Pete Maravich in maglia Jazz…
Correva l'anno 1947, the second world war è ormai storia, e già le superpotenze si preparano per la guerra fredda, mentre in Pennsylvania, più precisamente ad Aliquippa nasce una leggenda: Pete Pistol Maravich, era il 22 Giugno.
L'infanzia del ragazzo fu all'insegna di una sola cosa: il pallone da basket.
Il padre infatti, anch'egli giocatore lo allenò fin da piccolo, facendogli fare infinite serie di esercizi per il palleggio, per il passaggio e per il tiro, tra cui anche esercizi assurdi.
Tutto questo però al bimbo piaceva. Gli piaceva tanto che non stava mai senza la palla da basket, ovunque, perfino al cinema si sedeva nei posti esterni per poter palleggiare anche durante il film.
Crescendo con un padre cestista e insegnante Pete non poteva che finire a giocare nella squadra del liceo, ma con risultati tutt'altro che prevedibili per un piccolo e anche piuttosto gracile ragazzo bianco, ma quando scende in campo lui la palestra si riempie, il respiro si ferma, non esistono più pregiudizi, non ci sono più equivoci.
Quel ragazzo bianco, quell'insignificante ragazzo bianco è davvero bravo. Anzi, è più che bravo! E' un fenomeno. In ogni luogo in cui abbia giocato, dovendo cambiare 3 high school in 5 anni per via del padre insegnante Maravich jr. diventava ovunque andasse l'idolo della zona.
Tutti andavano a vedere le sue partite, tutti volevano vedere il fenomeno.
Finalmente arriva lo sbarco al college, la scelta infine ricade su LSU Louisiana State University dove suo padre è stato assunto come allenatore della squadra di basket. Sono quattro anni di puro divertimento per Pete che pur giocando da Play dimostra delle immense doti realizzative.
Nel suo anno da matricola pur dovendo giocare con i suoi coetanei (all'epoca le matricole costituivano una squadra a sè) riempie la palestra ad ogni singola partita. Tutti venivano a vedere quel pizzico di magia che solo lui sapeva trasmettere. Finite le partite delle matricole la gente tornava a casa, non c'era più niente di interessante, così i senior si trovavano con la palestra mezza vuota.
Poi vennero i tre anni di vero basket universitario, ma non sembra fare molta differenza: al secondo anno infatti the Pistol tiene una media 43.8 ppg, battuta nel terzo con 44.2, e battuta ancora nel quarto con 44.5 punti a partita. Questo triennio di college si conclude quindi con 3667 punti, record assoluto in NCAA, solo che all'epoca non esisteva ancora il tiro da tre.
Insomma, nel 2005 fu eletto miglior giocatore di college nella storia, tuttavia anche al college, come nella futura NBA non vinse mai nulla di davvero importante con la squadra.
Nel 1970 invece, dopo un personale career high contro Alabama di 69 Sporting News lo nomina Player of the year e gli conferisce il Naismith Award: il premio conferito al miglior giocatore del college e dell' high school (maschile e femminile), al miglior allenatore di college e high school (squadra maschile e femminile) e ai migliori arbitri della NCAA (maschile e femminile).
Infine, lo sbarco nella terra promessa. Gli Atlanta Hawks si accorgono subito della giovane PG di LSU, e lo scelgono con la terza scelta assoluta. Ad Atlanta tuttavia il giovane Rookie non si adatta. Deve fare il secondo in una squadra già rodata, che segue gli schemi, e lui non segue gli schemi. Lui va controcorrente, lui deve essere diverso. Fin dai tempi del liceo, fin da quando era bambino.
Vuole dimostrare di poter giocare, di non aver bisogno dell'aiuto di nessuno, di poter fare a modo suo, e così è. Comincia a macinare punti, a smazzare assist che hanno dell'assurdo. Non è un giocatore comune poco ma sicuro, ma è uno che sa giocare, quello lo capì tutta Atlanta.
Dopo 4 anni ai falchi Pistol Pete fu spedito a New Orleans, dove erano appena stati fondati i Jazz. Tuttavia la storia di questo expansion draft ha dell'incredibile: i Jazz cedono Dean Meminger e Bob Kauffman più quattro picks per quello che pensavano fosse più un fenomeno da baraccone che un giocatore. Infatti il loro intento è di sfruttare il ragazzo di Aliquippa per riempire l'arena e guadagnare più soldi. Furono altri anni duri per Maravich, che ora si trovava leader di una squadra.
La sua difficile posizione inoltre era resa ancor più precaria dalla sua costituzione. Esile e debole The Pistol fu soprannominato così per le sue immense doti da tiratore, la sua unica sfortuna è che il tiro da tre fu inventato durante il suo ultimo anno di carriera. Giocatore di contropiede, amava il tiro veloce e i passaggi improbabili, magari fatti spezzando solo il polso. Irrideva i lunghi avversari quelle volte che si buttava dentro semplicemente alzando la parabola: ne sa qualcosa un tale Mr 100 points in a game che più di una volta si è trovato a non raggiungere un pallone lanciato troppo in alto e troppo bene.
Nessuno poteva spaventare Pete, nessuno. Lui era semplicemente un passo sopra tutti gli altri, lui era la magia. Il resto della sua carriera è composto solo da cifre, cifre che recitano 24,02 punti di media in carriera (con una stagione a 31.1) e un career high di 68 punti in una partita. Nel 77 guidò la lega per tiri tentanti con 2047 Field Goals e di tiri liberi: 14 realizzati in un quarto e 16 tentati nel '73. 5 Volte All Star, All-Rookie Team nel '71 e All-NBA team nel '76 e '77.
La sua costituzione gli fu fatale: tentando una delle sue giocate Pete cadde male sopra il suo avversario, il suo ginocchio non lo resse. Continuò a giocare, ma da allora cambiò. Concluse la sua carriera nel 1980 ai Celtics della nuova scelta Larry Bird, dove il fisico ed il talento della squadra biancoverde lo ridusse a figura di panchina. La sconfitta nella finale gli chiuse anche la strada per il titolo, l'unico che abbia mai sfiorato in tutta la vita con una squadra.
Si prese una sola rivincita, un facile 10/15 da tre in una partita di regular season, proprio nell'anno delle presentazioni con la nuova distanza. E' facile immaginare come avrebbe potuto crescere il suo personal score se l'arco grande fosse stato inserito qualche anno prima.
Ormai era già tardi, si ritira, col ginocchio dolorante e con l'orgoglio ferito. Un lottatore, un guerriero solitario che ha sempre lottato per la vittoria e per dimostrare di essere il migliore sconfitto dalla solitudine e dall'eccessivo egoismo che gli è costato l'infortunio.
Muore nel 1988, il 5 di Gennaio giocando a basket con degli amici ha un attacco di cuore, nulla da fare. Peter Press Maravich, per i fan l'immenso Pistol Pete.
Mai forse nella prestigiosa lega americana ci fu un uomo più controverso.
Toglietevi dalla testa le semplici trasgressioni di Rodman.
Maravich cambiò quasi tutte le religioni, venne accreditato come pazzo, e negli ultimi anni della sua vita si dice che predicasse l'arrivo degli alieni sulla Terra. Genio e sregolatezza, ma un gran genio.
Un talento e un modo di giocare che costituiranno un modello per Magic, e per moltissimi altri. La sua vita assomiglia ad una partita di pallacanestro, terminata con un titolo di MVP, ma con una sconfitta per un tiro da metà campo sulla sirena.
Tanto di cappello Pete, ormai sei storia, ma che storia… il primo vero showtime.