Provaci ancora Utah

Deron saluta Kobe: arrivederci al prossimo anno…

Manca pochissimo ormai all'inizio delle finali NBA, uno degli eventi più attesi dagli appassionati sportivi a stelle e strisce, e non solo…ad oggi le squadre rimaste si contendono uno spot all'interno della serie più importante della stagione, e rispetto all'anno scorso ci sono stati due cambiamenti, uno per l'Est e uno per l'Ovest.

Ad Est, i Boston Celtics hanno rimpiazzato in finale di conference i sorprendenti Cleveland Cavaliers versione 2007, mentre ad Ovest sono i Los Angeles Lakers ad avere la possibilità  di inseguire il titolo, a scapito degli Utah Jazz.

E proprio dei ragazzi di Jerry Sloan andrò a parlare in quest'articolo: la loro strada nei playoff si è chiusa, ed è quindi tempo di tracciare un bilancio di questa stagione, cercando di capire quali sono state le cause dell'eliminazione e quali invece le basi da ripartire per un futuro che, lo dico anzitempo, si prospetta comunque roseo. Eh sì, perchè come dimostrano i risultati di questi ultimi anni a Salt Lake City la strada è meno impervia di quanto si potrebbe pensare.

Innanzitutto, vediamo un po' com'è andata la regular season: 54 vittorie e 28 sconfitte contro le 51 vittorie e 31 sconfitte di un anno prima, Northwest Division conquistata e un miglioramento che appare ancora più sostanzioso se pensiamo che molte squadre della Western Conference (Lakers e Hornets in primis) si sono decisamente rinforzate nel frattempo.

Ai play-off, invece, dopo aver battuto per 4-2 i Rockets è arrivata, con il medesimo risultato, l'eliminazione ad opera dei ragazzi di Phil Jackson. Fino a qui, nient'altro che un elenco freddo e rigoroso dei risultati ottenuti in stagione. Ma il compito di questo articolo è quello di scendere nel dettaglio, di parlare sì dell'attualità  ma con un occhio rivolto al futuro. Perciò: cosa è andato? Cosa non è andato? Quattro risposte ad entrambe le domande:

Cosa ha funzionato

La crescita di Deron Williams: la scelta numero 3 del draft 2005 quest'anno è letteralmente esploso, attirando verso di sè l'attenzione di praticamente tutti gli appassionati del basket americano: a nemmeno 24 anni dimostra già  una grande maturità , un fisico granitico per il ruolo che ricopre e una visione di gioco eccellente. Dulcis in fundo, la partecipazione all'All Star Game, assolutamente meritata. Non ci sono dubbi, da lui devono ripartire i Jazz nel 2008-2009.

Età  media del roster ottimale: da questo punto di vista, a Salt Lake City hanno a disposizione una serie di giocatori importanti ancora giovani: abbiamo citato Deron, ma che dire di Boozer (26 anni), Kirilenko (27), Korver (27) e Okur (29)? Tutti giocatori, quantomeno dal punto di vista anagrafico, al top della propria carriera.

Nucleo pressochè intatto: la squadra è la stessa da qualche anno ormai, o meglio gli elementi-cardine del roster giocano insieme ormai da diverso tempo, sono integrati nel sistema-Sloan e si conoscono a vicenda. Non manca molto per elevare questo gruppo al livello dei top team NBA, ma ritorneremo su questo discorso tra poco.

Record in miglioramento: come detto in apertura di articolo, i Jazz rappresentano ormai una certezza in regular season, e nonostante i cambiamenti più o meno riusciti operati dalle altre superpotenze della Western Conference, c'è di che essere ottimisti: il prossimo anno, a meno di clamorosi stravolgimenti, Utah è destinata a giocare un ruolo da protagonista.

Cosa non ha funzionato

Spot 2 da migliorare: Ronnie Brewer non è ancora pronto, e chissà  se mai lo sarà , per diventare un giocatore decisivo nel ruolo di guardia, e mi riferisco sia alla fase offensiva che a quella difensiva. Ad oggi, pur trattandosi di un discreto giocatore, è pur sempre al secondo anno di NBA, e se c'è qualcuno da sostituire nel quintetto per far compiere un deciso salto di qualità  al collettivo è proprio lui. L'impegno da parte sua non manca, ma in questo caso faccio mio il detto "la colpa non è sua, ma di chi lo ha messo in questa condizione".

Panchina non eccezionale: intendiamoci, nella panchina dei Jazz ci sono buoni giocatori: Korver, Harpring, Millsap… ma non è una panchina particolarmente lunga, e questa lacuna si paga quando si va a giocare contro squadre che hanno giocatori di esperienza e/o di talento pronti a subentrare, e di esempi ce ne sono diversi, a partire dagli Spurs fino ad arrivare ai Pistons, ma anche agli stessi Celtics o Lakers.

La discontinuità  di Boozer: in determinati frangenti dei play-off CB5 è venuto un po' a mancare, ed essendo un giocatore importantissimo nell'economia della squadra questo suo calo di rendimento si è avvertito. Lui stesso, durante entrambe le serie disputate, ha fatto autocritica, ma anche dopo queste dichiarazioni ha alternato buoni momenti a prestazioni deludenti.

Qual'è il problema? Credo più mentale e di approccio alla gara, perchè le qualità  tecniche del giocatore non si discutono. Poi c'è il fatto che lui è più basso rispetto a praticamente tutti i suoi pari-ruolo nella lega, e questo secondo me lo penalizza in determinati mismatch, perchè pur essendo un po' più basso ha sì grande potenza, ma non compensa con una velocità  superiore alla media, cosa che per esempio fa Odom dei Lakers, che infatti gli ha dato diversi grattacapi in difesa.

Difesa sotto canestro: altra nota dolente, è la scarsa intimidazione sotto canestro e la mancanza di uno stoppatore efficace. L'ideale sarebbe prendere un centro con grande fisicità  e abile a difendere in area, ma giocatori di questo tipo costano caro e non ce ne sono certo molti…

In conclusione, Utah non rientra di certo nel novero delle squadre "da rifondare", ma si presenta come una squadra "da ritoccare", se vuole ambire con ottime credenziali al ruolo di protagonista per i prossimi anni di NBA.

Motivi per essere ottimisti ci sono, c'è un allenatore con grande esperienza al timone ed una società  alle sue spalle che si è sempre contraddistinta per serietà , e mancano soltanto un paio di mosse vincenti per dare la caccia a quello che sarebbe il primo titolo nella storia di questa gloriosa franchigia.

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