Un’altra, lunga, offseason

Chris Simms è molto incerto sul suo futuro a Tampa…e non ha tutti i torti.

La stagione è ferma da un pezzo, unità  di misura che si traduce in troppo tempo per chi ama questa disciplina. Soluzioni ed alternative non ce ne sono (forse un'alternativa c'è, guardare l'Arena"), la Nfl torna solo a settembre, giugno da queste parti non è ancora terminato, il che vale a dire che il football viene seguito a pigskin fermo, leggendo tutte quelle notizie che, vi fosse una partita da seguire dal vivo, probabilmente passerebbero in secondo piano, notizie da rotocalco rosa (a proposito, qualcuno sa se Jason Taylor andrà  ai Packers o se vi preferirà  il cast di Dancin' With The Stars?), da ordinaria amministrazione pre-training camp e le immancabili da cronaca nera, notizie che ogni anno di più sembrano far comprendere una realtà  un tantino amara, vale a dire che la stagione morta è lunga anche per i giocatori, che nonostante i generosi stipendi incassati non riescono a trovare divertimenti sufficienti e finiscono per tornare alla ribalta nazionale per essere riusciti a mettersi nei guai.

Avere un cervello disabitato talvolta costa caro non solo al legittimo possessore, ma pure alla disgraziata squadra che un tempo aveva creduto in lui consegnandogli di fatto il proprio futuro nelle mani.
Lo sanno bene i Chicago Bears, così come lo sa ancor meglio Cedric Benson, il running back cui Jerry Angelo aveva creduto commettendo (a posteriori, chiaro) l'errore di cedere Thomas Jones, se non altro meno pesante rispetto all'avere scelto il giocatore ex Texas addirittura con la quarta scelta assoluta del 2005. Con i salari che corrono al giorno d'oggi una selezione nella top ten costa molto cara ad una franchigia, la quale, in un mondo perfetto, gradirebbe almeno che chiunque venga firmato senza aver dimostrato nulla su un campo professionistico ed istantaneamente riempito di fama e soldi abbia la decenza di non procurare danni ai propri datori di lavoro, danni che si traducono in perdite economiche e di immagine.

E' passato più di un mese dal primo arresto di Benson, che già  aveva fatto scattare un temuto campanello d'allarme, quasi a confermare il fatto che quel posto da titolare nel backfield di Chicago poteva non essere legittimamente suo, dato che aveva pure fatto poco per conquistarselo senza automatismi ovvi (la cessione di Jones era avvenuta per motivi di cap, ma anche per fare spazio al più giovane collega). Cedric aveva avuto la brillante idea di farsi beccare in stato di ebbrezza nelle vicinanze di Austin, Texas, mentre si trovava alla guida di un'imbarcazione (barche + giocatori Nfl=guai, vero Minnesota?), tuttavia Lovie Smith e staff avevano deciso di perdonarlo, di concedergli un'altra possibilità . Che il running back ha deciso di giocarsi in maniera fulminea, evidentemente, visto che nel giro di poche settimane non ha saputo resistere alla tentazione di guidare ubriaco una seconda volta, stavolta un'autovettura, concludendo in quello stesso istante il proprio rapporto con i Bears. "Chi non sa mettere le priorità  della nostra squadra prima di quelle personali non potrà  mai giocare per i Chicago Bears" ha sentenziato Angelo dopo la notizia del clamoroso ma doveroso taglio di Benson, al termine di un annuncio che faceva trapelare amarezza nel constatare che l'immaturità  di una persona giudicata mentalmente pronta per giocare da professionista (altrimenti mica l'avrebbero scelto lì in alto, no?) era costata nuovamente cara ad una squadra che per questa ha speso soldi, risorse e persone, vedendosi restituire solamente un virtuale ceffone nel muso, perché per Benson e tanti altri colleghi l'esercizio mentale di pensare al bene dell'organizzazione che sgancia i quattrini non riesce veramente mai.

Michael Strahan, in uscita da Texas Southern University, non godeva certo della medesima fama di Cedric Benson al tempo in cui lasciò i Longhorns, ma la sua carriera è stata ben diversa rispetto a quella del tribolato running back. E purtroppo, tale carriera è stata dichiarata finita dallo stesso defensive end con il simpatico buco in mezzo ai denti nel corso di una bella conferenza stampa tenutasi al Giants Stadium.

A 36 anni, 15 dei quali passati con l'uniforme dei Big Blue, Strahan ha detto basta, pur sapendo che l'attuale forma fisica gli avrebbe concesso di giocare un'altra stagione o due a discreti livelli. Il numero 92 dei Giants ha saputo riconoscere il momento in cui avrebbe dovuto smettere, probabilmente facilitato dalla vittoria dello scorso Super Bowl, equivalente al momento in cui, dopo aver dato tanto, non si deve mentire a se stessi ed ammettere che non si può più dare come si dava prima: "So che potrei giocare ancora, ma per sopravvivere nella Nfl ci vogliono tante risorse, ed io ho speso molto in questi anni. Per come la vedo io il football non è un gioco da affrontare superficialmente, una volta sceso in campo ho sempre preteso di essere il miglior giocatore schierato, e mi ero ripromesso che quando mi sarei accorto che non sarebbe più stato così avrei smesso. Qualcuno lassù mi ha permesso di giocare per 15 anni e mi ha regalato un titolo: non voglio essere stupido e pretendere più di quanto abbia già  ottenuto".
Strahan, che aveva già  minacciato il ritiro un anno fa, non avrebbe continuato nemmeno se lo avessero ricoperto di soldi, perché questi non possono comprare una passione che è calata con il logorio dei colpi presi. Purtroppo per Benson ed i suoi compari, possono comprare tutto il resto.

Dicevamo di Strahan, che si è ritirato appena dopo aver vinto il premio più ambito del football, il Vince Lombardi Trophy, il quale gli era stato negato otto anni or sono dai Baltimore Ravens. Quella sera il suo avversario principale era stato Jonathan Ogden, pilastro irremovibile della linea offensiva dei Corvi, il quale ha annunciato anch'egli il proprio ritiro alle folle Nfl dopo 12 anni di onorato servizio, rendendo questa offseason un briciolo più amara del solito: due Hall Of Famers sicuri che lasciano possono essere troppo per qualunque appassionato. Se poi alla lista aggiungiamo Favre, Brett e Sapp, Warren"

Lo stesso Ogden, in qualche modo, è stato un giocatore controcorrente rispetto agli standards attuali, non gli è mai piaciuto ostentare la sua ricchezza, non ha mai portato un taglio di capelli all'ultima moda, spesso ha preferito un buon libro alla baldoria della vita notturna, la stessa che ha prodotto numerose conseguenze negative su tanti suoi colleghi di lavoro. La sua etica lavorativa è stata messa in discussione solamente dai continui fastidi all'alluce, gli stessi che ne hanno determinato il ritiro. Per tanti anni, come Strahan, ha vestito la medesima maglia condividendo gioie e dolori di una squadra, di una città , fino a diventare un simbolo di riferimento di un'era storica, nella quale i Ravens sono passati da expansion team reo di aver temporaneamente cancellato i Browns a campioni Nfl contro tutti i pronostici.
Il suo addio è stato sereno e composto, conforme al carattere del personaggio, consapevole di essere stato grandissimo ma anche di essere arrivato ad un punto di non ritorno. Il suo ricordo sul campo è quello di un guerriero capace di proteggere il quarterback e di creare varchi per i running backs (Jamal Lewis corse spesso e volentieri dalla sua parte quando compilò quella che oggi è la seconda miglior prestazione su corsa di ogni epoca), quello fuori dal campo è piuttosto di una persona estremamente riflessiva e" tirchia, perché per ammissione di molti compagni quando c'era da pagare una cena di squadra, la sua mano era una delle più lente ad inserirsi nel portafoglio"

Offseason fortunatamente non significa solamente guai e ritiri, anzi, le squadre sono tornate all'azione con i rispettivi mini-camps in attesa delle sessioni di allenamento estive. A queste parteciperà  anche Chris Simms, solo che lo farà  malvolentieri.

La storia sta passando quasi inosservata, ma ciò non smorza i toni che si sono accesi negli ultimi dodici mesi tra il figlio del grande Phil ed il suo head coach, il duro John Gruden.
Tutto cominciò nel luglio scorso, Simms attraversava un brutto e faticoso periodo (quasi due anni di inattività ) dopo aver subito un infortunio potenzialmente molto pericoloso che gli costò l'asportazione chirurgica della milza, e Gruden premeva più del dovuto affinché ritornasse il giocatore di prima.
Secondo il giovane Simms il suo allenatore avrebbe sottovalutato l'infortunio al punto di convincersi che lo stesso Gruden credesse che il suo quarterback stesse fingendo per mascherare la sua mancanza di condizione, fattore che lo portò vicinissimo al taglio prima dell'inizio della stagione scorsa. La forzata presenza in campo di Chris in una gara di preseason contro Miami, quando tutti sapevano che chiaramente non era ancora pronto a scendere in campo, suonò al giocatore come un'incorretta valutazione della sua effettiva salute, ed allo stesso tempo come un tradimento: "Vorrei anzitutto precisare che a Tampa mi trovo benissimo, la città  è fantastica così come lo sono i proprietari ed il general manager, che si sono sempre presi cura di me. Nonostante questo la mia relazione con John Gruden è irrimediabilmente perduta, dato che non ha mai fatto nulla per capire come mi sentivo dopo l'operazione più pericolosa che possa esistere per un giocatore di football, escludendo solo quelle alla spina dorsale. Gruden non intende avere pazienza con me pur sapendo che i tempi di recupero per questo tipo di problema non sono immediati, so per certo che per lui sono dietro anche a Jake Plummer nella nostra depth chart. Andrò al training camp perché non ho altre soluzioni, ma non ci andrò certo con il sorriso stampato in faccia.

Ora Tampa rischia di dividersi in due ancora una volta, come se non bastasse la presunta storia di violenza carnale risalente ad otto anni fa a carico del tight end Jerramy Stevens, del quale è stata chiesta la testa da molti. C'è chi sta con Gruden e c'è chi lo critica pesantemente, la comunità  dei Bucs è disorientata dai metodi bruschi del coach che per primo ha reso grande questa franchigia, un coach che sa come ottenere il meglio dai suoi giocatori e che sa cosa serve per far vincere una squadra, ma che probabilmente si è dimenticato quale significato abbia la parola sensibilità  umana.

Nel frattempo non ci resta che salutarvi e ed augurarvi che le squadre possano tornare in campo nel più breve tempo possibile, così torneremo a parlare di touchdowns ed intercetti. In quel tempo, Chris Simms sarà  già  stato costretto ad intraprendere una delle due strade che gli si stanno per parare davanti, ovvero rimanere ai Bucs da separato in casa oppure sperare in una trade data dall'esubero di quarterbacks presenti a roster, magari una volta compreso quali siano i reali piani del management nei confronti di Jeff Garcia.

Noi, in tutta sincerità , gli auguriamo la seconda.

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