Regalo in arrivo per Okur?
Ogni attacco della descrizione di una partita di questa serie sembra copiato dal precedente: gara combattuta, grandi difese, buona circolazione di palla, squadre ben organizzate, negli ultimi minuti prevale la squadra con più freddezza e voglia di vincere, normalmente i Jazz, stavolta per 86 ad 82.
Stavolta invece l'analisi è differente.
Innanzi tutto il break decisivo, quello su cui i Jazz hanno costruito una faticosissima vittoria, costruita sul sudore e sullo sputare sangue, è avvenuto nel secondo quarto ed all'inizio del terzo, un allungo fatto di tiri liberi che ha caricato i Rockets di falli.
Sotto di 16 punti, i texani hanno mostrato di che pasta sono fatti, hanno reagito e, punto dopo punto, sono tornati sotto, chiudendo il terzo quarto a meno cinque.
Poi, nel quarto finale, veramente il racconto è sorprendente. McGrady non avrà incantato, ha fatto girar palla per evitare i raddoppi, si è preso pochi tiri, ma qualcuno ne ha messo, semmai è criticabile per gli errori ai liberi.
E no, caro T-Mac, così non si fa, verrebbe da dire, guarda dall'altra parte la stella dei Jazz, Deron Williams, lui si che è un vincente (ed a dire il vero di solito lo è, al di la delle prese in giro!), a sette secondi dalla fine, sopra di due, ha due tiri liberi e sicuramente li metterà , chiudendo la partita.
Risultato: due ferri piegati, 0/2, sette secondi per i Rockets per tentare il sorpasso, ma la manona del turco Mehmet Okur svetta ad arpionare il pallone, agile movimento, fallo, due su due ai liberi e partita chiusa per davvero.
"A Mehmet devo regalare una macchina" – ha dichiarato Williams – "mi ha proprio salvato il …." – e suvvia, un po di fantasia sul termine, mica stiamo commentando il barrage del Piazza di Siena!
Veramente una partita da improbabili eroi, in cui i Rockets sono tenuti a galla da Landry, Alston e Battier, mentre i Jazz sfruttano l'ottima giornata di Okur, soprattutto, ma anche di Brewer, Korver, persino Kirilenko, autore fra l'altro di una stoppata memorabile, in una vittoria di squadra se ce n'è una.
"Mi stavano sempre addosso, l'hanno messa sul fisico, era il loro progetto di gioco" – ha detto McGrady – "ed io ho reagito facendo girar palla, anche se mi sono preso i miei tiri" – tutto giusto, Tracy, oggi colpe specifiche non ce ne sono, l'idea era giusta, hai sfiorato la tripla doppia, ma 9 su 25 non è una statistica di cui andar fieri e, soprattutto, il 50% ai liberi grida vendetta, per fortuna che Sloan ama il gioco classico, altrimenti avremmo rischiato l'Hack a T-Mac.
Ora si torna ad Houston, con una serie fortemente indirizzata verso una vittoria dei Jazz, ma in cui i Rockets sono tutt'altro che morti, ci credono ancora e lottano come ossessi.
"Questo gruppo non si arrende mai, bisogna tornare ad Houston e giocare nello stesso modo".
E come dargli torto?
Stiamo assistendo ad una delle serie più equilibrate degli ultimi anni, chi uscirà non avrà nulla di cui rimproverarsi, anche il tanto criticato T-Mac in tre dei quattro ultimi quarti giocati poteva far meglio, ma nel complesso non ha affatto demeritato.
Circolazione di palla, difese sempre più arcigne, comprimari con un carattere sconfinato, grande armonia in campo, veramente dispiace pensare che una di queste due squadre lasci i play off così presto, e dispiace che il cinesone Yao guardi le partite dall'infermeria.