Iverson ride, e ne ha tutte le ragioni!
Hampton, Virginia.
Da quelle parti la sua storia la conoscono tutti, ma proprio tutti.
Lui, il ragazzo dell'East End che amava il football, che guidò la sua squadra al titolo nazionale e che, grazie anche ai consigli di mamma Ann, scoprì che il basket poteva regalargli successi altrettanto importanti.
Fu così che, da Georgetown nacque la grande storia cestistica di uno dei giocatori più spettacolari dell'ultimo decennio Nba, straordinario realizzatore, personaggio fuori dal comune, idolo dei tifosi e talento pazzesco, coronato in premi e titoli per differenti qualità , ma mai dal bottino pieno: il titolo Nba, che The Answer avrebbe meritato per lo spettacolo e le emozioni regalate dal giorno del suo approdo nella Lega.
Allen Iverson torna all'All Star Game, la vetrina che mette in mostra i gioielli della Nba di cui anche AI è gemma preziosa.
Il ragazzo della Virginia, 7 volte All Star, non smette di incantare i cultori del basket ed è protagonista di un'altra stagione ad altissimi livelli, nonostante il rendimento non sempre impeccabile dei suoi Nuggets, devastanti in fase offensiva ma spesso troppo permissivi quando si tratta di difendere.
Con un Ovest ricco di talento e di talenti, emergenti di belle speranze soprattutto tra gli esterni e veterani di classe sopraffina, The Answer la spunta ancora una volta, con più di un milione e 200mila voti di tifosi che vogliono rivederlo a New Orleans, nella partita delle stelle, ma soprattutto che lo vogliono fra gli starters, secondo Nugget in quintetto dopo Carmelo Anthony, a far coppia con Kobe, insieme a Yao e Duncan.
Insomma, il nuovo avanza ma il tatuatissimo folletto di Hampton (se ne contano ormai a decine sul suo corpo, segni che in pratica raccontano la sua storia, dalla Cru Thick, nomignolo della sua gang da ragazzino e poi della casa discografica fondata da AI, fino al nome di moglie e figli di Allen), mantiene inalterato il suo fascino di sempre.
I tifosi ancora ricordano la sua storia, balzata agli onori delle cronache allorché Iverson arrivò nella Nba come prima scelta assoluta con i Philadelphia 76ers.
Una vita trascorsa pericolosamente, soprattutto fuori dal campo, una famiglia che faticava a tirare avanti nonostante i grandi sacrifici di Ann Iverson, che lavorara giorno e notte per crescere il piccolo Allen e le sorelle Brandy e Iliesha.
Ma mettersi nei guai, soprattutto quando si vive in certi ambienti e in situazioni difficili, è più facile di quanto non sembri. E così accadde in una sera di febbraio del '93, quando finì coinvolto in una rissa fuori da un locale della sua città . L'episodio segnò una svolta forse decisiva nella vita di Iverson: uscì da questa storia e riprese in mano il pallone dopo essere tornato sui libri, senza abbandonare gli amici di sempre e soprattutto continuando a prendersi cura della la sua famiglia.
L'esordio con la maglia degli Hoyas di Georgetown, guidati da coach John Thompson, fu ottimo, così come tutto il primo anno, cui ne seguì un altro, sempre a grandi livelli, che valse titoli divisionali e nazionali per Allen, che a quel punto decise di non attendere oltre e varcare la soglia della Nba.
La firma coi Sixers gli valse la prima scelta, un contratto, buono anche per aiutare la famiglia, e soprattutto enormi attenzioni ed aspettative. 25 punti di media al College ed una reputazione di un certo livello come difensore, oltre che uno dei migliori prospetti del paese erano un bel biglietto da visita. E lui non deluse nessuno, fin dal primo giorno: "The Answer", la risposta agli altri, al basket, alla vita.
Gli screzi con Larry Brown seguirono la prima strepitosa stagione e il premio come rookie dell'anno, e segnarono i primi anni a Philadelphia, ma non impedirono alla squadra di ottenere buoni risultati, fino quel 2001, il titolo di miglior giocatore, quella notte incredibile, la Finale contro i Lakers, una partita magistrale, il successo in gara-1.
Alla fine vinsero i californiani 4-1, ma AI era ormai una stella assoluta, da anni tra i protagonisti della Lega americana.
Adesso è tornato. Non se n'era mai andato, certo; Phila ha continuato a reggersi per anni sulle sue giocate e sulla sua classe, fino al momento del divorzio, che ormai appariva inevitabile da un po' e l'arrivo tra le montagne del Colorado, altro big in un roster di qualità cui serve ancora esperienza e disciplina per raggiungere traguardi importanti.
Andrà all'All Star game. Titolare, tra gli starting five.
La semplice dimostrazione di come Iverson resti uno dei preferiti dai tifosi, perché sono loro che votano e scelgono. Ma le motivazioni che hanno spinto il folletto dei Nuggets alla partita delle stelle di New Orleans, sono da ricercarsi più in profondità .
Con Melo si è formata una delle coppie più esplosive della Lega, e dopo il periodo di "rodaggio" nella seconda parte della scorsa stagione, quest'anno sta trascinando Denver sera dopo sera ai playoff. Per l'anello ancora non ci siamo, questo è abbastanza sicuro ma chissà , prima o poi anche la franchigia del Colorado potrebbe trovare la chimica giusta per puntare al titolo.
Insomma, sapete una cosa? Questa sembra quasi la sua miglior stagione tra le 11 trascorse in Nba.
Il perché è semplice da spiegare: slegato dalle mille responsabilità che aveva ai Sixers, Allen sembra aver affinato ulteriormente il suo gioco, pur continuando a prendersi tiri pesanti e decisivi.
E poi ci sono i numeri, inequivocabili: poco meno di 27 punti a partita, lontano dai 30 e più di alcune stagioni fa, ma comunque buoni per il terzo posto assoluto tra i top scorers dell'anno e buono anche per insidiare il primato.
Primo per minuti giocati ogni gara, primo per tiri liberi tirati in stagione (altro segno di quel miglioramento di cui parlavamo), quarto per palle rubate e settimo negli assist.
Tutto questo sta trasformando la sua seconda stagione a Denver nella migliore di sempre. Per conferme, chiedere agli spettatori del Rose Garden di Portland, ultima vittima, in ordine di tempo, di Allen Iverson battuta grazie ad una sua invenzione nei secondi finali.
The Answer è in forma come non mai, gioca bene e regala spettacolo; tutto ciò, nell'universo Nba, significa una sola cosa: andare dritti alla partita delle stelle, anche passando davanti a gente come Steve Nash, che lo guarderà partendo dalla panchina. Mica l'ultimo arrivato.
Tra le montagne del Colorado c'è un nuovo Iverson.
Sarà lui, nei prossimi anni, a guidare i Nuggets all'assalto del titolo Nba o resterà solo un sogno proibito?