Altalena Mavs

Il nuovo Dirk riuscirà  a riportare Dallas in Finale?

Se non si vince si cambia.
Non certo la premessa migliore per iniziare una stagione, anche perché stavolta non ci si accontenterà  di vincere sessantasette partite come l'anno scorso o la Western Conference come due anni fa; quest'anno, l'unico risultato accettato ed accettabile è il titolo.

Non che questa premessa iniziale sia stata esplicitata dalla dirigenza, ma in pratica tutti credono che il vulcanico proprietario dei Mavs Mark Cuban non riuscirà  a rimanere con le mani in mano dopo un'altra sconfitta.

Basta dunque questa ragione, la pressione, a spiegare questo primo terzo di stagione altalenante dei Mavs? Non completamente.

E' evidente che lo scotto della finale persa due anni fa e, soprattutto, dell'eliminazione al primo turno dei playoffs 2007 da parte dei Warriors, si fa decisamente sentire, ma allo stesso tempo è riduttivo pensare che la soluzione all'enigma sia solo da ricercare nel passato.

Sin dall'inizio della regular season i Mavs sono sembrati differenti, o almeno loro volevano sembrare tali, tanto che coach Johnson ha iniziato la stagione con un imperativo, quello di dare più riposo ai titolari, che l'anno scorso sono arrivati decisamente spompati alla parte più importante della stagione. Quindi meno minuti per Nowitzki, meno minuti per Howard, e così via, operazione che, in linea teorica, sembrava semplificata dall'abbondanza della panchina di Dallas.

Ma qui arriviamo, a mio avviso, al primo dei problemi: non è che la ricchissima panchina dei Mavs sia anche troppo ricca? L'anno scorso tutti i giocatori sapevano che cosa dovevano fare, sapevano quali erano i loro spazi nello spogliatoio e in campo, e quali erano soprattutto le loro responsabilità .
Quest'anno invece le carte si sono rimescolate, sono arrivati Hassel, George e Eddie Jones e probabilmente almeno uno dei tre è di troppo, non serve ad una squadra che in quanto a qualità  e quantità  degli esterni non è seconda a nessuno.

In questo contesto si deve inserire la perdita di fiducia di Devin Harris che, dopo essere stato eletto titolare del ruolo di playmaker ad inizio stagione, si è visto privato della sua posizione dopo un solo mese, con Johnson che prima gli ha dato e poi gli ha tolto la possibilità  di chiamare i giochi.

Senza poi scordarsi il tentativo fallito di far partire Jason Terry dalla panchina, mossa che aumentava ovviamente la produzione delle seconde linee, ma che non aiutava la squadra che, nei minuti iniziali, ha dimostrato di aver bisogno dell'energia del Jet che, ora, è tornato ad occupare il suo posto in quintetto.

Anche sotto canestro le cose non andavano meglio, con Bass, Diop e Dampier a contendersi lo spazio ma con nessuno dei tre che per questo motivo, nel corso della gara, riesce a prendere ritmo e ad inserirsi completamente, senza contare che in corsa è stato aggiunto pure Juwan Howard.

Un capitolo a parte lo merita Nowitzki, tornato trasformato, se no nel fisico nella mente, dal suo viaggio "purificatore" in Australia, deciso come non mai a fare di tutto per portare la sua squadra alla vittoria. Bisogna però vedere se, per arrivare al titolo, i Mavs hanno veramente bisogno di un Dirk così differente da quello dell'anno scorso.

Accontentarsi meno di tirare da fuori ed entrare di più in area a cercarsi i punti erano le consegne ad inizio stagione che, però nelle prime venti partite di regular season sono state portate anche alle estreme conseguenze, con un Nowitzki che cercava di forzare molto di più le situazioni e di utilizzare molto meno rispetto al passato quella che rimane la sua arma migliore, il tiro da fuori.

Tutto questo, oltre ad una difesa non sempre perfetta, ha portato ad un pessimo inizio, un 12-9 che già  aveva creato mugugni tra i tifosi dei Mavericks e nella dirigenza, che non si aspettava certo di partire in questo modo in una stagione così importante, soprattutto considerando una serie di sconfitte irritanti e sicuramente evitabili, come la quella casalinga contro i Wizards senza Arenas, con Indiana senza O'Neal, senza parlare di quelle con Atlanta e Milwaukee. Tutte partite che una squadra che vuole vincere il titolo deve portare a casa e che, l'anno scorso, i Mavs avrebbero portato a casa.

Ma non è detto che queste difficoltà  non possano fare, paradossalmente, bene, visto che tolgono pressione dalle spalle della squadra e perché, alla fine, a Dallas si sono resi conto, se già  non lo sapevano prima, che la parte importante della stagione è quella che inizia in primavera quindi, se proprio bisogna, meglio perdere qualche colpo ora che più avanti.

Sembra però che, negli ultimi dieci giorni, le prestazioni dei Mavs si siano decisamente alzate di livello; hanno, infatti, vinto sei delle ultime sette partite (con vittorie importanti, per il morale e la classifica, contro Houston e soprattutto i Suns), hanno sistemato il record, che ora è 18-9, riportandosi a distanza ravvicinata rispetto ai loro principali avversari nella Conference, San Antonio e Phoenix.

I miglioramenti vengono in primo luogo dall'attacco, come dice anche coach Johnson: "Abbiamo mosso la palla estremamente bene nell'ultima settimana, dieci giorni. Quando muoviamo bene la palla e i giocatori, e attacchiamo il canestro e gli avversari, non accontentandoci dei tiri da fuori, abbiamo la possibilità  di trovare punti in area, dei quali abbiamo estremo bisogno".

I miglioramenti in attacco, coincisi con la maggiore aggressività  soprattutto di Nowitzki, apparso un po' passivo fino ad inizio dicembre, e Devin Harris, sono l'inizio del ritorno dei Mavs; questa buona serie di parte rappresenta probabilmente il vero inizio della stagione della squadra del Texas, che ora deve continuare nei suoi miglioramenti.

Una squadra che non può non puntare alla vittoria e che per farlo avrà  bisogno di un Josh Howard molto più costante nel suo rendimento, non solo da una partita all'altra, ma anche all'interno della stessa gara. Dopo aver giocato l'All Star Game la stagione scorsa, questa deve essere quella della definitiva consacrazione per l'ex Wake Forest, e la parola chiave perchè lo sia è continuità .

Comunque non c'era da allarmarsi prima, con la partenza lenta, visto che eravamo solo ad inizio stagione, e non c'è da cantar vittoria ora, anche se i Mavs sembrano aver imboccato la strada giusta, sperando di far fermare l'altalena di risultati di queste prime trenta partite.

Tenendo bene in mente, però, che la stagione è ancora lunga, lunghissima, e che le partite dove si decide una stagione, nel bene o nel male, arriveranno solo fra un po'.
Ma questo, i Mavs lo sanno anche troppo bene.

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