L’affaire Seattle-Oklahoma City

Clay Bennett è al centro delle polemiche per il suo progetto di spostare la franchigia dei Sonics

Il 18 Aprile la "Board of Governors" (ente composto dai 30 proprietari delle squadre NBA) ha approvato per 28 voti a 2 lo spostamente della storica franchigia dei Supersonics da Seattle a Oklahoma City. Lo spostamento dei Sonics è ora in attesa dello scioglimento di una serie di controversie legali tra Clay Bennett (l'attuale proprietario), Howard Schultz (l'ex-proprietario) e la città  di Seattle.

Nel mezzo di questa guerra ci sono migliaia, milioni di tifosi dei Sonics.
Una tifoseria cresciuta insieme alla squadra, da quarantun'anni nella "Rainy City", che ha visto i suoi beniamini portare a casa un anello nel 1979 ed essere negli anni una delle maggiori protagoniste del campionato.

La questione è di per sè complessa e, purtroppo, è stata anche snobbata dai media, occupati a seguire una delle stagioni più emozionanti della storia della lega. Con questo articolo vogliamo rispondere a tutte le domande che un tifoso potrebbe porsi e fare luce su tutte le controversie del caso.

Come è nata la questione?

Tutto è nato il 18 Luglio del 2006 quando la franchigia, allora in mano a Howard Schultz, magnate delle caffetterie americane Starbucks, venne venduta per 350 milioni di dollari ad un gruppo di investitori di Oklahoma City capitanato da Clay Bennett. A dire il vero, si potrebbe dire che il problema è nato molto prima. Già  da alcuni anni, infatti, si parla della necessità  di rinnovare la KeyArena o addirittura smantellarla per costruirne una nuova.

Il problema della KeyArena, oltre ad essere la più piccola Arena della lega, è che è ceduta in "leasing" (la proprietà  del palazzetto è della Città  ma viene ceduto l'utilizzo ai Sonics in cambio di un pagamento) dal comune di Seattle alla franchigia. L'accordo, che scade nel 2010 è, a detta degli attuali proprietari e dello stesso David Stern, il peggiore della lega (i Sonics devono dividere quasi tutti gli incassi con il comune e l'anno scorso, secondo Bennett e soci, hanno perso 17 milioni di dollari esclusivamente a causa della KeyArena e il contratto di "leasing").

La presunta inadeguatezza della KeyArena, è la ragione per la quale Schultz ha deciso di vendere ed è la ragione per cui Bennett ha posto come condizione per rimanere a Seattle un rinnovo dell'attuale arena o la costruzione di un nuovo palazzetto da 500 milioni di dollari.

Perché Seattle non vuole pagare una nuova Arena?

Il consiglio comunale si è sempre rifiutato di finanziare una nuova casa per i Sonics. Le ragioni sono molteplici, a partire dal fatto che i contribuenti hanno già  partecipato nel nuovo stadio di Baseball dei Mariners e nel nuovo complesso per i Seattle Seahawks della NFL.

Il piano presentato dal gruppo di Bennett prevedeva di finanziare 300 dei circa 500 milioni di dollari per la nuova arena con soldi pubblici, una richiesta molto elevata considerando anche che la proposta fatta da Schultz prima di vendere ne richiedeva soltanto 200 ai contribuenti. Inoltre, con la nuova arena tutti i profitti sarebbero andati alla franchigia.

Per alcuni sindacati la cifra da pagare per i contribuenti rappresentava "il più grande spreco di soldi mai visto". C'erano tutti i presupposti per il fallimento, ma il più grande ostacolo era sicuramente la "Initiative 91".

La "I-91", come viene abbreviata in gergo, è una legge, approvata il 7 Novembre 2006 dal comune, secondo la quale viene proibito alla città  di Seattle di dare sussidi pubblici a squadre professioniste a meno che non riceva in cambio una "giusta ricompensa".

La definizione che la legge dà  di questa "giusta ricompensa" equivale all'interesse di un Buono del Tesoro Americano della durata di 30 anni (circa il 4,9% attualmente). La legge, comunque, non è applicabile al di fuori del comune di Seattle e quindi, permetteva di considerare Renton o Bellevue (sobborghi della città ) come possibili destinazioni per il nuovo palazzetto.

Dopo mesi di tentativi falliti Bennett ha cominciato il processo di spostamento della franchigia ad Oklahoma City, cercando di svincolarsi anche dagli ultimi due anni di contratto del "leasing".

La città  ha rifiutato qualsiasi offerta per rescindere l'accordo ed è attualmente in corso un processo presso il Tribunale Superiore della King County (regione di Seattle) per impedire ai Sonics di sfuggira al contratto e, così, perlomeno ritardare lo spostamente di altri due anni, nella speranza di trovare una soluzione alternativa nel frattempo.

Perché Bennett ha comprato?

La risposta a questa domanda potrebbe essere la chiave di tutta la controversia e del futuro dei Seattle Supersonics. Per molti lo scopo di Bennett è sempre stato quello di portare la franchigia nella sua città  natale, Oklahoma City, nonostante avesse dichiarato, il giorno della vendita, di non avere "alcuna intenzione di muovere la squadra". Anche Schultz, il proprietario uscente, aveva mostrato la sua fiducia nel nuovo compratore e aveva anche dichiarato di aver rifiutato offerte migliori perché Bennett si era impegnato a mantenere la franchigia a Seattle.

Questo impegno non era una semplice promessa, ma un vero e proprio obbligo contrattuale che il gruppo di Bennett prese nei confronti dei vecchi proprietari e della NBA, che chiese esplicitamente al gruppo di Oklahoma City di impegnarsi in buona fede, durante un anno (a partire dall'Ottobre 2006), a mantenere la franchigia a Seattle.

Tuttavia sono molte le persone che credono che Bennett abbia sempre, sin dall'inizio, avuto l'intenzione di portare via i Sonics dalla "Rainy City".

Una teoria rafforzata dalle controverse dichiarazioni di Aubrey McClendon, partner minoritario del gruppo di Bennett, che dichiarò, nell'agosto del 2007, che la franchigia non era stata comprata per "tenerla a Seattle ma per portarla ad Oklahoma City". Bennett si affrettò a precisare che le parole di McClendon non corrispondevano alla realtà  e che non stava parlando a nome del resto degli investitori. Il sospetto però era legittimo.

Oltre ai collegamenti del nuovo gruppo di proprietari con Oklahoma City e questa controversa dichiarazione, bisogna aggiungere anche le trattative, precedenti all'acquisto dei Sonics, che il gruppo aveva avuto con gli Hornets per l'acquisto della franchigia di New Orleans.

Bisogna ricordare che gli Hornets giocarono quasi un'intera stagione ad Oklahoma City dopo la tragedia del Katrina e che l'entusiasmo che suscitò la squadra nella città , fino ad allora vergine di NBA, fece iniziare tutte le speculazioni sulla possibilità  di avere una franchigia in pianta stabile ad OKC. Il proprietario degli Hornets non aveva intenzioni di vendere né di spostare la franchigia ed il gruppo di Bennett quindi rivolse il suo sguardo verso la franchigia di Seattle.

Si può dire che Bennett si sia impegnato in "buona fede" per mantenere i Sonics a Seattle?

Nel corso della causa tra la Città  di Seattle e il gruppo di Bennett sono state pubblicate alcune e-mail tra lo stesso Bennett e alcuni dei suoi co-investitori che porterebbero a pensare che la vera intenzione dei nuovi proprietari, sin dal primo momento, non era quella di mantenere i Sonics nella loro città  natale come invece si erano impegnati a fare.

Il nuovo gruppo di proprietari affermava in pubblico di non avere nessuna intenzione di andarsene da Seattle ma tra di loro si scambiavano e-mail che rivelano che, in realtà , le intenzione erano l'esatto opposto.

Già  nel 2006, appena dopo la vendita della squadra da parte di Schultz, Aubrey McLendon inviò una e-mail a Bennett e Tom Ward dall'eloquente titolo: "the OKLAHOMA CITY SONIC BOOM (or maybe SONIC BOOMERS!) baby!!!!!!!!!!".

Nell'Aprile 2007, quindi ancora durante l'anno in cui si erano impegnati a tentare di mantenere la franchigia a Seattle, Tom Ward scrisse la seguente mail a Clay Bennett: "C'è qualche modo per venire qua ad Oklahoma City la prossima stagione o siamo destinati [nella mail originale la parola utilizzata era più incisiva: "doomed"] a fare un'altra fallimentare stagione a Seattle?".

Bennett replicò dicendo che era "ossessionato" da quell'idea e che avrebbe fatto "tutto il possibile".
La risposta di Ward: "E' questo lo spirito! Sono pronto ad aiutare in ogni modo possibile per avere la NBA qua ad Oklahoma City il prossimo anno".

Inoltre, un'altra corrispondenza rivela che il gruppo era già  in trattative con la stessa Oklahoma City. Tim Romani chiese a Bennett il 5 giugno 2007 di chiamare il "City Manager" di OKC (una specie di sovrintendente all'amministrazione municipale) per informarlo che lo stesso Romani era un rappresentante del gruppo e che avrebbe cominciato "a negoziare i termini dell'accordo con la città ".

Bennett e soci non mentivano soltanto in pubblico, ma anche alla NBA ed a David Stern in persona. In uno scambio di e-mail tra il nuovo proprietario dei Sonics e il Commissioner, Bennet scriveva che "Aubrey McClendon ed io non abbiamo MAI discusso un possibile spostamento della franchigia da Seattle a OKC, né l'ho discusso con nessun altro membro del nostro gruppo".

Qual è il ruolo di David Stern?

Clay Bennett e David Stern sono amici sin dai tempi in cui il nuovo proprietario dei Sonics faceva parte della dirigenza degli Spurs. Qualche settimana fa è stato proprio il Commissioner della NBA a presentare Bennett nella cerimonia per la sua inclusione nella "Oklahoma City Hall of Fame".

L'amicizia che c'è tra loro è sempre stata un motivo di sospetto per tutti coloro che credono che i nuovi proprietari non avessero mai avuto l'intenzione di mantenere i Sonics a Seattle. Dopo la pubblicazione delle e-mail incriminate tra Bennett e i suoi soci, David Stern ha dichiarato di essere convinto che "Clay Bennett ha operato in buona fede per mantenere la franchigia a Seattle". Non è difficile dare del cieco a David Stern, anche se, come ben sappiamo tutti, non c'è peggior cieco di chi non vuole vedere.

È difficile spiegare anche come la NBA sia entusiasta di spostare una delle sue franchigie storiche da un grande mercato come Seattle ad una città  senza alcuna tradizione sportiva come Oklahoma City. Soltanto Mark Cuban, tra tutti i proprietari, ha mostrato pubblicamente il suo disappunto: "Io preferirei che restassero a Seattle. Preferirei vedere i Sonics in un grande mercato che è già  affermato come Seattle".

Stern però continua a non muovere un dito e anzi, ha pubblicamente appoggiato il tentativo di Bennett di liberarsi del contratto di "leasing" della KeyArena, arrivando addirittura ad incoraggiarlo.

Le ragioni di questa "connivenza" vanno oltre l'amicizia che c'è tra Bennett e Stern. La NBA non vuole togliere ai proprietari delle squadre il potere di farsi pagare nuovi palazzetti dai contribuenti attraverso le minacce di spostamento. E non c'è miglior modo di riaffermare questo potere che spostando una franchigia come i Sonics.

La città  di Seattle, nel corso del processo contro il gruppo di Bennett, ha richiesto una serie di documenti alla NBA tra cui dati economici di altre franchigie (come contratti di "leasing" di altre arene) per verificare l'attendibilità  degli argomenti di Bennett e soci che giustificano la loro volontà  di rescindere il contratto della KeyArena perché il palazzetto di Seattle, rinnovato nel '94, non è più "economicamente viabile". Ogni richiesta di rilascio di documenti è stata però negata dalla lega.

A che punto è ora la questione?

Come abbiamo detto, lo spostamento è stato approvato dalla "Board of Governors" e ora la battaglia si combatte in tribunale. Il 16 Giugno comincia il processo che determinerà  se i Sonics possono rescindere il contratto di "leasing" che finisce nel 2010 e, quindi, spostare la franchigia già  la prossima stagione.

Dopo la pubblicazione delle e-mail tra Bennett e i suoi soci, però, si è aperto un'altra strada per Seattle: Howard Schultz, il vecchio proprietario, ha fatto causa a Bennett chiedendo l'annullamento della vendita per mancato adempimento degli accordi contrattuali che obbligavano i nuovi proprietari ad impegnarsi a mantenere la società  a Seattle.

La causa di Schultz si basa sul fatto che l'impegno di mantenere la franchigia nella "Rainy City" era "decisivo" e "fondamentale" per accettare qualsiasi offerta di acquisto e che, alla luce delle e-mail pubblicate, il gruppo di Bennett ha acquistato i Sonics in modo "fraudolento". Oltre alla corrispondenza elettronica che abbiamo già  citato e la famosa dichiarazione pubblica di McClendon, la causa allega un'altra e-mail, spedita soltanto due giorni prima dell'effettivo acquisto dei Sonics, in cui Bennett dichiara ai propri soci di non essere preoccupato per la clausola contrattuale che li obbliga a tentare di mantenere la franchigia a Seattle perché "nel caso si raggiungesse un accordo con la città  per una nuova Arena possiamo sempre vendere la franchigia e avremmo comunque altre opzioni per Oklahoma City".

Inoltre, Richard Yarmuth, il legale di Schultz, sostiene nella denuncia che il gruppo di Bennett non ha assunto o dato supporto ad una "lobby" per fare pressioni alla città , non ha presentato il proprio piano in tempo per essere approvato né ha proposto un piano valido e non ha considerato altre opzioni per espandere la KeyArena.

Secondo Schultz e i suoi legali, quindi, ci sono prove schiaccianti che la vera intenzione di Bennett era avere una squadra nella sua città , Oklahoma City, e che se non l'avesse nascosto e se non avesse mentito, Schultz non gli avrebbe mai venduto i Sonics.

La causa di Schultz chiede al tribunale di dichiarare che la vendita è stata portata a termine per mezzo di una frode e che è quindi annullabile a richiesta dei venditori e che sia imposto un "constructive trust" che porterebbe ad una vendita della società , sotto la supervisione del giudice, ad un "onesto compratore che voglia mantenere la franchigia a Seattle".

C'è speranza per la città  di Seattle?

Con l'approvazione della Board of Governors l'unica speranza per Seattle sono le due cause in corso contro Bennett. La prima, quella della città , porterebbe soltanto ad allungare la permanenza dei Sonics fino al 2010, obbligando Bennett a rispettare il contratto di "leasing". La causa di Schultz, se andasse in porto, potrebbe fermare lo spostamento e salvare i Sonics, ma molti esperti si sono affrettati a definire questo finale "altamente improbabile". Anche il commissioner Stern ha dichiarato che "nonostante tutte le controversie legali, i Sonics alla fine andranno ad Oklahoma City".

Tuttavia, nessuno si azzarda ad escludere a priori una vittoria in tribunale di Schultz che ha sicuramente alcuni punti a suo favore. Inoltre, nel caso vincesse la causa, ci sono già  voci che danno il "CEO" della Microsoft Steve Ballmer come un potenziale compratore che farebbe di tutto per mantenere la franchigia nella sua città  natale.

La chiave sarà  convincere il giudice che Bennett e soci non hanno mai avuto intenzione di mantenere la franchigia a Seattle e che, se avessere rivelato le loro vere intenzioni a Schultz, non avrebbero potuto acquistare i Sonics. Secondo un avvocato di Seattle la causa "ha basi solide" e l'impegno di mantenere la squadra nella "Rainy City", incluso nel contratto ed in una lettera a parte spedita a Schultz, "era fondamentale per l'accordo".

Andrà  a finire come con Charlotte?

Quando gli Hornets sono stati spostati da Charlotte a New Orleans la NBA promise alle autorità  della città  del Louisiana che avrebbero avuto un'altra squadra molto presto. Due anni dopo nacquero i Bobcats. Potrebbe succedere lo stesso anche a Seattle?

Tutto sembra indicare di no. La città  sul Pacifico rimane un mercato appetibile per la NBA ma la lega vede una possibile espansione che potrebbe riportare una squadra nuova a Seattle (ed una seconda forse a Las vegas) come qualcosa di altamente improbabile.

L'opposizione della città  a finanziare una nuova arena non ha aiutato di certo la causa, come ci teneva a precisare David Stern nella conferenza stampa successiva al voto della Board of Governors: "Sto cercando in tutti i modi di lasciare una porta aperta per Seattle ma siamo arrivati a questa situazione a causa della politica di 'terra bruciata' che lo stato di Washington ha deciso di intraprendere, danneggiando la squadra e la lega. Per questo non siamo così ben disposti come lo eravamo con Charlotte".

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