Bradley vuol dire mediocrità 

Bob Bradley e Sunil Gulati: il gatto e la volpe del soccer USA

Giusto un anno fa prendeva il via a Carson (CA), con un ritiro conclusosi con la vittoria sulla Danimarca, l'era di Bob Bradley alla guida della Nazionale USA. E oggi, come allora, la stagione per molti giocatori americani è ripartita proprio con un ritiro, che però stavolta culminerà  in un'amichevole con la Svezia, che per gli americani sarà  una rivincita dopo la sconfitta subita lo scorso agosto a Goteborg. Ma stavolta Bradley inizia l'anno con ben altra esperienza, essendosi messo alle spalle una vittoria in Gold Cup, una pessima figura in Copa America, e una serie di prestazioni altalenanti.

Prima di lui per la panchina USA, in sostituzione del "dimissionato" Bruce Arena, si era parlato a lungo del possible ingaggio del tedesco Jurgen Klinsmann, reduce da uno splendido terzo posto con la Germania ai Mondiali 2006. Klinsmann era senza dubbio il candidato numero uno per la United States Soccer Federation (USSF), per i risultati conseguiti con la Germania, per l'esperienza da calciatore e il carisma dell'uomo, e anche per la sua vasta conoscenza del soccer USA, derivante dal suo vivere nella Southern California e dal rapporto di collaborazione coi Los Angeles Galaxy.

Il suo eventuale arrivo sulla panchina che era stata in precedenza di allenatori non certo di primo piano, come lo stesso Arena, Steve Sampson o Bob Gansler, ma anche di CT di ottimo livello quali Bora Milutinovic (1994) e Alketas Panagoulias (ex CT della Grecia), avrebbe dato al calcio degli USA quel passo in più di cui da tempo c'è bisogno. Purtroppo però le trattative tra il tedesco e la federazione USA guidata da Sunil Gulati si sono interrotte il 7 dicembre 2007, portando all'assegnazione dell'incarico, anche se solo momentaneamente ad interim, a Bob Bradley, cercando così di mettere un cerotto ad una situazione (l'assenza di un CT dal mese di luglio) che si stava incancrenendo. Ma anche dopo la nomina sembrava che qualcosa potesse ancora succedere, e si facevano infatti nomi come quelli del francese Gerald Houllier, del portoghese Carlo Queiroz, e persino dell'olandese Guus Hiddink.

Il nome di Bradley, al momento della scelta, era sconosciuto ai più, anche se in realtà  questi è uno degli allenatori più vincenti della storia della MLS, reduce da un'incredibile cavalcata fino ai playoff coi Chivas USA, squadra solo al secondo anno dalla fondazione. Non poteva però certo bastare, e a livello internazionale Bradley doveva dimostrare ancora tutto. E con giocatori quali Claudio Reyna (NY Red Bulls), Brian McBride (Fulham) e Brad Friedel (Blackburn Rovers) chiamatisi fuori dalla Nazionale, ricostruire un gruppo uscito a pezzi dai Mondiali tedeschi e mettere le basi per le qualificazioni ai Mondiali 2010 in Sudafrica sembrava una montagna troppo alta da scalare per lui. La situazione lo costringeva infatti a chiamare giovani speranze, pur sapendo che i risultati sarebbero stati fondamentali ai fini di una sua eventuale conferma.

Fortunatamente l'inizio per il nuovo gruppo messo insieme da Bradley è stato ottimo. Prima un bel 3-1 sulla Danimarca a gennaio, seguito da un secco 2-0 sui rivali di sempre del Messico. È toccato poi all'Ecuador, battuto 3-1, con unica brutta prestazione lo 0-0 di fine marzo col Guatemala.

Gli ottimi risultati portati da Bradley sono stati abbastanza per far decidere a Gulati di assegnare all'ex tecnico di Chicago Fire, NY MetroStars e Chivas USA l'incarico di CT fino ai Mondiali 2010. “Negli ultimo mesi Bob Bradley ha mostrato a tutti di essere pronto per questo lavoro. Ogni decisione che ha preso è stata ai fini della crescita del gruppo e del programma, non per sé stesso. Dopo pochi mesi quelle decisioni stanno già  dando dei dividendi. Credo fermamente che Bob abbia le capacità  per portare avanti questo ciclo della Nazionale". Era il 16 maggio. La fiducia di Gulati sarebbe stata ripagata solo un mese dopo, quando la Nazionale USA, pur infarcita di giovani, vincendo tutte e 6 la partite, inclusa la finale col Messico, si aggiudica la Gold Cup. La rosa messa insieme da Bradley include giovanotti quali Benny Feilhaber (Derby County), all'epoca in bilico tra Primavera e prima squadra all'Amburgo, e suo figlio Michael Bradley, centrocampista agli esordi in Olanda con l'Heerenveen, insieme a "veterani" come Landon Donovan (Los Angeles Galaxy) e Carlos Bocanegra (Fulham).

Dopo la Gold Cup arriva però la batosta della Copa America (peraltro prevista anche su Play.it), che ha visto gli USA perdere male contro Argentina, Paraguay e Colombia. A sua discolpa l'impossibilità  di poter schierare oltre metà  dei titolari a causa del diniego dei club europei di schierare buona parte degli Yanks Abroad, e della necessità  dei club della MLS di non perdere alcuni dei migliore per ulteriori giornate di campionato dopo essersene già  privati per la Gold Cup.

Finiti gli impegni ufficiali si torna alle amichevoli, seppur di prestigio, contro Svezia e Brasile (sconfitta con onore), che portano a 5 le sconfitte consecutive per il gruppo di Bradley. Serie negativa interrotta però dalle vittorie in trasferta contro la Svizzera (gol di Michael Bradley), Nazionale che ospiterà  insieme all'Austria i prossimi Europei, e il Sudafrica (gol di Steve Cherundolo).

Tutto considerato, il primo anno di Bradley può essere considerato un successo, visti risultati e score (12 vittorie, un pareggio e 5 sconfitte), incluse due vittorie sul Messico, la prima vittoria sul continente africano, e quella sulla Svizzera, la quarta assoluta in 22 match in terra europea. Per essere stato un periodo di transizione niente male.

Per quanto riguarda la squadra, in un anno Bradley ha convocato ben 61 giocatori per 18 partite. Si pensi solo al team dell'ultima partita del 2007, contro il Sudafrica: erano ben 5 i giocatori con meno di 5 presenze alle spalle. Addirittura per il ritiro in corso sono 20 i chiamati con 10 presenze o meno, e addirittura 7 gli esordienti, inclusi il portiere Brad Guzan e il centrocampista Maurice Edu (Toronto FC), MLS Rookie of the Year, che nelle sue prime due apparizione con la maglia Nazionale si è già  messo in luce come grande promessa del future. Con Guzan e Edu in Sudafrica c'erano anche i compagni d'Under 20 Freddy Adu (da poco trasferitosi in Europa, al Benfica) e Jozy Altidore, con Adu al suo esordio dall'inizio e Altidore a quello assoluto nel second tempo. La filosofia di Bradley: “Il risultato è importante - ha detto il CT dopo la partita coi Bafana Bafana – ma abbiamo alcuni ragazzi molto giovani con noi, e la possibilità  di far fare loro esperienza davanti ad un pubblico come questo è di per sé un risultato importante. Ma certo fa piacere vincere e chiudere bene un anno di duro lavoro".

È chiaro che Bradley capisce perfettamente cosa ci si aspetta da lui, e cioè risultati e crescita del gruppo. Che peraltro è quello che ci si aspetta da un CT che altro non è che una seconda scelta. Crescita come quella di giocatori di quart'ordine tipo Drew Moor (difensore di FC Dallas) e Kyle Beckerman (centrocampista del Real Salt Lake) che oggi sanno cosa voglia dire svegliarsi in un albergo venezuelano con le guardie armate all'ingresso e poi scendere in campo contro gente come Lionel Messi e Juan Riquelme. E quindi nonostante una pessima figura in campo, almeno l'esperienza di vita per alcuni ragazzotti americani è stata sicuramente formativa. Questo è il tipo di crescita che si è vista con Bob Bradley alla guida.

Ma guardando l'altra faccia della medaglia, alcuni aspetti positivi rimangono. Innanzitutto la vittoria in Gold Cup e le vittorie in trasferta, oltre al bel gioco e la capacità  di reazione messa in mostro contro il Brasile. Dà  poi una certa sicurezza sapere che almeno il ruolo del portiere è ben coperto. Bradley ha assegnato definitivamente il ruolo di erede dell'ancor valido Kasey Keller (Fulham) (che ha ben figurato in Copa America) al portiere dell'Everton, Tim Howard. E dietro di lui ha già  individuato due giovani di belle speranze come Brad Guzan, portiere dei Chivas USA già  sul taccuino dei dirigenti di Arsenal e Celtic, e Chris Seitz, uno dei migliori ai Mondiali Under 20. Tranquilla anche la difesa in mezzo, dove Carlos Bocanegra, Jimmy Conrad (Kansas City Wizards) e Jay DeMerit (Watford) sono ormai delle sicurezze. Peccato per il calo notevole diGooch Onyewu (Standard Liegi), che se non dovesse tornare ai suoi livelli dopo un anno di crisi, potrebbe anche finire in panchina.

Tra le preoccupazioni maggiori invece l'incapacità  degli USA di produrre un cannoniere di livello (Eddie Johnson [Kansas City Wizards] sembra ormai perso, Taylor Twellman [New England Revolution] è inconsistente, Brian Ching [Houston Dynamo] minato da infortuni), il che ha costretto Bradley a schierare in avanti, furoi posizione, un'ala come come Clint Dempsey o una mezza punta come Landon Donovan. Mancano poi due terzini di livello internazionale, forti anche fisicamente. Due piccoletti come Steve Cherundolo (Hanover '96) e Jonathan Bornstein (Chivas USA) non bastano certo. Una domanda cui Bradley dovrà  riuscire a dare risposta entro poco tempo è relativo alla sostituzione di Captain America, Claudio Reyna, uno capace di dare quel necessario ordine alla Nazionale a stelle e strisce che né Benny Feilhaber né Michael Bradley (che però sta maturando come calciatore completo in modo impressionante) si sono ancora dimostrati capaci di dare. E qui tutte le speranze per il futuro appaiono quindi riposte sulla crescita, fisica, di Adu e, tecnica, di Altidore. Rimane infine la domanda principale: riuscirà  la Nazionale USA a trovare quel gioco in 12 mesi fatto forse intravedere un sola volta (contro il Brasile)? Ecco infatti il grande limite di Bradley, incapace di trasmettere personalità  e gioco in questo suo primo anno in carica.

Fortunatamente ogni anno sia la Nazionale che i club americani vanno migliorando, e anche nel 2008 il trend dovrebbe confermarsi. Quest'anno poi si fa sul serio, col via alle qualificazioni mondiali, con alcuni match (tipo contro la vincente tra Barbados e Repubblica Dominicana) in cui il rischio è notevole proprio per la facilità , cui seguirà  la parte più dura. Questa sarà  la sfida principale per il 2008, che includerà  ovviamente un paio di match col Messico, di cui almeno uno in trasferta, dove gli USA non hanno mai vinto. Ma come dice Bradley, comunque vada i ragazzi avranno fatto esperienza. E Gulati sarà  contento.

Tutto uguale, tutto come sempre.. purtroppo.
Cercasi un vero CT e un vero Presidente per la Nazionale USA.

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