Perduto West?

Kobe è l'MVP della stagione, ma non ha giocato una finale da MVP…

Inutile negarlo, era lecito attedersi dei playoffs ben più equilibrati e palpitanti.
Se non altro però negli ultimi due mesi sono emersi temi di sicuro interesse.

Uno su tutti? L'impronosticabile ed improvvisa fragilità  del West.
Intendiamoci; la sezione occidentale della lega rimane quella più ricca di talento ed – in definitiva – complicata, tuttavia è innegabile come i fuochi pirotecnici a lungo attesi tra le otto partecipanti -ad ovest del Mississipi – siano rimasti in parte inesplosi.

Fino a due settimane fa si riteneva che ciò fosse dovuto al sublime stato di forma attraversato dagli Hollywoodiani che – pur privi di Bynum – son stati capaci di vincere la propia Conference piuttosto agevolmente.

Gli inarrestabili Celtics ci hanno fatto comprendere come in realtà  l'intrigante roster allenato da un ridimensionato “Phil Jax” fosse si una corazzata ma – visto l'esito dell'ultimo atto – molto simile… a quella Potemkin di fantozziana memoria…

Pur essendo stati sicuramente incensati con eccessiva premura – un buon 80% della stampa a stelle e strisce aveva vaticinato il loro trionfo finale – è evidente come nessuno si aspettasse una così scarna competitività  proprio sul proscenio più prestigioso del basket mondiale.

Eccoci dunque all'amletico dilemma: tutto merito della truppa di Kg o è invece l'Ovest ad essere stato – per una volta – meno inavvicinabile del solito ?

Sicuramente due squadre hanno enormemente deluso le aspettative di tifosi e addetti ai lavori.

Tra le montagne rocciose tutto si aspettavano fuorchè la slavina che si è abbattuta sulle gracili spalle di Anthony e compagnia mai dentro la serie contro L.A. se non nel secondo periodo di gara uno…

Il tracolllo è imputabile alle pessime prestazioni dell'ex Syracuse, – ha trasformato Vlado Radmanovic in uno stopper – all'improvvisa evanescenza di Camby e Martin e ad un Iverson – per una volta - ordinario. Meglio soprassedere invece sugli esigui adeguamenti impartiti da Karl o peggio… sulla retroguardia…

E' stata ancora – se possibile – più orrenda l'esperienza vissuta da una delle franchigie - attualmente – più involute in “the league” : i Phoenix Suns.

La disfatta contro gli speroni ha evidenziato un'insolita tendenza autodistruttiva emersa in modo particolare nella pessima gestione dei possessi finali del primo e dell'ultimo episodio della serie.

Per non parlare poi dell'incommentabile prestazione nel terzo atto della stessa, coincisa con la peggior uscita stagionale ed una conseguente… serata magica per gli ineffabili texani.

La proprietà  – stranita il suo – per l'accaduto ha deciso di mettere all'uscio uno dei cinque migliori allenatori dell'Nba, accusandolo di essere poco incline all'insegnamento di valide strategie difensive.

Sarà , ma sta di fatto che nei quattro anni in cui Mr. D'Antoni ha chiamato i time-outs da queste parti, la sua squadra sia sempre stata tra le prime dieci della lega per rendimento difensivo; questo almeno nel momento più importante della stagione…

Il 39% concesso dal campo agli Spurs in gara 4 e 5 - evidentemente – non è bastato per convincere “patron” Sarver ed il suo gm Kerr, nè tanto meno per salvare la faccia.

Anche Dallas ha mostrato una certa inettitudine nel confronto contro “New Paulrleans” .
Senza nulla togliere ai calabroni – apparsi immarcabili per gran parte della serie – i dipendenti dell'avvilito Cuban hanno evidenziato per il secondo anno consecutivo il loro esiguo amore per la fase decisiva del campionato.

La netta sconfitta patita al confronto di una avversario ostico – ma non certo infallibile – è figlia anche di precise responsabilità  da parte del tecnico.

Avery Johnson si è letteralmente scavato la fossa non riuscendo a gestire fruttuosamente le tante abilità  di Kidd – di fatto relegato al mero ruolo di “spot-up shooter”- nè tantomeno rendendosi capace di limitare un Paul più che commendevole – ma francamente – non ancora immarcabile al punto da imbarazzare quella che – giova rammentare – per tutta la durata della regular season è stata una delle cinque retroguardie più affidabili del lotto.

Se Houston ha giocato meglio del previsto vista l'assenza di Yao e di Alston – spettatore nelle prime due gare – ed un T-mac impavido ma sicuramente lontano dall'esplosività  dei bei tempi… non ci hanno affatto convinto proprio i responsabili dell'accorciamento della stagione dei “siluri del Texas”.

Il decano Sloan piuttosto preoccupato per le amnesie difensive dei suoi – 45.8% concesso su azione durante la regular – si è visto sorprendentemente tradire nel momento topico del torneo proprio dal suo reparto offensivo.

Le inaspettate seratacce al tiro di Boozer, gli stenti di Okur e la solita ritrosia nel coinvolgere maggiormente il poliedrico russo nell'impeccabile manovra offensiva dei Jazz son state le cause principali della faticosa vittoria contro Houston e della resa al cospetto dei Lakers - dimostratisi – ben più talentuosi e scafati.

Nonostante Deron Williams sia celermente destinato all'empireo Nba, la nostra personalissima sensazione è che questo sia un gruppo ancora troppo acerbo per pensare di poter emulare – in breve tempo – le eroiche gesta delle due icone dello sport professionistico dello stato e di quella eccezionale versione dei Jazz.

E' invece opportuno tessere le lodi per i calabroni della “Big Easy”.
Paul è stato indescrivibile, Chandler efficace come mai, West a volte esaltante.

Chi ha tradito è stato – e non è una novita' in questo periodo dell'anno – Mr. Stojakovic, ancora una volta dileguatosi nel momento del bisogno (leggi gara 6 e 7 della semifinale di Conference).

L'incensatissimo coach Scott ha confermato rimarchevoli doti di motivatore / gestore del gruppo – peraltro non il più ostico da amministrare del panorama Nba – allo stesso tempo ha però suscitato parecchie perplessità  da un punto di vista tecnico.

La fase offensiva di questa squadra è costiutita ESCLUSIVAMENTE (!!!) da isolamenti o giochi a due…
La sua rotazione ha spesso emarginato il rampante Wright ed il convincente Wells – specie nell'ultima sventurata gara della stagione- e ci è apparsa a dir poco scellerata la strategia volta a raddoppiare pedissequamente un Duncan che sta attraversando la fase non certamente più abbagliante della propria vita cestistica.

Gli esterni dei nero-argento – nel frattempo – hanno sentitamente ringraziato questo cospicuo omaggio da parte dell'ex Laker…

A proposito di San Antonio; è innegabile come la “campagna 07-08” si sia conclusa con discreto profitto. L'eliminazione di avversari più talentuosi (Phoenix) o atletici (Hornets) ha sentenziato ancora una volta il talento, la coesione e lo straordinario cinismo del gruppo gestito da Popovich, tuttavia…

Tuttavia risultano a dir poco eloquenti due dati:
– tra le partecipanti al secondo turno quella degli Spurs e' stata incredibilmente la retroguardia meno affidabile e - soprattutto – nelle dieci occasioni in cui i Texani hanno avuto un unico giorno di riposo tra una partita e l'altra il bilancio è stato un disarmante: 3-7…

Questo dato dimostra - semplicemente – che quando non è possibile usufruire di un nutrito riposo – situazione verificatasi -invece- prima dell'ultima contesa contro New Orleans – questa squadra per quanto cinica ed esperta possa essere è davvero poco competitiva. Non bisogna quindi meravigliarsi del poco equilibrio emerso nella finale del West quando si scendeva in campo un giorno si ed uno no.

Meglio ritornare dalle parti di El Segundo, località  dove è situato il quartier generale dei campioni e quindi primi rappresentanti della costa sinistra.

E' indubitabile che la contumacia di Bynum – uno dei pochi centri veri in circolazione – sia stata ferale per le ambizioni degli inquilini dello Staples, tuttavia l'amara resa contro i neo-campioni Nba non può essere di certo addebitata unicamente a questo fattore.

Dopo tre turni semi-impeccabili, il “black mamba” si è rivelato meno velenoso del solito.
Il 40.5% al tiro dal campo mandato ai libri nella finale appena conclusa è si un tributo all'eccellenza difensiva di Boston – a nostro parere miglior retroguardia dell'ultima decade – ma anche lo specchio di scelte al tiro di sovente rivedibili.

Se si eccettua gara quattro – sfortunatamente coincisa con la miglior prestazione nella “città  degli angeli” della ciurma di capitan Pierce- Kobe ha raramente coinvolto i compagni con continuità  – specie nella prima e nell'ultima gara – riportando alla ribalta – proprio nel momento meno indicato – la sua proverbiale mania di protagonismo.

Chi ne ha fatto le spese son stati principalmente Gasol e Odom, una coppia non certamente distinguibile per doti caratteriali leonine ma comunque capace di convertire con un abbondante 50% al tiro su azione. Il problema? Hanno avuto scarne occasioni per convertire…

E' veramente spiacevole che un atleta di tale ubertoso talento non abbia ancora (!) capito l'importanza di giocare di squadra – non esclusivamente – in particolari occasioni.

“Volete un Bryant da 50-40 a sera?" – ha dichiarato Kobe dopo l'ultima uscita casalinga dell'annata – "ma contro Boston non si vince così…”
Poi in campo le sue intenzioni son -spesso- state ben altre…

Possibile che un motivatore ampiamente celebrato come “Pacific Phil” non sia ancora riuscito a placare completamente gli istinti più selvaggi di questo controversiale campione?

Nelle sue prime finali Nba – nel 1991 proprio contro i Lakers…- l'attuale GM dei Bobcats smazzò undici "regalie" ad uscita pur attorniato da un supporting cast non certo superiore a quello allestito negli ultimi tempi dal vituperato gm Kupchak; perchè il suo principale imitatore non riesce a fare altrettanto?
Viene quasi il sospetto che quel “Bryant è un giocatore inallenabile” proferito dal suo attuale coach nella turbolenta estate del 2004 sia prepotentemente tornato di moda nel momento topico della stagione. Chissà  se il “nostro” sarà  in grado di redimersi in un eventuale ritorno alla fase finale del campionato più affascinante del pianeta…

… di certo sappiamo che gran parte delle rappresentanti “occidentali” ha evidenziato lacune - oggettivamente – inattese prima di quel 19 aprile, quando è scattata l'ora della verità  o – se preferite – i Playoffs 2008.

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