Pochi conoscono Paul Arizin, ma è un giocatore che ha cambiato la storia del gioco!
Ci sono fotografie che rimarranno eterne nella storia grazie ai momenti che rappresentano.
Ci sono fotografie che trasudano storia, geografia, guerra, momenti fondamentali dell'esistenza dell'uomo nell'ultimo secolo.
Ci sono anche fotografie a prima vista meno fondamentali che raccontano di uomini, grandi uomini, che hanno scelto di dedicare la loro vita allo sport compiendo imprese incredibili.
La parola "fotografia" in greco sta a significare "scrivere (graphis) con la luce (phos) ", e chi più di Michael Jordan la sera del 14 giugno 1998 ha scritto con la luce della sua classe parabole che rimarranno per sempre nei nostri cuori di appassionati di basket?
Quella fu la sera della famosissima gara 6 nella serie tra Bulls e Jazz, l'ultima partita di una squadra leggendaria come quella di Jackson, l'ultima recita di un dolce tiranno del verbo "giocare a pallacanestro" come Mj, l'ultima possibilità per rimanere immortali.
E così fu: come nel più emozionante dei romanzi la partita fu decisa per un solo punto di differenza, 87 a 86, da una doppia prodezza (difensiva e offensiva) del numero 23. Grazie a Dio quel giorno esisteva già la fotografia, e quindi possiamo tutti ammirare il momento decisivo, quello nel quale la palla si è staccata dalle mani di Michael, che è ancora in posizione di tiro, e sta andando a fargli guadagnare una candidatura per l'immortalità .
La foto è famosissima, fu scattata da Fernando Medina per conto dell'NBA, e porta in grembo un miliardo di storie diverse da raccontare: dalla leggenda di Jordan, al terrore di Malone che vede palla e anello di campione affossarsi nella retina, alla disperazione di quei tifosi Jazz con le mani giunte che sanno che nessun Dio Mormone può fermare quel pallone ma ci provano lo stesso.
Qui vogliamo però rendere omaggio alla foto studiandola dal punto di vista storico: Michael, dopo aver violentato le ginocchia del suo marcatore facendolo volare via, esegue un perfetto jump-shot per sbancare il Delta Center.
Ok, tutti sanno cosa sia e come si esegue un jump-shot, ma chi l'ha importato nel mondo dl basket? Naismith nel 1891 ha consigliato ai suoi alunni di saltare durante il tiro per essere meno marcabili?
La risposta alla seconda domanda è ovviamente no, la risposta alla prima porta ad uno tra i più straordinari giocatori che abbiano calcato i polverosi parquet della NBA anni '50.
Il sindaco della Pennsylvania
Ci sono personaggi che sono indissolubilmente legati ad uno stato, una città , un territorio.
Paul Joseph Arizin è stato idealmente sposato con la terra dei discendenti di Willian Penn, avendo speso 14 anni "sportivi" sui parquet di tutto lo stato. Andiamo a scoprire chi era uno dei grandissimi innovatori della pallacanestro americana e mondiale"
La storia di "pitchin' Paul" inizia nella parte sud della città dell'amore fraterno un lunedì di aprile del 1928, il 9 per la precisione, e i custodi del futuro "profeta" sono una coppia composta da mamma irlandese e babbo francese.
Sin da piccolo Paul era affetto da un problema cronico di sinusite, che lo portava ad ansimare e gemere mentre praticava del moto rendendo la sua presenza in campo inconfondibile, quasi un segno della sua unicità .
I suoi anni a La Salle College High School non furono pieni di successi, anzi era poco considerato dall'allenatore che non lo riteneva abbastanza bravo per giocare nella sua squadra e gli concedeva pochi scampoli di partite. Colpa di questa situazione erano anche quei problemi respiratori incontrati poco fa, i quali avrebbero scoraggiato chiunque a proseguire con l'attività agonistica.
Ma Paul non si arrese e andò a giocare in squadre di leghe minori, spesso di livello bassissimo, arrivando a divertirsi contemporaneamente in sei – sette team dispersi tra le palestre di Philly.
"Lo feci perché amavo giocare a basket" ammise anni dopo, ma non avrebbe mai immaginato che l'andare a giocare in palestre scassatissime con dei dopolavoristi lo avrebbe portato a diventare un Hall of Fame.
Fu durante l'anno senior dell'High School che iniziò a sviluppare il jump shot, arma che si rivelerà devastante nel basket degli interminabili possessi anni '50. Questi i suoi ricordi sulla scoperta di quella rivoluzione copernicana della pallacanestro:
Successe quasi per caso. Alcune nostre partite erano giocate su piste da ballo, che a causa del sudore diventavano rapidamente scivolose. Quando provavo a tirare sentivo i piedi che mi scivolavano via, così ho provato a saltare. I miei piedi erano in aria, dunque durante il tiro non dovevo preoccuparmi di scivolare. Più mi allenavo e più inarrestabile diventava quel modo di tirare, dopo averlo perfezionato ogni mio tiro era un jump - shot
Inoltre il fatto che spesso il soffitto era molto basso lo costrinse a ricreare le traiettorie dei suoi tiri, rendendole poco ampie e instoppabili.
Nel 1946, terminata l'high school, uno sconosciuto Paul Arizin si iscrisse al corso di chimica all'università di Villanova, continuando a giocare in varie leghe minori e ascoltando i racconti degli uomini tornati l'anno precedente dall'Europa e dalla Seconda Guerra Mondiale. Questo particolare non è indifferente, chissà dove sarebbe arrivato con un minor amor di patria"
Torniamo nel sud-est della Pennsylvania, dove nel 1947 l'allenatore dei Villanova Wildcats, Al Severance, si accorse che un bianco studente di chimica non era così indegno di vestire la divisa bianco-blu della squadra di basket. Ad Arizin venne offerta la possibilità di giocare in squadra, ma gli toccò iniziare la stagione come centro, lui che non arrivava ai due metri e al quintale.
Nonostante questo si mise subito in luce, preparando il terreno per una stagione da junior indimenticabile: con 22 punti di media, un exploit da 85 in gara singola contro i Naval Air Materials Center, guidò i Wildcats ad un ottimo 22-3 e fino alla semifinale del torneo NCAA 1949, dove i suoi 30 punti non bastarono a fermare Kentucky.
Ormai era esplosa la più luminosa delle stelle, i limiti che Arizin continuava a sfondare sembravano ormai degni di un extraterrestre: nell'anno senior a Villanova arrivò a 25,3 punti a serata (si ricordi che fino a tre anni prima le sue arene erano piste da ballo!) e fu nominato College Player of the Year 1949 - 1950.
La sua maglia numero 11 fu ritirata al termine della stagione, e Paul si preparava a far conoscere il suo terribile jump - shot anche alle difese delle squadre NBA, la neonata lega del basket professionistico che sarebbe stata travolta da questo ragazzo dalla gigantesca forza di volontà .
Paul Arizin, ciuffo ribelle dal 42% al tiro
Nei primi anni dell'NBA le scelte al draft erano scelte di tipo territoriale, ogni squadra sceglieva tra i college della sua zona, e i Philadelphia Warriors del 1950 avevano tanto bisogno di qualcuno che risollevasse le loro sorti dopo una stagione da 26 W e 42 L. Con la loro prima scelta non si lasciarono scappare il prodotto locale più pregiato, la giovane stella collegiale Arizin, ornandolo dei canonici 9.000$ di stipendio annuale che spettava ai rookie.
Paul vestì subito i panni del salvatore della patria e diede subito una grossa mano per riportare i Warriors dapprima sopra il 50% e poi ai playoff. L'ex ballerino del parquet postò 17.2 punti e 9.8 rimbalzi sin dal primo anno, segnalandosi tra i migliori dieci della lega in entrambe le categorie statistiche. Con un record di 40 - 26 Arizin affrontò i suoi primi playoff NBA, formando con il compagno Joe Fulks una coppia devastante in attacco.
L'impatto con la post – season fu però piuttosto duro, infatti i Syracuse Nationals si dimostrarono più esperti e con un secco due a zero spensero le velleità dei Warriors.
La stagione 1951-52 fu quella della consacrazione totale per Paul Arizin, a soli 23 anni mise insieme un'annata clamorosa a livello statistico: 25,4 punti di media (dietro solo al compagno Fulks e all'allora Imperatore Unico dell'NBA George Mikan) e 11,3 carambole, il tutto con il 44,8 % al tiro, ovvero media più alta di sempre nella storia di questo giochino. A livello personale vinse solo il premio di MVP dell'All Star Game, ma questo solo perché l'MVP della stagione regolare non esisteva ancora, altrimenti il Maurice Podoloff Trophy avrebbe brillato nella sua credenza.
Le sue prestazioni eccezionali non bastarono però ai Warriors per superare il 50% di vittorie, chiusero, infatti, con un record di 33 - 33 e vennero di nuovo eliminati dai Nationals nel primo turno di playoff.
Nel frattempo mentre nel continente americano ci si divertiva con schiacciate, home run e touchdown dall'altra parte del Pacifico ebbe inizio un crudele capitolo della Guerra Fredda: la guerra di Corea.
Il 25 giugno 1950 gli Stati Uniti entrarono nel conflitto assieme a diciotto paesi dell'ONU contro Corea del Nord, Cina e Russia, scatenando l'inferno in quella penisola che pare destinata a non avere pace nemmeno ora.
Perché è necessario ricordare questi fatti extra-sportivi? Perché il corpo dei Marines nell'estate del 1952 chiamò alle armi il soldato Paul Arizin, strappandolo 24enne al suo mondo del basket quando ormai era diventato una star assoluta. Furono due gli anni di servizio che Paul dovette passare dall'altra parte del mondo, lontano dai suoi Warriors, che senza di lui combinarono un disastro dietro l'altro postando record ridicoli e fallendo l'accesso ai playoff.
Arizin cercò per quanto possibile di mantenersi in forma anche sotto le armi, saputo che la Philadelphia del basket aveva assoluto bisogno di lui, anche perché a soli 32 anni Joe Fulks si ritirò dalle scene lasciando la squadra in grosse difficoltà .
Il ritorno del re (e dell'anello)
Arizin al suo ritorno ebbe modo di trovare una gradita sorpresa nello spogliatoio dei Warriors: il nuovo centro Donald Johnston, che dopo anni passati nelle minors dei Phillies decise di cambiare sport e giocare a basket.
Con lui e soprattutto il ritorno di Arizin e il suo jump - shot i Warriors re iniziarono a salire in classifica, finendo la stagione a 33 - 39, senza andare ai playoff ma costruendo un gruppo vincente.
Nella stagione successiva, 1955 - 1956, non ce ne fu per nessuno. Ben quattro Warriors oltre la doppia cifra per punti depositati nei canestri avversari, la giovane guardia Tom Gola (futuro hall of famer) in uno spettacolare anno rookie, e ovviamente il re di Philadelphia in tutto il suo splendore: Arizin chiuse la stagione a 25,6 punti, 7,9 rimbalzi e l'83% dalla linea della carità .
Nei playoff i Warriors si presero la rivincita sugli antichi rivali Nationals per 3 a 2, prima di vincere l'anello contro i Fort Wayne Pistons in finale chiudendo 4 a 1 la serie e portare il titolo a Phila 9 anni dopo il primo vinto in BAA.
Il grande sogno divenne realtà , dopo moltissimi sacrifici. Il bambino con gravi problemi respiratori che era costretto ad ansimare per muoversi lungo il campo ce l'aveva fatta a vincere l'anello. Non solo, con il suo stile di tiro aveva riscritto la storia del gioco, riuscendo a segnare valanghe di punti in un periodo in cui la palla si muoveva ad una velocità infinitamente inferiore rispetto a oggi.
Tutti rimasero estasiati da quella nuova tecnica di tiro, bellissime sono le parole a lui dedicate da un giornalista di Phila:
Agitando la palla nella sua massima elevazione sembra un uomo su un invisibile surf, questo è il momento della vera espressione di cosa sia Paul Arizin
Nessun difensore dell'epoca, anche considerevolmente più alto di lui, poteva fare nulla per fermarlo. Oltre al jump - shot aveva anche una straordinaria capacità di lanciarsi verso l'anello e concludere in maniera spettacolare.
Si ritirò nel 1962, quando 34enne decise di non seguire i suoi amati Warriors che si trasferivano a San Francisco proseguendo quella "colonizzazione sportiva" del west già iniziata da Lakers e Dodgers.
In dodici anni di NBA, due dei quali passati però sotto le armi, fece segnare a libro ben 22,8 punti, 8,6 rimbalzi e oltre 2 assist in ognuna delle 713 partite giocate con la squadra della sua città . Nel 1978, assieme all'ex compagno Joe Fulks fu introdotto nella Hall Of Fame di Spriengfield e nel 1996 fu nominato tra i migliori 50 giocatori dei primi 50 anni di NBA.
Si spense nel sonno la notte del 12 dicembre 2006, dopo aver dato tanto al mondo del basket e alla sua nazione e dopo aver risposto così ad una domanda su cosa pensasse della sua carriera:
La gente mi chiede di descrivere cosa provavo, ed io penso che la maniera più facile per rispondere sia girare la domanda a voi. Cosa pensate di un ragazzo che all'high school giocava nelle intramural leagues (le minors delle piste da ballo) e ora è custodito tra questi grandi ed illustri nomi (i 50 migliori dei primi anni di NBA)?
Che cosa pensiamo?
Che solo un grandissimo uomo avrebbe potuto farcela.