Bruce Hurst, ad una celebrazione organizzata dai Boston Red Sox
Abbiamo avuto il privilegio di effettuare un'intervista esclusiva a Bruce Hurst, ex lanciatore di Major League, a Tirrenia, durante l'MLB European Camp.
Hurst è una gloria indimenticabile per qualsiasi tifoso dei Red Sox, avendo militato per ben 9 anni nelle file della franchigia di Boston, da prodotto del loro vivaio. In particolare straordinario fu il suo 1986, chiuso con 13-8, 2.99 ERA. In quell'annata i Red Sox arrivarono alle World Series, poi perse contro i Mets in maniera rocambolesca. Proprio in quella serie infuocata, Hurst lanciò in maniera eccezionale, ottenendo un record di 2-0, 1.96 ERA.
Hurst, che ha giocato anche con Padres, Rockies e Rangers, collabora da vari anni con MLB International e coi suoi programmi di sviluppo. In virtù di ciò, partecipa all'MLB European Camp come pitching coach, ed ha assunto questo stesso ruolo anche con la nazionale cinese per la sua avventura al World Baseball Classic.
Bruce si è dimostrato disponibilissimo e l'intervista si è velocemente trasformata in una piacevole chiacchierata tra amici. Quanto segue ne è la fedele trascrizione.
Bruce, è la seconda volta che vieni qui a Tirrenia.
Si, è la seconda volta che vengo qui, ma abbiamo già svolto il camp in Europa per molti anni, di cui 3 a Parma. Complessivamente, è il mio settimo anno.
Il livello si è alzato in questo periodo?
Decisamente si. Ci sono stati netti miglioramenti di anno in anno. In particolare i ragazzi che sono già venuti qui due o tre volte hanno fatto un buon lavoro nel raffinare le proprie abilità .
Negli ultimi anni molti europei sono andati oltreoceano. Pensiamo ad esempio ad Alessandro Maestri, Alex Liddi, o all'olandese Shairon Martis che ha lanciato alla grande nel WBC. E' forse il segnale che gli europei stiano limando il gap con gli americani?
Si, credo di si. Ci sono molti più ragazzi che giocano a baseball, ci sono buoni atleti in giro e quanto sta accadendo è un tributo ai coach locali che stanno istruendo bene i propri allievi. Come dicevo, ci sono buoni atleti, e semplicemente bisogna farli giocare di più. Più giocano e meglio sarà per loro.
Ma non è solo l'Europa che sta limando il gap. L'internazionalizzazione del baseball ha portato lo sport anche in Cina, e durante il WBC, in cui sei stato il loro pitching coach, abbiamo visto molti bei giocatori, come Nan Wang o Chenhao Li, lanciatori interessanti. Credi che a lungo termine i cinesi possano esprimere del talento di livello MLB?
Hanno molto su cui lavorare. Semplicemente pensando al bacino d'utenza a loro disposizione la risposta dovrebbe essere affermativa, ma il baseball non è giocato a sufficienza a livello giovanile come qui in Europa o ancora di più in Canada, America e nei Caraibi. Con la maggiore diffusione dello sport nel loro paese però le cose cambieranno, perchè di certo non mancano loro gli atleti.
Qual'è la differenza maggiore tra i giocatori teen-agers europei e quelli americani? Ci sono differenze anche fisiche o di talento o si tratta solo di inesperienza a livello tecnico?
Direi che si tratti soprattutto di tecnica da sgrezzare anzichè di talento puro. Qui (al camp, ndr) abbiamo fantastici atleti e ragazzi fisicamente molto dotati. La differenza è nell'opportunità di giocare o meno. Negli States è parte della nostra cultura. I genitori vanno nel giardino di casa a tirarsi la palla coi propri figlioletti. C'è una maggiore diffusione del baseball, i ragazzi lo vedono di più e giocano di più, quindi tecnicamente sono più raffinati, ma come talento puro gli europei non sono inferiori e non lo sarebbero neanche numericamente se lo sport venisse praticato maggiormente.
Credi che i soldi che la Major League stia investendo in progetti come l'MLB European Camp possano aiutare la divulgazione del baseball anche a livello locale, oltre ad aiutare questi ragazzi (quelli dell'Accademia, ndr) ad oltrepassare l'oceano?
Spero proprio di si, visto che è anche parte di ciò che facciamo qui. Non tutti i ragazzi che partecipano al camp avranno la possibilità di giocare da professionisti negli Stati Uniti. Continueranno però a giocare, cresceranno, matureranno e diventeranno uomini. L'esperienza e gli insegnamenti accumulati li aiuterà ad intraprendere una carriera da allenatori per poi essere loro a divulgare le proprie conoscenze e la propria passione. Noi qui stiamo cercando anche di formare giovani allenatori.
Siamo qui per un progetto a lungo termine, non ci interessa il breve. Man mano che passerà il tempo ci saranno coach più preparati, e verrà data a più ragazzi l'opportunità di conoscere lo sport e giocare a baseball. In questo modo vedremo sempre più giocatori europei in circolazione, e spero davvero che avvenga.
In questo camp avete già giovani pitchers che illuminano la radar gun (la pistola che rileva le velocità di lancio, ndr) oltrepassando quota 90 miglia orarie?
Si, ne abbiamo già qualcuno. Molti superano tranquillamente quota 85-86, mentre i rimanenti si attestano intorno alle 82. Ma questo dipende anche dalla differenza di età , perchè i ragazzi si stanno ancora sviluppando (al camp hanno partecipato anche ragazzi quindicenni, ndr).
Quando osservi ed alleni giovani talenti, qual'è la prima qualità sulla quale cerchi di lavorare? Il controllo, la varietà dei lanci, ecc…?
Prima di tutto guardo la meccanica di lancio. Bisogna individuarne una che li mantenga in salute ed eviti infortuni fisici, oltre a permettere loro di sviluppare una certa consistenza nel movimento. Credo infatti che sia importante lavorare su un certo tipo di movimento che preservi da infortuni senza pregiudicare il controllo dei propri lanci. Una volta che il ragazzo avrà raffinato questo tipo di movimento, potremo iniziare a lavorare su altri aspetti, come il grip sulla palla, o come lanciare. E poi ci sono i ragazzi che hanno solo bisogno di maturare e che devono crescere. Con loro c'è poco da fare se non mantenerli su un buon programma di allenamento che permetta loro di svilupparsi.
E qual'è il passo successivo? Lavorate sul cambio delle velocità introducendo a poco a poco le breaking balls? Li mantenete lontani da lanci come sliders e screwballs che possono indurre danni strutturali?
Non vogliamo essere troppo complicati. Vogliamo tenerci semplici, specialmente coi più giovani, senza fornire loro troppo su cui lavorare. L'idea è quella di costruire le fondamenta su cui poi sviluppare il proprio gioco ed il proprio stile. Lasciamo che riescano ad imparare gli aspetti basilari del gioco prima che, crescendo, cerchino di impararne altri. Noi diamo loro solo un paio di punti importanti da capire a fondo e gradualmente innalziamo il loro livello, ma solo una volta che hanno guadagnato il perfetto controllo del loro corpo e dei propri lanci.
Imparare a lanciare è un processo lungo. Io ho lanciato per 15 anni, Lee (Smith, ndr) per 18 ed ovviamente ciò che sapevamo negli ultimi 3-4 anni di carriera era molto più di quanto sapessimo all'inizio. E' un'evoluzione continua e non si finisce mai di imparare cose nuove. Noi cerchiamo di inculcare questa mentalità anche in questi giovani.
Nello sviluppo di un giocatore di baseball fra l'altro è importante anche l'elemento del fallimento. Devono imparare dai propri errori e dobbiamo permettere loro anche di sbagliare, a patto che sfruttino ciò per migliorare in seguito.
Se riusciranno a seguire questo percorso, andrà tutto bene per loro.
E' un po' quello che sta succedendo anche a livello MLB con giovani fenomeni come Liriano, Papelbon, Verlander o Lester. Sono tutti venuti fuori nello stesso anno e tutti sembrano aver colpito un qualche tipo di barriera contemporaneamente. Verlander e Papelbon hanno avuto qualche problemino tecnico, Liriano si è infortunato abbastanza seriamente e Lester ha innalzato notevolmente la propria ERA ad agosto (anche se - si è scoperto in seguito - è stato colpito da un tumore, fortunatamente curabile, ndr). Sono stati osservati attentamente, gli avversari stanno trovando contromosse e loro stanno incontrando dei problemi, o piccoli fallimenti. Quindi la maniera in cui si riprenderanno determinerà cosa sarà del resto della loro carriera?
Esattamente. In MLB hai le tue debolezze esposte ogni singolo giorno. Ti filmano ripetutamente, ci sono maree di scouts, e devi imparare ad adeguarti per colmare le tue lacune. Inoltre anche fisicamente la stagione è più probante e lunga delle stagioni di minor league e l'intensità è notevolmente superiore. Per questo, tornando al discorso di prima, è importante avere un controllo del proprio corpo tale che permetta di rimanere fisicamente in salute, senza infortunarsi, e lavorare sull'aspetto mentale per non avere cali di tensione durante la stagione, ma anche tra un anno e l'altro. Fa tutto parte del processo di crescita.
Fino a che punto si può prevedere il futuro di un giovane lanciatore? Per esempio, puoi prendere un diciannovenne qualsiasi che non si chiami Felix Hernandez e dire "Beh, questo ragazzo arriverà in MLB, e sarà anche bravo"?
Puoi guardarlo e farti una buona idea, ma rimane una proiezione. Non è una scienza esatta e ci sono tante variabili in gioco. Negli ultimi 150 anni di baseball ci siamo fatti una buona idea di ciò che funzioni e di ciò che serva per far crescere un giocatore, ma ci saranno sempre fattori astratti ed intangibili. Quello che è nel cuore e nella testa dei ragazzi fa la differenza nel tempo. Tutto ciò è imprevedibile e tocca al ragazzo lavorarci sopra.
Quindi in pratica è la mente prima ancora del braccio che trasforma un giocatore di "Quadruplo A" in un giocatore di MLB?
Si. Non c'è solo il talento. C'è l'abilità di pensare, di lavorare duro e di prendere gli accorgimenti giusti. C'è il cuore del campione, che ti permette di competere quotidianamente. Sono queste le cose che fanno la differenza.
Parliamo un po' di MLB. Chi ti ha impressionato dal punto di vista dei giocatori?
Sai, a me piacciono molto quei giocatori che dopo 4, 5 o 6 stagioni continuano a fornire prestazioni consistenti, mantenendosi su alti livelli. Ad esempio John Lackey, degli Angels, mi piace parecchio. E' giovane ed è riuscito a progredire costantemente nella sua carriera.
Senza dimenticare che abbia vinto Game 7 delle World Series 2002 per Anaheim da rookie.
Si, ma poi non si è fermato lì. Ha continuato ed è migliorato, continuando a svilupparsi.
Johan Santana è un altro che personalmente adoro per motivi simili.
Certo, adoro anche Clemens, Maddux, Glavine e Moyer. Schilling stesso è fantastico. Sono grandi giocatori per ciò che fanno anno dopo anno. Per me una grande discriminante per definire un fuoriclasse è proprio la longevità . Devi riuscire ad essere un grande per lungo tempo per esserlo davvero. Non mi piacciono le meteore, che svaniscono in fretta.
Si tratta di lanciatori che sono stati osservati in qualsiasi situazione. Gli scouts sanno tutto di loro, eppure riescono ancora a sorprendere e fornire grandi prestazioni.
Precisamente. Devo aggiungere alla mia lista il grande Pedro Martinez. E tra i giovani mi piace Josh Beckett, che in futuro sarà un asso.
Si, ma quest'anno sta avendo parecchie difficoltà inattese nonostante il talento. Perchè?
E' una transizione. Deve prendere gli accorgimenti giusti di cui parlavo, è arrivato quel periodo lì anche per lui. Tutto è cambiato, Boston è una città molto diversa dalle altre. C'è una tensione, una pressione ed una passione superiore a quella di ogni altro posto, quotidianamente, nel ballpark. Le aspettative sono molto diverse e deve confrontarsi con tutto ciò. Ma il suo talento è incredibile ed alla fine emergerà inevitabilmente. Ci vuole solo tempo e pazienza.
Talvolta però ho visto personalmente Beckett rifiutare qualche chiamata di Varitek, insistendo con tantissime fastballs. Insomma, gioca parecchio di testa sua. Cosa si deve fare in queste situazioni? Fidarsi del proprio catcher o decidere personalmente?
Devi decidere personalmente. Se c'è una vittoria o una sconfitta, non la associano al nome del catcher. Appendono il simbolo accanto al tuo nome. Insomma, devi assicurarti ogni volta sul monte di lancio che tu faccia il massimo per vincere, senza lasciare nulla al caso e lanciare solo qualcosa che ti senti in grado di lanciare. Ogni volta che ho lasciato qualcosa al caso, non fidandomi al massimo di me stesso, mi sono scottato. In quelle situazioni solo io posso sapere come mi senta e cosa mi senta di lanciare. Sono io che devo lanciare e sono io che devo prendermi le responsabilità della scelta finale.
Così poi se sbagli qualcosa, sai che devi prendertela solo con te stesso.
Si. Non puoi incolpare nessuno tranne te stesso. Una delle grandi cose dell'essere un lanciatore è che devi essere una persona responsabile e devi poi rispondere delle tue scelte. Non puoi incolpare nessuno, perchè sei tu ad effettuare i lanci. E' davvero un gran lavoro.
Il pitching vince le partite fra l'altro. Concordi?
Il pitching vince, non c'è dubbio.
L'anno scorso l'abbiamo visto coi White Sox. Quest'anno i Tigers sono stati portati in cima alla classifica dal loro monte di lancio per tutto l'anno. Dove possono arrivare?
Possono arrivare in fondo. Chiaramente dipende da come entreranno nei playoffs. Ma sai, in Regular Season si parla anche di profondità del pitching. Nei playoffs, se hai almeno due partenti assolutamente dominanti, puoi vincere il titolo.
Quindi è valida la regola: 2 grandi partenti ed un super closer.
Si. Avendo solo questo è estremamente difficile arrivare ai playoffs. Ma una volta che ci sei dentro, possono bastare per condurti al titolo. Pensiamo a Schilling e Randy Johnson in Arizona.
Parliamo un attimo del 1986. E' una grande ferita che non si chiuderà mai interamente per i tifosi dei Red Sox, anche se il 2004 ha fatto molto a riguardo. Ma rivedendo le immagini di quella vecchia partita ancora oggi tante domande tornano in superficie. Ad esempio, la palla passa tra le gambe di Buckner in prima base e ci si chiede: ma dov'è Dave Stapleton? Sono successe tante cose strane in quella serie, da Roger Clemens a quella giocata, e tutto sembrava molto confuso. Ma cos'è successo davvero?
Clem era pronto e poteva lanciare. Conosco bene Roger. Aveva una vescica, ma non stava sanguinando molto e poteva continuare. Quella su Stapleton è una domanda da fare ad altri. Io so che lui fosse a disposizione, ma alla fine dei conti quella palla non avrebbe dovuto costituire un problema. Ci sono molte cose che sono accadute prima, che non sarebbero dovute accadere. Io stesso mi devo prendere le mie responsabilità . Avevo un vantaggio di 3 punti con 1 out nel sesto inning in gara 7.
Non so che responsabilità potessi avere. Se Boston avesse vinto, saresti stato l'MVP delle World Series.
Si, ma avevo ugualmente un vantaggio di 3 punti con 1 out nel sesto inning, e basi vuote ed ho perso il vantaggio in quello stesso inning. Questa è una mia responsabilità . Tutti abbiamo avuto una parte. I Mets sono stati bravi a recuperare, ma tutti abbiamo commesso qualche errore. Ho amato quella squadra e quell'organizzazione. Ho amato i miei compagni, ed alla fine dei conti, se proprio devo perdere una World Series, preferisco perderla con quei compagni al mio fianco.
Quindi alla fine, anche in casi del genere, è sempre uno sport di squadra dove si vince e si perde insieme.
Nella mia mente lo è sempre stato. Nessuno vince o perde da solo nel baseball.
Bruce, grazie tantissimo per il tempo che ci hai dedicato!
No problem, grazie a te.