Lavori in corso a Miami

Quanto fatica dovrà  ancora fare Riley prime di vedere i suoi Heat di nuovo vincenti?

Nessuno se lo sarebbe mai aspettato, ma è successo.
Shaq se ne è andato via per sempre, destinazione Arizona. L'addio di Big Fella ha lasciato un vuoto enorme nei tifosi, figuriamoci nei compagni di squadra.

"I'm shocked". Le poche parole di Wright riassumono perfettamente lo stato d'animo che ha monopolizzato lo spogliatoio degli heat nei primi giorni post-divorzio.
"Penso che i giocatori siano rimasti un po' colpiti dalla trade" conferma il coach dopo aver toccato con mano la reazione della squadra alla cattiva notizia.

L'unico che è riuscito a farsene una ragione è Wade. "Questa è la Nba; non sono sorpreso da niente di ciò che accade".

In realtà  il rapporto tra O'Neal e la dirigenza ha cominciato a scricchiolare da dicembre, dai primi sondaggi provenienti dall'esterno dagli interessamenti di altri franchigie. La crisi di Miami era già  evidente, l'impiego del centro di Newark è calato progressivamente a braccetto con i palloni a lui dedicati e i Mavericks di Cuban si sono fatti avanti sondando il terreno.

"E noi abbiamo detto NO - conferma le indiscrezioni, Riley - Non eravamo interessati, a quel tempo, di fare qualcosa. Così ci fu una chiamata rimandata al mittente".
Da quel momento The Diesel, pilotato in parte dai suoi manager, ha smesso parlare del suo contratto. "Quello è il momento da cui tutto è partito" concorda il proprietario Micky Arison.

Come toccare il fondo

Alla fin dei conti il volo di sola andata per Phoenix ha avvicinato il giorno della rifondazione ed ha agevolato notevolmente il compito di Pat Riley che ora potrà  gestire un salary cap alleggerito di ben 40 milioni di dollari.

La quarta ricostruzione dell'era Riley sembra la più complicata, almeno stando ai risultati. "Guardate qui - sottolinea il coach - quest'anno è stato un disastro. No?, stiamo solo cercando di rimetterci in sesto". In effetti il record di Miami, l'ultimo nella lega(9-42) è piuttosto sconfortante, ma ancor più significativa è la striscia di 24 sconfitte nelle ultime 25, la peggiore nella storia ventennale della franchigia. In verità  anche presidente e proprietario dovrebbero fare un po' di mea culpa.

Escludendo le restrizioni finanziare imposte dall'oneroso stipendio di O'Neal, le responsabilità  del tracollo della squadra passano anche dai loro uffici, dalle loro scelte estive, dalle loro scommesse. Il momento della ricostruzione sarebbe stato meno indolore e sarebbe stato meno oggetto dello scetticismo generale senza alcuni colpi di mercato poco azzeccati.

L'arrivo di Smush Parker, sempre indisponibile. Le firme di Penny Hardaway e Luke Jackson nel tentativo di coprire il ruolo di small forward. La trattativa che ha spedito a Minneapolis walzer, Doleac, Simien(ed una prima scelta) in cambio di Ricky Davis e Mark Blount. La rinuncia a Jones, attivissimo a Portland, a Posey, fondamentale a Boston e a Kapono, ancora una volta mister tiro da 3.

Tranne i tre free agent, citati per ultimi, forse messi nella lista dei partenti per motivi di bilancio, tutto il resto deriva da decisioni sbagliate. Ma ormai, gli errori del passato erano alle spalle e non restava altro che dare il via ad una nuova dinastia.

"Sono un po' preoccapato perché talvolta il restauro non è efficiente - dice obiettivamente Riley - Ma sono stato in questa situazione anche in passato e so qual è il mio lavoro. Sappiamo qual è la direzione da prendere e questo mi dà  un po' di tranquillità . L'ultima volta che siamo ripartiti ci abbiamo impiegato sedici mesi. Mi piacerebbe metterci meno, questa volta".

Si riparte da Wade

La necessità  di ripartire in fretta non è un capriccio, ma una priorità  assoluta. O ci si rimette in carreggiata subito o il rischio di vedere partire l'unico supersite del titolo cresce in maniera esponenziale. Un giocatore del calibro di Wade, con un anello al dito dopo soli tre anni nella lega, può sopportare di finire fuori dai playoff, ma fatica ad accettare di essere il volto della squadra più perdente di tutta la Nba.

E' il primo a non voler lasciare la Florida, la sua nuova terra, dove è stato accolto a braccia aperte dal draft del 2003 e dove ha appena aperto persino un ristorante(D.Wade's Sports Grill). Ma è meglio non giocare con il fuoco e garantirgli il supporting cast che merita.

"Sono stato fortunato ad arrivare ad inizio carriera in un team che stava facendo dei cambiamenti - giustifica Wade la sua pazienza - infatti sono stato già  in questa situazione. Ma non mi aspettavo che accadesse di nuovo".

Ora, però, è rimasto solo ed è diventato il leader indiscusso. "Non andrò a dire che Riley mi ha affidato le chiavi del regno. E' lui che tiene la chiave, il lucchetto e anche la combinazione. - spiega il prodotto di Marquette - lui mi indica la direzione in cui andare. Mi metterà  intorno i giocatori giusti e torneremo vincenti".

Fino ad ora, la stagione del numero 3 non è stata esaltante, non ha peggiorato più di tanto il rendimento degli ultimi anni, ma sembra essere poco incisivo nei momenti che contano. Oltre alla mancanza di stimoli, inevitabile in un gruppo di giocatori mediocri, il problema principale è la condizione precaria. Non si è ancora ripreso dal doppio intervento chirurgico a cui si è sottoposto durante l'estate.

"La spalla sta migliorando, è il ginocchio che gli sta dando problemi"dice Riley consapevole di aver un giocatore non troppo oltre il mezzo servizio, alle prese ormai da mesi con una serie di dolorini tipici della vecchiaia se non si fosse a conoscenza che, tempo in sala operatoria a parte, ha giocato sempre, senza interruzioni.

Chiaramente il cambio di passo che ha fatto stropicciare gli occhi a molti spettatori e inveire molti difensori non è lo stesso di un paio d'anni fa, ma l'allenatore non ne ha potuto fare a meno. Con una squadra poco più che abbozzata, privata del suo centro titolare da infortuni e dalla nostalgia di competizione, non si poteva prescindere dall'uomo del futuro.

Purtroppo neanche Flash ha potuto fare più di tanto e proprio per questo negli ultimi tempi era salita di quotazioni la proposta di mandarlo in ferie con un po' d'anticipo. Ma la trade ha deviato i pensieri della guardia da questa ipotesi. La notizia dell'arrivo di Marion, la prospettiva di avere un partner alla sua altezza ha risvegliato il guerriero che si era assopito da tempo.

Se da un lato il trasloco di O'Neal ha confermato la fine di un'epoca felice e vincente, dall'altro l'acquisizione di un All Star dà  qualche speranza sul futuro, o almeno vivacizza un po' l'ambiente ponendo le basi per qualche vittoria da qui a fine anno.

C'è poco da salvare

In realtà  sarebbe nell'interesse di Miami perdere quanto più possibile da qui al termine per assicurarsi una scelte alta al prossimo draft, visto che il mercato di febbraio è solo un accenno della smobilitazione che avrà  luogo tra un paio di mesi. Dei giocatori in rosa, l'unico salvo è Wade, gli altri è bene che comincino a cercare casa altrove. Certi di partire sono Jason Williams e Ricky Davis "forti" di un contratto in scadenza che non verrà  rinnovato.

Il grande sogno di Riley sarebbe stato quello di sdoganarli subito, prima che il mercato chiudesse definitivamente i battenti, ricevendo qualcosa in cambio. Ma, nonostante l'expiring contract sia spesso appetibile, nessuno si è fatto avanti. Per ora. "Dovete chiedere al boss di questo. - risponde Williams ai giornalisti - Né ho viste tante e non mi sorprendo di niente". Sullo stesso tono le dichiarazioni dell'ex Minnesota: "If it happens, it happens".

Anche l'altro acquisto estivo ha reso molto meno di quanto ci si aspettava. Mark Blount, dotato di una gamma molto ristretta di soluzioni con le spalle a canestro, si è guadagnato solo 21 minuti di impiego nonostante il reparto lunghi fosse tutt'altro che affollato.

L'unico che ha continuato a giocare in maniera dignitosa è Udonis Haslem, sempre in quintetto nelle 43 presenze. Ora come ora è l'unica pedina appetibile e di conseguenza l'unico da poter offrire per mettere le mani sul giocatore che potrà  diventare la terza punta degli Heat. La speranza di Miami è che l'infortunio alla spalla, datato 12 febbraio, che lo terrà  fermo per un paio di settimane, sia l'unico inghippo di stagione, così da poterlo mostrare a tutti nei prossimi due mesi.

Se c'è qualcuno che si sta giocando ancora le ultime chances, quello è Dorrel Wright. Il ventiduenne, catapultato tra i professionisti direttamente dalla high school, privo di regole, abituato a scorazzare per il campo come un cavallo allo stato brado, grazie anche ad un'estrema facilità  di corsa, si è trovato ad essere rinchiuso nei rigidi schemi di Riley.

Dopo tre anni di lavoro, necessari per la maturazione del ragazzo, ha saputo trovare il proprio spazio. "Devi essere un tiratore preciso, devi sapere come posizionarti(per gli scarichi di Wade ndr), devi perdere pochi palloni - queste le richieste del coach - E Dorrel è un giocatore di questo tipo. Lui sta nel suo posto e Dwyane gli dà  la palla lì. Non sta facendo tanti errori ed è anche un discreto rimbalzista".

Nonostante gli elogi, giustificati dalle ultime prestazioni(13,5 punti + 7,4 rimbalzi nelle sette uscite di febbraio). In parte è stato favorito dal ritmo sostenuto importato dall'Arizona insieme a Marion("è lo stile di gioco che ho sempre seguito in tutta la mia vita" dice Wright"), ma sono innegabili i suoi progressi.

Si vedrà  se verrà  considerato anche lui una pedina sacrificabile o se verrà  inserito nei progetti futuri.

Ecco a voi Shawn, ma"

Il giocatore che più di tutti sta calamitando le attenzioni e dei giornalisti e sta fornendo il giusto nutrimento alle loro fantasie è Shawn Marion.

E' appena arrivato, ma potrebbe essere già  sull'uscio, con le valige in mano pronto a ripartire. Magari, detto in questi termini è un po' eccessivo, ma la situazione è particolare. Nonostante le belle parole spese dal neo-arrivato, disposto a sedersi al tavolo delle trattative e prolungare la convivenza, le strade di Matrix e Miami sembrano separarsi.
Forse non sono ancora arrivati al bivio, forse non ci sarà  mai, ma la probabilità  non è molto alta.

Marion è un giocatore formidabile, l'atleta per antonomasia. Ma fino ad ora lo abbiamo visto in un contesto un po' particolare. Nel sistema "dantoniano"(una sorta di moto perpetuo..) e armato da Nash ha espresso tutto il suo potenziale, ma quante possibilità  ha di essere un giocare così decisivo anche al di fuori dello small ball estremo predicato dal coach di Phoenix?

Sulla sua intensità  niente da dire, sulla sua presenza difensiva niente da dire, ma quando dovrà  fronteggiare una difesa schierata non sarà  mai a proprio agio. Non è il suo stile e non potrà  mai essere incisivo come lo è stato negli ultimi anni accanto al canadese.

Con Pat non si scappa

Ultimamente qualcuno ha parlato di un progetto di omologazione. Della pianificazione da parte di Riley e assistenti di un percorso che porterà  gli Heat a replicare il gioco dei suns. In poche parole Riley sarebbe diventato un ulteriore discepolo della dottrina creata dal baffo di Phoenix. Sarebbe brutto essere cattivi profeti, ma queste voci sono più simili a barzellette che a notizie.

Da quando Riley allena ha sempre voluto un centro, una presenza in post-basso. Prima ha lavorato con Kareem Abdul Jabbar a Los Angeles, poi si è trovato Patrick Ewing a New York, quando è diventato head coach di Miami ha scippato a Charlotte Alonzo Mourning ed infine ha fatto carte false(come la cessione di Odom..) per arrivare ad avere O'Neal.

E' difficile pensare che a sessantadue anni compiuti, ad un passo dalla Hall of Fame possa rinnegare una carriera ricca e prestigiosa. Soprattutto ora che si è sparsa la voce che senza un big man non si vince.

"Se non puoi stoppare non puoi vincere - conferma David Robinson dall'alto della sua esperienza - Tutte le partite importanti sono destinate ad essere decise negli ultimi cinque minuti, dove contano i possessi e le stoppate. Un uomo in area ti aiuta perché non lasci dei facili canestri. Molti team non hanno una solida difesa ed è questo che le danneggia".

Talvolta è importante saper variare ("Bisogna sapersi adattare a giocare big or small" conferma Duncan), ma se un lungo dominante non lo si ha in squadra è difficile arrivare fino in fondo. Phoenix docet.

La conferma che Riley è ancora convinto del suo gioco arriva indirettamente da alcune dichiarazioni recenti.
"Non abbiamo avuto una presenza in post basso nell'ultimo mese. Così Dwyane andrà  ad occapare quello spazio un po' più di frequente. Questo è il prossimo passo nel suo sviluppo. Essere una presenza spalle a canestro è sempre importante e questo è una dei punti sulla lista delle cose da fare".

Se insegni ad una guardia come comportarsi nel pitturato vuol dire che non sei poi così convinto nel run and gun, ma preferisci giocare con più razionalità .

Futuro o fanta-basket?

Il dilemma ora è come riempire il vuoto che si è creato in area. Gli unici che garantiscono una certa presenza e che potrebbero liberarsi in tempi più o meno brevi sono Curry e Brand.

La soluzione a breve termine porta ad Eddy Curry. Il centro di New York, ancora venticinquenne, è ai ferri corti con il coach e i knicks potrebbero liberarsene. Thomas, vorrebbe passare ad un gioco più rapido e il taglio dell'ex Chicago e di Randolph sembra inevitabile. Curry non ha mai mostrato pienamente il suo valore, ma potrebbe essere valorizzato da un cultore del gioco in post come Riley.

Il problema è il contratto. Il ragazzo percepirà  10 milioni di dollari per i prossimi tre anni, un po' troppo per un centro ancora tutto da plasmare. La difesa ancora da registrare, la scarsa tendenza al rimbalzo non valgono tutto quello spazio nel salary cap, specialmente se si andrà  incontro ad un fallimento.

La soluzione che richiede un po' più di pazienza porta ad Elton Brand. L'ala dei clippers ha in Riley uno dei suoi principali estimatori tant'è che nel 2003 tentò di convincerlo a cambiare conference.

Il "veliero" numero 42 ancora fermo ai box diventerà  free agent tra un anno. Se la situazione a Los Angeles dovesse rimanere la stessa di oggi la percentuale di possibilità  che le avances di Miami abbiano effetto rasenterà  il 100%.

Se mai uno dei due vestirà  la maglia degli heat è difficile dirlo ora, ma è sicuro che l'area di Miami non rimarrà  scoperta troppo a lungo. La fine dei lavori potrà  essere decretata, la scalata al nuovo titolo comincerà  solo quando il nuovo dominatore d'area accetterà  la corte di Riley.
Fino a quel momento la targhetta fuori dall'America Airlines reciterà  "work in progress".

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