Sixers fra luci e ombre

L'inizio di stagione di Iguodala non è stato dei più brillanti…

Dopo l'off season più ricca ed interessante degli ultimi anni, la città  di Philadelphia si aspettava molto dai suoi amati 76ers. La squadra si presentava ai blocchi di partenza di questa stagione NBA con un nuovo look, un nuovo go-to-guy (Elton Brand, arrivato via free agency dai Los Angeles Clippers) e grosse aspettative all'interno della sempre più competitiva Eastern Conference.

Visti i risultati dell'anno scorso – 40 vittorie in stagione regolare e l'uscita al primo turno dei Playoffs ad opera dei Detroit Pistons – l'obiettivo minimo è quelli di raggiungere il secondo turno della post-season, arrivandoci magari dopo aver toccato quota 50 W stagionali.

Oggi, dopo quasi un mese dall'inizio delle danze la squadra si trova con un record appena al di sotto di quota .500 (5 W e 6 L). Sicuramente non è questo l'inizio che tutti i tifosi si aspettavano di vedere, le note negative sino a questo momento sono sicuramente maggiori rispetto a quelle positive. Ma andiamo a dare un'occhiata in modo più dettagliato a questo precario inizio di stagione.

Il trend iniziale è stato molto altalenante: dopo la sconfitta nel season opener contro i Raptors è arrivata una convincente vittoria contro i Knicks a cui ha fatto seguito la prima trasferta stagionale, in casa degli Hawks dove è arrivata la seconda sconfitta dopo che la squadra aveva raggiunto un vantaggio di 21 punti. Due giorni dopo si è tornati a Philadelphia e la squadra ha distrutto i malcapitati Kings, che al momento erano ancora senza vittorie.

Dopo queste prime quattro partite sono iniziati i problemi e la mini crisi in cui è entrata la squadra. Il viaggio in Florida (a Miami ed Orlando) e la gara casalinga contro i Jazz hanno portato tre sconfitte consecutive e un record complessivo di 2-5.

Il problema più grosso di queste sconfitte sono state le palle perse, addirittura 25 nella gara giocata contro Dwyane Wade, Mario Chalmers (9 palle rubate per il rookie uscito da Kansas) e gli Heat. Venticinque palle perse in 48 minuti sono un dato incredibile, che una squadra a questi livelli non dovrebbe raggiungere, soprattutto se guidata da un playmaker forte, intelligente e soprattutto veterano di 9 stagioni NBA come Andre Miller.

In totale in queste tre partite la squadra ha toccato quota 55 turnovers, che l'hanno portata ovviamente nei bassifondi della Lega sotto questo punto di vista statistico.

Una spiegazione plausibile a questo problema è il fatto che la squadra, offensivamente, ha dovuto cambiare pelle rispetto a quello che faceva sino alla scorsa stagione. Una presenza in post basso come quella di Elton Brand ha portato con sè dei nuovi set offensivi e soprattutto una diversa mentalità .

Dal contropiede e dal gioco in velocità  si è passati ad una gestione dei possessi più equilibata, con un ritmo più controllato e quindi ad un attacco contro la difesa schierata che inizialmente ha però portato con sè tante indecisioni, brutte scelte di tiro ed appunto tante, troppe palle perse.
Maurice Cheeks, parlando proprio di questo fatto, ha sottolineato come durante gli allenamenti anche gli stessi giocatori stiano cercando di conoscersi meglio e di capire come muoversi e “spaziarsi” sul campo nei vari giochi offensivi.

Un primo aggiustamento per esempio è stato quello di far ricevere palla a Brand più spesso dal post alto, dove può essere comunque pericoloso grazie al suo ottimo tiro dalla media distanza. Inoltre Cheeks ha anche provato dei quintetti con Iguodala come “point forward” insieme a Thaddeus Young e una guardia tiratrice come Willie Green, Louis Williams o Kareem Rush.

L'altro grande punto di domanda che gli esperti e i tifosi si stanno ponendo in questi giorni riguarda due pezzi fondamentali della squadra (e del quintetto) come Andre Iguodala e Samuel Dalembert.

Il primo dopo la ricca estensione contrattuale ricevuta in estate non sta tenendo fede alle attese e le sue prestazioni sono sempre troppo incostanti. La sua media punti (12.8) è la più bassa da tre stagioni a questa parte, ma soprattutto il suo tiro da fuori non sembra essere migliorato rispetto al passato, la % dal campo (.381) è la peggiore della sua carriera.

In questa stagione Iguodala non ha ancora toccato quota 20 punti in singola partita (anche se ha avuto uscite da 11 rimbalzi e 10 assist) e questo è un problema se sulla carta l'ex Arizona dovrebbe essere il tuo secondo leader offensivo e giocatore perimetrale più pericoloso. La speranza è che AI (soprannome che ricorda sempre qualcuno a Philadelphia…) sia in un periodo non fortunato e che con l'allenamento il suo tiro e le sue prestazioni possano migliorare.

Il caso di Dalembert è invece decisamente più preoccupante.
Arrivato Brand si pensava che anche il canadese potesse definitivamente esplodere, dopo le ultime due positive stagioni.
Lo stesso Samuel durante l'estate aveva parlato addirittura di All Star Game, come suo obiettivo personale.

Beh, ad oggi dopo undici partite giocate il rendimento del centro nativo di Haiti è il più basso della sua carriera, ad esclusione dell'anno da rookie (i 6.8 punti a partita sono lì a dimostrarlo).
Dopo un paio di buone uscite (17 rimbalzi nella prima partita contro i Raptors) le sue prestazioni solo crollate a picco, così come il suo minutaggio (molto spesso Cheeks preferisce un quintetto da “small ball” lasciando il centro in panchina giocando con quattro piccoli più Brand).

Come spesso gli succedeva non riesce a stare lontano dai falli, dovendo quindi uscire presto dalla partita senza poi essere in grado di ritornarci, soprattutto mentalmente.

Se quindi l'attacco funziona a stento, Iguodala e Dalembert stanno giocando il peggior basket delle loro carriere cosa sta funzionando in questi 76ers?
La risposta è semplice, Thaddeus Young – 18 punti di media nelle tre W arrivate contro Toronto, Indiana e Oklahoma City.

I tifosi di Philadelphia si aspettavano molto dal talentuoso secondo anno uscito da Georgia Tech ma nessuno si sarebbe mai immaginato di vederlo a questi livelli (ricordiamo che ha compiuto vent'anni lo scorso 21 giugno).

Young è il leading scorer della squadra (17.4 ppg), terzo miglior rimbalzista offensivo (2.2 rpg) e secondo miglior tiratore dal campo (.525%). Il talento non è mai stato in discussione (ancora oggi ci si chiede come possa essere scivolato sino alla 12esima scelta del Draft 2007) ma che potesse contribuire in questo modo al suo secondo anno nella Lega non era stato previsto da nessuno.

Offensivamente la definitiva transizione ad ala piccola (l'anno scorso ha spesso giocato da power forward) lo sta aiutando a trovare sempre dei matchup favorevoli con il proprio avversario diretto, che può battere sia dal post basso con la sua pennellata mancina che dal palleggio, dove può sfruttare la sua velocità  ed il suo ball-handling, decisamente migliorato.

Il dato più interessante è però quello del tiro da fuori, che dopo un'estate passata a tirare, tirare e ancora tirare, sta diventando quasi automatico. Basti pensare che nella stagione scorsa chiuse con 6 canestri da tre punti su 19 tentativi (in 74 partite giocate); quest'anno dopo cinque partite la sua statistica diceva 8/14!

I limiti per questo ragazzo sono davvero pochi, se continuerà  così fra un paio d'anni potremo parlare di un All Star fatto e finito.

Insieme a Young un bel “+” va dato anche alla panchina, che guidata da Williams, Green e Reggie Evans sta dando un ottimo apporto. Le due guardie portano tanta energie, hanno punti nelle mani e sono in grado di alzare sempre e comunque i ritmi della partita.

Molto positivo è stato Green, che spesso è in campo nei finali di partita quando Cheeks decide di usare un quintetto più piccolo con Brand da centro. Williams invece si sta facendo valere come uno dei migliori realizzatori uscendo dalla panchina, con quasi 10 punti di media. Nelle ultime partite il suo minutaggio è leggermente diminuito ma la sua abilità  di battere l'uomo in uno contro uno e arrivare al ferro in ogni occasioni lo rendono utile in qualsiasi situazione, soprattutto verso la fine dei periodo di gioco.

Evans invece, insieme al positivo rookie Marresse Speights, porta tanti muscoli, rimbalzi e difesa. Il quintetto con Evans in frontline è quello che spesso concede meno agli avversari (.325% dal campo insieme a Dalembert – .361% insieme a Speights).

Dopo la sconfitta contro i TWolves, arrivata grazie ad una brutta prestazione difensiva e con brutte percentuali al tiro (1/11 da tre punti e il 65% dalla lunetta) il calendario per i 76ers propone tre partite a dir poco abbordabili: contro Clippers e Warriors al Wachovia Center e poi a casa dei Bobcats per poi concludere il mese di novembre con tre sfide contro dirette rivali per i Playoffs come Boston, Orlando e Chicago.

Concludere questo primo mese di Regular Season con un record sopra quota .500 sarebbe sicuramente un bel risultato, ma come abbiamo visto fare pronostici con questa squadra è al momento impossibile.

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