Eastern: la volata Playoff

I Celtics di Garnett sono tranquilli in vista dei Playoffs…

Quando tutte le squadre hanno giocato almeno settanta partite di stagione regolare e il traguardo dei playoffs NBA è ormai in vista, giunge il momento di fare qualche conto in tasca alle aspiranti reginette che sperano di partecipare al "Gran Ballo" , come lo definirebbe il celebre anchorman Dick Vitale, che così è solito descrivere la cerimonia, perché proprio di questo si tratta, della Final Four NCAA.

Valutare le possibilità  di ciascuna squadra di far strada nei playoffs e non sarebbe male analizzare brevemente anche la stagione fallimentare delle escluse o probabili tali, visto che a fronte di un'annata negativa, cause anche molto diverse la possono determinare

Se ad Ovest la situazione è abbastanza complessa, perché tranne poche squadre ormai fuori dal giro playoffs, molte altre lottano ancora per il titolo di Conference, nella Eastern invece, se i giochi sembrano quasi fatti per il titolo di conference (Boston o Detroit) e per le posizioni di rincalzo (Orlando e Cleveland) dal quinto al settimo posto tre squadre lottano e potrebbero cambiare l'ordine di arrivo all'interno di questi tre posti : Washington, Philadelphia e Toronto.

Per l'ottavo posto ci sono due squadre, Atlanta e New Jersey, con Indiana e Chicago attardate ma non ancora escluse. Per il resto delusioni a volontà  e ricostruzioni in vista.
Vediamo ora nel dettaglio la situazione e le prospettive playoffs di ciascuna contendente.

LE PRIME OTTO

1) Boston Celtics (56-15) : primo posto quasi in tasca per la squadra più migliorata della stagione, anche grazie ad un maquillage estivo che si è poi perfezionato con i nuovi arrivi PJ Brown, centro intimidatore e difensore d'esperienza, e Sam Cassell, play di personalità  se ce n'è uno, che unisce una grande esperienza ad un tiro discreto e parecchi punti nelle mani, ma che ha nella difesa il suo punto debole.

I giovani Rondo, Tony Allen,Perkins, Davis e Powe sono maturati e sembrano in grado di tenere il campo, chi più (Rondo ), chi meno (gli altri), anche nei playoffs. I veterani House e Posey e le stelle Pierce, Ray Allen e Garnett sembrano essersi fusi in un unico blocco solido e determinato a raggiungere l'obiettivo finale, cioè l'Anello da riportare a Boston dopo 22 anni di assenza .

Intanto il raggiungimento del primo sotto obiettivo, la leadership della Conference, pare essere comodamente alla portata, anche in virtù di un calendario che mette di fronte ai Celtics quasi sempre squadre che hanno ormai dato l'addio ai playoffs, fatte salve le prossime due gare casalinghe con Phoenix e New Orleans.Ma 6 vittorie di vantaggio su Detroit possono essere ampiamente difese in quest'ultimo scorcio di regular season.

Inutile dire che per la completezza del gruppo, l'esperienza e le indubbie qualità  delle sue stelle e del complesso, Boston è la più accreditata contender al titolo di Conference, anche se la strada per raggiungerlo non sarà  né breve né facile.

2) Detroit Pistons (50-21) : squadra in salute, solida, d'esperienza. A livello di quintetto forse la più forte della Eastern Conference, ma le seconde linee pagano ancora qualcosina ai livelli più elevati, contribuendo comunque a fare di Detroit una squadra completa e la più seria contendente al titolo di Conference assieme a Boston che però, con tutta probabilità , avrà  il vantaggio campo nello scontro diretto in quanto il suo primato in regular season non sembra raggiungibile, anche se il calendario delle due squadre è più o meno simile ; come Boston, probabilmente perderà  qualche gara di più, anche per la necessità  di prepararsi mentalmente e fisicamente ai Playoffs. D'altro canto, il secondo posto dei Pistons difficilmente verrà  tolto loro, indipendentemente da un calendario che li mette di fronte per ben due volte ai Cavaliers.

3) Orlando Magic (46-27) : una delle piacevoli sorprese della stagione, squadra solida che ha in Dwight Howard il lungo forse più dominante dal punto di vista fisico dell'intera lega. Peccato che non si possa dire altrettanto tecnicamente ma il ragazzo è giovane e probabilmente si farà . Però attorno a lui giocatori come Turkoglu, Rashard Lewis e Jameer Nelson hanno formato una squadra compatta, che diverte e si diverte a giocare assieme. Il calendario non è generoso (affronterà  tra le altre San Antonio, New Orleans e Washington in casa e renderà  visita a Cleveland ed Atlanta) ma il vantaggio di sei vittorie sul quarto posto sembra rassicurante.

4) Cleveland Cavaliers (40-32) : squadra costruita dichiaratamente intorno alla stella Lebron James, finalista lo scorso anno, sembra difficile che riesca a ripetersi in questa stagione, dove però è maturato l'astro nascente Gibson e la squadra ha trovato i muscoli e i rimbalzi che necessitava dall'arrivo di Ben Wallace, peraltro l'ombra del giocatore devastante che era al tempo dei Pistons.

Troppo legata alle prestazioni peraltro spesso ottime di Lebron, nei playoffs rischia di pagare oltremodo questo limite, ma comunque non è difficile considerarla una contender più che credibile per la finale di Conference, anche se un calendario decisamente ostico potrebbe farli scivolare più in basso, col rischio di dover giocare fin da subito troppe gare fuori dalle mura amiche.

5) Washington Wizards 37-34) : squadra che per tutta la stagione ha saputo fare a meno della sua stella Arenas, infortunato gravemente ma prossimo al ritorno, trovando nuovi equilibri e nuove soluzioni nel contesto di un attacco tra i più puliti e ordinati della lega, oltre che prolifico. Purtroppo il calendario davvero proibitivo (viaggio a ovest con Lakers e Utah tra i tanti, più Boston, Detroit e Orlando) non li aiuta e se Arenas non riuscisse a recuperare sarebbero dolori nei playoffs, che dovrebbe comunque raggiungere anche se difficilmente sopra il quinto posto ma molto più facilmente sotto. Inutile dire che invece il completo recupero di Agent Zero e il suo reinserimento in squadra a cui al momento si sta lavorando potrebbe drasticamente cambiare prospettive ed ambizioni della franchigia della Capitale.

6) Philadelphia Sixers (37-35) : sorpresina della stagione ad est perché nessuno avrebbe scommesso un centesimo che, dopo il terremoto che ha portato AI a Denver (a proposito, pare che neppure quest'anno facciano i playoffs in Colorado…), Webber a Golden State e Korver ad Utah, questa squadra sarebbe stata in grado di fare i playoffs. Invece grazie ai nuovi equilibri raggiunti in spogliatoio ed un buon gioco di squadra, oltre alla senz'altro buona stagione di quasi tutti gli effettivi, i Sixers sono in corsa per raggiungere quest'obiettivo, avendo dalla loro la serenità  che se non dovesse essere centrato nessuno griderebbe allo scandalo.

Il calendario difficile ma non proibitivo e l'entusiasmo potrebbero giocare a favore della franchigia della Pennsylvania. La conquista dei playoffs sarebbe comunque la ciliegina sulla torta di una ricostruzione intelligente in cui i giovani e i veterani si sono fusi divenendo squadra in un tempo più breve di quello fissato. Chiaro che da qui a poter lottare con buone possibilità  di successo nei playoffs ce ne corre… .

7) Toronto Raptors (36-35) : nel vocabolario NBA alla voce “delusione” ti indicano di sicuro i Raptors 20007-08, dal gioco europeo e targati (purtroppo) Colangelo-Gherardini. Partita con obiettivi ben più consistenti, si trova ora con il misero pareggio tra vittorie e sconfitte, galleggiando a stento nei bassifondi della Eastern, avendo appena perso il secondo posto nella Atlantic Division a favore della Città  dell'Amore Fraterno.

Al di là  del calendario, non più di tanto ostile, con sette gare da giocare al Canada Center delle restanti undici, a Toronto pare mancare la personalità  e l'esperienza che ti permettono di vincere certe partite e ti condannano a perderne certe altre. I canadesi sembrano destinati a raggiungere dalla quinta alla settima posizione assoluta a est, perchè difficilmente verranno superati da chi li segue a cinque o più vittorie di distanza e però con altrettanta difficoltà  riusciranno a superare chi la precede seppur di poco. In ottica playoffs Toronto non pare attrezzata per scalzare squadre come Boston o Detroit, ma neppure Orlando, Cleveland e financo Washington al completo e pertanto non sembra destinata a percorrere fino in fondo la strada che conduce al titolo di Conference, né tantomeno andare più oltre, ma certo, la palla è tonda… .

8) Atlanta Hawks (31-40) : squadra giovane, talentuosa e di prospettiva, da molti tacciata come eterna incompiuta, paga di certo la sua cronica incapacità  di dimostrarsi concreta e portare a casa la partita dopo aver condotto e magari dato spettacolo per buona parte dell'incontro. Così il record è di nove partite sotto la parità  e in queste ultime tredici gare, caratterizzate da molti scontri diretti ma poche trasferte a ovest e soprattutto pochi scontri con le big e quindi molte probabilità  di portare a casa almeno la metà  delle gare, c'è da aspettarsi di tutto.

Certo non pare definibile come una contender accreditata al titolo di Conference e perché lo diventi di strada deve percorrerne tantissima, a cominciare da questa estate, quando i vertici della franchigia georgiana dovranno decidere se smobilitare una volta di più tutto questa messe di talento, oppure rinforzare la squadra a dovere". In entrambi questi casi, un mancato accesso ai Playoffs potrebbe non essere salutato con sfavore, perché permetterebbe scelte più competitive al Draft ed eviterebbe soprattutto al momento figure meschine tipo esclusione con immancabile sweep al primo turno.

DI RINCORSA

Di sicuro i New Jersey Nets (31-41) sembrano gli unici in grado di lottare fino in fondo con Atlanta per l'ottavo posto utile a raggiungere i Playoffs, in virtù di un organico che dopo la perdita di Kidd, tornato alla corte di Mark Cuban in quel di Dallas, rimane comunque competitivo con le due stelle [b+Jefferson e Carter assoluti protagonisti, affiancati dal talentuoso Devin Harris da Dallas e con Krstic a lottare sotto le plance. Il calendario propone ai Nets alcuni scontri difficili con squadre di vertice, parecchi scontri diretti e solo pochissime partite abbordabili sulla carta, così sarà  battaglia fin in fondo per l'ultimo passaporto per il paradiso delle big.

Gli Indiana Pacers (29-43), i Chicago Bulls (28-43), i Charlotte Bobcats (26-45) e i Milwaukee Bucks (24-45) sembrano avere speranze solo matematiche, destinate a spegnersi partita dopo partita e peraltro già  ridotte al lumicino, specialmente per le ultime due. Però considerato che la Eastern Conference, a parte le prime tre o quattro della classe, è composta da squadre mediamente meno forti rispetto alle pari classifica della Western, non si può escludere che una striscia negativa improvvisa metta fuori gioco Atlanta o una delle inseguitrici a vantaggio di chi ora è di rincalzo (Nets) o è quasi spacciato (Indiana e Chicago su tutte).

A Indianapolis tutto era chiaro fin da principio, come lo stesso [b+Larry Bird, divenuto plenipotenziario dopo che Donnie Walsh ha rassegnato le proprie dimissioni nei giorni scorsi, aveva sottolineato: la squadra era un cantiere e si sarebbe dichiaratamente lavorato per il futuro, cercando di assemblare un gruppo di ragazzi nei quali in Indiana si crede fortemente, dando loro il tempo di crescere e maturare. In quest'ottica il non raggiungimento dell'obiettivo playoffs (che forse non era neppure un obiettivo reale della franchigia) ci sta tutto e prelude ad un'altra estate calda di scelte, di scambi e di trattative coi free agents disponibili.

Ma sempre in quest'ottica stupisce la mancata partenza di un giocatore come Jermaine O'Neal, appartenente a quel nucleo che aveva fatto di Indiana la grande incompiuta degli ultimi anni, sempre ai playoffs, sempre eliminata. Reduce da ripetuti infortuni alla spalla ormai malandata, il giocatore aveva manifestato la volontà  di spendere le ultime energie nel raggiungimento di una vittoria altrove, ma Bird lo ha trattenuto in un gruppo a cui lui non ha mai sentito di appartenere, anche per una mera questione di età , essendo lui decisamente più anziano di tutti gli altri e con poche energie da spendere ancora. Il mistero rimane fitto ma la sensazione che in estate qualcosa accadrà  anche in questo senso è quanto mai forte.

Chicago è una squadra che ha fallito l'ennesimo tentativo di tornare ai fasti dell'epoca di MJ e dopo il fallimento dell'operazione che ha portato Ben Wallace nella "Windy City" lo scorso anno , dove a fronte di un contratto discretamente ricco il suo rendimento è stato alquanto povero e lacunoso, quasi mai in grado di fare quella differenza sotto le plance che ci si aspettava da lui, anche il front office della franchigia, nell'impossibilità  di convincere Kobe o un altro big a spostarsi a meno di veder partire in cambio mezza squadra, sembra essersi orientata all'ennesima ricostruzione e probabilmente il mancato accesso ai playoffs è benvenuto perché sancisce il fallimento di un progetto ma toglie parecchia pressione all'ambiente, permettendo inoltre l'acquisizione di un pick alto che verrà  utile al Draft.

Anche Charlotte era chiamata a qualcosa di più di quanto ottenuto, tipo il raggiungimento dei playoffs, ma la squadra non è stata all'altezza delle attese, segno che qualcosa in North Carolina va ancora messa a punto. Si tratta però di un gruppo giovane che potrà  far meglio nei prossimi anni, anche se la tentazione di scioglierlo per ricostruire qualcosa di più competitivo potrebbe prendere i dirigenti della franchigia, però va detto che in fase di scambio non sono tantissime le pedine appetibili dalle altre squadre e così una politica di consolidamento del nucleo attuale sarà  probabilmente percorsa in estate .

LE ESCLUSE

New York Knicks (20-51) : ormai analizzare e criticare le scelte in seno alla franchigia newyorkese è come sparare sulla Croce Rossa. Dopo anni trascorsi a far da general manager e cogliere fior da fiore tutti i giocatori più improbabili ed inutili nel costituire una squadra vincente, Isiah Thomas è stato quest'anno praticamente costretto dalla proprietà  a farsi carico dei suoi errori allenandoli dopo averli pagati a peso d'oro ; anche perché un altro pazzo disposto a prendersene carico difficilmente lo si sarebbe scovato.

E dopo aver fallito anche come allenatore (e qui le colpe sono relative perché di fatto è difficile allenare un gruppo inallenabile, peccato che tale gruppo lo abbia assemblato lui, particolare non di secondo piano…), Thomas sembra destinato a concludere la propria esperienza nella Grande Mela, lasciando il posto di general manager a mani più esperte e sapienti (lo stesso Donnie Walsh? O forse Brian Colangelo, che a Toronto sta vivendo momenti parecchio difficili e potrebbe decidersi a lasciare il Canada? O forse un nome a sorpresa ? Come al solito, sarà  il tempo a dirci chi ,cosa e soprattutto come.

Miami Heat (13-58) : alzi la mano chi in preseason si sarebbe aspettato un crollo verticale da coloro che due anni fa si erano infilati al dito il prezioso Anello di campioni NBA. Pure lo scorso anno la stagione non era stata felicissima e quest'estate Posey era partito per cercare fortuna a Boston e Walker era stato inviato nel purgatorio di Minneapolis in cambio di Ricky Davis e gioventù varia, mentre il super tiratore Jason Kapono (che se si fosse chiamato Kaponovic avrebbe goduto di un minimo di considerazione in più al momento delle scelte, parere suo personale che anche noi condividiamo)però l'asse Flash-The Diesel resisteva, nonostante gli infortuni patiti dal primo e gli acciacchi che affliggevano il secondo e un record tanto misero non era preventivabile, ma…

E si, c'è un ma… : ma che senso ha portare fino in fondo un gruppo ormai anziano e logoro, che difficilmente ti farà  vincere ancora, inseguendo dei playoffs che forse raggiungi e forse no, dopo i quali ti prendi due schiaffi e finisci la stagione comunque ? Del resto il funambolico Jason Williamssta iniziando a calare vistosamente, il leader Wade, èeraltro giovane, passa più tempo in infermeria che in campo e Shaq, lontano dall'essere quello di un tempo, lo devi però pagare come quando dominava in lungo e in largo. Che senso ha quindi continuare ad arrampicarsi su specchi sempre più scivolosi? La risposta è facile. Nessun senso.

Così il management di Miami ha avuto il coraggio e la capacità  di fare quello che molti esitano a fare, illudendosi che chissà  quale scatto d'orgoglio possa riportare in vita squadre ormai morte e sepolte.

Appena è balenata l'opportunità  di disfarsi di Shaq e più di lui del suo contrattone, Pat Riley ha colto al volo l'opportunità  di mandarlo a Phoenix, ricevendo in cambio un giocatore come Shawn Marion che difficilmente, vista l'età , rimarrà  a Miami, ma nel caso rimanesse sarebbe sempre una pedina di primo piano che assieme a un finalmente recuperato Wade, una scelta intelligente e di gran qualità  al Draft e magari Udonis Haslem, potrebbe costituire un nuovo nucleo da cui ripartire.

Ecco quindi spiegato il crollo di Miami che, se lo si guarda in chiave medica, da più l'idea di un coma farmacologico indotto allo scopo di rigenerare un organismo in difficoltà  che quella di una inesorabile e lenta consunzione causata da un tumore all'ultimo stadio.

Del resto qualcuno ha detto che la medicina amara è quella che cura meglio… o no?

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