Chissà se Lebron ha già in mente il suo futuro dopo il 2010…
L'NBA è una fucina di talenti, in fase embrionale o già conclamati, ma tra questi uno in particolare si differenzia dagli altri. Il suo nome è Lebron James.
Il ragazzo di Akron infatti, a differenza di molti suoi colleghi non si è fatto notare al college o era una stella all'high school. Il fenomeno già a 15 anni era considerato da tutti il futuro erede di Micheal Jordan.
Figuriamoci che la TV nazionale mandava in diretta le sue partite di liceo, ossia Lebron contro tutti, spesso ragazzotti col moccolo che si vedevano un carro armato piombare loro contro. E con l'attenzione di stampa, talent scout e sponsor il ragazzo è cresciuto, dimostrando un adattamento a certi tipi di pressione al di fuori del comune nel mondo dello sport professionistico a stelle e strisce.
Tra i tanti soprannomi manco a farlo apposta c'è quello di prescelto, un predestinato alla chiamata numero uno in uno dei draft più talentuosi della storia. Figuriamoci che per il ragazzo, natio di Akron, Ohio, gli allora derelitti Cavaliers hanno giocato, se possibile, una delle stagioni peggiori della loro storia.
Figuriamoci l'entusiasmo suscitato nei locali quando Cleveland selezionò King James col numero uno nel lontano 2003. Sono già passati cinque anni, ma sembra almeno il doppio che il 23 scorrazza sui parquet della lega.
L'approdo a Cleveland, non a caso soprannominata dagli americani "The mistake by the lake", non fu più azzeccato. Lebron risollevò in un amen interesse, attenzione, abbonamenti e chi più ne ha più ne metta, per una delle franchigie peggiori (al tempo) della lega.
Negli anni precedenti la stella della squadra era tale Ricky Davis, oggi ai Clippers. Già nell'anno da matricola LBJ impressionò per carattere, talento e leadership. Nel proseguo delle stagioni si è sempre migliorato, tecnicamente, fisicamente e mentalmente fugando ogni recondito dubbio sulla sua grandezza cestistica.
Memorabile è stata la sua semifinale contro Detroit che permise ai Cavs di raggiungere le finals, dove Lebron spazzò letteralmente da solo i Bad Boys di Motown. Fu il momento di massima grandezza del 23, ma anche l'attimo in cui il giocatore si accorse che per quanto tu sia dominante, da solo non vinci a certi livelli, specialmente al meglio delle sette partite.
L'umore del ragazzo si fece perciò scuro, dopo qualche stagione in cui aveva tirato la carretta da solo, sentiva più che mai il bisogno di una spalla che potesse aiutarlo nella rincorsa all'anello, nel frattempo conquistato dal suo compagno di draft Wade.
La strategia in quel di Cleveland è sempre stata quella di cercare di accontentare il più possibile l'autoctono, mettendogli attorno il tanto agognato supporting cast. Ma le cose non son sempre andate come ci si aspettava. In principio fu l'odiatissimo Carlos Boozer a bidonare i Cavalieri.
L'ex Duke avrebbe formato una coppia di ali perfetta e complementare con Lebron, ma alle promesse fatte a Cleveland preferì i dollaroni di Salt Lake city e si accasò ai Jazz. Con lo spazio disponibile si decise di firmare nel 2005 Larry Hughes, reduce da due ottime stagioni a Washington, e almeno sulla carta secondo violino di spessore per far fare il salto di qualità .
Ma le cose non andarono così bene, Hughes fu falcidiato dai guai fisici e non fu mai decisivo. Il resto è storia recente, Danny Ferry, conscio del malcontento della sua stella ha cercato di mischiare le carte in tavola nel proseguio della scorsa stagione, con la trade che ha portato Ben Wallace, Wally Szczerbiak, Delonte West e Joe Smith in Ohio. L'esperimento non ha dato i frutti sperati, anzi ha intasato ulteriormente il cap già di per sé critico.
Quest'estate c'è stata un ulteriore rivoluzione, con l'ingaggio di Maurice Williams da Milwaukee, per inserire finalmente un regista di livello, con punti nelle mani, e capace di togliere pressione dal 23.
Ferry ha scommesso, compromettendo le casse societarie, per due ragioni.
La prima è quella di rinforzare uno degli spot storicamente deboli della franchigia, la seconda è quella di cercare di vincere già da subito; perché nel contratto di LBJ c'è una clausola che gli consente di sondare il mercato dei free agent nel 2010.
A Cleveland sono terrorizzati dall'idea, tifosi e proprietà , ma le voci che impazzano sul web relativamente alla possibile futura squadra del fenomeno, sono spesso infondate ed incontrollabili.
Il 2010 sarà un anno con dei free agent di altissimo livello; come non se ne vede da un bel po, e le squadre interessate a king James sono una miriade. Il giocatore da solo è sinonimo di vittorie, abbonamenti ed interesse mediatico, tute qualità che fanno gola ai proprietari delle franchigie. Ma obiettivamente, c'è la possibilità che LBJ si muova dallo stato natio?
Molto dipenderà dalla stagione in corso e da quanta strada faranno I Cavs. In caso di fallimento le chance di trasferimento del prescelto salirebbero notevolmente. Ma se ciò dovesse verificarsi, quali potrebbero essere le destinazioni papabili?
Tra le varie teorie che circolano in rete, c'è quella che un atleta di questo spessore, uomo immagine di un mega brand come Nike, abbia bisogno di un luogo dove poter sfruttare questa attenzione mediatica.
Negli Stati Uniti ciò si riconduce essenzialmente in tre luoghi, New York, Los Angeles o Chicago. Una macchina da soldi dalle sembianze di Lebron sarebbe manna in una di queste tre metropoli. Ma oltre al lato economico ed alle pressioni degli sponsor, ci sono forti dubbi sulla volontà del giocatore di trasferirsi in un team che non possa essere una contender. Motivo per cui molte squadre della lega sono un cantiere aperto, con un solo obiettivo: land Lebron in 2010!
C'è chi lavora più o meno nell'ombra e chi non si nasconde affatto, nel tentativo di creare spazio salariale e crescere talenti per cercare di fondare un team che ruoti attorno al ragazzo di Akron.
Volendo fare un poco di fantabasket possiamo provare ad immaginare, basandoci sui dati di fatto e sui vari blog che citano l'argomento, per cercare di vedere quali poterbbero essere le soluzioni.
Per ovvi motivi partiamo dalla trama da libro cuore, ossia dalla possibilità che il ragazzo rimanga a casa e sia profeta in patria. Per diventare una bandiera della franchigia e resistere alle sirene, ed ai dollari offerti da altri, la ricetta è una sola. Vincere da subito e cercare di ripetersi. Pare essere l'unica chance per i Cavaliers di trattenere Lebron, il quale ha già dato prova di fiducia al momento di prolungare il precedente contratto.
Chi non si nasconde sono le due franchigie newyorkesi, le quali stanno facendo e faranno carte false per accaparrarsi il giocatore.
I Nets del grande amico di Lebron Jay-Z si sono già mossi in tale direzione.
Hanno scaricato il loro uomo immagine Kidd a Dallas, in cambio del giovane e promettente Devin Harris, garantendosi il futuro in cabina di regia. Inoltre hanno scommesso fortemente sulla possibile maturazione del cinese Yi, regalando Richard Jefferson a Milwaukee in cambio di Yi e di Bobby Simmons e del suo contrattone.
Se la chimica di squadra dovesse funzionare ed evolversi per il meglio le chance delle retine nella corsa al prescelto si alzerebbero e di molto. Gli ostacoli da superare sono due, ma particolarmente impervi, il primo è il trasferimento della franchigia dal New Jersey e dall'attuale arena nella ben più glamour Broadway. Obiettivo parecchio ambizioso, specie se con scadenza due anni. Il secondo è più realizzabile target, riguarda la cessione dell'ultimo insensato, ed oneroso contrattone, concesso nel recente passato della franchigia. Sto parlando di Vince Carter, i cui numeri ed impatto son in calo a fronte dello stipendio in crescita da qui al 2012.
Dal lato opposto dell'Hudson ci sono i cugini ricchi, i Knicks.
Attualmente in fase di rifondazione, con un occhio particolare al 2010, visto come un anno chiave per la loro rinascita.
Sbarazzatisi della piaga Isiah Thomas e della sua pessima gestione, Walsh e D'Antoni hanno cominciato a lavorare seriamente in direzione di provare l'assalto a Lebron. I punti di forza sono vari, la franchigia è la più ricca della lega e Dolan sarebbe assai lieto di pagare una luxury tax ancora più elevata per avere James in casa. Senza contare che la franchigia è la più ricca, nonchè quella con il maggiore marketing appeal dell'intera lega.
Ciò piacerebbe molto alla Nike e perché no allo stesso David Stern, per il quale un trasferimento del genere sarebbe il più grande regalo della sua carriera. Il giocatore potrebbe essere interessato a giocare in una delle arene più importanti del pianeta per uno coach come D'Antoni, ma al moneto no si può dire con quale squadra.
I Knicks sono infatti in una fase in cui dirigenza e staff tecnico stanno valutando attentamente sul da farsi per cercare di trattenere gli elementi di valore, e non distruttivi per lo spogliatoio. Ne sono l'esempio l'emarginazione di due elementi come Marbury e Curry. Walsh dovrà lavorare parecchio per cercare di cedere i contratti più onerosi, senza però indebolire o ingessare eccessivamente la squadra. Con tutta la volontà del caso non è detto che sia un impresa facile, molto dipenderà anche dalla capacità di D'Antoni di valorizzare e massimizzare il valore di alcuni elementi con le valigie già pronte per latri lidi.
Los Angeles è potenzialmente l'altro grande mercato della lega, ma qui il padrone c'è già e la squadra ha già abbastanza talento così com'è, sarebbe quindi impossibile un ipotesi Lakers. Dei Clippers non si parla, ma in molti storcono il naso di fronte a questa alternativa, perché è si vero che LBJ troverebbe il barone, ma in una delle franchigie da sempre più perdenti della lega; e di sicuro con meno appeal rispetto ad altre. In un ipotesi del genere il giocatore dovrebbe essere più propenso a restare dov'è.
Affascinante e di altrettanto impatto è la prospettiva Chicago.
I Bulls sono una squadra che già al momento vanta dei buonissimi giocatori, già pronti (Deng, Nocioni, Hinrich) e di prospettiva (Rose, Thomas). Inoltre ci sarebbe in più lo stimolo di giocare nel team che fu di Jordan, l'idolo da ragazzino di Lebron. Difficile, ma non impossibile. Ci sarebbe da fare molto spazio cercando di cedere qualcuno dei contratti attuali (Hughes libera $ proprio nel 2010), ma occorre lavorare sin da subito, cercando di portare a casa un lungo di spessore da poter affiancare a James. Lebron dovrebbe cambiare numero, ma i tifosi della windy city lo accoglierebbero a braccia aperte.
Altre ipotesi, meno pubblicizzate, ma possibilmente concrete sono quelle di Detroit, e di Dallas.
Su Detroit bisogna fare attenzione a Dumars, che ha già lavorato in prospettiva futura, prendendo Iverson, che però scade a fine stagione e non è detto che venga rinnovato; senza contare che anche Rasheed Wallace libera qualche milioncino. Forse il prescelto non è il reale obiettivo dei pistoni, ma il vecchio Joe non scherza e sono convinto ci sarà da fare i conti anche con lui.
Altro potenziale interessato sarebbe Mark Cuban, che Lebron lo vorrebbe a tutti i costi. Anche in questo caso sarebbe necessario fare un epurazione in un team che si è già giocato la sua grande chance. Inoltre, andrebbe verificato quanto Lebron potrebbe coesistere con uno come Nowitzki, sempre che anche il tedesco non sia sacrificabile per avere king James. Ma a questo punto chi verrebbe affiancato a James, Terry? Dampier?
Senza contare che nell'anno domini 2010 anche il tedesco e Josh Howard (sempre che sia ancora a Dallas) saranno free agent.
Altre ipotesi al vaglio sono obiettivamente difficili, perché se Lebron non va in una delle città di cui sopra allora rimane a casa sua. A dire il vero ci sarebbe anche Miami, ma quella è la casa di Wade e tutti e due nello stesso team sarebbe un omicidio per l'NBA!! Di sicuro nei prossimi due anni la stampa d'oltre oceano ricamerà molto su questo "trasferimento". Staremo a vedere.
Chiudo con una provocazione.
Da amante del basket mi concedo un azzardo; mi piacerebbe vedere, anche solo per una partita, Lebron schierato con i terribili ragazzini di Portland!! Che spettacolo.
Ma questo in fondo non si può definire nemmeno fantabasket.