Bryant MVP, Lakers #2

Kobe Bryant in una delle azioni decisive contro i Mavs, Erik Dampier commette il sesto fallo

Un vecchio adagio coniato dal saggio Phil Jackson recitava: «Arrivare prima a 40 vittorie che a 20 sconfitte». E così è stato. I Los Angeles Lakers grazie ad un febbraio praticamente perfetto (13 successi e solo due sbandamenti) hanno messo in piedi un record di tutto rispetto: 42 "W" contro solamente 18 "L" che ha consentito ai gialloviola di portarsi nelle zone alte di una delle Western Conference più competitive della storia.

RISULTATI

Martedì 19 febbraio: Los Angeles Lakers - Atlanta Hawks = 122-93 (W)
Mercoledì 20 febbraio: Phoenix Suns - Los Angeles Lakers = 124-130 (W)
Sabato 23 febbraio: Los Angeles Clippers - Los Angeles Lakers = 95-113 (W)
Domenica 24 febbraio: Seattle Supersonics - Los Angeles Lakers = 91-111 (W)
Martedì 26 febbraio: Los Angeles Lakers - Portland Trail Blazers = 96-83 (W)
Giovedì 28 febbraio: Los Angeles Lakers - Miami Heat = 106-88 (W)
Venerdì 29 febbraio: Portland Trail Blazers - Los Angeles Lakers = 119-111 (L)
Domenica 2 marzo: Los Angeles Lakers – Dallas Mavericks = 108-104 (d1ts) (W)

Certo i San Antonio Spurs hanno preso il sopravvento e grazie a nove vittorie consecutive si sono portati in vetta alla Western, scalzando di fatto Kobe Bryant e soci. Numeri, certo. Eppure non di poca importanza considerando che la squadra che raggiungerà  la vetta alla fine della regular season, avrà  dalla sua parte il fattore campo per tutta la durata dei playoff, ad eccezione del confronto finale, qualora i Boston Celtics mantenessero il ritmo attuale (46 vittorie e sole 12 sconfitte).

Come se non bastasse, un nuovo infortunio, questa volta meno grave rispetto ai precedenti (Bynum e Ariza in testa), ha turbato il quasi immacolato ruolino gialloviola. Proprio nel momento in cui Vladimir Radmanovic sembrava essere uscito da uno dei suoi momenti più complessi, non solo fisicamente, ma anche psicologicamente, ci si è messo il polpaccio sinistro a complicare i piani di Phil Jackson il quale, prima del dovuto, è stato costretto a reinserire in quintetto Luke Walton.

Il figlio del vecchio Bill non sta propriamente attraversando un grande momento di forma. Due gli aspetti che lo stanno mettendo maggiormente in difficoltà : la difesa assolutamente insufficiente e l'intestardirsi nel gioco di post basso in fase offensiva, causando spesso malaugurate e inopinate palle perse che hanno come unica soluzione quella di spezzare il ritmo dei californiani.

Per quanto riguarda il record i Lakers nella seconda metà  di febbraio hanno messo in piedi una striscia invidiabile: sette vittorie e solo una sconfitta, ottenuta peraltro sul difficile campo dei Portland Trail Blazers, nelle ultime stagioni davvero ostico per i lacustri.

Fatto sta che le vittorie consecutive della squadra gialloviola si sono fermate a 10, ma non c'è amarezza per non aver ulteriormente allungato la sequenza anche perché i Blazers alla fine hanno decisamente meritato il successo. Peraltro le vittorie arrivate contro i Phoenix Suns e i Dallas Mavericks sono state molto importanti in chiave playoff e hanno dato quella consapevolezza e convinzione psicologica che da molto tempo mancava dalle parti di Los Angeles.

LA SQUADRA

In questo momento i Lakers, insieme agli Houston Rockets (ma che dovranno fare a meno di Yao Ming per tutta la stagione), ai San Antonio Spurs e ai Boston Celtics stanno esprimendo la migliore pallacanestro della Lega.. La grande qualità  degli uomini di Phil Jackson è quella di essere diventati multidimensionali sia in fase offensiva che in quella difensiva. L'arrivo di Gasol ha trasformato i lacustri in una squadra competitiva, anche per vincere l'anello; in una squadra con una quantità  di soluzioni impressionanti che può permettersi di usare, quando tornerà , un Bynum come sesto uomo.

Da questo punto di vista c'è da dire che l'impatto di Pau Gasol è stato devastante: 12 vittorie e solo due sconfitte, con i vari rivali che si sono trovati un po' spiazzati, forse addirittura incapaci, di rispondere nell'immediato alla quantità  di alternative che i Lakers sono in grado di costruire e proporre nel corso dei 48 minuti (e anche oltre).

Mi spiego: contro i Lakers di Kobe (quelli targati 2006 e 2007, in cui c'era solo Bryantin grado di poter fare la differenza) era facile opporsi e trovare delle facili soluzioni. Si marcava Bryant, si provava a limitarlo, lo si raddoppiava e si cercava di fargli scaricare la palla ai compagni. All'epoca, quando in squadra giocava gente come Cook, Parker, Evans e compagnia cantante la palla non finiva quasi mai nel canestro e soprattutto contro le grandi corazzate, i Lakers faticavano moltissimo nel pitturato. Questo accadeva soprattutto quando il tiro perimetrale non entrava: i Lakers non avevano alcuna soluzione tangibile nel post basso che potesse incutere timore a formazioni ben fornite come Dallas, San Antonio o New Orleans.

Peraltro, accanto a questa evidenza, si è accostata negli scorsi anni anche quella dell'assoluta porosità  difensiva che nell'era post-Shaq ha accompagnato tifosi e addetti ai lavori: Bryant predicava nel deserto in attacco, ma anche in difesa si trovava di fronte a buchi di proporzioni incredibili. Tapparli era come tentare di fermare l'erosione di una diga.

A quel punto, quando Bryant si accorgeva di essere da solo, inevitabilmente ha tentato di prendere in mano la partita, perché giustamente il "tanking" (perdere dignitosamente per chiamate onorevoli al draft) è sport di altri lidi e di altre squadre. Non è nel DNA né dei Lakers né di Kobe Bryant.

Quest'anno, invece, le cose sono cambiate nel momento in cui Andrew Bynum si è elevato ad un livello di All-Star. Così come accade oggi con Pau Gasol, gli avversari dei gialloviola, con un Bryant non più raddoppiabile e con gente di elevata qualità  sul perimetro (Farmar, Radmanovic, Vujacic) hanno lasciato notevole spazio nel pitturato dove i Lakers stanno progressivamente diventando (se escludiamo la serata storta contro i Mavs) una delle squadre più complete ed affidabili della NBA (emblematico il match contro i Phoenix Suns).

Questo è confermato non solo dal fatto che sul perimetro Vujacic e Farmar vanno spesso in doppia cifra (l'ex UCLA ha messo a referto 24 punti, massimo in carriera, contro i Miami Heat), ma anche che Gasol sta tenendo medie da prima opzione offensiva (20 punti e 8 rimbalzi in 14 partite) e Odom è assurto ad un livello da campione: recupera rimbalzi, attacca il canestro, è diventato più preciso nei lay-up. Totalmente un altro giocatore rispetto a quello pre-trade Gasol.

Una trasformazione in piena regola, dovuta sostanzialmente a due precisi motivi: 1) Gasol libera spazio attirando l'attenzione dei centri avversari, 2) è libero di testa, consapevole di non avere più l'obbligo di diventare seconda scelta offensiva. In questo momento Odom è il giocatore più incredibile di questi Lakers, il più migliorato, ma che ha ancora moltissimi margini di miglioramento. Ha acquistato anche una certa intimidazione difensiva, con stoppate alla Turiaf e recuperi alla Bryant.

Onestamente penso che nei Lakers si sia generato un processo a catena per cui Bryant è da esempio per tutti (a livello di abnegazione difensiva soprattutto). Nonostante l'infortunio sta dando l'anima sui 28 metri e gli altri, proprio per questo motivo si sentono obbligati ad elevare il loro livello di gioco (basti vedere la difesa di Vujacic nel quarto periodo e nel tempo supplementare contro i Dallas Mavericks).

Se la superstar fa questo per quale motivo non dovrebbero farlo anche i "cosiddetti" gregari? Soprattutto sotto questo aspetto Kobe sta giocando una stagione da MVP e non darglielo sarebbe un insulto al basket.

Attenzione, non che Lebron o CP3 (Chris Paul) stiano giocando male, anzi! Sono fantastici e meriterebbero anche loro il premio. Ma negli anni passati era stato detto a Bryant: «Non ha un record adeguato all'MVP, non rispetta i canoni per i quali questo premio è stato creato, dunque non può vincere tale onorificenza». Perché ora assegnarlo a CP3, ma soprattutto a Lebron?

Ovvio che in questa squadra ci siano moltissime cose da migliorare e non è un segreto che in difesa i Lakers potrebbero svolgere un lavoro molto, ma molto più efficace. Eppure, ripensando al periodo precedente l'arrivo di Gasol e successivo all'infortunio di Bynum, i gialloviola ruotano in tutt'altro modo difensivamente parlando (evidente il progressivo ambientamento dello spagnolo e il suo coefficiente intellettivo lo aiuta notevolmente nella fase di apprendimento) e la capacità  di marcare il portatore di palla è notevolmente incrementata rispetto all'inizio della stagione.

Se proprio vogliamo andare a guardare la pagliuzza, la squadra di Phil Jackson soffre molto di più i playmaker piccoli, veloci, agili, rispetto a quelli fisici alla Billups. Si tratta ovviamente di una semplice tendenza, dunque va presa come tale, ma, soprattutto in periodo playoff, non ci farei troppo riferimento perché in post-season tutti gli schemi vengono rivoluzionati.

Altro aspetto da considerare è quello relativo al calendario. Sostanzialmente, superate le prossime 4 trasferte di ferro, tutte consecutive contro Hornets, Rockets, Mavericks e Jazz, lo "schedule" è a tinte gialloviola. Praticamente i Lakers hanno giocato tutto febbraio (tranne tre gare) tutto in trasferta (per colpa dei Golden Globe, Grammy e Oscar) mettendo in mostra un'ottima predisposizione alla “W” a prescindere dal campo in cui sono andati a giocare. Una situazione e un abitudine che ai playoff potrebbe fare tutta la differenza del mondo.

Qualche giorno fa ho sentito Bryant affermare che non importa se la squadra giochi in casa o in trasferta, ciò che è veramente importante è «eseguire, applicare gli schemi». Ecco questo verbo penso sia quello più usato all'interno dello spogliatoio gialloviola. Un vero "must" dei "mind games" jacksoniani. Fino ad un anno fa era pura follia.

Inoltre, per capire che tipo di squadra siano diventati i Lakers, al di là  delle dichiarazioni dei giocatori lacustri, è fare riferimento alle parole di chi si oppone ai ragazzi di coach Zen. Prendiamo i Clippers. Ora, è assolutamente vero che Bryant e soci hanno giocato contro una versione dei Clippers molto ridimensionata, ma hanno pur sempre gente di valore sotto i tabelloni e Corey Maggette non mi sembra l'ultimo arrivato, come d'altronde Cuttino Mobley.

Eppure sia lui, che coach Dunleavy, che lo stesso Mobley che Tim Thomas, non proprio un'amante dei Lakers, hanno sciorinato parole di apprezzamento per il modo in cui i californiani stanno giocando. Ognuno di loro ha parlato dell'essere squadra di Bryant e compagni, della voglia di aiutare, di passare al compagno libero e di metterlo in ritmo, nonché dell'aumentata consistenza difensiva rispetto alle precedenti uscite.

Oppure, tanto per tornare all'attualità , si può far riferimento al commento di Avery Johnson nel post Lakers-Mavs: nel quarto periodo e nell'overtime del match di domenica scorsa l'allenatore di Dallas non sapeva più che pesci pigliare per fermare il 24 in gialloviola.

Ecco, questo credo che i Lakers di oggi siano diventati: una squadra multidimensionale, forte in tutti i reparti e che difficilmente è possibile interpretare all'inizio della partita. Cioè non sai che tipo di squadra ti troverai di fronte. “Scoutizzare” i Lakers, oggi, è davvero molto complesso: possono benissimo vincere un match tirando da fuori, o vincerlo giocando sotto od utilizzando entrambi i modi magari variando notevolmente il playbook a partita in corso.

Possono decidere di andare da Bryant, ma se lo raddoppi, poi hai almeno due giocatori liberi piedi per terra pronti ad infilare la retina.

Ora come ora in attacco i Lakers sono praticamente perfetti e a parlare sono le percentuali, non le opinioni. Numeri e statistiche. In difesa, come già  detto, c'è ancora molto lavoro da fare, ma senza dubbio i gialloviola sono sulla strada giusta.

GLI INFORTUNI

Questa settimana posto anche un breve aggiornamento sugli infortunati.

Vladimir Radmanovic dovrebbe essere disponibile per il match contro i Sacramento Kings di martedì prossimo. Non è ancora sicuro al 100%, ma ci sono buone probabilità  di vederlo in campo contro i capitolini. Non si tratta comunque di un infortunio preoccupante.

Per quanto riguarda Bynum la situazione è più complessa. L'11 marzo prossimo (fra 8 giorni nel momento in cui scrivo) saranno due mesi dall'infortunio patito contro i Memphis Grizzlies. Vale a dire il tempo stimato per il suo rientro in campo. In realtà  non c'è un vero e proprio scadenzario e sia i Lakers che il giocatore si sono imposti di fare le cose con calma per arrivare ai playoff al 100%. La presenza di Gasol consente al giovane centro lacustre di predisporre con molta cura il suo rientro sul parquet che comunque dovrebbe attestarsi per la fine di marzo, inizio aprile. Di sicuro Jackson lo inserirà  gradualmente nella squadra, ma questo è un aspetto di cui parleremo con dovizia di particolari nel prossimo report.

Buone notizie invece per Ariza che nello scorso report era dato al rientro per metà  aprile. I tempi di recupero si sono accorciati e dovrebbe tornare in campo ad inizio aprile. Staremo a vedere.

Infine Kobe Bryant. Qualcuno si è accorto o si ricorda che il suo dito mignolo è con un legamento lesionato? Non credo e questo rende ancora più luccicanti le sue prestazioni. Le malelingue hanno parlato di un infortunio creato ad arte per ricostruire la sua immagine. I numeri parlano al suo posto e meglio di mille parole.

I SINGOLI

Anche in questo report non può mancare la classica rubrica dei "promossi e bocciati" che meglio di ogni altra cosa può far rendere conto sull'andamento della stagione gialloviola.

Promossi
Kobe Bryant 8: Ogni volta che scrivo sono "costretto" a ripterimi, ma in questa stagione Bryant sta mettendo in mostra un basket divino. Le prestazioni contro Dallas e Phoenix sono solo la punta di un iceberg di un'annata davvero speciale. Assolutamente a disposizione della squadra, dello staff e del tecnico. L'unico obiettivo al momento è "competere" ed "eseguire" come ama ripetere lo stesso 24. Un giocatore di un altro pianeta. Difetto da sottolineare è che sta protestando un po' troppo. Effettivamente non prende tutti i fischi che meriterebbe, ma in questa stagione ha già  accumulato 12 tecnici e ne mancano solo quattro per prendere la giornata automatica di squalifica. In ogni caso ai playoff la situazione verrà  azzerata, ma Kobe farebbe bene ad allentare la tensione perché ultimamente, espulsione contro Seattle compresa, sta un po' esagerando, arbitri o non arbitri. MVP.

Phil Jackson 7,5: È tornato ad allenare come non lo si vedeva da tempo. Partecipa attivamente allo sviluppo del gioco e dalla panchina soffre tantissimo ad ogni azione. Sta trovando in Farmar e Vujacic gli elementi di spicco di una panchina che nelle prossime settimane potrebbe ricevere nuova linfa e slancio vitale con il ritorno di Ariza e Bynum. Notevole anche la passione che ci mette ad ogni timeout e rispetto alle precedenti versioni è molto più incline ad intervenire e, all'occorrenza, a "cazziare" una giocata ritenuta non produttiva. Partecipativo.

Lamar Odom 7,5: Miglioratissimo difensivamente parlando, sta diventando un vero fattore nel lavoro sporco sotto i tabelloni (raccoglie un numero molto maggiore di rimbalzi). Non solo ha guadagnato notevole fisicità  nell'uno contro uno, ma anche a livello di stoppate sta crescendo tantissimo. Contro Dallas limita moltissimo Nowitzki, al quale concede qualcosa solo nel finale e per merito del tedescone. Colleziona ottime prestazioni anche da un punto di vista offensivo, grazie alla sua rinnovata capacità  di tagliare il campo cercando gli scarichi di Kobe e di Gasol. Mette a referto la migliore azione dell'anno insieme a Walton e Kobe nel match contro Miami. Showtime amici!!!Arcigno.

Pau Gasol 7+: Sta giocando in maniera divina. Il suo pick'n'roll con Bryant è da orgasmo e la sua capacità  di far andare via la palla è da mille e una notte. In difesa è un po' abulico, nel senso che non riesce sempre ad essere continuo, ma gradualmente sta trovando una certa dimestichezza anche in quel ruolo. Se nel reparto arretrato ottiene gli stessi risultati che sta ottenendo dall'altra parte del campo, allora saranno davvero guai per tutti. Un po' timido a rimbalzo, ma per uno che ne mette otto di media è un bel complimento. In evoluzione.

Sasha Vujacic: 7+ Un giocatore trasformato. Non solo in zona offensiva è diventato quasi infallibile, ma in difesa è davvero difficile da superare. In attacco, inoltre, ha guadagnato notevole velocità  che gli permette anche di penetrare e cercare la via del canestro in avvicinamento dal palleggio. A referto anche qualche "and1" (canestro e fallo). Ha messo su un buon fisico per le aree NBA e non si lascia spaventare da niente e nessuno. La serata storta contro Dallas abbassa un po' il suo voto, ma la tripla che mette in apertura di supplementare, vale da sola il prezzo del biglietto. Giocatore fondamentale per i prossimi playoff. The machine!!!.

Jordan Farmar 7-: Dopo una fase di brillantini e luccichini ora ha un po' decrementato il suo apporto, ma se è in serata di grazia (21 punti contro Portland e 24 contro Miami) nessuno è in grado di fermarlo: quasi 10 punti di media, 47% dal campo, 39% da tre in 21 minuti di gioco. Anche in fase di penetrazione ha una velocità  difficilmente arginabile. Insieme a Vujacic giocatore importantissimo in chiave playoff. Determinato.

Ronny Turiaf 6,5: Come al solito quando è chiamato in campo dà  il suo apporto e forse qualcosa in più. A livello difensivo e di "intangibles" è uno dei primi giocatori in questa squadra e se solo avesse più continuità  in attacco partirebbe di certo in quintetto. I dolori fisici della prima parte di stagione sono passati e il suo apporto comincia gradualmente a tornare quello di novembre. Attenzione a Turiaf perché potrebbe sorprendere in molti. Lottatore.

Vladimir Radmanovic: 6 Quando sembrava che la sfortuna lo avesse abbandonato ecco che puntuale è arrivato l'infortunio. Recentemente Jackson ha detto di non chiamarlo più "space cadet" e questa volta lo snowboard non centra nulla. Un dolore muscolare al polpaccio lo ha costretto alle cure mediche, ma ora i problemi sono stati risolti e potrà  giocare un ruolo fondamentale nella parte calda della stagione. Le sue triple sugli scarichi saranno fondamentali. Quest'anno in 21 minuti giocati ha messo a referto quasi 8 punti di media, con un buon 44% dal campo, 41% da tre e 80% ai liberi. Sfigato.

Bocciati

Luke Walton 5,5: L'infortunio di Radmanovic gli ha concesso maggiori minuti, ma ancora una volta sono molte le mancanze che dobbiamo sottolineare per il buon Luke. Difensivamente parlando dà  tutto se stesso, ma contro i pari ruolo avversari, quale che siano, soffre tantissimo. Sta migliorando un po' nei recuperi ed, in fase offensiva (bene con Miami e la seconda contro Portland), è dotato di un coefficiente di intelligenza fuori dalla norma che gli regala più minuti di quanti in realtà  ne meriterebbe. Se vorrà  partire titolare anche nelle prossime gare dovrà  aumentare l'intensità  difensiva, altrimenti la panchina sarà  la logica conclusione. Incognita.

Derek Fisher 5-: Sta vivendo un momento molto, molto difficile. Il tiro non gli entra più come a gennaio e nella prima metà  di febbraio. L'appannamento fisico è evidente anche in difesa e, d'altra parte, Jackson non gli preferirebbe nei finali caldissimi un pur buonissimo Farmar. Contro Dallas ha lanciato qualche segnale di ripresa, ma le sue percentuali rimangono ancora troppo basse (3/11) per essere il play titolare. In questo momento, forse, bisognerebbe rischiare e mettere in quintetto Farmar, magari approfittando delle prossime quattro partite alla portata e avere "il Pesce" fresco per le successive, difficilissime trasferte. Appannato.

Ingiudicabili

Chris Mihm: NG.

Andrew Bynum: NG

Trevor Ariza: NG.

Coby Karl: NG.

D.J. Mbenga: NG.

IL CALENDARIO

Come già  accennato più volte in precedenza, mai come in questo caso, dobbiamo parlare di crocevia della stagione. Lo diciamo sempre, ed effettivamente ogni gara conta nella NBA. Ma in questo caso siamo ad una svolta: quattro partite alla portata e poi altrettante trasferte difficilissime. New Orleans, Houston, Dallas e Utah. Campi davvero ostici e che nella cortissima Western Conference possono decidere tutto. Superato quest'ennesimo scoglio, il calendario gialloviola sarà  in discesa con tre partite alla portata tra cui il back-to-back con i Golden State Warriors che saprà  molto di antipasto dei playoff.

Martedì 4 marzo: Sacramento Kings - Los Angeles Lakers = 105-117 (W)
Venerdì 7 marzo: Los Angeles Lakers - Los Angeles Clippers = 119-82 (W)
Domenica 9 marzo: Los Angeles Lakers - Sacramento Kings = 113-114 (L)
Martedì 11 marzo: Los Angeles Lakers - Toronto Raptors = 117-108 (W)
Venerdì 14 marzo: New Orleans Hornets - Los Angeles Lakers = 108-98 (L)
Domenica 16 marzo: Houston Rockets - Los Angeles Lakers = 104-92 (L)
Martedì 18 marzo: Dallas Mavericks - Los Angeles Lakers = 100-102 (W)
Giovedì 20 marzo: Utah Jazz - Los Angeles Lakers = 95-106 (W)
Venerdì 21 marzo: Los Angeles Lakers - Seattle Sonics = 135-105 (W)
Domenica 23 marzo: Los Angeles Lakers - Golden State Warriors = 111-115 (L)
Lunedì 24 marzo: Golden State Warriors - Los Angeles Lakers = 119-123 (W)

Stay tuned

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