Focus: Caron Butler

La strada è stata lunga, ma alla fine Caron Butler è riuscito ad affermarsi come una superstar NBA

"Vi dico oggi, fratelli miei, non perdiamoci nella valle della disperazione. E anche se affrontiamo le difficoltà  di oggi e di domani, io ho ancora un sogno. È un sogno profondamente radicato nel Sogno Americano"

Con queste parole un "sognatore" di libertà  come Martin Luther King descriveva quella speranza che grazie al duro lavoro, la determinazione dell'animo umano e il coraggio porti a migliorare il proprio stile di vita e la propria situazione economica. L'American Dream viaggiava sulle navi degli emigranti da tutto il mondo e con gli emigranti provenienti da quei paesi nei quali affogavano nelle difficoltà  quotidiane centinaia di migliaia di persone.

Dopo essere stati identificati a Ellis Island,ed aver spesso cambiato cognome a causa dell'imprecisione degli addetti statali tutti questi affamati di speranza si dirigevano nelle località  più varie del grande Paese nordamericano.

E' ben noto come però non tutti ce l'abbiano fatta, come il Sogno Americano, e lo dice la parola stessa, molto spesso sia rimasto come una stella nel cielo, lontana anni luce da noi.

E spesso l'America sa essere aggressiva con chi guarda quella stella da lontano, spesso feroce con chi non osa nemmeno sognare. E se sei nato nel South Side di Racine, Wisconsin, e l'unica persona a prendersi cura di te è una madre che fa 2 lavori settimanali per tirare avanti, i sogni non sono proprio la prima cosa a cui pensi.

Però questa è una storia che fa sognare, nonostante le premesse, questa è la storia di James Caron Butler.

15 anni e 15 volte in galera

Tutto comincia a Racine,Wisconsin, una cittadina dolcemente posata sul lago Michigan circa 30 miglia a sud di Milwaukee.

Le guide turistiche la descrivono come un'anonima cittadina industriale segnalando solo 2 edifici "made by Frank Lloyd Wright" e un turistico porticciolo posto alla foce del fiume Root.
È probabile però che il piccolo Caron non avesse in testa l'architettura o di andare a farsi un giro in barca durante la sua infanzia, passata nella parte sud della città , in un quartiere pieno di case fatiscenti ed edifici in rovina.

Questa cittadina offre però un adeguato spaccato della realtà  americana di oggi, in quanto a soli sei isolati a nord dal disastrato quartiere di Caron c'erano ville milionarie (e da milionari) affacciate sulle rive del lago.

La porta dell'inferno della vita di Caron è per Hamilton Park, minusocolo spazio verde vicino a casa. I vari Caronte della situazione erano dei piccoli spacciatori locali che gravitavano intorno al parco e davano crack da spacciare a 11 anni, tra cui Butler e i suoi amici.

Vedevamo questi spacciatori arrivare con le loro macchine lucenti. E noi non avevamo niente. È questo che ci ha guidati da loro"

A parlare è Greg West,un grande amico di Caron, come lui finito nel giro sbagliato all'età  sbagliata.

Il primo affare il nostro lo fece a 11 anni, vendendo crack per 38 $.
Funzionava così: ogni mattina alle 3.30 riceveva un giornale con dentro la roba, quindi si fiondava all'angolo tra 2 strade a vendere tutto prima dell'alba. E riguardo alla sua situazione pensava:
"Puoi prendere un ragazzo qualsiasi, va a scuola 8 ore ma non vede effetti immediati. Qui puoi stare a vendere 4 o 5 ore e fai su 1500 $".

Ora si capisce la disperazione della madre Mattie Paden, che tornando a casa dopo infinite ore di lavoro doveva disperatamente chiamare il piccolo Caron per strapparlo allo spaccio e ai giri loschi, spesso non riuscendoci. Infatti il giorno del suo 15esimo compleanno Butler aveva già  visitato il carcere giovanile per ben 15 volte.

Risalita dall'inferno

Butler si iscrisse alla locale Racine High School, dimenticando però ad Hamilton Park il cervello. Diede il permesso ad un amico di lasciare nel suo armadietto droghe e armi varie, errore che la polizia non gli perdonò entrando in classe ed arrestandolo assieme a 4 amici davanti a tutti.

Nell'armadietto gli agenti trovarono droga, una pistola calibro .32 scarica e 1200 $ in contanti, che come sappiamo non erano di Caron. Lui però si rifiutò sempre di fare la spia, ritenendolo un atto da "non uomo", e il giudice non poté che condannarlo a 18 mesi di reclusione da trascorrere al Racine Correctional Institution.

Dopo 2 soli mesi venne trasferito all'Ethan Allen School for Boys, un carcere per giovani condannati per omicidio, rapina o spaccio.
Durante il trasferimento da un carcere all'altro, lungo 57 miglia, la madre seguì in macchina la prigione mobile, piangendo per tutto il viaggio.

Questi i suoi ricordi in quei terribili momenti: "E' sempre stato con me sin dalla nascita, è devastante vedere il tuo ragazzo portato via così. Stavo diventando pazza dal dolore"

Anche Caron pianse dal pullman vedendo la madre soffrire in macchina, e un'ulteriore colpo al morale della "famiglia" arrivò poco dopo con la condanna a 10 mesi dello zio Carlos Butler, possessore sbagliato di una pistola sbagliata.

Purtroppo la discesa all'inferno non era finita, e durante il primo mese all'Ethan Allen Caron ebbe screzi con membri di gang rivali. Il direttore del carcere decise di punire Caron in una maniera che non si sarebbe dimenticato mai. Due settimane in isolamento, passare 23 ore al giorno in una cella da 2 metri per 3, con un letto d'acciaio e un materasso alto 5 centimetri. Il cibo gli veniva passato da una fessura nella porta e aveva solo un'ora d'aria.

E' qui che la vita di Caron cambiò, egli decise che non si sarebbe mai più voluto trovare in una situazione del genere. Sono diverse le storie (anche sportive) di persone che sono riuscite a rialzare le ginocchia dal fango nel quale si trovavano. Forse solo ora si capisce quanto sia stato difficile farlo per un ragazzo che al giorno d'oggi è miliardario, ma fino ai 16 anni ha passato più tempo in galera che fuori, sbagliando tutto ciò che si poteva sbagliare.

Incominciò leggendo la Bibbia speditagli dalla nonna, essendo attratto principalmente da un verso che recitava: "Quando ero un bambino parlavo, capivo e pensavo come tale; ma ora sono diventato un uomo, e metto via queste cose puerili"

La successiva illuminazione gli venne guardato attraverso le sbarre di ferro dell'unica stretta finestra della sua gabbia: vide un campo da basketball.

Dio ti mette davanti le cose per un motivo. Quello era il mio biglietto d'uscita

Questa la sua interpretazione della "visione", di lì l'inizio di una passione mai considerata prima, di lì la presa di coscienza che il braccio armato della speranza sarebbe potuto essere la pallacanestro.

Un ragazzo nuovo. Forse.

Nell'agosto 1996, trascorsi i 18 mesi di reclusione uscì dal carcere un uomo nuovo, diverso dal ragazzino che era entrato. Caron promise a sua madre che non l'avrebbe mai più ferita, e si mise a cercare una ragazza per costruire una famiglia, volendo chiudere un'altra porta con il passato e con un padre mai visto ne conosciuto: "Una delle principali cose che voglio fare nella vita è essere un buon padre, perché io non l'ho mai avuto e so quanto questo vuoto mi faccia male".

La signora Mattie Paden decise però di trasferirsi verso la zona centrale della città , per allontanarsi da tutti i problemi che hanno devastato la vita del suo ragazzo. Solo 8 giorni dopo il trasferimento Caron ebbe un altro segnale divino di quanto fosse sbagliata la sua precedente vita: un suo amico d'infanzia lo raggiunse a casa, chiedendogli se volesse tornare con lui ad Hamilton Park. Anche a causa delle cavigliere elettroniche della polizia Caron rifiutò, scoprendo circa 2 ore dopo dall'invito che il suo amico Andre King era stato ucciso a colpi di pistola. E altrettanto successe ad un altro suo compagno d'infanzia nel 1998, sempre nello stesso maledetto Hamilton Park.

Il neo-redento Butler intanto continuava la sua avventura all'high school, iniziando a scoprire di vivere dentro una corpo simile ad una macchina da pallacanestro, e si trovò un lavoretto da Burger King. Fu piuttosto dura per lui lavorare lì perché era preso in giro dai suoi amici e messo in difficoltà  dal suo "street spirit", ma era un modo per scappare dal passato, lo stesso pericoloso passato che un giorno del 1997 tornò a bussare alla sua porta in maniera indelebile.

Anzi, più che a bussare a sfondare la porta, così come fece la polizia guidata dall'agente Richard Geller, trovando Butler a letto in attesa di riprendersi dall'influenza, ma soprattutto 15 grammi di cocaina nel garage. Ma come? Ancora?

Geller sapeva del turbolento passato ma non del possibile radioso futuro da giocatore di basket, mentre davanti a lui lo sguardo di Caron affogava nella paura; continuava a sostenere di non sapere nulla di quella droga, che lui ormai aveva trovato la sua strada, che aveva chiuso con il passato. A livello legislativo Geller avrebbe potuto arrestarlo per "possesso costruttivo", in quanto chi viene trovato in casa con della droga è responsabile della stessa. Se così fosse stato l'unico basket giocato
da Butler sarebbe stato quello nel playground del carcere per almeno 10 anni.

I secondi non passavano mai, la situazione si fece ancora più drammatica con l'arrivo della madre, la quale chiese in ginocchio all'agente di credere a suo figlio e di lasciarlo stare. La decisione era tutta nelle mani dell'agente Geller, c'erano tutti gli elementi per un arresto e per chiudere definitivamente l'armadietto dello spogliatoio di Butler. Questi i ricordi di quei momenti nella testa del "giudice" Geller: "Non sapevo se la droga fosse la sua, ma non ero nemmeno così sicuro del fatto che lo fosse. Ovvio che se lo fosse avrei dovuto scortarlo fuori e distruggere la sua vita per sempre. Ma decisi di lasciarlo andare, per vederlo seguire la strada giusta."

Ancora oggi non si sa di chi fosse quella droga.

La storia di Butler letta dalle parole di Butler

Interessante questo basket…

Come sappiamo aveva iniziato a giocare nei suoi lunghi mesi di reclusione all'Ethan Allen, e ai tempi il basket era un modo per vincere barrette snack e spuntini degli altri carcerati. Ma, tornato in libertà , si conquistò una discreta fama come star della locale High School.

Qui una serie di foto di una festa a lui dedicata nel 2006 nella sua Racine High School.

Dopo l'agente Geller un'altra figura importantissima nella crescita di Caron fu Jameel Ghuari, direttore del George Bray Community Center, che spese interminabili ore ad allenarlo e a cercare di convincerlo che il basket poteva dargli una vita migliore: "Era rimasto molto influenzato dal suo ambiente e dalle persone che gli giravano intorno. La sua mentalità  è rimasta in strada"

Ma anche i suoi più stretti amici notarono quanto fosse cambiato quando nel 1998 vinse il premio di MVP allo Spiece Run 'N Slam Tournament all'università  di Purdue nel vicino Indiana. Tanto per far capire il livello della competizione, nelle altre squadre del torneo giocavano i vari Darius Miles, Corey Maggette, Quentin Richardson e Dwyane Wade.

Tornato a casa con quel premio decise che per la sua carriera era meglio lasciare quella Racine che lo ha così crudelmente svezzato. Chiese ad uno spacciatore locale, James Harris (che ora è in carcere), 5000 $ per pagarsi le lezioni al Maine Central Institute, una prep school consigliatagli da Ghuari.

Butler trascorse 2 anni al MCI, un periodo sufficiente a fargli recuperare le lacune "accademiche" e a farlo chiamare da Jim Calhoun a far parte degli Huskies di University of Connecticut. Le parole che il coach spende per descrivere Caron parlano chiaramente di un uomo, non più di un ragazzino pronto ad infilarsi in ogni guaio: "Con Caron tutto ciò che ho dovuto fare è andargli incontro. E' una delle migliori persone che ho mai allenato".

Durante le 2 stagioni al college Butler perse peso e affinò il proprio gioco, dimostrando a tutti di che pasta fosse fatto: 15,3 punti e 7,6 rimbalzi a partita in quasi 33 minuti di utilizzo medio non sono cifre che tutti i rookie possono vantare, specialmente se ottenuti nella Big East.

Il secondo anno però volle per se i titoli di ogni giornale, giocando 34 partite (27 delle quali vinte) con 20,3 punti e oltre 7 rimbalzi, portando i suoi al titolo della difficilissima Conference. Ottenne anche il titolo di giocatore dell'anno della Big East assieme a Brandin Knight di Pittsburgh, e l'inserzione nel secondo quintetto All America.

Nel grande torneo NCAA gli Huskies persero contro i futuri campioni di Maryland, con però 32 punti di Butler che al termine della partita decise che era arrivato il momento del grande salto, dichiarandosi per il draft NBA 2002.

From Ethan Allen Scholl, WS, to Miami, FL.

Dopo la grande stagione da sophomore il nome di Butler era su molti taccuini NBA, e secondo i vari mock sarebbe andato molto presto a stringere la mano all'avvocato newyorchese indossando il cappellino della sua futura squadra. Si presentava al MSG di New York dunque una guardia di 2 metri per 100 chili, molto versatile, non dotato di un gran tiro da fuori (del quale scientemente non ha mai abusato) ma con una grande capacità  di crearsi un tiro da dove vale 2, grazie ad un fisico esplosivo. Prova ne sono i 26,5 punti a gara nel torneo NCAA del 2002.

Quel draft del 26 Giugno 2002 sconvolse il mondo americano e aprì come nient'altro l'NBA al mondo intero: i Rockets con la prima scelta assoluta chiamarono direttamente dalla Cina Mr. Yao Ming. Le scelte passavano, le unghie di Butler erano sempre più corte, finché Stern non annunciò che "con la decima scelta, i Miami Heat scelgono la guardia Caron Butler da Connecticut".

Applausi.
Palco, foto di rito, cappellino, stretta di mano.

Ma nella sua testa rimane la delusione di essere stato scelto per decimo, addirittura dopo un ex ballerino georgiano, Nikoloz Tskitishvili ( oggi danzante al Palaskà , meglio non infierire sulla dirigenza di Denver ). Passeranno alla storia i commenti del giorno dopo, in cui dichiara che l'avrebbe fatta pagare alle 9 squadre che hanno avuto la possibilità  di chiamarlo ma non lo hanno fatto.

La sera stessa però è rimasto nei binari del buon rookie, e le sue prime parole da giocatore NBA sono state: "Questo è un grande momento per la mia carriera da giocatore, specialmente per la mia vita, il mio bambino, la mia fidanzata, mia madre, mia nonna, la mia famiglia intera. Porterò a Miami molta leadership, maturità  e flashy (appariscente) basket. Porterò anche molto Ws (Wisconsin), baby!"

Già , Miami.
Gli Heat venivano da una stagione da 36 W e 46 L, la prima storica post-season senza Pat Riley su una qualsiasi panchina, e aveva bisogno di un rookie capace di aiutare velocemente la squadra a crescere. Riley ovviamente sapeva del passato burrascoso di Caron, ma non esitò a dire che:
"penso abbia imparato molto dalla vita negli ultimi sei-sette anni. Abbiamo un ragazzo che vuole solo entrare e giocare bene".

Fu però difficile giocare bene in quella versione degli Heat, specialmente perchè vennero a mancare due punti di riferimento come Zo Mouring e Eddie Jones. La stagione andò presto a sud, e nelle 82 partite e sole 25 vittorie Butler trovò spazio e modo per dimostrarsi subito in grado di stare in campo. Oltre 15 punti, 5 rimbalzi, 3 assist e quasi 2 rubate ad ogni tip off non sono brutte cifre, anche se ottenute in una squadra stra-perdente.

L'anno dopo le cose migliorarono,quantomeno per la squadra. Sulle spiagge dorate di Miami Beach arrivarono i primi pezzi del titolo 2006, a nome Wade Dwyane da Marquette e Haslem Udonis. Oltre a loro Butler si trovò in squadra anche Lamar Odom, vedendo ridimensionato il suo territorio nei 28 metri di parquet. I suoi minuti giocati scesero a meno di 30, e tutti i numeri furono inferiori rispetto alla stagione precedente. Si poté però consolare con il 42-40 di record della squadra e la conquista dei playoff.

Giustizieri dei giovani Miami Heat furono i Pacers in semifinale, ma tutti notarono come si stesse costruendo qualcosa in Florida, sulle solide spalle dei suoi giovani forti giocatori.

Peccato che il 14 Luglio 2004 Pat Riley decise che la era il momento di attaccare l'anello NBA come mai prima nella storia della giovane franchigia rossonera. Con una storica trade affiancò al giovane fenomeno Wade addirittura Shaq, The Diesel, The Big Aristotle, The Man of Steel etc. etc.

In cambio nella città  degli angeli finì proprio Caron Butler, assieme a Lamar Odon e Brian Grant.
Purtroppo per lui Caron arrivò ai Lakers in un'annata definibile quantomeno come interlocutoria, al termine della meravigliosa tripletta di anelli che aveva creato la penultima dinastia della lega. ( l'ultima è nero-argento, ma questa è un'altra storia). Oltre a Shaq se ne andò anche Phil Jackson, ritiratosi nel suo ranch del Montana, e il suo posto sul pino fu preso da Rudy Tomjanovich.
Senza girarci troppo intorno, fu un disastro la stagione 2004-2005.

I Lakers chiusero la stagione con 34 W e 48 L, non andando alla post-season dopo qualcosa come 11 anni.

Questo nonostante tre cannonieri come Kobe, Caron e Odom. Il protagonista della nostra storia mise decisamente il suo nome sulle mappe NBA chiudendo con 77 partite giocate, 15,5 punti a uscita, 6 rimbalzi e 2 assist, secondo solo al vero proprietario dello Staples, quello con il 24.
Era ora di dare una svolta a una carriera e tutta una vita.

Washington, dove nacque l'America e da dove Butler partì per l'All Star Game

L'occasione di svoltare venne anche dalla voglia dei Lakers di provare che Kwame Brown non era un brocco così come tutti lo disegnavano. Dunque accettarono di cedere agli Wizards l'ex galeotto Butler assieme a Chucky Atkins, per il mega contrattone della prima scelta assoluta 2001 e Laron Profit.

Appena prima dell'opening game della stagione 2005-2006 Caron si ritrovò a firmare in lacrime un contratto da 5 anni e 46 milioni di dollari con la franchigia della capitale, dimostrando ancora una volta come negli Usa i miracoli escano col buco.

Andava così a formare i Big Three, assieme a 2 star di prima grandezza come Jamison e "Hibachi" Arenas, un trio offensivo che poche squadre potevano vantare, andando a rimpiazzare nello sport di guardia Larry Hughes.

La stagione dei maghi fu costellata di alti e bassi, ma di sicuro il pubblico del Verizon Center si è molto divertito a seguire i suoi 3 campioni, che nella metà  campo offensiva combinavano per 67 punti totali. Se i 29 di Gilbertone non erano una sorpresa i 17 punti di Butler erano una piacevole conferma della scommessa vinta dalla dirigenza di puntare su di lui lasciando partire Hughes.

La stagione fu chiusa in rimonta a 42 W e 40 L, che valevano la quinta moneta ad est, con il terzo attacco dell'intera lega a 101,7 punti di media.

Il primo turno metteva loro di fronte dei Cavs in forte ascesa, guidati ovviamente da The Chosen One ai primi playoff della sua carriera. La serie fu molto combattuta, specialmente in gara 5, dove Caron guidò la grande rimonta fino al supplementare, deciso poi sul 121 a 120 da una magia del solito James.

Nella decisiva gara 6 l'ultimo tiro fu invece sbagliato da Butler tiro che mise fine a supplementare, gara, serie e annata degli Wizards.

L'anno successivo, 2006-2007, si presentavano i nastri di partenza degli Wizards ormai affermati ad est, con un reparto guardie - ali piccole davvero formidabile. Oltre ai Big 3 la dirigenza firmò anche Mr.50 DeShawn Stevenson dai Magic, aggiungendo potenza di fuoco all'attacco.
I problemi maggiori erano però sotto canestro, ma la dirigenza, per svariati motivi decise di non puntellare l'area pitturata continuandosi ad affidare a Haywood e Blatche, anche se all'inizio della stagione partì Etan Thomas in quintetto.

La partenza della stagione fu molto positiva, e nonostante gli exploit a getto continuo di Arenas, Butler riuscì sempre a farsi notare giocando, cifre alla mano, la miglior pallacanestro della sua vita.
Anche i tifosi se ne accorsero, e lo premiarono con il suo primo viaggio all'All Star Game, che in quell'anno si tenne nella Sin City, Las Vegas.

Sull'aereo per il Nevada aveva al suo fianco (ovviamente) Arenas, ma anche coach Eddie Jordan, incaricato di guidare l'Est: gli Wizards erano ormai una macchina che funzionava a dovere, soprattutto grazie alle sue stars ( che però nella partita di Vegas non lasciarono il segno, ma l'importante è esserci ).

Butler una volta tornato a Washington non avrebbe mai immaginato che una stagione così speciale per lui si sarebbe potuta trasformare in un incubo. Purtroppo fu vittima di due infortuni ( colpo al ginocchio e frattura alla mano destra ) che gli fecero chiudere la stagione il 1 Aprile. Tra una maledizione e l'altra probabilmente non si accorse nemmeno di avere messo insieme cifre davvero importanti: 63 partite giocate, 19 punti, oltre 7 rimbalzi, 2 palle rubate, 86 % dalla lunetta e un ottimo 46% dal campo ( si ricordi che i suoi tiri non sono come le monster dunk di Howard, a percentuale elevatissima ).

Sulla squadra della capitale la maledizione sembrava però non avere fine, infatti il 4 Aprile un infortunio al ginocchio mise fine alla stagione di Arenas, lasciando Jamison e compagni troppo soli e senza riferimenti in attacco. In un interessante studio del Washington Post uscito il 15 Aprile si notava come l'assenza di Butler e Arenas privava l'attacco dei maghi del 42,3 % del loro potenziale offensivo. Nessuna squadra nella storia dell'NBA soffrì di una perdita così statisticamente importante, nemmeno i Lakers dell'88-89 ( che persero Magic e Byron Scott ) o i Knicks del 98-99 ( senza Pat Ewing ).

Questo il grafico del Post

Il primo turno di playoff, affannosamente raggiunto, fu dunque una serie di 4 dure sconfitte contro i Cavs lanciati verso le Finals, ma chissà  come sarebbero finite le partite con Arenas e Butler in jersey e non in cravatta…

Anno 2008: e se diventassi io la star?

Questa stagione a Washington era iniziata sulla falsariga di come si era chiusa quella precedente. Perso per la stagione Etan Thomas per gravi problemi cardiaci e una delicatissima operazione a cuore aperto, la sfortuna ha colpito il ginocchio sinistro di Arenas, lo stesso infortunatosi ad Aprile 2007, facendogli perdere almeno 5 mesi di regular season.

Ma siamo sicuri che sia sfortuna? A prima vista si, un giocatore con il talento di Gilbert è imprescindibile in qualsiasi squadra. Dunque secondo gli addetti ai lavori in data 22 Novembre 2007 l'annata dei maghi è da darsi per persa.

Peccato che all'interno dello spogliatoio sia scattata una scintilla, ora trasformatasi in un vero e proprio incendio, nell'orgoglio dei Wizards. Tutti i giocatori volevano dimostrare al mondo NBA come anche senza il numero 0 sarebbero stati in grado di fare qualcosa di buono. Per farlo tutti avrebbero dovuto dare di più, a partire da Jamison e Butler.

Per ora la stagione è costellata di alti e bassi, il record si barcamena intorno al 50 % ma la presenza ai playoff non è un miracolo per questi Wizards, che sono stati capaci di superarsi.
Caron sta dando il suo meglio, con 21 punti, 7 rimbalzi e 4,5 assist in 40 minuti, ben affiancato dall'ottimo Jamison. Queste cifre avrebbero portato ancora una volta Butler all'All Star Game, se un problema ai flessori non si fosse messo di mezzo, facendogli saltare 20 partite.

Come in un romanzo, che poi può benissimo essere la sua storia, il giorno del suo 28esimo compleanno ( 13 Marzo ) è tornato in campo contro i Cavs, conducendo i suoi alla vittoria con 19 punti in 41 minuti.

A giorni dovrebbe tornare anche Arenas, che una volta in campo troverà  una squadra diversa da quella lasciata: troverà  un All Star affermato al suo fianco. Lo stesso ragazzo che solo 13 anni prima era un All Star dei carceri giovanili del Wisconsin.

Ma questa è l'America, e il sottofondo di questa storia speciale può essere il poema The Defence of Fort McHenry, scritto nel 1814, le cui prime parole recitano così:

Oh, say can you see, by the dawn's early light,
What so proudly we hailed at the twilight's last gleaming?

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