Che tempo fa a Philadelphia?

Andrè Igoudala ha bisogno di rinforzi per portare i Sixers ai Playoff

Ormai è un anno che si parla di rinnovamento nella città  dell'Amore Fraterno, la città  in cui fu proclamata la dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d'America, non a caso nel 1776 da parte di Thomas Jefferson (da qui il nome 76ers), dal momento della cessione di Allen Iverson e del successivo taglio di Chris Webber.

Lo scorso anno le prospettive sembravano ottime, con una squadra che senza le sue stelle, nella seconda metà  della stagione regolare, si è attestata intorno al 50% di vittorie, un rendimento che, se tenuto per tutto l'anno, avrebbe permesso un comodo accesso ai play off.

Anche troppe vittorie, secondo alcuni, in quanto in un draft ricco di lunghi sarebbe stato importante avere una buona scelta, da spendere su un'ala forte, come Horford, Wright, Noah, Yi.
Secondo un altro punto di vista invece il buon rendimento è stato una scelta apprezzabile, prima di tutto per il rispetto delle regole dello sport, in secondo luogo per testare i giovani già  sotto contratto e valutare su chi veramente puntare.

Le partite del mese di novembre, più l'unica di ottobre, l'apertura contro i Toronto Raptors, sembravano confermare la prima ipotesi: solo 4 vittorie a fronte di 11 sconfitte, una squadra allo sbando, una assoluta inconsistenza delle due matricole, Thaddeus Young e Jason Smith, in imbarazzo ed apparentemente inadatti a giocare come ala forte in NBA, un attacco in grande difficoltà , che faticava ad arrivare a 90 punti fatti.

Poi le cose sono lentamente migliorate, in alcuni momenti i 76ers sono anche entrati in zona play off, salvo uscirne con una serie negativa di ben sei sconfitte consecutive, le prime tre ottenute però in un tour all'ovest, contro Lakers, Jazz e Nuggets, tre buone squadre, va detto, anche se non possibili competitrici per l'anello di campione. Magari le sconfitte con i Chicago Bulls ed i Milwakee Bucks, diretti concorrenti per i play off, sono decisamente più pesanti.

La difesa si è assestata, attualmente i 76ers sono realmente inferiori nella propria metà  campo solo a qualche squadra che compete per il titolo, come i Celtics, i Pistons, gli Spurs; la truppa di coach Cheeks è lontana dal quarto posto per punti subiti solamente a causa di alcune partite finite in modo inglorioso, come appunto le ultime tre perse ad ovest, soprattutto il 93 a 124 beccato dai Lakers.

Il problema sta sempre nella metà  campo offensiva, in cui si vive troppo di atletismo, di iniziative personali, di isolamenti, di penetra e scarica e troppo poco di circolazione di palla.
Un gioco come quello messo in mostra poteva andar bene quando c'era un mai troppo rimpianto Allen Iverson con una truppa di fedeli scudieri, pronti ad aprire spazi ed a sudare dietro, in teoria avrebbe potuto funzionare anche nella squadra successiva, quella che schierava anche Webber (solo in teoria, si intende, nella pratica mai); oggi, senza grandi stelle, senza leader offensivi, servirebbe un sistema di gioco meglio definito, basato sulla circolazione della palla, possibilmente, viste le buone capacità  atletiche di molti giocatori, una circolazione veloce.

Il play, Andrè Miller, uno dei pochi veri play nella NBA attuale, sembra il leader giusto per un gioco di questo genere, rivedibile al tiro, addirittura indecente da tre punti, ma molto bravo a dettare i ritmi, leggere le difese avversarie, servire i compagni nel modo giusto. Il suo cambio, lo spettacolare Louis Williams, chiamato solamente con la 45° scelta del 2005, molto atletico e spettacolare, non sembra per ora altrettanto portato alla costruzione del gioco, ma più indirizzato alla realizzazione personale, comunque come cambio dalla panchina va più che bene, ed in ogni caso come realizzatore è in crescita.

Nei ruoli di guardia tiratrice e di ala piccola c'è al momento una sola certezza, Andrè Igoudala, AI2, come veniva chiamato per un certo periodo.
Atletico, spettacolare, buono in difesa, completo nel suo gioco, Igoudala deve dimostrare di poter essere un leader, ma per ora sta dimostrando solo di essere un eccellente giocatore; il problema non sarebbe gravissimo per l'appunto in un sistema di gioco più basato sulla circolazione di palla, a Philadelphia per il momento lo rappresenta.

Sotto canestro la coppia Evans/Dalembert non riporta certo alla mente i fasti di Moses Malone o di Charles Barkley, ma i due un minimo di consistenza lo stanno dando. Il caraibico, sperduto al fianco di Webber e soggiogato dalla personalità  del compagno, vicino ad un grande lottatore, buon rimbalzista e difensore, come Reggie Evans, sta dando un contributo non disprezzabile, anche se siamo al minimo sindacale per uno con quel contratto.

I due si portano a casa oltre 17 rimbalzi a partita, cifra accettabilissima, Dalembert riesce a stare vicino alla doppia doppia di media, ed in una buona organizzazione difensiva riesce a non far pagare troppo neanche la sua scarsa vena nella propria metacampo, riuscendo finalmente a dare quel minimo di intimidazione nel pitturato che nella sua carriera non era mai riuscito a dare, piazzando anche oltre due stoppate a partita.

Young e soprattutto il lungo e magro Smith lentamente stanno riuscendo a dare il proprio contributo, facendo sperare che in fin dei conti il draft del 2007 non sia stato del tutto buttato.

Come prospettive future però i dubbi restano.
Il GM Ed Stefanski, appena occupata la poltrona per lui più ambita, nella sua città  natale, dopo aver svolto un buon lavoro ai New Jersy Nets, ha ceduto il contratto lungo del tiratore Korver per un nuovo contratto in scadenza, quello del croato Girigek, e sta cercando di creare ulteriore spazio salariale per poter firmare un paio di Free Agents veramente buoni, visto che finalmente scadranno i contratti lunghi ed onerosi di giocatori che, a causa dei tanti infortuni subiti, non sono più da tempo nella rosa dei 76ers, come McCulloch, Mashburn, Webber, e quindi ci sarà  la possibilità  di cercare qualche stella col contratto in scadenza.

Ciò probabilmente significherà  la partenza di Andrè Miller, arrivato insieme a Joe Smith lo scorso anno in cambio di Allen Iverson, che si è dimostrato scontento da subito, ad oltre 30 anni, di dover partecipare all'ennesima ricostruzione, dopo quelle vissute ai Cavaliers, ai Clippers ed ai Nuggets, titolare di un contratto pesante ed oggettivamente sacrificabile per una squadra che per qualche anno ancora probabilmente non potrà  nutrire grandi ambizioni.

Le richieste principali sono arrivate dai Cleveland Cavaliers, la squadra che lo scelse al draft del 1999, e dei Miami Heat, ma le contropartite offerte non sembrano ideali, almeno per ora, anche perché gli Heat sembrano voler puntare su un giocatore più affidabile al tiro ed i Cavaliers sembrano ancora concentrati su Mike Bibby; l'offerta di questi ultimi sembrerebbe costituita da Drew Gooden (più i cosiddetti "fillers", giocatori aggiunti per pareggiare i salari), ma il lungo della franchigia dell'Ohio non sembra l'ideale per far coppia con Dalembert, troppo interno in attacco e troppo molle in difesa, ma neanche con Evans, in quanto nessuno dei due sarebbe adatto a giocare come centro.

Servirebbe assolutamente un'ala forte di livello, meglio se perimetrale in attacco e con buone doti difensive, possibilmente qualche esterno in grado di supportare Igoudala, magari dotati di un tiro affidabile e pure loro di buone capacità  difensive, ma si tratta per l'appunto di giocatori cercati da mezza NBA. Non sarà  facile arrivare ai pochi giocatori di livello adatti che si libereranno in estate, anche se il monte salari sarà  uno dei più bassi della lega.

Da non dimenticare che andrà  rinnovato anche il contratto di Andrè Iguodala, che dichiara amore eterno alla franchigia della città  dell'amore fraterno, ma intanto ha rifiutato un'ipotesi di rinnovo contrattuale di 11 milioni di dollari l'anno.

Un ulteriore dubbio si pone proprio sulla figura dell'allenatore, un idolo a Philadelphia, che come stile ha scelto quello di amico dei giocatori; tutti lo difendono, difficilmente prende scelte impopolari, da possibilità  a tutti, lascia molta libertà  di azione. Ciò in alcuni casi ha pagato, per esempio molti dei giocatori attuali stanno rendendo più di quanto si pensasse; anche a Portland, la sua squadra precedente, con lui hanno avuto le stagioni migliori giocatori dal carattere difficile come Zach Randolph e Darius Miles, ma la squadra è lentamente affondata nella mediocrità .

Se non arriveranno le stelle sperate dai tifosi della Pennsylvania, saprà  il buon Maurice dare alla squadra quel sistema di gioco che sembra necessario per far funzionare l'attacco? E se arriveranno le stelle, riuscirà  a metterle nei binari meglio di Iverson e Webber (e prima Rasheed Wallace o Zach Randolph)?

L'esperienza passata dice di no, ma in effetti è anche la prima volta che Cheeks è alle prese con una ricostruzione, i risultati ottenuti finora non sono pessimi, chissà  che anche lui non ci sorprenda.
Intanto, pensando al presente, continua una rincorsa verso i play off, ad una ottava posizione attualmente occupata dagli Atlanta Hawks, altra squadra giovane, con due partite e mezza di vantaggio.

Dal sesto posto dei Toronto Raptors al dodicesimo dei 76ers la lotta sembra aperta, ma per l'appunto Raptors, Cavaliers, Nets ed Hawks hanno iniziato a prendere un buon vantaggio, gli stessi Indiana Pacers hanno un minimo di margine sui rossi di Cheeks.

I 76ers possono farcela, dopo la bruttissima partenza sono in corsa, ma dovranno assolutamente operare il cambio di marcia che è riuscito lo scorso anno nella seconda parte della stagione e farlo in breve tempo; altrimenti per il secondo anno di fila resteranno fuori dai play off ed avranno una scelta non buonissima al draft; non sembrerebbe un viatico ideale per la costruzione di una squadra importante.

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