Tony Romo ed Aaron Rodgers, di fronte nella prossima sfida e protagonisti di due squadre predestinate… di Nfc!
La vittoria finale di una squadra dell'American Football Conference sembrava ormai un'abitudine impossibile da perdere negli ultimi anni, tanto che l'incredibile sorpresa dei NY Giants derivava in parte anche dal fatto che questi ultimi uscissero da quella metà della lega considerata inferiore nel suo complesso. Un anno fa fu Colts-Patriots la gara di regular season più attesa, l'antipasto a quella finale di Afc che mai c'è stata e che non avrebbe comunque rappresentato, come previsto, il vero Super Bowl anticipato. Perché il football è questo, anche questo. Soprattutto questo: scrivere tante storie, dare tanti indizi e cambiare il finale all'ultimo momento. Quest'anno toccherà a Green Bay contro Dallas, già domenica sera, calamitare attenzioni e pronostici avventati. Riedizione di un altrettanto importante match della stagione regolare 2007 delle due grandi favorite in Nfc, nell'ennesimo antipasto di una finale di conference che forse mai ci sarà e che appiccicherà ai monitor tutti gli appassionati di una lega che vede oggi una conference puntare davvero a ripetere il sorpasso confermandosi come realtà di eguale livello.
Il problema della National sembra da anni quello di riuscire a dare continuità ai progetti maggiormente vincenti all'interno della propria conference. Nessuna squadra giunta al Super Bowl negli ultimi dieci anni è mai riuscita a ripetersi e, spesso, dopo le numerose sconfitte non ha nemmeno contato troppe apparizioni ai playoff delle edizioni successive. Uno dei team più fortiu del nuovo millennio, i Philadelphia Eagles, si è dovuto giocare quattro Championhsip quattro prima di tentare il passo più grande ad un Super Bowl, segno che, per sfortuna o incapacità , qualcosa veniva sempre a mancare. Sull'altro lato, in vece, oltre alle quattro partecipazioni dei New England Patriots e alle 8 vittorie in 10 finali, si sono ritrovate nel segno della continuità in post season squadre come Denver, Pittsburgh, Indianapolis, tra le più presenti, ma anche come Tennessee, San Diego e Baltimora tra quelle che procedono a fasi un po' più alterne.
Ora però arriva uno scontro che mette l'interesse nella sfida tra due giovani quarterback al primo posto, una partita non solo tra Cowboys e Packers, ma anche tra Tony Romo ed Aaron Rodgers, come per anni sull'altra sponda della Nfl si è vissuto della sfida tra Tom Brady e Peyton Manning. Ma non sono solo una sfida individuale che potrebbe arricchire i prossimi anni di dibattiti o una partita alla terza giornata che rendono la National Football Conference un campionato competitivo, quanto un numero di squadre che in questo primo scorcio di stagione hanno mostrato una crescita evidente o rispettato importanti conferme tanto che il power ranking di Sport Illustrated inserisce 4 team della più vecchia conference tra le prime sei, con Dallas al primo posto assoluto.
Non che il PR di un sito ufficiale e affermato valga più di un altro, magari proprio quello di PlayIt, si parla di valutazioni spesso soggettive e legate ai risultati sul campo e prospettive future più che al gioco vero e proprio. Di fatto però certi nomi cominciano a circolare sempre più spesso e se è vero che New England senza Brady fa un po' meno paura e Indianapolis ha parecchie gatte da pelare, è vero anche che dall'altra parte le giocate offensive di squadre come Philadelphia, New York e le stesse Green Bay e Dallas stanno facendo balzare sulla sedia tutti gli appassionati.
I Giants sono per ora una conferma, campioni in carica in grado di mostrarsi ancora molto pericolosi e solidi. Philadelphia ha recuperato appieno Donovan McNabb ed è andata a fare la voce grossa a casa dei Cowboys i quali, a loro volta, evidenziano un potenziale come pochi, rodato ormai da tre-quattro anni di esperienza e con due eliminazioni ai playoff consecutive da favoriti (almeno in quelle partite) che avrebbero dovuto insegnare ormai tutto quanto c'era da imparare sul football di gennaio, dove i valori di ogni singolo atleta devono girare a mille.
Ci sono poi i già citati Packers, che in Aaron Rodgers sembrano aver già trovato il filo per proseguire la strada interrotta da Brett Favre ad un field goal di distanza dal Super Bowl pochi mesi fa, lanciando un giovane da troppo tempo sulla sideline che, tecnicamente, sembra poter essere persino superiore al grande Brett. In più c'è Carolina, che ha esordito con un 2-0 vincendo entrambe le gare in rimonta, con un Jake Delhomme tornato ai livelli di quella Cenerentola debole e sconosciuta che con cuore e volontà lottò ad armi pare nel Super Bowl di qualche anno fa contro lo strapotere di New England. Un Delhomme cattivo in senso agonistico, concentrato, con lo spirito di un ragazzino che vuole spaccare il mondo e la testa di un veterano che sembra giocarsi l'ultima chance della vita agonistica ad ogni snap. E, domenica, rientrerà anche l'attesissimo Steve Smith.
Dall'altra parte, invece, le difficoltà dei Patriots che, prima o poi, potrebbero emergere pur confermando New England come squadra da playoff. Dei Colts quasi irriconoscibili vittime di parecchi infortuni e quasi solo per miracolo con un record di parità , una San Diego già sotto 0-2, un po' per sfortuna un po' per demerito, una Jacksonville lontana anni luce da quella vista per mesi in campo nella scorsa stagione, solida e produttiva sulle corse, compatta e ottima in difesa.
Emergono invece dei Tennessee Titans più concreti nonostante i problemi di Vince Young e degli Steelers che si confermano squadra vecchio stampo, che corre bene, difende altrettanto bene e gioca con un quarterback sicuro dei propri mezzi e preciso come un chirurgo che opera a cuore aperto sulle difese avversarie. Nonostante questo però gli occhi di questa stagione puntano tutto in Nfc, dove si attende veramente questa conferma di una Dallas che in 120 minuti di football ha dimostrato ciò che aveva evidenziato per tutto il 2007, con la consapevolezza di dover correre stavolta fino in fondo senza errori nonostante la sistemazione in quel girone di ferro che porta il nome di Nfc East.
I Cowboys di Romo, ma anche di Terrell Owens e di uno dei migliori tight end della lega, Jason Witten; i Cowboys del runningback rookie Felix Jones e di Marion Barber III di cui poco importa conoscere i trascorsi dei suoi due predecessori, basta sapere che in poco tempo ha scalzato quel Julius Jones per anni atteso come astro nascente dalla franchigia texana. Sono però anche i Cowboys di una difesa che ha sofferto Philadelphia nell'ultimo Monday Night nonostante quei pezzi grossi che, lì dietro, dovranno essere chiamati in causa per fare la differenza nel momento che conta. Come dire: nessun dubbio in attacco dove regna uno strapotere alle volte persino imbarazzante, ma stavolta servono i numeri dietro. Fino alla fine almeno, fino in fondo.
Se oggi Dallas è legittimamente considerata la squadra più forte della Nfl lo è comunque anche in virtù del fatto di ottenere risultati importanti in gare di livello e lo è anche per il motivo di competere in una conference che, oggi non solo nei vuoti numeri, nulla di meno ha da offrire rispetto alla sorella. Afc ed Nfc, come due sorelle appunto, che vivono sotto lo steso tetto continuamente in conflitto al proprio interno e pronte a rivaleggiare l'una contro l'altra mostrando allo spettatore le migliori conquiste fatte, tra uomini, gioielli ed auto di lusso prima dello scontro vero, del faccia a faccia che decide la regina, almeno per qualche mese. Ed i discorsi come questo, nello sport, volano via come il vento, perché c'è sempre un'altra partita da giocare, una stagione da preparare, qualcosa da vincere a tutti i costi.
Sarebbe diverso se vi fosse Tom Brady? Sì probabilmente; sarebbero diverse tante cose se un certo numero di fattori girassero nel senso voluto dai protagonisti, ma il discorso ricade sempre lì, in uno scatolone che non ha bisogno di "se" e di "ma" ma solo di "W" e "L", vittorie e sconfitte, un indice Dow Jones che misura la pressione delle pretendenti al titolo che dà un senso pratico all'esistenza di un progetto di squadra, un fatto concreto oltre le parole da spendere. E' l'andamento di quell'indice a stabilire chi rappresenta cosa, ma sono i giocatori e gli allenatori, i GM e gli staff, in due parole: le squadre, a costruire il proprio destino. Un'occhiata non basta, due nemmeno e ciò che è stato ieri sembra sempre contare decisamente meno di ciò che potrebbe essere domani. Ma guardando Dallas-Philadelphia lunedì notte ci si è resi conto, una volta di più, che le grandi squadre stanno crescendo e cercando conferme anche in Nfc, spesso riuscendo anche a trovare il modo di amministrare un gioco che non è per tutti. Quello di restare al vertice il più possibile.
Ci sono anche le vecchie conoscenze, per carità , squadre infilatesi in un tunnel dal quale sembra impossibile uscire, giocatori e allenatori risucchiati nelle sabbie mobili della mediocrità per anni senza alcun appiglio da afferrare e grazie al quale tirarsi fuori. Solo che, questo, è un discorso che colpisce tutti, indistintamente, senza controllare se sui documenti la provenienza riportata sia American o National. Importante, più di ogni altra cosa, non è capire se il grande dominio anni 80-90 della Nfc stia tornando, né se quello recente della Afc, tolti un paio di episodi, possa continuare. Importante è che vi sia un equilibrio concreto sempre più vicino, una stabilità ed un ricambio che possano garantire ad entrambe le conference di stare sempre appaiate, il più possibile vicino l'una all'altra così da evitare che l'interesse sia sempre e solo per una singola sfida a distanza, così da impedire che le partite extra conference abbiano il sapore della sfida amichevole estiva, così da impedire che, soprattutto, non si pensi più ad una finale di conference come ad un Super Bowl anticipato.
Domenica si riparte, week 3, ancora tanto tempo per stabilire la superiorità , ancora tanto tempo per stracciare i power ranking di tutto il mondo e i discorsi sinora fatti. Più importante di ogni cosa è, forse, trovare un David Tyree capace di uscire dal nulla e volare a fermare un pallone che cambierà la storia. Alla faccia delle superpotenze, l'equilibrio o la supremazia che si spezzano d'improvviso sono il tocco in più per rendere speciale ogni finale di stagione. Perché il football è anche questo, soprattutto questo.