Il fenomeno Hornets è destinato a durare?
"E' stata una delle più belle vittorie, se non la migliore, nella storia della franchigia".
Si tratta delle parole pronunciate da un Bob Licht chiaramente euforico dopo la vittoria che ha chiuso la settimana degli Hornets. Una settimana da quattro vittorie.
L'affermazione del commentatore tv non è affatto figlia della situazione. A freddo avrebbe ripetuto sicuramente la stessa cosa, parola per parola. Ed è impossibile dargli torto. Anche chi non ha una memoria così lunga da ricordare il cammino dei calabroni dal loro spostamento a New Orleans, non può rifiutarsi di ammettere che uno scarto di 24 punti in casa dei campioni in carica non è roba da poco.
Può essere solo l'inizio?
Aver tenuto testa, prima, e dominato poi la dinastia Spurs che da una decina d'anni, in concomitanza con l'approdo nella lega di The Big Fundamental, domina i palazzetti di mezza america è un traguardo impressionante. E acquista un sapore ancora più gradevole se si pensa che gli hornets non uscivano vincitori da Alamo City da quattro anni. E l'ultima soddisfazione contro i quattrovolte campioni di Gregg Popovich risale al dicembre 2005, quella volta in Louisiana.
"E' stata una vittoria pesantissima per noi - ma soprattutto dice Chandler - adesso abbiamo sconfitto tutte le squadre della nostra division". Non solo, visto che gli hornets hanno battuto almeno una volta tutte le candidate al primo posto nella conference, se non le più probabili finaliste. 2-0 contro i "soli" di Mike D'Antoni, 1-1 nelle sfide ai mavs e 1-1 al cospetto dei defenders texani, per un totale di 4-2.
Se fino ad ora si era parlato più delle sconfitte degli avversari, vuoi per l'assenza di Nash, vuoi per il trauma post-playoff di Dallas, ora è arrivato il momento di dare a Cesare quel che è di Cesare. D'ora in poi New Orleans non sarà più una bella cenerentola, ma un gruppo in grado di passare sopra a chiunque. Il messaggio è chiaro, se abbiamo vinto nel regno dei fenomeni non siamo inferiori a nessuno. E i 18.797 tifosi che sono usciti dall'arena con la delusione stampata in faccia, tipica di chi si aspettava esattamente il contrario, ne sono i testimoni.
"Abbiamo lavorato duro per colmare il gap che ci separava dalle migliori franchigie della western conference - racconta soddisfatto West - e siamo stati in grado di farcela". E lui, più di chiunque altro, ha il diritto di prendersi dei meriti dopo aver fatto la voce grossa nella "tana" degli avversari. Al cospetto del trio di campioni più eterogeneo, un caraibico, un argentino ed un francese, ha danzato letteralmente nell'area nemica facendo impazzire la solida difesa texana con jumper ed entrate da manuale. Alla fine i 32punti, che acquistano ancor più valore se affiancati alla percentuale di tiro(79%), e i sette rimbalzi lo eleggono miglior giocatore.
La chiave della gara è stato sicuramente il cambio di ritmo post-intervallo, che ormai sta diventando un marchio di fabbrica. Se gli hornets rimangono in partita nei primi due parziali c'è da star sicuri che al ritorno sul parquet se ne vedranno delle belle.
Chiunque temesse uno scarso ricambio generazionale nel ruolo di point guard può stare tranquillo che il giovane prodotto di Wake Forest, al secolo Chris Paul, ha tutte le credenziali per diventare un numero uno. Il piccoletto ha già capito alla perfezione come dirigere a questi livelli, sono gli avversari che non hanno ancora capito come fermarlo, e l'Mpv delle scorse finals è stata l'ultima vittima illustre.
Quando decide che è arrivato il momento di dare uno scossone alla partita non c'è avversario che tenga e anche Nash, ancor prima di Parker, ha pagato dazio. Nello scontro diretto, la palla rubata(da highlights) dal play di New Orleans al due volte miglior giocatore della regular season potrebbe essere l'anticipazione di un passaggio di testimone.
Forse è troppo presto per azzardi del genere, ma la leadership della terza scelta del draft del 2005 è musica per tutti gli amanti del basket. Se poi può contare su un quintetto all'altezza delle sue ambizioni, non è difficile capire il momento fantastico dei ragazzi di coach Scott.
Sotto gli occhi di tutti
La magica serata in Texas è solo l'ultimo capitolo, per ora, di un libro tanto avvincente quanto incerto. L'ottava vittoria di fila(record stagionale) arriva a ruota dopo altri traguardi inimmaginabili, in cima a tutti il primo posto nella conference. Inutile dire che il record di 31W a fronte di 12L è il miglior inizio dalla fondazione della franchigia e dista solo 7 vittorie da quello finale dell'anno passato.
E dopo tanti tentennamenti anche la New Orleans Arena sta tornando ad assistere a partite avvincenti, nonostante il numero di seggiolini senza padrone sia ancora troppo alto, in particolar modo per una squadra così.
Il percorso netto dei calabroni ha colto tutti di sorpresa. A novembre sfido a trovare anche solo una mezza parola che potesse presupporre un po' di fiducia nel futuro immediato dei calabroni. Per capire da dove deriva quella che oggi appare una cecità giornalistica o magari incompetenza bisogna fare un passo indietro e sforzarsi di ricordare in che modo era visto lo starting five.
Play futuribile, ma forse ancora inesperto per guidare una squadra competitiva.
Guardia con sette anni di Nba alle spalle(tutti a Toronto) caratterizzati da alti e bassi(specialmente nel 2007).
Ala tiratrice con un punto interrogativo di dimensioni stratosferiche sulle spalle per un infortunio serio ed una riabilitazione avvolta dal mistero.
Ala forte che nonostante gli sforzi sta perennemente al di sotto dei potenti radar di cui è dotata la stampo.
Centro molto poco attaccante e molto poco convincente dopo una serie di annate nell'Illinois che hanno fatto deragliare l'idea che potesse essere dominante.
E da questo anonimato è cominciata la loro cavalcata.
A parte i miglioramenti di CP3 che l'hanno raccomandato alla “confraternita”(presieduta da Nash e Kidd) dei migliori play in circolazione e ai continui progressi di West che ora possiede un infinità di soluzioni in attacco, se non la capacità di muoversi come un esterno e la possibilità di usare entrambe le mani, da renderlo un enigma per tutti i difensori(ultimamente un certo Bowen..), l'exploit è dovuto ai restanti tre.
Chandler per la prima volta da professionista riesce a viaggiare in doppia doppia di media e ad essere un fattore anche in attacco. Non è ancora un centro raffinato e non si può permettere di esigere dei giochi per sé quando non è pericoloso spalle a canestro, ma ha trovato in Paul la spalla ideale. Il pick and roll eseguito dai due sta raggiungendo livelli prossimi alla perfezione e sfrutta a dovere l'agilità del "pivot" al settimo anno.
Ed è per questo che dei 207 canestri di Tyson, ben 41 sono schiacciate in alley-oop.
Stojakovic si è sbarazzato definitivamente(così sembra) dei dolori alla schiena che l'anno bollato come giocatore finito ed ha ripreso da dove aveva lasciato. E' tornato a martellare la retina dalla linea da 3(44,2% dalla lunga distanza e un bel 94,6% dalla linea della carità ). "Sono molto felice che le partite saltate non siano dovute alla schiena - dice Peja riguardo alla sua condizione – la preoccupazione fin dalla preseason era legata proprio alla schiena. Fortunatamente sono libero da infortuni e voglio concentrarmi sul lavoro in palestra così da acquistare maggior confidenza con il campo".
Il più rilassato dopo il ritorno in grande stile del serbo è senza dubbio il presidente George Shinn. Stava già cominciando a preparare le barricate per ripararsi dalle critiche dei giornalisti che non gli hanno mai perdonato l'acquisto del free agent ex Indiana.
Ed infine Morris Peterson. Potrebbe sembrare l'anello debole, ma invece è una pedina indispensabile. E' il giocatore che più di tutti si sta sacrificando per il bene della squadra, senza troppe pretese in attacco, ma con un'intensità tremenda nella propria metà campo.
"Abbiamo una serie di ragazzi che può segnare e non mi metto a pensare di essere la quarta o la quinta opzione. L'importante è essere pronti quando viene il proprio turno" queste le sacrosante verità pronunciare da Morris Peterson dopo una serie di partite sotto i tre punti di media. "E' molto più divertente essere in una squadra che vince. Preferisco contribuire come sto facendo piuttosto che segnare venticinque punti a sera, ma essere in una franchigia che ha un record di 4-30. Così non ci sarebbe gusto, io gioco per vincere come sto facendo ora".
La capacità realizzativa è un fattore indiscutibilmente importante per raggiungere determinati traguardi, ma chi ha vinto il titolo di recente(Detroit e San Antonio in primis) sa perfettamente che il segreto è la difesa. Coach Scott, che da giocatore ha vinto tre titoli con i lakers, deve averlo recepito molto bene e così i suoi hornets sono la quarta squadra nella lega per punti concessi(93,1), dietro solo alle prime della classe(celtics, pistons e spurs).
"I miei ragazzi sono molto motivati e ci pensano da soli a controllarsi- racconta Byron Scott - così io posso spendere tutto il mio tempo per dedicarmi agli schemi e alla tattica. Sono molto concentrati, io devo solo assicurarmi che continuino così". E' evidente che oltre ai miglioramenti tecnici ci sia stato anche una trasformazione psicologica. "L'anno scorso abbiamo avuto molte delusioni che non vogliamo ripetere". Questa l'idea che si è fatto Chandler.
Futuro tutto da scoprire
Viste le premesse perché non includere New Orleans nella lista delle possibili finaliste? Le risposte sono principalmente due, per l'inesperienza e per la panchina molto poco profonda.
Tutti, fin dall'inizio del torneo, si erano più volte espressi sulla pochezza delle riserve. Ma se a commentarla è il capo allenatore della squadra, le parole hanno una risonanza notevole. "La nostra panchina deve fare meglio. Penso che i nostri starters possano giocare contro chiunque nella lega, ma è fondamentale avere elementi che escano dalla panchina e diano energia. Dobbiamo essere sempre aggressivi così come fanno tutte le altre squadre Nba".
Spesso Scott si è trovato a dover rimettere in campo frettolosamente lo starting five dopo aver assistito attonito i suoi cambi sperperare anche 20punti di vantaggio. Da qui deriva la scarsa fiducia, prima, e l'intervista seccata, poi.
Sembrerebbe però che da quel 9 gennaio, da quell'esternazione qualcosa si sia mosso all'interno dei diretti interessati. Forse qualcuno si è sentito, finalmente, chiamato in causa.
I primi segnali di risveglio sono arrivati dal veterano del gruppo, Bobby Jackson.
Il trentaquattrenne, dopo una vita passata a fare il sesto uomo di lusso(soprattutto negli anni d'oro di Sacramento), ha cominciato la sua undicesima stagione tra i professionisti nel modo peggiore. Fin dall'inizio si è accontentato solamente di conclusioni perimetrali. Così facendo ha finito per diventare inutile nelle giornate-no al tiro ed il minutaggio, ma soprattutto la fiducia del coach è andata diminuendo.
Poi dopo le sfogo di Scott ecco la svolta.
Contro Miami 9/9(sette su sette dall'arco!) al tiro per un totale di 25 punti. Miglior realizzatore del match e finalmente decisivo per le sorti della squadra. "No, non ho mai smesso di credere in lui. - spiega Scott a fine partita - Il minutaggio che ha avuto non era quello a cui era abituato, ma tutto è dovuto al fatto che non ha giocato molto bene. Se lui riuscirà a giocare così fino alla fine della stagione, avrò una preoccupazione in meno riguardo alla panchina".
Da quel momento è tornato ad essere un tiratore affidabile. Il problema non è stato tanto tecnico, dal momento che ha sempre insegnato agli altri come tirare, quanto psicologico. Quello che gli è mancato è stata la concentrazione e l'intensità . "Quando sono aggressivo(e attacco il canestro), divento molto più efficace - sottolinea la guardia, analizzando la sua svolta - Tutti quanti hanno ripetuto continuamente come è stata inutile la panchina. Ho deciso di prenderla sul personale e ho usato le critiche come uno stimolo".
Anche il sesto anno Jannero Pargo ha avuto un sussulto.
Nelle tre partite che hanno fatto seguito alle dichiarazioni dell'allenatore ha tirato 15/21 dal campo e 6/6 da tre, di cui 4/4 solo contro Miami.
In generale nelle ultime sei è riuscito a ritoccare per ben due volte il suo season high, firmando con 18 punti la sfida di Seattle e con 24 l'ultima con Portland. Nelle uniche due in cui è andato sotto la doppia cifra per punti ha saputa distribuire 6 assist (vs Milwaukee) e 7assist(vs Charlotte).
Nelle ultime due, vista l'assenza di Jackson per un dolore al tendine destro("tutto a posto" dice lui per non preoccupare i tifosi), si è ritagliato ben 23,5 minuti di media. Probabilmente è un po' troppo sperare di mantenerla fino alla fine della stagione ed anche lo stesso giocatore ne è consapevole.
"Quando ero a Chicago( ed era una situazione peggiore) non sapevo se e quando giocavo - racconta Pargo - Potevo non entrare per cinque partite, poi giocarne una bene e risedermi per altre cinque. E' tutta una questione mentale. Devi riuscire a mantenere la stessa concentrazione, sia se giochi cinque minuti sia se ne giochi venti. Solo con la stessa intensità puoi aiutare la squadra a vincere. Il mio compito è quello di essere una scintilla che dà la scossa alla squadra. Credo che quello sia il motivo per cui sono stato capace di rimanere nella Nba".
Da gennaio, precisamente dal 9, è tornato a disposizione anche un'altra pedina. Dopo quasi un mese di assenza(l'ultima giocata risale al 12dicembre) riecco Melvin Ely. L'infortunio(frattura dello zigomo in seguito ad una gomitata di Kenion Martin) è stato una tegola per Byron Scott che si è visto privare dell'unico giocatore in grado di far rifiatare Chandler.
Ma il sesto anno proveniente da Fresno State non è solo un rimpiazzo. La sua presenza in area è fondamentale per dare un tocco in più di imprevedibilità alla manovra. Ma soprattutto è l'unica ancora di salvezza nel caso in cui il gioco penetra e scarica(per il tiro dalla lunga distanza) non dia i risultati sperati. E' ovvio che non ci si aspetta che risolva da solo le partite, ma in attesa delle invenzioni estemporanee di CP3 può diventare una soluzione decisiva.
Non è un grande atleta, ma ha un gioco spalle a canestro rispettabilissimo. "Non posso schiacciare sopra agli avversari anche perché posso saltare giusto un foglio di carta - confida scherzosamente il centro ventinovenne - ma posso far affidamento sul mio gancio e su tiri del genere. Io non cerco mai di fare cose fuori dalle mie possibilità . Sto tornando a giocare lentamente, ma sono grato al coach per la fiducia. Appeno tornerò nella condizione fisica ideale cercherò di dare una mano al gruppo delle riserve ".
Per quanto riguarda gli altri, in verità , c'è poco da fare ed è proprio per questo che la società si dovrebbe dare da fare prima della deadline di febbraio. Dalla stanza dei bottoni, però, non è trapelato nulla e probabilmente nulla si farà .
Ma alla fine è meglio così. Senza pressioni ed aspettative gli Hornets sono arrivati fin qui. Proviamo a lasciarli crescere tranquillamente e chissà che non sapranno sorprenderci di nuovo.