Utah Jazz: prove di volo

E' bastato Korver a mettere il turbo ai Jazz?

La stagione dei Jazz non era cominciata, come molti si aspettavano, con una completa e definitiva esplosione della squadra che lo scorso anno era riuscita a raggiungere le finali di Conference, sconfiggendo al Primo Turno i favoriti Houston Rockets, con una stupenda vittoria esterna in gara -7, passando dal 4-1 rifilato ai Golden State Warriors in semifinale e perdendo appunto in finale contro coloro che avrebbero, di lì a pochi giorni, conquistato il loro quarto titolo NBA in nove anni, i San Antonio Spurs.

Infatti, dopo una partenza sfolgorante con un record di 12 vittorie nelle prime 17 partite, all'interno delle successive 16 disputate nel mese di Dicembre, sono arrivate ben 11 sconfitte, condite da un filotto negativo di 6 L consecutive, tutte contro squadre della propria Conference (Kings, Spurs, Mavs, Blazers, Suns, Blazers) ed altre davvero inspiegabili, contro team che stazionano perennemente in fondo alla Eastern Conference (Charlotte e Miami).

Nel corso della off-season non ci si era praticamente mossi sul mercato, per paura di rovinare gli equilibri della squadra, in attesa di una piena maturazione da parte di tutti i giocatori, in particolare nel reparto guardie. Ciò non è però accaduto e durante questo lasso di tempo si è cercato il fattore che potesse completare un roster collaudato e ricco di giocatori funzionali al play book dell'allenatore.

Dal 30 Dicembre, però, forse finalmente si è trovata questa quadratura del cerchio; forse la pedina, l'elemento mancante, a lungo ricercato da Utah sin dal ritiro di Hornacek ha un nome ed un cognome: Kyle Korver. Di certo non stiamo parlando di un giocatore che sposta gli equilibri di una Division, tanto meno di una Conference, ma era esattamente il tassello mancante del puzzle sino ad allora incompleto, che prende il nome di Utah Jazz.

Nella totale atarassia del mercato NBA, questa trade fortemente caldeggiata da coach Jerry Sloan, aveva fatto completamente infuriare tutti i GM delle squadre dell'Ovest, poiché a pochi è sembrato sensato uno scambio che spedisse un giocatore, sia pur in scadenza di contratto, come Gordan Giricek, elemento disgregante nello spogliatoio dei Mormoni, nella città  dell'amore fraterno, in cambio di uno dei migliori tiratori da dietro l'arco della lega, oltretutto in una squadra che aveva come principale punto debole la mancanza di un gioco perimetrale tra gli esterni.

Ed Stefansky ha invece ritenuto una valida contropartita il croato, poiché nel suo progetto di ricostruzione non rientrava la figura di Kyle, nonostante fosse un giovane prospetto, con già  quattro stagioni alle spalle, estremamente efficace nel suo ruolo seppur con un'applicazione difensiva interamente da rivedere.

Da questa stagione, il ruolo di guardia per Utah è occupato stabilmente da Ronnie Brewer, un giovane che fa dell'atletismo la sua dote principale e che durante l'estate ha lavorato sodo anche sul tiro in sospensione.

Ma Brewer non può essere considerato, per lo meno non ancora, una rilevante opzione offensiva per una squadra che ambisce a fare strada durante i play-off: è sicuramente vero che i grandi bottini in casa Jazz se li accaparrano altri giocatori (vedi Boozer e Williams), ma è stata appunto questa la maggiore lacuna intravista nello scorcio di stagione prima dell'arrivo del tiratore bianco da Creighton: la totale assenza di una terza soluzione in attacco.

Infatti, se analizziamo l'andamento delle ultime 15 gare disputate, notiamo un pur positivo record di 10 W e 5 L, ma se ci limitiamo ad osservare le ultime 10 gare, quelle cioè giocate dopo l'innesto in roster di Korver, scopriamo che Utah ha vinto 8 di questi 10 match durante i quali hanno anche conquistato una serie di 4 vittorie consecutive, interrotta dalla sconfitta esterna contro i Denver Nuggets.

Lo scorso anno, la mancanza di una guardia realizzatrice era stata colmata con la presenza sul perimetro di un tiratore puro come Derek Fisher e ricevendo un maggior contributo da Mehmet Okur, che durante questa stagione sta invece incontrando molte difficoltà  ad entrare in ritmo.

Inoltre sembrava continuasse il lento declino di un giocatore importantissimo per la squadra come Andrei Kirilenko, il quale però nelle ultime partite ha dimostrato di essere tornato il campione di qualche anno fa, probabilmente perché sgravato dalle maggiori responsabilità  al tiro che gli erano state assegnate. Anche durante gli scorsi play-off, era stato più volte battezzato il piazzato dalla media del russo dalla sapiente difesa texana e tale tattica aveva pagato dividendi enormi per il team di Popovich, togliendo completamente dalla serie AK47.

Ora invece, pur nell'ordinato e metodico set offensivo di Sloan, Kirilenko è libero di inventare, di creare tiri per sé e per i compagni con assist fantastici, grazie ad una visione di gioco degna dei migliori play-maker della lega, non facendo mai mancare il solito contributo in difesa.

Per quanto riguarda invece il trend più generico della squadra, dai numeri collezionati si nota quanto sia importante il fattore campo per Utah: il record quando si gioca all'interno dell'Energy Solution Arena è di 17 W e 3 L, mentre fuori casa la squadra ha collezionato un non certo lusinghiero 7 - 15.

In questo momento sono terzi nella loro Division, dietro ai Denver Nuggets ed ai sempre più sorprendenti Portland Trail Blazers. I Jazz hanno già  incontrato gli uomini di McMillan in 4 incontri, venendo sconfitti per ben 3 volte e conquistando una sola vittoria in casa il 31 dicembre. I Blazers sembrano proprio la bestia nera di Utah quest'anno e, non essendo così remote le possibilità  di incontrarli ai play-off, sarebbe meglio se Boozer e soci riuscissero a trovare le contromisure adeguate.

Attualmente gli scorsi finalisti ad Ovest occupano la nona posizione nella Conference, ma le loro quotazioni sono in continua ascesa, vista anche la grande vittoria in casa ottenuta contro i non irresistibili Los Angeles Clippers, che hanno avuto la sciagura di trovarsi di fronte uno scatenato Deron Williams, autore di 18 punti e 13 assist.

Ed è proprio il prodotto da Illinois l'ago della bilancia per Utah, infatti le sue statistiche parlano chiaro: in termini realizzativi la differenza tra vittorie e sconfitte è minima (18,9 nelle W contro 19,9 nelle L), ma nei successi ha in faretra un numero di assist molto più elevato (10,2 contro 7,9). Ciò significa che pur producendo sempre un alto numero di punti, nelle vittorie Williams riesce a far girare la squadra e trovare i compagni meglio e più continuativamente e ciò spesso avviene quando i Jazz giocano in casa (Home: 18,7 punti e 10,2 assist; Road: 19,9 punti e 8,3 assist).

Se, acquistando maggiore fiducia attraverso le vittorie e ad un migliore inserimento di Korver nel sistema offensivo e difensivo, Utah riuscisse a ritrovare la solidità  dello scorso anno, magari scalando qualche posizione in classifica, i risultati ottenuti nel recente passato non sarebbero impossibili da raggiungere, con il sogno di tornare un giorno a quell'età  dell'oro in cui calcavano il parquet dell'Energy Solution John Stockton e Karl Malone.

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