Houston Rockets: Preview

L'inserimento di Ron Artest potrebbe essere determinante per la stagione dei Rockets

Anche quest’anno la stagione dei Razzi riparte dalle solite (in)certezze e dalla grandissima volontà  della squadra di dimostrarsi pronta per il grande salto, da eterna inconclusa a conteder affermata, per arrivare al tanto sospirato anello. T-Mac e Yao rimangono le due stelle della squadra, ma ad affiancarli ci sarà  un certo Ron Artest, che porterà  grinta e carattere, qualità  che troppo spesso sono mancate ai texani negli ultimi anni. L’etichetta di perdenti cronici ricorre nello spogliatoio di Houston da troppi anni, è arrivato il momento di cambiare decisamente rotta.

Conference: Western Conference
Division: SouthWest Division

Arrivi: Ron Artest (da Sacramento Kings), Brent Barry (F.A., da San Antonio Spurs), D.J. Strawberry ( da Phoenix Suns), Von Wafer ( F.A., da Denver Nuggets), Joey Dorsey ( Rookie)
Partenze: Bobby Jackson (a Sacramento Kings), Steve Novak ( a Los Angeles Clippers)
Draft: Maarty Leunen (scelta n.54)

Head Coach: Rick Adelman

Probabile quintetto base:
Play-maker: Rafer Alston
Guardia: Tracy McGrady
Ala Piccola: Ron Artest
Ala Grande: Luis Scola
Centro: Yao Ming

Commento

Daryl Morey, GM dei Rockets, ha compiuto un’impresa che a pochi sarebbe riuscita: rinforzare una squadra ricca di contratti milionari con elementi di valore che porteranno un contributo importante durante tutta la stagione.

Dubbi rimangono riguardo ad alcuni spot poco coperti nel roster, come la posizione di play-maker, occupata da Alston, alle cui spalle stanno solo Head, una guardia tiratrice ottima difensivamente ma non adatta a portare palla e Aaron Brooks, giovane promessa scelta allo scorso draft che non ha ancora dimostrato appieno le sue potenzialità . La partenza di Bobby Jackson ha lasciato un grande vuoto nel ruolo di back-up e non si è cercata una soluzione, sperando di poterla trovare in casa

La certezza è quella di presentarsi ai blocchi di partenza con uno squadra competitiva oltre ogni aspettativa, sicuramente la più completa da quando T-Mac si è trasferito in Texas. Con l’arrivo di Ron Artest si è voluto portare alla corte di Adelman non solo un grande giocatore ma soprattutto un uomo dal carattere molto duro, fin troppo nei suoi trascorsi in Indiana ma complementare alle altre due stelle della squadra, non propriamente dotati di attributi d’acciaio.

Artest porterà  principalmente la sua grande difesa, che implementerà  ulteriormente un sistema già  rodato da parecchi anni, sin da tempi di coach Van Gundy e mai modificato vista la bontà  della realizzazione, che ha permesso a Houston di essere sempre nelle primissime posizioni tra le difese del campionato. Inoltre Ron Ron è decisamente migliorato offensivamente nelle ultime stagioni a Sacramento, riuscendo ad inserire nel suo gioco un più che discreto tiro perimetrale e la sua solita voglia sotto canestro che permetterà  di recuperare parecchi rimbalzi offensivi.

Invece preoccupano sempre di più le condizioni di “half a man/ half a season” Tracy McGrady, che in una recente intervista allo Houston Chronicle ha detto che il suo ginocchio per ora si è ripreso soltanto al 75-80%, che i tempi di riabilitazione sono stati più lunghi del previsto ma che pensa di riuscire ad essere pronto per il campionato; inoltre è stata scoperta un’artrite alla sua spalla, già  malandata la scorsa stagione, sulla quale doveva mantenere una guaina coprente per proteggerla, ed a fine stagione dovrà  sottoporsi ad un’altra operazione. Sperando che le condizioni fisiche gli permettano di giocare più di 50 partite, ci si chiede se e quanto il suo fisico sia compromesso dai continui infortuni che perseguitano la sua carriera ormai da troppi anni.

La dose di talento non si discute affatto, se fosse un giocatore ancora integro dominerebbe la lega in lungo ed in largo come pochi riescono a fare, ma la sua fragilità  fisica unita ad un carattere che non gli permette di reagire con la dovuta durezza mentale a queste continue ricadute preoccupa fortemente dirigenza e tifosi.

Capitolo Yao: dopo aver disputato delle Olimpiadi non certo esaltanti soprattutto a causa delle sue condizioni fisiche visibilmente precarie, è deciso a diventare l’uomo simbolo di questa squadra, trascinando i compagni durante tutta la stagione, fino alla post season, nella speranza di conquistare il titolo. Ultimamente ha dichiarato che le Olimpiadi sono state un ottimo training prima della ripresa della stagione NBA, che gli hanno permesso di testare le sue capacità  e capire quanto lavoro ci fosse ancora da svolgere.

Sicuramente se Yao e T-Mac si trovassero in condizioni almeno decenti verso la fine della stagione, questa sarebbe una vera conquista per tutto il seguito dei Rockets, perché a livello di talento non esiste nella lega una combo guardia/centro più devastante di questa: Tracy è capace di attaccare il ferro con grande aggressività  e lo scorso anno durante quei brevi periodi di stabilità  fisica lo ha dimostrato (merito anche del massaggiatore, capace di interrompere i dolori alla schiena che lo perseguitano), ha un jump shot oltre ogni modo elegante ed efficace e, da quando ha realizzato di essere un passatore sopra la media, serve assist a ripetizione per i compagni.

Yao ha capito che con la sua stazza fisica può essere il centro più dominante dell’intera lega, recupera un numero di rimbalzi incredibile e sembra aver deciso di non accontentarsi più del suo giro e tiro verso il centro dell’area. Inoltre ha un rilascio frontale molto morbido, arma in più quando deve affrontare centri che difficilmente si distanziano da canestro.

Il resto del quintetto è, sulla carta almeno, formato da ottimi comprimari: Rafer Alston, dopo le sue prime stagioni in cui faticava moltissimo a mantenere il ritmo del gioco controllato, si è dimostrato un play più che discreto durante lo scorso anno, migliorando notevolmente nel tiro da oltre l’arco e producendo un apporto difensivo molto rilevante, tanto da spingere Van Gundy durante una telecronaca a dire che Skip to My Lou fosse il miglior play della lega (evidente esagerazione ma che dimostra quanto l’ex stella dei play-ground abbia lavorato bene).

Luis Scola ha disputato un’ottima Olimpiade, in cui ha dimostrato durezza mentale e un talento fuori dal comune. Se durante lo scorso anno i suoi miglioramenti si intravedevano addirittura una partita dopo l’latra, questa è la stagione della sua definitiva consacrazione: si batterà  sotto canestro come ha sempre fatto, inoltre porterà  alla causa i suoi classici movimenti rapidi in post basso e una difesa arcigna nella propria metà  campo.

Anche la panchina è ricca e con le soluzioni più eterogenee: avendo già  detto della evidente mancanza di un back up valido nel ruolo di point guard, si alterneranno il solido Head e il giovane Brooks, a meno che Francis, dopo l’ennesima stagione da dimenticare, decida di rinfilarsi le scarpe da basket e produrre qualcosa per la squadra.

Come sostituzione degli esterni ci sono cambi molto più che di lusso: Shane Battier sarebbe titolare in qualsiasi squadra della lega ma l’arrivo di Ron Artest lo rilegherà  spesso in panchina. Conoscendo però l’amore di Adelman verso i quintetti piccoli, soprattutto nel caso di infortuni da parte di Yao, ci si può aspettare lo spostamento di Artest in ala grande e Scola che agisce da centro, dando spazio in ala piccola appunto all’ex Duke. Questa è solo una delle possibili soluzioni, forse poco praticabile vista la leggerezza dei lunghi ma che offensivamente potrebbe creare grattacapi a molte difese.

Inoltre è arrivato da San Antonio Brent Barry, che porterà  con sé la sua grande difesa, il suo tiro da tre e un ottimo apporto positivo nello spogliatoio, visti anche gli innumerevoli successi in maglia nero-argento. Per quanto riguarda il settore lunghi, con la conferma di Landry (pareggiata l’offerta dei Bobcats di 9 milioni in 3 anni) si ha un giocatore solido fisicamente, potente a rimbalzo, ottimo difensore e più che discreto in attacco che potrà  ricoprire il ruolo di ala grande di riserva; inoltre l’utilissimo Hayes potrà  dare alcuni minuti di sostanza alla squadra.

Complicata ancora la situazione di Dikembe Mutombo, che non ha ancora firmato il rinnovo ma sarebbe veramente clamoroso se non “facesse” la squadra, soprattutto perché a 42 primavere trovare un altro team che si sobbarchi il tuo stipendio non è propriamente facile.

I presupposti per una stagione straordinaria ci sono tutti, ottimi giocatori in tutti i ruoli, un sistema difensivo collaudato, una panchina molto più lunga rispetto agli altri anni e una forte volontà  di vincere il titolo, come forse non era mai successo in precedenza.

La Division di Houston è probabilmente la più complicata della lega ma non sarebbe affatto una sorpresa se riuscissero a dominarla per tutta la stagione. I play-off sono una certezza, bisogna aspettare e vedere in che condizioni arriveranno gli uomini chiave di questa squadra quando si avvicinerà  il traguardo e, se ogni cosa dovesse andare nel modo giusto, arrivare per primi alla metà  non sarà  impossibile.

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