Helio Castroneves parla coi reporters dopo l'accusa di evasione fiscale
Helio Castroneves è certamente uno dei piloti più popolari e amati della Indycar Series.
Questa popolarità e questo amore sono frutto di una indubbia capacità nel guidare, capacità che lo ha portato a vincere per due anni di fila (e nei primi due anni di partecipazione) la 500 Miglia di Indianapolis, e di essere abbastanza costantemente negli ultimi dieci anni circa uno dei contender per la vittoria finale del titolo (che però gli è sempre sfuggito).
Popolarità e amore accresciuti sicuramente dal suo carattere sempre allegro e scherzoso, che lo porta ad esempio a festeggiare ogni vittoria con una caratteristica arrampicata sulle reti di protezione (azione che gli è valsa il soprannome di “Spiderman”).
Il tocco finale è poi dato dalla sua recente partecipazione, e vittoria, all’ultima edizione del popolarissimo show televisivo “Dancing with the Stars”, che altro non è che la versione americana del nostro “Ballando con le Stelle”.
Ma non tutto è rose e fiori per il buon Helio. Non lo è stato sin dall’inizio.
Alcuni detrattori gli imputano (abbastanza ingenerosamente, a dire il vero) l’essersi costruito una carriera su una doppia tragedia: la morte, nel 1999, prima di Gonzalo Rodriguez, pilota Penske, e poi soprattutto di Greg Moore, talento smisurato, il pilota che tutti pronosticavano (a ragione) come il futuro dell’automobilismo a stelle e strisce, e che avrebbe dovuto affiancare Gil de Ferran al Team Penske nel 2000.
Il crudele destino che aleggia sul mondo delle corse portò il talentuoso pilota canadese a perdere la vita (a 24 anni) in uno spaventoso incidente nell’ultima corsa del 1999. Roger Penske si trovò senza un pilota, e così assunse il giovane Castroneves (anch’egli allora 24enne), che si era messo in luce guidando per un piccolo team.
E da allora fu una scalata verso il Paradiso, il Paradiso rappresentato dalla 500 Miglia di Indianapolis, dalla popolarità , dal pubblico riconoscimento a stella degli sport motoristici. Quello che, sembra crudele ma probabilmente è così, era dovuto a Moore. Il che non sminuisce di certo le grandi doti di Castroneves.
La carriera di Castroneves è poi proseguita senza intoppi, come detto con la doppia vittoria ad Indy, con 10 campionati (tra CART e IRL) al fianco di un mito delle corse americane come Roger Penske (con due secondi e due terzi posti finali), a volte messo in ombra da alcuni compagni di squadra abbastanza diversi tra loro ma comunque entrambi dei “grandi” come Gil de Ferran e Sam Hornish (il “vero” erede di Greg Moore, anche e soprattutto per lo stile di guida), ma comunque sempre al top.
Senza intoppi fino al 2 ottobre 2008, quando Castroneves, uno dei piloti più amati, soprattutto per la sua grande simpatia e il suo continuo sfoggio di un “sorriso magico”, è stato accusato di cospirazione e frode fiscale, e condotto con le manette ai polsi e le catene ai piedi (visto che tali reati, a differenza di paesi a noi molto più vicini, negli USA sono trattati con particolare durezza) davanti al Grand Jury della Florida, insieme alla sorella e al suo avvocato.
Uno shock per molti suoi fan, che lo vedevano come il bravo ragazzo che aveva avuto la sua occasione ma che fondamentalmente era rimasto “uno di noi”, sempre simpatico, sempre sorridente.
Simpatia e sorrisi che, a dire il vero, probabilmente lo hanno reso immune dalla pratica molto comune negli USA di essere additato come un mostro appena compare un’ombra, come invece è accaduto a molti altri personaggi popolari; altra differenza con il paese a noi molto vicino, in cui in un caso simile un noto campione di motociclismo è stato subito dipinto come la “povera e ignara vittima di qualche truffaldino raggiratore” ed è riuscito ad uscirne straordinariamente pulito pagando una sorta di lieve multa.
Negli USA invece Castroneves rischia grosso, molto grosso.
Il 2 marzo (a poco più di un mese dall’inizio del campionato) sarà chiamato davanti al tribunale delle Florida per rispondere dell’evasione fiscale di 5,5 milioni di dollari di cui è accusato.
E qui sorge il problema, perché mentre in un caso simile Bryant poteva permettersi di fare la spola tra il tribunale del Colorado e i parquet NBA quando era accusato di stupro, anche arrivando in ritardo e a partita cominciata, certo lo stesso non potrà fare Castroneves: ce lo vedete un pilota che arriva in circuito in fretta e furia e inizia la sua corsa al ventesimo giro?
E da qui sorge la questione: ce la farà Castroneves a disputare la stagione 2009? Oppure dovrà saltare la stagione? Dovrà essere sostituito? E sostituito da un pilota part-time, per qualche gara, o dovrà essere sostituito da un pilota forte e per tutta la stagione?
Sicuramente la situazione non è facile, né da interpretare dall’esterno né da decidere dall’interno. Sono subito partiti i soliti rumors (così numerosi in un paese grande e variegato come gli USA), sono subito impazzati nomi di sostituti più o meno improbabili (Tomas Scheckter, Paul Tracy, addirittura si è ipotizzato un ritorno clamoroso di Sam Hornish, anche se lui stesso ha sempre continuato a ricordare che lui si sente un pilota NASCAR al 100%, e sono spuntate voci persino di un prossimo test di Rubens Barrichello).
Ma la realtà è che probabilmente nessuno ha ancora la piena percezione di cosa potrà succedere da qui a qualche mese.
La vicenda ha poi portato anche ad alcune interessanti riflessioni, più generali, sul mondo dello sport e sui suoi protagonisti. Sull’Indianapolis Star è apparso un interessante articolo, in cui parlando della situazione di Castroneves si finiva per porre una questione molto interessante: ovvero che noi di questi atleti conosciamo tutto, appunto, dell’atleta, ma quanto conosciamo invece dell’uomo che sta dietro a questo atleta?
Certo, il campo (o la pista in questo caso), le interviste, il comportamento pubblico davanti alle telecamere possono dire qualcosa, ma non tutto, anzi probabilmente dicono solo una parte della verità . Alla fine chi può dire di conoscere per davvero l'uomo che c'è dietro l'atleta? Cosa pensa, come si sente, come si comporta nella vita di tutti i giorni, ecc.ecc.
Alla fine la realtà è che sappiamo molto poco di questi ragazzi, e spesso l’idea che ci facciamo è distorta dal loro modo di competere e dai risultati che ottengono.
Tornando a Castroneves, sembra proprio che lo strano e molto spesso beffardo destino che aleggia sulle corse automobilistiche sia venuto, dopo qualche anno, a riscuotere il suo conto.
Un conto sicuramente meno salato di quello presentato a Greg Moore il 31 ottobre 1999, ma che comunque rischia di intaccare in modo indelebile la figura di uno dei piloti più amati del “circus” della Indycar.