poi l'ombra di se stesso a Seattle ed Orlando. Cornuto e mazziato. Qui c'è un po' la voglia cinica di anello e un po' è pur sempre una questione di soldi. Disperato in fuga anche lui, ma senza la voglia travolgente di KG.
Scottie Pippen invece è stato forzato ad abbandonare i Bulls (come ovviamente pure Jordan) e si è costruito un'ultima seconda carriera prima a Houston poi a Portland. Ha fatto parte di squadre vincenti ma niente, il titolo non è più arrivato. Aveva ancora qualcosa da dare, qui è semplicemente il tentativo, fallito, di aprire una nuova era.
Nuove ere che Shaq ha aperto fin troppo. Ha giocato una Finale NBA ovunque sia stato, ma cosa c'entra a Phoenix ? Bah, è completamente on the loose, sta vagando come un barbone sul viale del tramonto.
Ha vinto tutto, è un mito vivente, non lo vorrei vedere più come l'ultima volta in TV dove si fatto stoppare tre volte in un minuto.
Shaq stoppato tre volte in un minuto ? Ma stiamo scherzando ? Odore, anzi puzza, di tanti $ anche qui, perché Ewing almeno cercava l'anello, Shaq e Olajuwon avrebbero potuto evitare destinazioni erranti con la gloria alle spalle.
A volte la purezza non viene premiata. Del resto, non viviamo mica in un mondo in cui trionfa sempre il giusto. Elgin Baylor è ai Lakers da una vita. All'inizio della stagione '72 è costretto a ritirarsi per un infortunio. I Lakers senza di lui vinceranno il titolo proprio nel giugno successivo. E sarebbe stato il suo primo. Quando penso alla sfortuna penso a lui, pure all'ingiustizia e al destino beffardo.
Questo pezzo è dedicato idealmente a lui, a chi lotta una vita per degli ideali e ha il coraggio di rimanerne fedele, nel rispetto del principio, della storia.
Onore a Kobe con i Lakers, a Paul Pierce con Boston, e a Magic e Larry loro modelli e maestri.
Pensiamo al prossimo giugno. Se vincono i Pistons sarò contento per Iverson se lui stesso sarà sinceramente contento. Di certo non voglio per lui la stessa sorte che toccò a Pete Maravich. Di nome e di fatto un jazzista, entrò e uscì nel razionalismo dei Celtics giusto un anno prima di Bird eventualmente suo trasportatore verso la gloria.
Sì, penserò magari al significato che tutto questo avrebbe avuto a Philadelphia ma tant'è, gli voglio troppo bene per non gioire con lui. Come volevo bene a Michael per esaltarmi sempre e comunque quando tornò con Washington.
Ma per non essere il primo che predica bene e razzola male, anche io devo scrivere l'ultimo capitolo di questo pezzo in lealtà con i miei principi e i miei sentimenti.
Se dovessero vincere i Lakers, con Kobe finalmente senza l'ombra gigantesca di Shaq, che dire. Non ne sarò contento, di più.
Vidi qualcosa sul volto del Paul Pierce MVP delle Finals l'anno scorso che è difficile spiegare a parole.
Kobe sa a cosa mi riferisco.