Shaq ha modificato alcune dei meccanismi di gioco dei Suns. In meglio o in peggio?
Quando lo scorso 6 febbraio Steve Kerr e compagnia – in primis coach D'Antoni- han deciso di andare a prelevare dalla Florida meridionale il settimo di tonnellata bardato numero 32, gran parte del pianeta cestistico pensò di assistere alla versione Nba di un noto show il cui scopo principale era quello di giocare brutti scherzi ai vip - o… presunti tali- di turno.
Viceversa le intenzioni della dirigenza dell'Arizona eran tutt'altro che votate alla farsa.
La trade più avvincente dell'ultimo decennio è stata generata infatti da tre convinzioni ben precise:
A) Lo staff medico dei Suns – sicuramente il più affidabile della lega- era convintissimo di ringiovanire “il diesel” di 4- 5 anni (Grant Hill docet).
B) Shaq avrebbe trasformato Phoenix dalla peggior squadra a rimbalzo della lega ad una molto più che decorosa.
C) Lo spogliatoio – anche se mai pirotecnico come raccontato da presunti “insiders”- avrebbe sicuramente tratto nuova linfa ed energia dall'inesauribile vèrve del pivot più spiritoso della storia recente della lega.
Allo stesso tempo il popolo – sempre numeroso – degli scettici aveva individuato altrettante motivazioni per la quali sarebbe stato più auspicabile evitare che il figlio del sergente cambiasse improvvisamente dimora :
A) Shaq essendo vecchio ed in netto declino avrebbe snaturato – a detta dei più- i Suns, non meritando – per di più – il faraonico ingaggio di circa 20 milioni di dollari che percepisce ogni 365 giorni…
B) I presumibili miglioramenti a rimbalzo sarebbero stati controbilanciati da un netto peggioramento nella difesa sui giochi a due, dovuto sia alla dipartita di Marion sia alla ben nota riluttanza del centro nell'effettuare i famosi “aiuto e recupero” a 6- 7 metri da canestro.
C) La sua mole e l'inesistente pericolosità in post- alto avrebbe – inoltre- rovinato l'ottima “spaziatura” del campo di Phoenix, proprio quello che all'unanimità era considerato il fiore all'occhiello del binomio Nash- D'Antoni.
Bene… ora che è trascorso un mese circa dall'esordio del primo vero pivot nell'era “D'Antoniana” riteniamo opportuno andare a verificare la situazione, chi è interessato ci segua…
La prima fase del “progetto O'Neal” parte dall'esordio del 20 febbraio contro i Lakers ed è andata ad estinguersi dopo la disfatta contro i Sixers del primo Marzo.
La seconda va dalla gara di Portland del 4 Marzo ai giorni nostri…
Fin dagli albori dell'avventura tra i canyons dell'Arizona son state evidenti tre situazioni:
A) I Suns riescono a correre anche con Shaq – 18 punti in transizione di media a serata contro i 17 del “vecchio” team- anzi, non di rado è lo stesso frugolone di 2.17 a materializzarsi nella metà campo altrui nei celeberrimi “seven seconds or less”…
B) Il team è realmente migliorato a rimbalzo – specie in difesa- tant'è che nelle 19 uscite con il nuovo arrivato ben… 14 volte la concorrenza è stata sbaragliata in questo specifico settore.
C) Le condizioni fisiche del “tetra- campeon” Nba son decisamente migliori rispetto alle più rosee aspettative.
Come – presumibilmente- saprete il bilancio di questa prima fase è stato piuttosto magro (2- 4) specie a causa della pessima prestazione nel matinè contro Detroit: “Avevo dormito troppo la notte precedente” dichiaro' “il nostro” a fine gara…- e della inaspettata resa contro “quelli del '76” che tuttavia hanno decisamente ben impressionando nell'ultimo mese: 16- 6 il loro record negli ultimi trenta giorni.
Il particolare tecnico più interessante delle prime esperienze in arancione è stato sicuramente rappresentato dal coraggioso tentativo di utilizzare attivamente il “Cactus gigante” anche in post- alto: “Sappiamo che nessuno l'ha mai coinvolto con frequenza in tale situazione – riferisce l'ex coach trevigiano – ma vogliamo esplorare anche questa possibilità ” .
Il tecnico chiedeva al tre volte Mvp delle Finali – dal 2000 al 2002- di sistemarsi anche a sei metri da canestro e di effettuare dei “passaggi consegnati” ai compagni che “salivano” verso il perimetro – specie Bell e Barbosa – o di sfruttare quella posizione per innescare eventuali taglianti in “back- door”.
Tale espediente – pur alquanto interessante- è stato accantonato dopo lo scivolone contro Phila, quando un D'Antoni piuttosto furente rilasciò seguenti dichiarazioni: “Da quando c'è Shaq siamo 2- 4, la colpa non è sua però ma della nostra scarsa voglia di sporcarci le mani.”
Il dopo partita fu decisamente meno agitato… qualche sera dopo quando grazie ad un primo tempo difensivo ai limiti della perfezione Phoenix riuscì ad espugnare l'arcigno Rose Garden di Portland.
Proprio in occasione del viaggio in Oregon s'aprì la fase B di questa affascinante avventura, quella del ritrovato ottimismo dalle parti dell'”Us Airways center”.
Ottimismo giustificato?
Diremmo propio di si, sia perchè la forma fisica del “Big Aristotle” è in continua ascesa – ed i meriti del “Phoenix Lab” son piuttosto evidenti- sià perchè l'affiatamento con i compagni è – come era lecito attendersi- cresciuto ogni sera di più, al punto da assistere spesso a degli “Out- let passes” di uno Shaq versione “Grande Maravich”…
Non bisogna trascurare – inoltre- il fatto che dopo aver ritrovato “la gamba buona” il neo trenta- seienne abbia ripreso a tirare dal campo con il consueto 60%.
La grande sorpresa è semmai destata dal grande impegno profuso dal protagonista di questa storia nella difesa sui giochi a due.
Nonostante questa sia sempre stata considerata il vero e propio tallone d'Achille, Shaq ha smentito i critici portando con gran frequenza aiuti di ottima fattura sul palleggiatore – a volte addirittura “cambiando” sullo stesso- evitando così il tracollo paventato dalle “cassandre” di turno per tali situazioni.
Naturalmente è noto come nella difesa sui giochi a due – che ormai rappresentano il 70% di gran parte degli attacchi Nba- sia particolarmente influente l'apporto del “terzo uomo”, ossia di colui il quale ha il compito di “cambiare” sul giocatore marcato da O'neal (quando quest'ultimo decide di “aiutare” sul palleggiatore).
In poche parole, è necessario che anche il signor Stat si dia da fare per evitare che gli sforzi del suo idolo di gioventù risultino vani.
Per il momento così è stato, tant'è che nelle ultime dieci uscite i Suns han concesso il 43.8% dal campo ai propri avversari, ridicolizzando le solite litanie del tipo: “The Suns..? They don't play any defense…” intonate ogni giovedì sera da “Charlatan Barkley” ai microfoni della TNT.
Non a caso da quando è avvenuto questo miglioramento nel reparto arretrato “quelli del deserto” hanno spesso assaporato – 8- 2 nelle ultime dieci uscite- il piacevole gusto della vittoria nel buffet del dopo- gara…
Quanto al reparto offensivo, l'ambigua prestazione di Seattle – 71% di squadra da 3 ma anche…27 palle gettate alle ortiche – ha evidenziato come la spaziatura del campo non sempre sia ai livelli del passato.
Ciò detto, è comunque palese come nelle ultime due settimane il pivot sia stato decisamente più tempestivo nel prender posizione in post- basso e riaprire verso gli esterni in modo da limitare un pericoloso congestionamento del pitturato.
Gli sforzi dell'ex Orlando son stati anche agevolati dalla scelta di evitare di lasciarlo sul parquet – per più di venti minuti a sera- in tandem con il suo pupillo Stat.
Riassumendo …la presenza di un vero centro non impedisce ai Suns di continuare a giocare la c.d. “Small ball” per circa trenta minuti ad intrattenimento…
Non ce ne vogliano poi i numerosi estimatori di colui che è già stato definito “The next” da uno Shaq versione “Maestro Miyagy”…. ma ci pare evidente come Phoenix giochi la miglior pallacanestro quando in campo ci sono: tre esterni, il “grande cactus” e…Diaw.
Perchè?
Perchè il transalpino difende meglio di Amarè e grazie alla maggior gittata del propio tiro “allarga” il campo in maniera più appropriata.
Inoltre visto il suo straordinario altruismo e i polpastrelli fatati – l'amicone di Turiaf- è in grado di fungere senza troppi problemi da playmaker aggiunto.
Ad un mese circa dal periodo più caldo della stagione, gli scenari “apocalittici” dipinti con eccessiva premura da numerosi “esperti” sono stati decisamente accantonati – tuttavia- come lo stesso O'Neal ha evidenziato, questa trade verrà considerata fruttuosa solo in caso di conquista dell'agognato titolo Nba.
A nostro avviso i veri favoriti dell'Ovest rimangono quelli dello Staples, senza contare che chi uscira' da Oriente – quasi sicuramente Boston- arriverà all'ultimo atto con energie psico- fisiche decisamente superiori rispetto a quelle della concorrenza “Occidentale”.
Ciò nonostante una cosa è certa: Shaq ha dimostrato di esser tutt'altro che un ex giocatore ed il Gm Kerr – in attesa di diventare un… genio- ha decisamente scongiurato il pericolo di finire dietro la lavagna con il copricapo da ciuchino…
E Mike D'Antoni?
Come al solito è il primo ad esser convinto di aver a disposizione il miglior roster della lega, ora più che mai…