La dura vita da ‘Mago’

Quando arriverà  il momento della consacrazione per il Mago?

Quando i giornalisti cominciano a dubitare delle potenzialità  di una prima scelta e lo paragonano ad uno dei più grandi fiaschi degli ultimi anni. Quando la stampa si accanisce su uno dei più preparati ed esperti general manager e lo costringe a dubitare di un proprio progetto. Quando anche i tifosi cominciano a perdere fiducia, allora c'è qualcosa che non quadra.

Il "merito" di tutto il polverone che si è alzato a Toronto va ad Andrea Bargnani. Ed è lui che potrebbe pagarne le conseguenze.

"Sono molto deluso da come sta giocando e lui ne è consapevole.– rivelava Bryan Colangelo ad una radio locale qualche settimana fa - Non è incedibile, come tutti gli altri. Se ci fosse una buona possibilità  di scambio la prenderemmo in considerazione".

Se anche colui che ha investito tempo, denaro e una buona fetta di reputazione sul talento italiano smette di proteggerlo, l'ex trevigiano deve averne combinata qualcuna di troppo.

Quotazioni in ribasso

Dopo aver soddisfatto le aspettative che una prima scelta assoluta deve essere pronta a caricarsi sulle spalle, dopo aver lottato fino alla fine per il trofeo a cui ambiscono tutte le matricole, sfuggitogli, forse, per un'appendicite di troppo, tutti si aspettavano il salto di qualità . Lo stesso cambio di marcia fatto dalla coppia dell'Oregon.

Non era necessario arrivare a mettere la quinta, come ha fatto Aldridge, o addirittura il pilota automatico nel caso di Brandon Roy, fresco di convocazione all'All Star Game. Ma non è stata una scelta felice quella di inserire la retromarcia, quando anche rimanendo in folle non sarebbero mancate perplessità  e dubbi.

Le statistiche di Bargnani sono peggiorate in tutti i settori, dai punti, ai rimbalzi, passando per le percentuali, sia dal campo che dalla lunetta. Anche stoppate e recuperi, che non sono mai stati troppo alla sua portata, hanno seguito l'andamento da gambero del romano. L'unica luce in un quadro piuttosto fosco è la precisione nel tiro dalla lunga distanza. Quest'anno siamo su un ottimo 40%, contro il 37,3 dell'anno passato ed è confortante sapere che almeno le sue mattonelle non l'hanno tradito.

La flessione, inaspettata e da tutti vista come conseguenza della mancanza di applicazione, è sentita da tutto l'ambiente come un "tradimento", molto più grave del precedente ad opera di Darko Milicic. Il centro serbo, battuto solo dal prescelto nel draft2003, perlomeno non ha mai dimostrato di saperci fare.

Il momento più basso di una stagione fitta di difficoltà  è arrivato il 13 gennaio quando i raptors hanno ospitato la squadra rivelazione dell'anno. Nonostante la vittoria sui blazers di coach McMillan dopo due overtime, la serata di Andrea è stata più simile ad un incubo. Costretto dai suoi errori a soli 15minuti di impiego ha fatto da spettatore alla doppia-doppia di lusso di Roy. Con un career high di 33punti ha "costretto" l'Air Canada Center ad applaudirlo ed ha scavato un solco tra sé e l'altro sophomore, seduto in panchina a rosicare vedendo i suoi tifosi sempre più amareggiati per la scelta del GM.

Nonostante la tradizione voglia che le prime scelte siano dei big man, sia per la loro rarità , sia per la consapevolezza che l'anello si vince solo se ne hai almeno uno, la chiamata di Roy non sarebbe stata forzata. Infatti all'epoca, Calderon era solo un play di riserva e TJ Ford si è trasferito a Toronto subito dopo il draft.

Questi pensieri hanno diffuso il rimpianto e qualche commentatore si è divertito ad accostare la parabola dell'azzurro con la toccata e fuga di Rafael Araujo. Forse non tutti ricordano, ma il centro brasiliano cresciuto in Arizona venne chiamato da Rob Babcock con il numero otto al draft del 2004, davanti a Iguodala(9°), Al Jefferson(15°) e Josh Smith(17°), per poi virare verso l'Europa dopo soli tre anni tra i pro(attualmente a S.Pietroburgo).

Il confronto con una meteora del genere è impietoso per il nostro connazionale, ma rende l'idea del clima di sospetti e paure che si vive nell'Ontario e che ha indotto Colangelo a mettere in vetrina il suo pupillo. In verità  è solo in mostra, di trade per ora non se ne parla.
E' l'ennesimo tentativo di svegliare un po' il talento nostrano, dopo averlo cullato a lungo. Troppo a lungo.

Guai, però, a pensare ad un imminente divorzio.
Chi comanda conosce bene il mondo del basket e tiene bene a mente che un giocatore di una certa stazza ha bisogno di più tempo per completare lo sviluppo tecnico e l'ambientamento, fenomeni a parte. Sono tantissime le star, o presunte tali che si sono fatte aspettare, tra tutte Jermaine O'Neal e Ben Wallace. Anche il "vecchio" Nowitzki, più volte descritto come sulla via della pensione per far spazio al nuovo (Bargnani..), ci ha messo un po' prima di ammutolire tutti i fischi che gli piovevano addosso dalle tribune dell'American Airlines Center.

Sono tutti casi che suggeriscono di portar pazienza, e se si preferisce dar ragione ai critici si rischia di fare la figuraccia di Chicago che ha svenduto Chandler, un quasi-all star.

Sarebbe oltremodo assurdo lasciare andare via il ventiduenne proprio ora che Mitchell ha trovato il modo di inserirlo nel proprio gioco. L'ingerenza della società  che decideva quanto e quando utilizzare l'ultimo arrivato, le raccomandazioni di Gherardini che obbligavano il coach of the year a garantirgli un minutaggio rispettabile, avevano creato un rapporto che assomigliava molto ad una convivenza forzata.

Quest'anno la musica è un'altra. La dirigenza, dopo avergli insegnato a camminare si è fatta da parte ed ha lasciato che il ragazzo se la cavasse da solo (almeno in parte..) tra le grinfie del coach.

Il trattamento Mitchell

La piena autonomia ha permesso all'allenatore di giudicarlo più serenamente e sembra essersi accorto(o forse arreso alle pressioni..) di poterlo plasmare, di poter correggere gli errori più grossolani in modo da renderlo utile alla causa canadese.

"Tutti vogliono che Andrea sia decisivo subito. E anche io lo vorrei, ma sono stato nella lega per vent'anni e so benissimo che questo non accade in una notte. Ma se si lavora, se ci si impegna per migliorare e hai del talento, quel momento arriverà ".

La priorità , fin da ottobre è stata quella di lavora sulla fase difensiva. "Quella è la cosa più dura da capire per un giocatore giovane. Ci sono molte cose che possono influenzare una partita oltre a fare canestro - dice Mitchell - Bisogna cercare di dire ai giocatori che si può sempre difendere, si può sempre andare a rimbalzo, si può sempre far un passaggio in più, si può sempre migliorare la squadra. E tutto ciò non ha nulla a che fare con i punti segnati".

Le prestazioni del numero 7 hanno continuato a dipendere fortemente dall'efficienza realizzativa, in parole povere, dal numero di canestri. Se però tutte le attenzioni di un giocatore sono concentrate sulle percentuali è facile che una serata storta condizioni tutta la prestazione. Quando il canestro ti sputa i primi due o tre tiri del match é normale sentirsi frustrati o demoralizzati se il tuo unico obiettivo è quello. E di conseguenza anche la concentrazione viene meno, mandando il giocatore fuori giri, costringendolo a perdere lucidità  e portandolo a commettere errori banali.

Bargnani è il primo e il più illustre giocatore di una lunga lista che cade in questo circolo vizioso.
Per evitare che l'intera squadra ne risenta l'unica scelta per Mitchell è farlo accomodare in panchina, opzione molto coraggiosa per la quantità  di "se" e "ma" che lo potrebbero sommergere a fine gara.

Fino ad ora il minutaggio ridotto non ha portato a critiche, se non dai fan italiani che lo vorrebbero sempre e comunque in quintetto. Ma nello stesso tempo lo staff tecnico non si è arreso. Nonostante il morale di Bargnani continuasse a precipitare di partita in partita tutti hanno cercato di proteggerlo dalle bordate della stampa e di incoraggiarlo.

"Le difficoltà  ti fanno sprofondare sempre più in basso. - così l'allenatore parlava alla stampa a metà  gennaio - Ma impari a conoscere te stesso e quando ti riprendi diventi orgoglioso. E questa fiducia è fondamentale per un giocatore.".

Alle parole è seguito un programma d'allenamento intenso che consentisse al ragazzo di colmare alcune lacune per permettergli di aumentare il mazzo da cui pescare per aiutare il proprio team.
La prima mancanza che Bargnani si porta dietro dal vecchio continente è la scarsa propensione al rimbalzo. Le media in carriera(3,8) è decisamente negativa per una power forward, soprattutto se stiamo parlando di un sette piedi.

Secondo il tecnico dei raptors la capacità  di catturare le carambole non è una questione di altezza, ma di cattiveria, di intensità  e di prontezza. Tutto vero, ma se sei alto a maggior ragione non puoi tirarti indietro.

Il coach è convinto che "grattando" via un po' di timidezza i risultati sarebbero molto più interessanti e così è già  stata programmata una vacanza-studio. Quest'estate Bargnani, si sottoporrà  alle cure di John Lucas, uno dei migliori preparatori in circolazione, lo stesso che ha seguito il recupero di TJ Ford.

In attesa del "corso di recupero" estivo, gli assistenti di Mitchell hanno martellato le giovani leve del reparto lunghi(Moon, Graham e Bargnani) con esercizi massacranti. Ore di spinte, salti e colpi proibiti sotto ad un tabellone per agguantare più palloni possibili. "E' come una guerra, devono tenere, afferrare e colpire. - così Mitchell descrive l'esercizio più odiato dai giocatori - E' ciò di cui i ragazzi hanno bisogno. Quando entrano in palestra (the hellhole of the gym) devono battersi l'uno contro l'altro. E' utilissimo per i giocatori, l'unico modo che hanno per imparare. Non ci sono arbitri che fischiano, puoi chiamare i falli che vuoi".

Dopo due mesi di attenzioni non si può dire che sia diventato una calamita per la palla a spicchi, ma le continue pressioni a cui è stato sottoposto durante le sedute in palestra stanno cominciando a dare delle risposte incoraggianti.

La tendenza a gettarsi sulle palle volanti non la si insegna in due giorni, ma almeno nella casella dei rimbalzi non ci sono più degli inquietanti "0".

Inoltre è riuscito a riemergere dalla depressione in cui era caduto, ha migliorato notevolmente nella propria area così ha riguadagnato i minuti che gli erano stati sottratti, per esempio, da Graham. La consapevolezza di non dover uscire al primo errore gli ha restituito un po' di lucidità , abbastanza per evitare i tiri "premeditati" che ultimamente lo caratterizzavano. La precisione nel tiro dalla lunga distanza è ritornata chirurgica e le squadre hanno ricominciato ad adattarsi.

La novità  è che ora nello spazio che si crea in area non ci vanno solo i compagni, ma ci si butta anche lui dopo aver fintato il tiro. "Andrea sta diventando più aggressivo. Lui sa tirare bene, ma quando aggredisce il canestro può diventare ancora più pericoloso. - dice Bosh soddisfatto del recupero del compagno di reparto - Può creare nuove soluzioni per tutti noi, e siccome è molto altruista con la palla in mano può davvero metterci in condizioni favorevoli".

Ora, dopo una serie di uscite incoraggianti(17,5punti di media nelle ultime sei tra cui una gara da 28punti e un'altra da 20+7+7 contro Boston) è importante che mantenga questa costanza, che non si sieda sugli allori perché c'è ancora molto da lavorare.

"Ovviamente deve migliorare ancora nei rimbalzi e in difesa, ma sta progredendo. - così dichiara il coach dopo la rinascita del mago - Abbiamo bisogno di lui perché mette molta pressione sulla difesa avversaria".

Il centro che non ti aspetti

Le poche parole rilasciate alla stampa negli ultimi mesi sono servite a Bargnani per scacciare un po' di voci sulla sua presunta fragilità  emotiva. "La gente parla di me da quando ho sedici anni, quindi le critiche non sono un problema. La scorsa estate quando perdemmo con la nazionale, tutti i giornali in Italia hanno scritto su di me. Io non mi preoccupo, ho altre cose che mi fanno stare bene".

Ma tutti a Toronto hanno capito benissimo come è fatto. Si lascia condizionare facilmente dagli eventi, se va in panchina dall'inizio o dopo pochi minuti la vive come una bocciatura.
La necessità  di farlo partire nello starting five ha riproposto un quesito che ultimamente, per i demeriti dell'italiano, era stato accantonato.

Bargnani e Bosh possono convivere?
NO, e lo si poteva ipotizzare anche prima del famoso draft. Entrambi sono power forward, nonostante abbiano uno stile opposto, ed hanno passato un anno a pestarsi i piedi.
Mitchell è venuto a capo dell'enigma, o meglio l'ha evitato, optando per uno spostamento di ruolo.

Dalla fine di dicembre Bargnani è a tutti gli effetti il centro titolare dei Raptors. "La mia idea - spiega Mitchell - è che d'ora in poi sarà  il centro titolare".
"Io sono d'accordo con l'idea del tecnico - conferma Colangelo - abbiamo parlato un po' sull'impatto che potrebbe avere sul resto della squadra, e siamo arrivati alla conclusione che lui partirà  in quintetto".

E' una decisione molto azzardata che comporta tempi di adattamento molto lunghi e risultati non del tutto certi. Bargnani non ha mai giocato spalle a canestro, non si è mai impegnato più di tanto ad imparare i trucchi del mestiere e soprattutto non è in grado di marcare in post basso i colossi che popolano la Nba. Ma il suo talento offensivo serve come il pane a Toronto che non può prescindere solo dall'energia del texano. Tanto basta per tentare qualcosa di improbabile.

E poi se da un lato avrà  un po' da soffrire, almeno finché non prenderà  le giuste contromisure, dall'altra può far correre un po' i suoi pari ruolo. "Molte squadre non hanno centri che possano seguirlo fuori dall'area ed impedirgli di tirare" è la considerazione che ha fatto pendere la bilancia in favore di Michell.

Anche Rasho Nesterovic, che ha ceduto i privilegi, dall'alto dei suoi nove anni nella lega sta dalla parte del mago. "E' un ragazzo giovane. E' un gran giocatore e una brava persona. Dategli tempo. - lo difende l'ex virtus Bologna - Non ha bisogno di migliaia di persone che gli dicano cosa fare e cosa non fare. Non gli servono centinaia di allenatori, ne basta uno ed è lui che deve ascoltare".

Ci fidiamo dell'esperienza del nazionale sloveno. Mentre aspettiamo di vedere cosa combinerà  al Rookie Challenge lo lasciamo un po' in pace con la speranza che i progressi delle ultime due settimane non siano solo l'ennesimo fuoco di paglia"

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