Il tiro decisivo sbagliato da Barry subito dopo il fallo non fischiato di Fisher
La finale della Western Conference è arrivata all'ultimo atto? Tutto lascia pensare di sì. I Lakers si presentano a gara cinque forti di una serie giocata complessivamente meglio, di un fattore campo a loro favore e, soprattutto, di un 3-1 complessivo che permette loro di giocarsi la Finale NBA nella notte italiana. Nel caso dovesse andare male, avrebbero comunque altre due partite (e l'eventuale gara sette a Los Angeles), per chiudere comunque i conti.
Ma se dobbiamo fare un salto indietro a gara 4, nella quale i lacustri hanno sconfitto a domicilio gli Spurs, non si può non parlare dell'ultima azione della gara, di quel fallo di Barry su Fisher. Premesso che non mi piace parlare di arbitri, a me sembra evidente (ed anche alla NBA, come dichiarato oggi) che Fisher abbia fatto fallo su Barry.
A San Antonio tutti pensano che il fallo ci fosse (ma sottolineano come i giocatori in un certo senso se la siano cercata, non giocando ai loro livelli), mentre in California, per confermare la correttezza del non fischio, tutti sottolineano le dichiarazioni degli stessi Popovich e Barry che, a fine gara, davano ragione agli arbitri. Comunque l'arbitro non ha fischiato e, nonostante le rimostranze dei tifosi degli Spurs, la situazione dice che i Lakers sono avanti tre a uno.
San Antonio si ritrova quindi con le spalle al muro, con la consapevolezza che, nella partita precedente, i loro avversari hanno giocato decisamente meglio e, fino all'ultimo minuto, sono stati in pieno controllo della gara, dimostrando di poter mettere in difficoltà questi Spurs come poche altre squadre hanno fatto in questi ultimi anni.
Se vogliono avere qualche speranza, di sicuro devono mettere a posto la questione rimbalzi: nel primo tempo di gara 4, nel quale i Lakers hanno guadagnato un buon vantaggio sin dall'inizio, San Antonio ha concesso ben undici rimbalzi offensivi, dai quali sono poi nati venti punti per i loro avversari. Anche Popovich pensa che uno dei problemi dei suoi sia questo: "Nel secondo tempo siamo riusciti a migliorare a rimbalzo ma poi, nel finale, abbiamo sofferto ancora".
L 'altro possibile problema è quello di trovarsi in difficoltà difensiva contro un attacco che, quando gira al meglio, può disporre di moltissime armi e costringe di conseguenza Popovich a fare delle scelte difensive complicate. Parker, però, sottolinea come il vero problema degli Spurs sia stato il non riuscire a portare a conclusione la loro rimonta perché: "Ogni volta che avevamo la possibilità di avvicinarci, loro mettevano a segno una tripla importante, o prendevano un rimbalzo e continuavano a segnare. E' dura recuperare così".
San Antonio non si è allenata in mattinata a Los Angeles, prima di una gara senza ritorno, che farebbe terminare anzi tempo la stagione dei campioni in carica: non vogliono ovviamente chiuderla qui, anche per non dover poi ripensare, come scrivono a San Antonio, a tutte le occasioni che comunque hanno lasciato andare via in questa serie, dal vantaggio buttato via in gara 1, fino alla gara 4 di ieri. Per non avere rimpianti, devono allungare la loro stagione, cercando di tornare a Los Angeles per l'eventuale gara 7, nella quale avrebbero meno pressione dei loro avversari e maggiore esperienza nei momenti decisivi.
I Lakers invece, pur essendo in una evidente posizione di privilegio, devono comunque riflettere sull'andamento della partita: è vero sì che hanno condotto per tutta la gara (in quattro delle ultime sei vittorie non sono mai stati in svantaggio), ma non ci si può scordare del mezzo suicidio compiuto negli ultimi secondi, e comunque della lenta rimonta dei loro avversari che, pur giocando peggio, sono quasi riusciti a vincere la gara.
I dubbi sui Lakers sono quindi più di natura mentale che tecnica: da tempo si dice che non sono una squadra forte mentalmente, come potrebbe far pensare il recupero subito, ma allo stesso tempo non si può scordare della durezza mentale che invece hanno avuto in gara 2, quando gli Spurs sono andati a +20 allo Staples, ed anche dopo nell'ultima partita che, ricordiamoci, seguiva una gara 3 persa di diciannove punti. Più che la durezza mentale, quindi, è probabilmente la continuità che manca ai ragazzi di Phil Jackosn, oltre che (per molti) l'esperienza per gestire al meglio i momenti decisivi in partite così importanti.
Bryant sottolinea come l'ultima vittoria sia stata un'importante passo in avanti verso il raggiungimento della maturità : "Siamo migliorati, in gara 3 abbiamo imparato quanto duro dobbiamo giocare e con quale velocità per vincere in questo impianto. Abbiamo giocato molto meglio, è un grande passo in avanti per noi".
Ha sicuramente influito, nella vittoria, anche la prestazione di altissimo livello di Lamar Odom che, dopo una pessima gara 3 e nonostante i problemi di falli, è stato a dir poco decisivo per tutta la gara, con il suo contributo in ogni aspetto del gioco e, nell'ultimo e decisivo periodo, quando gli Spurs rimontavano, segnando otto punti (e prendendo due rimbalzi).
Phil Jackson comunque, pur essendo fiducioso, non vuole eccedere in trionfalismi, e da la ricetta per ottenere la vittoria anche stasera: "E' importane che sin dall'inizio scendiamo in campo e giochiamo il tipo di gara che abbiamo disputato martedì, con la stessa energia. In questo modo porteremo a casa la vittoria".
Ce la faranno davvero i vari Weenie (Gasol), Space Cadet (Radmanovic) e Not Scottie Pippen (Odom), come sono stati ribattezzati dallo stesso Jackson, a riportare i Lakers in finale?