I Minneapolis Lakers del 1953 in una foto d'altri tempi…
Che cos'hanno in comune John Creasy, Jason Bourne e John James Rambo?
Semplice, i proprietari in carne ed ossa di questi famosi ruoli cinematografici spesso passano le loro domeniche pomeriggio nelle prime file dello Staples Center, a vedere la squadra più hollywoodiana che c'è: i Los Angeles Lakers.
Tutti i V.I.P. delle prime file (a parte Billy Crystal a quanto pare) vogliono vedere una squadra vincente per associarci la propria immagine, e chi meglio dei detentori del record come numero di vittorie totali, percentuale di partite vinte e di apparizioni alle finali?
E' sempre stato così?
Sin dagli anni 40 con la nascita del basket professionistico ondate di limo si riversavano dalle colline da Bel-Air dapprima verso il Forum e poi dal 1999 allo Staples?
Decisamente no, quasi per uno scherzo del destino la squadra più "in"della lega è nata in uno degli stati più "out" della nazione, il Minnesota. E prima ancora era stata fondata con un altro nome a Detriot, e tutti sanno come la città di Robocop sia poco indicata per statuette d'oro alte circa 35 cm e tappeti rossi sui quali sorridere ai maledetti paparazzi.
Andiamo dunque a scoprire l'Antico Testamento di quella che è divenuta ormai una delle squadre più famose dell'intero globo terracqueo, la cui storia presenta a volte caratteristiche degne di un film. Perché la prima dinastia della storia nacque grazie ad un notevole colpo di fortuna"
Un pessimo inizio per la scalata alla storia
1946, Detroit, un imprenditore di Dearborn, Michigan, un certo C.King Boring, decise di investire una parte dei suoi soldi per cercare di salire sul carrozzone del neonato basket professionistico. Fondò quindi i Detroit Gems, iscrivendoli alla NBL, una delle due costole da cui poi nacque la "nostra" NBA assieme alla BAA.
Durante quel "pleistocene sportivo", la stagione 1946-47, il successo economico era molto meno assicurato rispetto a oggi, e i Gems fecero di tutto per dimostrare a Boring di aver sbagliato idea nella quale buttarsi assieme ai suoi risparmi: la prima stagione si chiuse con 4 W e 40 L, e le ragnatele nella cassa del ragioniere della squadra erano attorcigliatissime.
La squadra fu rapidamente messa in vendita, e altrettanto celermente acquistata e rilocata.
Nel 1947 Ben Berger e Morris Chalfen versarono i canonici 15.000 presidenti spirati per possedere i Gems e il loro posto tra le franchigie della National Basketball League.
Berger e Chalfen erano uomini d'affari di Minneapolis, e quindi decedettero di dare all'area delle Twin Cities una squadra professionistica di pallacanestro, invitando i cittadini a recarsi al Minneapolis Auditorium, una vecchia arena demolita nel 1989. Cambiarono infine nome e logo della squadra, dandogli l'attuale Lakers a causa dei 10.000 laghi del Minnesota e un logo raffigurante un pallone da basket e la forma dello stato.
È pronta dunque per partire la leggenda dei Lakers?
Non esattamente, visto che al momento dell'acquisto i due soci presidenti comprarono solo le carte del titolo sportivo; questo perché la NBL vedendo come stava andando l'annata dei Gems decise di riassegnare i giocatori ad altre squadre in altre leghe, e fu un bell'assist per Berger e Chalfen. Avevano, infatti, la possibilità di rifare la squadra da zero, e per farlo si affidarono a un immigrato austriaco proprietario di un ristorante e a uno sconosciuto coach che diventerà uno dei migliori dieci allenatori della storia: Max Winter e John Albert Kundla furono i nomi dei due prescelti che subito si misero alla caccia nei ruoli di direttore sportivo e allenatore, andando a pescare a piene mani dal serbatoio della locale University of Minnesota, e dando al tutto una spruzzata di esotico chiamando l'All America Jim Pollard dall'allora lontana Stanford.
Visto però quanto successe poco tempo dopo avrebbero anche potuto risparmiarsi telefonate e colloqui: grazie ad uno dei colpi di fortuna più clamorosi della storia sportiva ottennero gratis il giocatore più dominante dell'epoca, forse (assieme a Shaq) il vero M.D.E., Most Dominant Ever: George Mikan.
Il futuro Mr.Basketball giocava infatti nella città gemella a Minnie, nei vicini Saint Paul Saints che militavano nella Professional Basketball League of America, una lega che ebbe solo poche settimane di vita prima di collassare.
Allo scioglimento della PBLA i giocatori che si trovarono in mezzo ad una strada vennero "rilocati"nel draft NBL, e tutti sapevano che i 2 metri e 08 di Mikan erano il sogno bagnato di ogni allenatore-cassiere-presidente.
Chi possedeva dunque la prima scelta?
Semplice, chi l'anno prima aveva chiuso col record peggiore.
E chi avrebbe potuto mai avere un record peggiore dei Detroit Gems?
E andò dunque così, con i Lakers che per demeriti non loro si trovarono a scegliere per primi e aggiunsero alla già buona squadra messa in piedi da Winter e Kundla un obice altissimo che nessuna difesa dell'epoca avrebbe mai potuto fermare.
Inizia la leggenda, fate largo!
Sin dalla stagione 1947-48, l'anno dell'esordio, i Lakers si dimostrarono un carro armato mentre le altre squadre erano delle formiche. Con Mikan dominante sottocanestro, Pollard e Schaefer ad aiutare da lontano il gigante con la maglia #99 la stagione regolare fu stravinta con 43 W e 17 L. I playoff li videro vincenti fino alla finale, dove strapazzarono 3 a 1 i Rochester Royals, lontani antenati dei Sacramento Kings, avviando involontariamente la rivalità che culminerà con le epiche finali di Conference d'inizio nuovo millennio.
E fu primo titolo dunque, Lakers campioni NBL nel 1948. Questo banner viene però considerato a parte rispetto agli altri anche oggi, non è dunque un "vero"anello. Per vincere i titoli veri occorreva emigrare in una lega più vera, come la Basketball Association of America. I due proprietari iniziarono a pensarci, attratti anche dalle lusinghe di Maurice Podoloff, il commissioner dell'avversaria della NBL.
Tutte le squadre delle grandi metropoli dell'est giocavano infatti nella BAA, dai Celtics, ai Knicks, ai Warriors, mentre le franchigie NBL erano le rappresentanti di città come Flint, Michigan, Rochester, New York, o Oshkosh, Wisconsin.
Nell'estate 1948 dunque i Lakers e altre 3 squadre cambiarono lega e andarono a sfidare le grandi squadre delle metropoli nelle arene che hanno fatto la storia del gioco, con i due Garden su tutti, rendendo la BAA IL campionato di pallacanestro professionistica.
Cambio di lega e di avversari, cambiano anche i risultati?No, la truppa di Kundla riuscì a chiudere la prima stagione regolare BAA a 44 vittorie e 16, piazzandosi al secondo posto dell'allora Western Conference (si ricordi che Minneapolis ai tempi era davvero Far West a livello sportivo), pronti a partecipare ai playoff da favoriti: Mikan tiranneggiava senza pietà sotto canestro, chiudendo la stagione a 28,3 punti a gara.
Nella postseason gli avversari furono sweeppati senza pietà , partendo dai Chicago Stags fino alla finale con i Washington Capitals. Il 4 a 2 contro i capitolini valse dunque il primo titolo ufficiale 1949,che sarebbe stato seguito da quello 1950 dopo un'altra annata di dominio ed un'ennesima vittoria in finale contro i Syracuse Nationals. In quell'anno si arrivò addirittura si arrivò ad una vittoria dei Pistons sui Lakers per 19 a 18, con l'allenatore dei Pistons che preferiva tenere palla per interi minuti che provare a tirare e consegnarla agli inarrestabili gialloviola, sintomo di un dominio molto netto.
Nel 1948 iniziarono una serie di partite tra i Lakers e gli Harlem Globetrotters quasi per decretare quale fosse la squadra più forte del mondo. La prima sfida si tenne a Chicago e vinsero i Trotters 61 a 59 con un tiro allo scadere, ripetendosi anche nella seconda partita, salvo perdere tutte le successive sei partite giocate nei nove anni seguenti. Insomma nemmeno la "benefica follia" dei giocolieri di Harlem poteva fermare la potenza di Mikan e soci.
Si deve ringraziare il genio di Kundla per la creazione dell'attuale "numero 4": quando vide che il suo centro Mikkelsen, nonostante fosse un buon giocatore, era costretto a pochi minuti a causa della presenza di Mikan in quintetto, decise di schierarlo assieme allo stesso Mr.Basketball, formando una frontline mai vista prima per dimensioni e produttività .
Nel 1950-1951 la dinastia sembrò terminare,per la prima volta dalla loro creazione infatti i Lakers non vinsero il titolo, venendo sconfitti in finale di Conference dai Royals ma solo un anno dopo si presero la rivincita,vincendo l'ovest e andando in finale contro i Knicks.
La finale 1952 fu uno splendido alternarsi di vittorie che vide prevalere 4 a 3 i soliti Minneapolis Lakers, che vinsero nonostante l'NBA pensò a come limitare lo strapotere di Mikan: si provò mandandolo in lunetta dopo un tot di falli subiti ma i risultati non cambiarono e furono 23 i punti che il #99 depositava ogni sera nella retina altrui.
Le stagioni 1953 e 1954 non videro sostanziali modifiche al gioco e nemmeno al risultato, visto che le finals contro i Knicks e i Nationals non impedirono ai Lakers di vincere il quarto e quinto titolo in sei anni.
Nessuno riuscì a fermare la coppia di lunghi Mikan – Mikkelsen,o i futuri hall of famers Jim Pollard, Clyde Lovelette e Slater Martin o a contrastare il genio tattico di John Kundla.
Se ne va Mr.Basketball, cambia tutto
Con il ritiro di Mikan al termine della stagione 1954 si aprirono nuovi orizzonti sia per i Lakers, dimostrare di saper vincere anche senza il giocatore più dominante, sia per la NBA, con l'introduzione dei 24 secondi che avrebbe stravolto il modo di giocare. Con Mikan dietro la scrivania come general manager la tirannia si sgretolò, essendo stati battuti in finale di conference dai Pistons, evento che segnerà anche la fine della carriera di Jim Pollard.
La stagione 1955 fu mediocre dal punto di vista dei risultati e fu inutile convincere Mikan a tornare a giocare mezza stagione nel 1956, o farlo diventare allenatore nel 1958, bisognava ricostruire dal basso partendo da giocatori giovani.
Gli spettatori di Minneapolis si erano ormai fatti la bocca buona e con una squadra ormai in difficoltà i posti vuoti all'interno dell'Auditorium aumentavano sempre più, mettendo a repentaglio l'esistenza stessa della franchigia. Berger da febbraio 1957 cercò nuovi acquirenti, e dopo aver trovato facoltosi disposti a comprare ma a portare la squadra a Kansas City diede una possibilità a Minneapolis e ai suoi abitanti: la risposta fu pronta e una cordata di aziende e singoli imprenditori comprò il pacchetto di maggioranza dei Lakers dando a Bob Short, ricchissimo magnate dei trasporti locale, la carica di presidente.
Nel draft del 1959 i Lakers dimostrarono ancora il loro feeling con le prime scelte chiamando da Seattle University Elgin Baylor,campione di colore capace di vincere subito il titolo di rookie of the year 1959 e finire terzo dietro solo a Russel e Pettit tra i giocatori dell'anno.
Con il #22 in campo sembrava rinata la leggenda giallo viola: ritorno ai playoff e vittorie contro Pistons e Hawks. Le porte delle Finals 1959 si riaprirono per una serie che diventerà sinonimo di basket stesso: li aspettavano i Boston Celtics di Russel e compagnia, e questa fu solo la prima finale della storia tra queste due grandi leggende dello sport americano.
Fu un tremendo 4 a 0 quello inflitto ai "nuovi" Lakers dai giocatori di bean town, e fu anche l'ultima serie di John Kundla che dopo 11 anni di Lakers si ritirò dalla NBA per allenare quella University of Minnesota dalla quale aveva pescato con successo diversi giocatori per la sua neonata squadra.
La stagione 1960 vide la definitiva esplosione di Baylor, capace di trascinare la squadra in finale di conference e segnare qualcosa come 29.6 punti a serata. Erano ormai altri però i problemi in società : le casse erano sempre più vuote e lo spettro del fallimento dietro il primo angolo.
Il 28 aprile 1960 Bob Short prese una decisione epocale: i Lakers si spostavano a Los Angeles, diventando la prima franchigia affacciata sulla West Coast e dimostrando di non saper resistere al richiamo di una California in espansione vertiginosa (ricordiamo che solo due anni prima, nel 1958, i Dodgers lasciarono Brooklyn dopo 75 anni di storia per andare nella stessa città degli angeli). Curioso il fatto che nel 1966 e 1967 i Lakers tornarono a Minnie per disputare quattro partite di regular season, sempre in quell'Auditorium teatro dei primi capitoli della leggenda lacustre.
Finiva così un'era, finivano tredici anni di successi, finiva una dittatura che solo i Boston Celtics degli anni 60 avrebbero saputo riproporre, e si apriva la strada alla definitiva "colonizzazione" sportiva della West Coast.
Ci misero ben dodici anni i Lakers a vincere il loro primo titolo a Los Angeles, ma da quando hanno oltrepassato il deserto della California sono diventati sinonimo di squadra vincente e "alla moda" forse come nessun'altra al mondo.
No Lakers, no party.