Il ritorno dei Cavaliers

Delonte West: un inatteso protagonista in gara 3 a Cleveland

Chiedendo ad un brasiliano cosa è la saudade, probabilmente risponderebbe quella strana sensazione di malessere che si prova senza saperne bene il motivo, che appare quando si lascia il proprio paese e scompare magicamente al rientro.
Di mal d'Africa parlavano i coloni europei nell'ottocento e nei primi del novecento, lontano da Napoli non si può stare, dicono all'ombra del Vesuvio.

Celtics e Cavaliers hanno descritto al meglio queste emozioni nelle ultime due partite di questa serie, e l'ultimo allegato aggiunto è stato un volumetto dal titolo "Vedi Cleveland e poi muori!"

Dopo la ripassata presa in gara 2 a Boston, i Cavaliers a casa loro, a Cleveland, davanti al loro pubblico, nella Quicken Loans Arena, hanno reso il favore a dei Celtics spenti e fuori fase, rifilando un eloquente 108 a 84, un punteggio che richiede poche descrizioni. Si è avuta la stessa impressione provata al cinema quando un timido ricercatore iniziava a tingersi di verde, oppure quando uno spaurito secchione veniva punto da un ragno radioattivo.
O, se preferite, quando il tontolone del gruppo mangiava una nocciolina americana ed appariva in mutandoni di lana rossi, pronto a vendicare i torti nei panni di Superpippo.

Come sia possibile che a due giorni di distanza ci siano due gare così diverse, una nettamente dominata dai Celtics, quella successiva allo stesso modo nettamente dominata, ma dai Cavaliers, è uno dei misteri dello sport, quelle cose che accadono senza che sia possibile darne una spiegazione razionale, se non indagando nei recessi dell'inconscio umano.

Chi leggesse senza aver visto la partita a questo punto potrebbe pensare "e ti credo, con Lebron James in squadra tutto è possibile, ci sarà  stata una partita da 51 punti con 12 rimbalzi e 13 assist del Prescelto!".

Invece Lebron, nella sua precoce corsa al superamento dei record dell'NBA, ha pensato bene di arrivare alla percentuale complessiva del 22% dal campo nelle prime tre partite, di cui ci sono pochi precedenti fra chi si prende un numero di tiri considerevole, sparacchiando per un ennesimo 5 su 16.

Ad onor del vero, va riconosciuto che si è reso conto della sua serataccia e della buona vena di alcuni compagni, si è preso pochi tiri per le sue abitudini, ha cercato di non forzare, di far circolare la palla (ha anche smazzato 8 assist) e di dare il massimo in difesa, quindi non si può parlare di prestazione negativa in assoluto, certo che dal Prescelto qualcosa di più è lecito attendersela.

Invece il timido ricercatore che ad un tratto si incavola e diventa verde (e mai simbologia fu più adatta), grosso e cattivo c'è stato, ed è stato un Delonte West che ha giocato forse la miglior partita della carriera, mettendo 21 punti con ottime percentuali, dirigendo la squadra con molto ordine, servendo anche 7 assist, difendendo bene.
I Celtics faticavano a riconoscere il giovanotto spedito qualche mese fa a Seattle per arrivare a Ray Allen.

Oltre al solito positivo Ilgauskas, hanno aggiustato la mira anche Szczerbiak e Joe Smith, e soprattutto il secondo ha giocato una partita da applausi, riuscendo a non sfigurare affatto davanti ad un comunque positivo Kevin Garnett.

Stranamente ancora disperso è l'eroe dei play off dello scorso anno, Boobie Gibson, ma stavolta la sua mancanza si è sentita poco. La precisione degli esterni ha obbligato i Celtics ad allargare la difesa, si pensava per le penetrazioni di James; invece Lebron è stato comunque sistematicamente raddoppiato, ma di questo spazio (aumentato per via del raddoppio sistematico su Lebron!) si sono appropriati i lunghi, Smith, Ilgauskas, anche gli inattesi Wallace e Varejao.

Difficile capire invece i motivi della brutta partita dei Celtics; a fronte del solito, ottimo Garnett, e di un Posey che si è battuto come un leone (anche troppo, a dire di Lebron e del pubblico di Cleveland, che non ha gradito un brutto fallo nel secondo quarto), gli esterni sono tornati ad essere molto imprecisi, e stavolta anche i lunghi hanno pagato dazio.

Se per i lunghi la spiegazione delle difficoltà  forse è quella data sopra, cioè il fatto di dover difendere in modo più perimetrale per la precisione dei Cavaliers e la tattica del raddoppio sistematico su Lebron James hanno lasciato spesso in inferiorità  numerica i verdi di Boston nel pitturato, inspiegabili restano le oscillazioni nel rendimento degli esterni.

Pierce ha giocato su un livello inferiore rispetto a gara 2, si è però speso per quanto possibile, difendendo su Lebron e facendo girar palla, e tatticamente, visto l'intasamento dell'area, anziché forzare penetrazioni (se è prese solo un paio!) ha preferito scaricare, vale cioè per grandi linee il discorso fatto per il suo dirimpettaio in canotta numero 23.

Allen e Rondo invece hanno veramente subito una involuzione inspiegabile in due giorni. Ray qualche tiro lo ha pure messo, ma tirando col 30%, ed in questa percentuale il più giovane Rajon non ha voluto essere da meno; l'efficacia difensiva è descritta eloquentemente dai punti e dalle percentuali tenute dagli esterni dei Cavaliers; anche Cassel ha steccato non poco.

Serve urgentemente alla causa celtica che le guardie verdi elevino il loro rendimento in trasferta (veramente Ray Allen ogni tanto ha faticato anche a Boston), in quanto si rischia una nuova serie come quella con gli Atlanta Hawks, ma con in più la variabile di Lebron James, che potrebbe sempre risvegliarsi come fece lo scorso anno contro i Pistons.

Una serie che poteva sembrare già  chiusa ha riscoperto nuovi motivi di interesse, vediamo ora se si tornerà  a Boston con un pareggio o i Celtics riusciranno ad ipotecare la serie in gara 4. Certo, servirà  che da Boston arrivino i veri giocatori dei Celtics, non queste pallide controfigure che Auerbach avrebbe preso a colpi di sigaro.

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