Josh Howard a canestro
A Dallas, e più in generale negli ambienti NBA, c'è già qualche timida e strana voce di corridoio che sussurra, ad esempio… Josh Howard, primo violino dei Mavericks alla rincorsa del tanto agognato Larry O'Brein Trophy.
Pensieri e parole, che lasciano il tempo che trovano ma che sono adornate da elementi di sana realtà . La crescente e regolare scalata verso la leadership che in questo momento è nelle mani di Dirk Nowitzki è giustificata dalle prestazioni e soprattutto dalle cifre che Josh sforna ogni sera e su ogni parquet, cifre che hanno l'abile tendenza di migliorarsi. Quasi seguendo una legge matematica.
Scelto dai Mavs alla 29 di un draft difficile da dimenticare come quello del 2003, Josh ha frequentato tutti e quattro gli anni del college in quel di Wake Forest, lo stesso di Tim Duncan. Nell'anno da senior, l'incetta di premi personali è stata completa guidando la sua squadra al primo titolo dell'ACC in 41 anni di storia.
Nominato all'unanimità miglior giocatore dell'ACC e inserito in tutti i quintetti di merito, oltre alla selezione da parte dell'associazione dei giornalisti nel primo quintetto All American.
L'anno da rookie sotto il comando del general Nelson è stato abbastanza intenso e con qualche problema d'inserimento nella squadra e nelle rotazioni. Uscendo dalla panchina, però, mette a referto quasi 9 punti di media in 24' di utilizzo.
Nella stagione successiva, i numeri migliorano di pari passo con l'approccio offensivo. L'infortunio accorso a Daniels gli fornisce lo spiraglio per entrare nel quintetto di partenza nella posizione da 3. Doppia cifra per punti realizzati e più di 30 minuti in campo partendo titolare in tutte le 76 partite disputate.
Josh migliora sempre di più ed anche se la terza stagione da Pro gli regala la prima finale NBA e il conseguente retrogusto amaro della beffa e della sconfitta, il talento e la fisicità prendono con forza le sembianze della star.
Il suo contributo è quasi essenziale e allo stesso tempo vitale, tanto che i suoi ventelli sono una sicura garanzia per le vittorie (37-2, il record dei Mavs quando Josh realizza 20+ punti, in due anni). Quasi 16 punti di media sfiorando il 50% dal campo. Fondamentale nei playoff, soprattutto nella serie contro gli Spurs ma colpevole e componente di quella barca che affonda inaspettatamente e clamorosamente sotto i colpi del pirata Wade.
Nel suo quarto anno, aumentano minuti, punti, rimbalzi e soprattutto le responsabilità al fianco del tedesco. Ma grazie ad Avery Johnson, il vero salto di qualità risiede nell'approccio difensivo. Capace di marcare lunghi e piccoli alla stessa fantastica maniera, talmente migliorato ed efficace da essere chiamato da Jerry Colangelo come possibile specialista difensivo nella ciurma che proverà l'assalto a Pechino 2008.
Ma Howard declina l'offerta per passare l'estate nella sua Wiston-Salem nel North Carolina. Pochi mesi più tardi è parte fondamentale nella realizzazione di un opera fine a se stessa (visto il danno causato dai Warriors nei playoff), la strepitosa Regular Season conclusa con l'altrettanto strepitoso record di 67 W.
Ma in America non c'è solo Colangelo. Ci sono milioni di tifosi che si accorgono della continua ascesa di Josh, che partecipa alla sua prima convention da stella, l'All Star Game di Las Vegas, seppur dopo le rinunce forzate da infortuni di Yao e Boozer.
Siamo ai giorni nostri. Howard è una star a tutti gli effetti. Dal primo all'ultimo minuto di gioco. Perché se c'è un qualcosa che tutti gli addetti ai lavori rimproverano a Josh, è il mancato e solito apporto alla causa nei momenti decisivi e soprattutto nei secondi tempi e nel quarto finale.
Le partite che contano sono ancora lontane dall'obbiettivo di verificare che tutto ciò non sia solo un altro dei tanti angoli smussati da Howard in questi anni, ma in questo avvio di stagione la via della continuità e dell'efficacia a 360° sembra essere stata ben indirizzata.
Siamo al 5° anno ed i numeri continuano a lievitare spaventosamente.
Viaggia con estrema facilità a 21.2 punti a sera, catturando 7.2 rimbalzi. E' migliorato nel tiro in sospensione che utilizza nel 78% delle sue conclusioni a canestro ricavandone 11.6 pts. La sua intensità cambia le partite e la sua marcatura da parte degli avversari è il primo rebus da risolvere per gli stessi.
Chiedere a San Antonio che non ancora riesce a trovare una medicina per contrastare l'epidemia di punti, fisicità e atletismo che diffonde la pallacanestro di Josh. Chiedere ai Jazz, assolti complici della serata più bella della sua carriera, 47 punti di una bellezza e di una varietà di esecuzione ammorbante.
Nelle vittorie, tira con il 52% dal campo e il 44% da 3, rappresentando ancora di più la funzione di barometro dei Mavericks (nelle sconfitte, 42% al tiro). In sensibile aumento anche il minutaggio essendo il secondo del roster più utilizzato, dopo il tedesco. Gioca il 71% dei minuti totali e quasi l'80% in quelli decisivi dell'ultimo periodo.
Da considerare inoltre, che la stagione in corso, è la migliore in carriera, per quanto riguarda la percentuale al tiro (49%) e dalla lunetta (5.4 tiri liberi tentati e 84% di realizzazione).
Nowitzki può prendersi delle pause un po' più lunghe durante la stagione perché al suo fianco c'è una nuova star che punta al ruolo di uomo-franchigia, ma che prima di tutto vuol riprendersi con tutta la squadra ciò che ha lasciato in un caldo giugno di due anni fa sul proprio parquet "
Continuando a migliorare, again and again…