NBA Power Ranking: Ovest

Hornets favoriti nella Western? Kobe potrebbe non essere daccordo…

La corsa all'Ovest. Atteso il solito massacro con tante squadre con ambizioni di playoff e diverse franchigie che puntano al titolo.

1) New Orleans Hornets: Chris Paul la scorsa stagione si è posto all'attenzione generale come uno dei più sensazionali talenti emersi nell'ultimo decennio, andando a contendere a Kobe Bryant il titolo di MVP fino all'ultima gara. Ma New Orleans non è solo Chris Paul, è soprattutto una squadra costruita pezzo per pezzo con grande sagacia, senza colpi a sensazione magari costosissimi, ma con innesti mirati a migliorare la squadra nel suo complesso. E' il caso di James Posey, uomo chiave dei Celtics campioni NBA, che darà  alla panchina un uomo in grado di cambiare nei momenti finali uno Stojakovic difensivamente spesso ondivago e con una mano tremolante quando il pallone scotta, ma anche di giocare con quattro esterni allargando ulteriormente il campo per le penetrazioni del numero tre. Da non sottovalutare neppure l'arrivo di Devin Brown, altro giocatore di grande impatto difensivo, con esperienze importanti in squadre di altissimo livello che andrà  a formare con Posey, Mike James, l'emergente Julian Wright, e Rasual Butler una “second unit” di ottimo livello. Manca forse un lungo di esperienza per cambiare Tyson Chandler e quella forse è l'unica pecca della squadra al momento. Per quanto riguarda i titolari, occhi puntati oltre che su Chris Paul, sul “sottovalutato” David West, giocatore che magari non sarà  un manuale per quanto riguarda il post basso, ma che quando opera fronte a canestro dalla media distanza è una vera sentenza. Per me sono i favoriti ad ovest, squadra in missione sin dal primo giorno, anche perchè le motivazioni saranno altissime, e il gruppo è compatto.

2) Los Angeles Lakers: praticamente immobili durante l'estate dove non hanno aggiunto nulla a roster, perdendo invece Ronnie Turiaf, ossia l'unico lungo che portava in dote un minimo di difesa e fisicità  alla squadra. Ovvio che il grande “plus” rispetto alla passata stagione sarà  il recuperato Andrew Bynum, che teoricamente formerà  la frontline più “grossa” della lega con Lamar Odom e Pau Gasol, frontline bellissima da sognare, ma anche abbastanza difficile da mettere in campo a lungo, perchè i problemi difensivi potrebbero essere enormi. Ecco perchè secondo me i Lakers avevano bisogno come il pane di un lungo con marcate doti difensive da inserire in questa rotazione, lungo che ovviamente non potrà  essere Josh Powell per motivi di talento, forse i soldi investiti per il rinnovo di Vujanic andavano investiti per un lungo da rotazione. Qualche legittimo dubbio anche sulla cabina di regia, dove l'esperto Fisher in finale è un pò naufragato, e Jordan Farmar per ora non è ancora pronto per lo spot titolare in una squadra da titolo. Tra gli esterni si conta molto sul recuperato Trevor Ariza soprattutto per togliere pressione difensiva a Kobe Bryant. In mezzo a questa situazione i Lakers si trascinano al seguito i due contrattoni di Walton e Radmanovic, ossia due giocatori che rischiano di essere utilizzati poco o nulla. Attesi ad una stagione regolare da 60 vittorie, ma in ottica playoff la difesa allegra rischia di essere una grossa penalizzante.

3) San Antonio Spurs: anno dispari e quindi luna favorevole per gli Spurs? Forse. Gli anni si sentono ormai, Ginobili è out per un paio di mesi e per la prima volta Popovich sarà  chiamato seriamente a gestire il gruppo fino ad aprile per poi piazzare la zampata nei playoff, dove la vera chiave per gli Spurs sarà  la condizione fisica in cui ci arriveranno. Ovvio che se San Antonio si presenta ai playoff in piena salute, con il talento e l'esperienza che si ritrova ha tutte le carte in regola per rivincere il titolo. Il mercato estivo come di consuetudine non ha portato nomi roboanti, la partenza di Brent Barry è stata colmata con gli arrivi di Roger Mason e il rookie George Hill, mentre per il rincalzo del playmaker la coppia Popovich / Buford si gioca la carta Salim Stoudamire, cugino di quel Damon che è passato da quelle parti la scorsa stagione senza lasciare particolari tracce. Salim è un ragazzo dal canestro facile che se inserito a dovere nel sistema degli Spurs potrebbe diventare un più che ottimo rincalzo per Tony Parker. Sotto le plance mancherà  sicuramente Robert Horry, fattore che costringerà  Duncan a tornare a giocare spesso da ala grande, con Kurt Thomas e Oberto a spartirsi il ruolo di centro. Diventa così cruciale l'impiego di Matt Bonner, inutilizzato la passata stagione, come cambio del caraibico.

4) Houston Rockets: Sicuramente la squadra più attesa della stagione, dopo gli alti e bassi della scorsa stagione arriva Ron Artest (ma non dite che è arrivato in cambio di nulla perchè il rookie Donta Green spedito a Sacramento rischia seriamente di essere il più classico degli “steal of the draft”) a dare manforte ad un roster a cui già  sembrava non mancare nulla, ma che poi in verità  è pur sempre il roster più enigmatico della lega. Infatti la cosa più strana dei Rockets da quando Yao Ming e Tracy McGrady giocano insieme è che la squadra rende al meglio quando uno dei due non gioca. E purtroppo per loro le difficoltà  emerse con entrambi in campo non fanno che mettere in evidenza una mancanza di leadership nel gruppo, che fa si che certi equilibri mentali vadano a posto solo in momenti di difficoltà . In un contesto simile risulta senza dubbio difficile credere che un noto piantagrane come Ron Artest, per quanto talentuoso, posa essere la medicina giusta, anche perchè l'arrivo di Arest finirà  per mettere da parte, l'unico vero giocatore che provava a tenere in mano le redini della squadra dal punto di vista emotivo, ossia Shane Battier. Forse più che uno come Artest serviva un play vero che desse ritmo e sicurezza alla squadra, cosa che il pur bravino Rafer Alston ha ormai chiaramente fatto capire di non poter fare. In definitiva i Rockets sembrano più una squadra fatta in stile collezione di figurine, che non una squadra pensata, resta il fatto che il talento abbonda e se dovesse arrivare un minimo di quadratura il titolo se lo possono tranquillamente giocare, a patto che gli “infortunati cronici” Yao Ming e Tracy McGrady riescano ad avere una stagione senza infortuni pesanti.

5) Utah Jazz: Per i Jazz un'estate assolutamente da spettatori, l'unica novità  è Brevin Knight nella veste di cambio per Deron Williams, per il resto le speranze di ritornare almeno in finale di conference passano soprattutto per un corposo miglioramento difensivo e per un numero di vittorie più cospicuo di quello della passata stagione, in regular season. Nulla da dire sull'attacco visto che stiamo parlando della miglior squadra del mondo di fronte ad una difesa schierata, ma come è emerso la scorsa stagione ai Jazz manca chiaramente qualcosa per fare l'ultimo step. Magari un Kirilenko risvegliato sarebbe già  un bell'upgrade.

6) Dallas Mavericks: Situazione molto simile a quella dei Pistons, ossia la sensazione che il treno buono sia già  passato è forte, solo che i Pistons almeno un titolo lo hanno portato a casa. Sembra assurdo ma Dallas ormai rischia di essere una squadra da primo turno di playoff e poco altro. Le primavere di Kidd si sentono e la trade che lo ha portato a Dallas a febbraio rischia di non essere stata una delle più felici. Il quintetto è quello ormai classico, con un Josh Howard che in estate è salito alla cronaca per averne combinate una più di Bertoldo fuori dal campo, al punto che si “narra” che lo staff tecnico dirigenziale abbia pure valutato una sua eventuale cessione, la panchina invece è un vero è proprio enigma ambulante, un paio di veterani agli sgoccioli della carriera (Stackhouse e George) e tanti giovani e giovanissimi le cui certezze “stanno a zero”. Aggiungiamoci che dopo le batoste ricevute nella finale con Miami del 2006 e con i Warriors al primo turno del 2007 il “fuoco sacro” è pure sparito, e quindi ci si rende conto che le speranze di Dallas di ambire al titolo sono scarsissime. Per di più ci sarà  un cambio di coach di quelli che produrrà  interventi invasivi, infatti il basket difensivo e ragionato di Carlisle è distante anni luce da quello aggressivo e slegato di Avery Johnson.

7) Phoenix Suns: I Suns stanno diventando l'emblema di cosa non si deve fare quando sei ad un soffio dal titolo, ossia mettersi a fare i conti con la luxury tax regalando scelte a destra e a manca e cambiare radicalmente strategia alle prime difficoltà . Lo scorso anno di questi tempi i Suns erano legittimi candidati al titolo, ma con il neo GM Steve Kerr che già  faceva capire che lì si doveva fare “come diceva lui”, fregandose alla grande di tutto il lavoro ottimo fatto da D'Antoni fino ad allora. Come è andata è cosa nota negli anni migliori i Suns hanno sfiorato il titolo diverse volte, ma nello stesso tempo avevano commesso errori strategici sul mercato molto pesanti regalando scelte come Rondo, Rodriguez o Fernandez che sarebbero poi risultati utilissimi a roster, impelagandosi in contratti assurdi come quelli dati a Banks o peggio ancora la cessione di Kurt Thomas a Seattle, andando poi a ritrovarsi un Kurt Thomas poi passato a San Antonio di fronte ai playoff, dove i Suns hanno rimediato una cocente eliminazione da San Antonio. Così Steve Kerr, ambizioso fin troppo, ha pensato bene di stravolgere la squadra andando a prendersi Shaq, stravolgendo definitivamente l'identità  della squadra che aveva sfiorato il titolo, con conseguente addio anche a D'Antoni. Ai Suns restano quindi le macerie della grande squadra che “fu”, c'è un nuovo coach Terry Porter, che aveva dato buone impressioni quando allenava i Bucks, ma c'è una squadra con Shaq agli sgoccioli, con Nash con i giorni migliori alle spalle, con un Amare strabordante come pochi in attacco e dannoso come pochi in difesa, e una panchina sostanzialmente inesistente. Possibilità  di successo vicine allo zero, e non basta il fatto che Shaq abbia giocato almeno una finale per ogni squadra per cui ha giocato a rallegrare gli animi. Squadra quindi nè carne nè pesce che forse aspetta solo di essere ricostruita di fondo. Intanto playoff doverosi, ma illudersi di qualcosa di più è altamente pericoloso.

8) Portland Trail Blazers: Dopo la più che promettente prima parte di stagione Portland ha fatto la cosa più saggia da fare in estate, ossia stare con le mani in mano sul mercato e incamerare nel frattempo altri giovani. E' chiaro a tutti che Portland è un cantiere aperto, ma qui rischiano di fare le case con i mattoni d'oro, perchè la qualità  dei giovani a roster è di un livello forse mai visto prima. Brandon Roy è già  stato alla partita delle stelle, ma il giocatore più atteso è sicuramente Greg Oden, primissima scelta nel 2007, che ha saltato tutta la scorsa stagione per infortunio. Ma Greg non deve essere stato di certo con le mani in mano visto che si è presentato al training camp in smaglianti condizioni fisiche e con un corpo rimodellato alle esigenze NBA, con almeno una decina di chili di muscoli in più, molti dei quali nella parte superiore del corpo. Farà  coppia con LaMarcus Aldridge con cui forma una coppia tra le più promettenti di sempre, e i due avranno come terzo incomodo Channing Frye che con il suo gioco dalla media e i sui centimetri ha tutto per integrarsi al meglio con i due. Di grande qualità  anche il resto del reparto degli esterni che circonderà  Roy, Webster e Outlaws hanno già  dimostrato di poter essere degli ottimi giocatori di rincalzo, attenzione a Rudy Fernandez spagnolo che a noi europei è ben noto e che rischia di essere un uomo di grande impatto dalla panchina. Qualche dubbio in più in cabina di regia, dove comunque c'è una bella scommessa su l'ex Ariziona Jarryd Bayless, ragazzo uscito dal college con tanto credito. Il tutto affidato ad uno dei migliori coach della lega ossia Nate McMillan. Manca una sola cosa ossia l'esperienza, ma per quella ci vorrà  tempo, per questo la stagione che va ad iniziare va vista come un passo intermedio in vista di quelle successive dove si inizierà  a fare veramente sul serio. Playoff a portata di mano, ma per una quadra in crescendo come loro non è da escludere il fatto di poter scavalcare qualcuna di quelle sopra in calando come Dallas e Phenix.

9) Los Angeles Clippers: come somma di talenti potrebbe tranquillamente ambire ad un posto ai playoff, il roster è buono, ci sono giovani di talento, su tutti il secondo anno Al Thorton e il rookie Erik Gordon che ha una mano veramente infuocata, ma ci sono tante novità  e la front line forse manca di un uomo che dia un minimo di riferimento in attacco. Però la coppia Kaman/Camby in difesa potrebbe essere un qualcosa di molto indigesto per tutti. Servirà  un Barone in grande spolvero (ma è già  infortunato), soprattutto che abbia voglia di spendersi in difesa sulle guardie in modo da poter inserire il forte rookie Gordon, che a mio parere rischia di essere pienamente in lotta per il titolo di rookie of the year. Panchina non lunghissima, senza grandi problemi tra gli esterni, ma sotto potrebbe mancare qualcosa a livello di profondità . In agguato per un posto ai playoff se qualcuna di quelle quotate sopra stecca la stagione.

10) Denver Nuggets: Se mai un giorno verrà  redatto un manuale su come NON si gestisce una franchigia nell'NBA, i Denver Nuggets dell'ultimo lustro saranno chiaramente la colonna portante di questa ipotetica pubblicazione. Riassumiamo… cap alle stelle, giocatori strapagati, viziati, spesso rotti, nessuno che si sappia prendere la squadra sulle spalle a livello mentale per una stagione intera, un coach che non concepisce la difesa (ma che stranamente in una sua vita precedente a Seattle la concepiva eccome), una società  che da anni fa scambi del cavolo solo pensando che una squadra si faccia come semplice somma di cifre di statistiche dei singoli e non con tutto il resto. Il tutto per la modica cifra di ZERO serie vinte di playoff. Poi dal nulla ci si accorge che si sta letteralmente perdendo la bussola e spendendo soldi a vanvera, e puff ecco le pennellate dell'estate 2008, l'unico centro degno di tale nome, e unico difensore della squadra ossia Marcus Camby, letteralmente regalato ai Clippers solo per scaricare lo stipendio, senza nemmeno preoccuparsi di uno straccio di sostituto, il franchise player e unico motivo per sorridere Carmelo Anthony messo chiaramente sul mercato (e potrebbe anche non aver gradito), e infine il rinnovo del talentuoso ma problematico all'ennesima potenza JR Smith. Risultato? In vacanza a metà  aprile dopo aver speso uno sproposito, senza speranze ne per il presente ne per il futuro. Situazione drammatica.

11) Golden State Warriors: allora è ufficiale, i Warriors che avevano entusiasmato nei playoff 2007 sbattendo fuori la Dallas delle 67 W erano un bluff, o quantomeno un bel fuoco di paglia. Anche qui gli errori dirigenziali si sprecano, in estate classico pastrocchio alla Warriors, che con il Barone in scadenza e tutto sommato intenzionato a rimanere, fanno un goffo tentativo di riportare Arenas nella baia, con il risultato che Arenas dice ovviamente “no”, e che il Barone la prende malissimo ed emigra ai Clippers. Finità  qui? Assolutamente no, perchè la partenza del Barone lascia un bel po' di soldi da spendere, che saranno convertiti nell'ennesimo esterno ossia Corey Magette, e nella conferma del giovane Monta Ellis. Finita qui? Eh no, perchè Monta Ellis, una volta sistemato il conto in banca, pensa bene di fracassarsi in una partitella con amici (pratica severamente vietata da ogni contratto inchiostrato tra franchigie NBA e giocatori), al punto che sarà  out quasi tutta la stagione, e che lo stesso Monta sarà  sospeso (quindi lasciato senza stipendio) per 30 partite dagli stessi Warriors. Insomma un marasma, ossia l'habitat ideale di Don Nelson che come ogni anno continuerà  ad ignorare ogni bipede sotto i 2,03 e ogni rookie o sophmore che gli passi per le mani. A dirla tutta ci sarebbe in ballo pure il nostro Belinelli, e lo stesso Nelson ha dichiarato a più riprese che avrà  molto spazio, quindi conoscendo Nelson non toccherà  campo quasi mai.

12) Minnesota TWolves: vado letteralmente controcorrente, ossia mentre tutta l'NBA condanna McHale accreditandogli di essere un pessimo GM, per me Kevin ha fatto un ottimo lavoro. A poco più di un anno dalla cessione di Kevin Garnett e quindi dal via alla ricostruzione, ha già  resettato il cap e accumulato un numero enorme di giocatori promettenti. Per fare cose del genere spesso ci vogliono come minimo tre anni, e altrove da quasi un lustro non ci sono ancora riusciti (per informazioni citofonare a Milwaukee). La stessa trade con cui la notte del draft ha rifilato in un sol colpo Antoine Walker, Marco Jaric e i diritti su OJ Mayo a Memphis in cambio di Kevin Love e di Mike Miller sarà  presto ascritta tra le magate, e forse ci sarebbero pure gli estremi per denunciare McHale per “circonvenzione di incapace” (l'incapace vi lascio facilmente indovinare chi sia). Minnesota quindi si ritrova una squadra piena di giovani forti e promettenti, con il nostro ex Al Jefferson in grande evidenza (per lui è facile prevedere una chiamata all'All Star Game) che andrà  a fare coppia con Kevin Love (magari non subito ma nella seconda metà  di stagione). Molto ben fornito il reparto degli esterni dove i titolari con ogni probabilità  saranno l'ottimo Mike Miller, giocatore con grandi doti balistiche e ragazzo umile, ottimo esempio per i giovani, e il secondo anno Corey Brewer, cha avranno le spalle ben coperte dal nostro Ex Ryan Gomes e da McCants, altro talento in attesa della definitiva consacrazione, oltre che da Rodney Carney, deludente nel suo biennio a Phila, ma giocatore su cui vale la pena provare a puntare ancora qualche fiche. Qualche dubbio di più in cabina di regia dove si spera finalmente di vedere un Randy Foye all'altezza, perchè l'unica serie alternativa si chiama Telfair e sappiamo benissimo che Telfair e playmaker nella stessa frase non ci possono stare. Playoff difficili, ma il vero obiettivo non è neppure quello, il vero obiettivo è quello di iniziare a dare un volto alla squadra e una identità  di gioco. Fatto questo step con il tanto talento a disposizione, i Wolves diventeranno abbonati fissi ai playoff per un bel po di anni.

13) Oklahoma City Thunder: i Thunder, o meglio gli ex Sonics di Carlesimo e Presti, continuano nella politica dei “piccoli passi”. Al draft si portano a casa Russell Westbrook, “compact playmaker” ossia ragazzo tosto difensivamente, ma ancora da inquadrare in ottica cabina di regia. Reduce da una sola brillante stagione a UCLA dove peraltro play ha giocato pochissimo, per i Thunder è sembrato quasi una scelta di ripiego visto che a poche ore dal draft avevano di fatto ceduto la scelta ai Clippers per andare a prendersi la loro numero sette con cui scegliere Erik Gordon. Westbrook come tipo di giocatore assomiglia molto ad Antonio Daniels, vedremo se potrà  essere l'uomo giusto per innescare il fenomeno Kevin Durant o si rivelerà  solo un ottimo comprimario. Per il resto nessuna novità , ovviamente pochissime chance di playoff, ma quando si ha per le mani un roster così giovane, è ovvio che gli obiettivi sono altri. Un occhio sul mercato che perchè Joe Smith strada facendo potrebbe interessare tante squadre di alto livello, disposte magari a sacrificare qualche giovane o qualche scelta.

14) Sacramento Kings: Sacramento è chiaramente in quella che si definisce “fase di transizione”. Con le cessioni di Bibby prima e Artest in estate, hanno chiuso un decennio in cui forse avrebbero meritato almeno un titolo, ma con i ricordi non si va lontano. Anche qui come altrove la priorità  è snellire il cap e nel frattempo accumulare talento. L'unica vera stella del roster è Kevin Martin, per il resto qualche giovane promettente tra cui il sette piedi Spencer Hawes, e Donta Green, arrivato da Houston in cambio di Artest, giocatore molto sottovalutato in sede di draft, che potrebbe avere tutte le credenziali per il fantomatico titolo di Steal of The Draft. Stagione senza pretese, con un occhi già  al draft 2009.

15) Memphis Grizzlies: un disastro, da quando Chris Wallace ha preso in mano le redini della squadra i Grizzlies stando andando letteralmente allo sprofondo. Qui manca letteralmente tutto, una cabina di regia con il deludente Mike Conley Jr che si vede piombare in casa il talentuoso ma problematico OJ Mayo, un reparto di esterni dove tolto Rudy Gay non c'è nulla di nulla, una front line che in linea di massima vede Darko Milicic come uomo di riferimento. Qualche piccola scommessina in ballo come Marc Gasol MVP della lega ACB nella passata stagione, Darrell Arthur ex Kansas forse troppo sottovalutato in sede di draft (ma già  pescato con le mani nella marmellata nell'NBA) e poco altro. Non ci sarebbe da stupirsi se faticassero a superare le 10 vittorie. Una delle peggiori squadre mai viste nell'NBA.

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