E' Paul Pierce, eroe di gara 1, ad essere al centro delle polemiche
La prima partita di una finale NBA 2008 attesa come poche negli ultimi anni è andata in archivio, come tutti già sanno, con una vittoria Celtics. Il giorno dopo la partita, sono vari i temi al centro dell'attenzione, dopo un match che può aver dato indicazioni interessanti e che sicuramente ha messo in mostra quell' equilibrio che tutti pronosticavano, tra due squadre che giocano in modo diverso e per questo rendono lo scontro ancora più interessante, non solo tra due franchigie storiche, ma anche tra due filosofie di gioco.
Ancora oggi il vero tema di dibattito sembra essere il ginocchio di Paul Pierce, in primo luogo per sapere se sarà in grado o meno di giocare domenica notte. Gli accertamenti fatti non hanno evidenziato nessuna lesione strutturale, ma il ginocchio non è comunque a posto, come dimostra il fatto che Pierce non si è allenato con i compagni in questi giorni.
Lui sembra essere sicuro di riuscire a giocare, rifiutando di fare una tac per vedere quale sia effettivamente il danno, con il rischio di dover chiudere la stagione: "Che cosa ci può dire a questo punto? Mancano due settimane, sei partite, possiamo scoprirlo a fine stagione. Adesso sto facendo terapia, e direi che c'è la possibilità che giochi domenica, conoscendomi e conoscendo la mia soglia del dolore. Anzi, c'è una grossa possibilità che sia in campo per gara 2".
La prima polemica della finale (proprio su questo tema) è stata innescata da, neanche a dirlo, Phil Jackson, secondo il quale l'infortunio di Pierce non doveva essere poi così grave, essendo il numero trentaquattro ritornato immediatamente in campo. Jackson ha poi categoricamente rifiutato il confronto (anche a mio avviso esagerato), con Willis Reed, ex compagno di Jackson: "Se non mi sbaglio, Reed perse la prima metà e quasi tre quarti di una partita. Paul è stato portato fuori a braccia ed era di nuovo in piedi dopo un minuto. Non so se sia stato aiutato da un angelo (come ha dichiarato Pierce dopo la gara), ma quando è tornato non zoppicava neanche. Non so che cosa sia successo, Oral Roberts (noto televangelista americano, fondatore dell'omonima università ) è stato nello spogliatoio? In ogni caso, quando è tornato, ha dato una grande energia ai suoi".
Lasciando da parte Pierce, la gara di giovedì notte ha dato alcune indicazioni interessanti. A Boston a pochi è sfuggito il calo di Garnett nella seconda parte della gara: il numero cinque era partito molto carico, giocando un grande primo tempo, fatto di energia, rimbalzi, punti e difesa, mentre nel secondo è lentamente andato calando (anche nove errori consecutivi per lui), come ammette lui stesso: "Sarò onesto, il mio quarto periodo è stato terribile, pensavo di avere le mani sulle palle vaganti, e non ho segnato tiri in ritmo che pensavo di mettere. Pensavo di essere attivo, di parlare molto, ma posso fare di meglio. E lo farò.".
E' comunque riuscito ad essere decisivo, con quella schiacciata tonante su rimbalzo nell'ultimo minuto, azione che ha probabilmente chiuso la partita: ancora una volta, in una gara, abbiamo probabilmente visto pregi e difetti di Garnett che, comunque, è probabilmente il giocatore più importante a livello mentale di questi Celtics.
Oltre allo stoico Pierce ed a Garnett, per Boston è stata fondamentale la panchina che, invece di subire il confronto diretto con gli avversari, come si supponeva nelle previsioni della serie, ha retto benissimo l'urto, giocando probabilmente meglio, non tanto nelle cifre, quasi speculari, quanto piuttosto nell'atteggiamento, nell'energia e nella capacità di farsi trovare pronti, cosa ancora più importante se consideriamo che quasi tutti nei Celtics (a parte Cassel) erano esordienti a questo livello e quindi avrebbero potuto, teoricamente, pagare dazio.
Tre in particolare i nomi che mi preme sottolineare, primi tra tutti quelli dei due veterani, Cassel e PJ Brown (entrambi trentottenni), all'ultima occasione delle rispettive carriere di vincere (o rivincere) un titolo, hanno dato il meglio, riuscendo ad essere utili in modi diversi: Cassel, non sempre utilissimo nelle due serie precedenti, con il suo carisma, segnando canestri importanti nella prima metà di gara, quando i Lakers erano avanti e i Celtics stentavano; Brown con il suo contributo difensivo, sempre ad altissimi livelli, dimostrandosi ancora una volta un innesto super azzeccato, lui arrivato a metà stagione, quando i Big Three riuscirono a convincerlo a giocare questi ultimi mesi di carriera.
Il terzo giocatore è Leon Powe, assoluta sorpesa della stagione di Boston, giocatore che non attira l'attenzione ma che fa tutte le piccole cose utili per vincere le partite, riuscendo a dare il massimo anche per pochi minuti, lottando a rimbalzo ed in difesa, un lavoro particolarmente importante contro dei Lakers che possono schierare una serie di giocatori atipici, primo tra tutti Lamr Odom.
Per concludere ci sono altre due ragioni per la vittoria dei Celtics: la prima sono i rimbalzi, che hanno controllato per tutto il match, mentre la seconda è la ormai abituale grande difesa, soprattutto su Kobe Bryant, tenuto a percentuali molto basse (9/26 dal campo), dovendo sempre cercare delle conclusioni avventurose visto il grande lavoro fatto dagli avversari per limitarlo. Boston è anche riuscita a limitare il resto della truppa in gialloviola, con i due secondi violini designati (Gasol e Odom) che sono stati troppo discontinui per pensare di vincere al Garden.
Andiamo quindi a gara due, sempre a Boston, domenica notte, aspettandoci un'altra partita bella ed intensa.