Istantanea d'una stella che nella squadra in cui gioca ha fatto il suo tempo
In attesa che il commissariato di Polizia delle Meadowlands rilasci i tabulati telefonici, dobbiamo fidarci della parola di Rod Thorn: è bastato infatti il famoso, e lancinante, mal di testa che ha costretto Jason Kidd a saltare la partita con i Knicks, perché si scatenasse il finimondo. "Non posso dire - ha spiegato il massimo dirigente dei Nets sulle pagine del New York Post - d'aver fatto un numero di telefonate maggiore rispetto al solito; d'altronde telefonarsi è un'abitudine fra dirigenti. Non è detto che le cose succedano in un momento in cui le telefonate sono di più."
Quando parliamo di finimondo in realtà ci riferiamo alle fonti che nel giornalismo sono sacre e inviolabili, ma spesso contradditorie. Ecco perché, se ci sono diverse talpe, anonime ovviamente, che sempre sul New York Post hanno descritto la consapevolezza di Thorn che "cedere Kidd sarebbe come affossare la squadra", contemporaneamente sul New York Daily News trapelano voci di un Thorn "molto arrabbiato che sta pensando più che seriamente alle proposte ricevute".
A questo punto, immaginiamo, le fonti non saranno le stesse. E a chi credere allora, ammesso che le due versioni siano davvero in contrasto e che valga la pena di tagliare degli alberi per informare la gente su queste cose? D'altronde, il termometro della schizzofrenia generale arriva dall'altra costa dove, un giorno Phil Jackson, come s'è letto sul LA Times, è molto scontento delle condizioni fisiche di Andrew Bynum, tanto da esser disposto a sacrificarlo per il playmaker di Oakland; il successivo il Bynum ne segna 20 contro Golden State e, stando agli stessi giornali, diventa pressochè incedibile. Nel frattempo New Jersey non ha un'anima, perde partite allucinanti come quella con i Clippers con tutto il pubblico che lancia improperi all'indirizzo di Vince Carter.
Anche questo è un fattore da non sottovalutare: come puoi cedere il giocatore che ti ha regalato due finali e andare avanti con un altro che i tifosi non possono vedere?
L'unico con una fede incrollabile nella sua squadra rimane Mark Cuban: "Siamo sicuri - ha raccontato il "descamisado" - che questa squadra possa, così com'è, raggiungere l'obbiettivo di vincere il titolo." Non è bastato, a fargli venire qualche pensiero, nemmeno vedere i giocatori andare sotto contro Utah, all'inizio di un quarto periodo come tanti, e l'allenatore inserire Jowan Howard per risolvere il problema. Magari quest'ultima sconfitta contro i Raptors qualcosa significherà : Dallas è l'unica squadra che, per quantità di talento a roster, abbia una contropartita credibile per quello che rimane pur sempre un suo ex giocatore. Come cambiano gli scenari.
Passato per Philadelphia dove, fino a prova contraria, ha giocato nel 2001 le finali Nba, Dikembe Mutombo, alla 17esima stagione nella lega, ha parlato del suo futuro prossimo: "Penso proprio che questa sarà la mia ultima stagione - ha spiegato ai giornalisti - mia figlia ha undici anni e non ho proprio voglia di tornare a casa per quando partirà per il college." Va bene tutto, anche i 41 anni dell'ex Georgetown son scritti sulla corteccia d'un albero del suo paese, ma, sempre che la figlia di Dikembe non sia superdotata, la prossima stagione non andrà al college; siete disposti a scommettere sull'effettivo ritiro dell'africano?
Se a Dallas c'è inquietudine, a Phoenix di certo non ridono. Dopo la sconfitta contro i Miami Heat, al decimo giorno e alla sesta partita del loro viaggio a ovest, e con una consolidata tradizione di rovesci sul campo dei Soli, il Presidente Sarver, il General Manager Kerr e il coach D'Antoni si sono appartati per analizzare la situazione: "Abbiamo problemi in difesa - ha spiegato al termine dell'allenamento successivo a quella sconfitta Raja Bell - dobbiamo imparare a difendere meglio contro le squadre forti e contro le squadre che corrono più di noi"
Brutta roba se, ad un terzo della regular season ti rendi conto che, tutto sommato, quel Kurth Thomas che ha tenuto botta nell'ultima sfortunata sfida contro San Antonio avrebbe potuto fare ancora comodo.
L'ha presa con filosofia Steve Nash, campione del mondo del candore Nba: " Non so se tutti hanno giocato - ha spiegato l'ex Mavs - rendendosi conto dell'importanza della gara". In molti hanno pensato a Boris Diaw, vero desaparecido di quest'inizio di campionato. "Ad ogni modo - ha archiviato il discorso Nash - devi giocare duro, provare a vincere e, se non ci riesci andare avanti senza preoccuparsi troppo" "Chissenefregadellastagioneregolare", insomma: non è la prima volta che un giocatore importante si lascia andare a questo pensiero.
Gli Heat, dal canto loro, stanno cercando d'uscire dalle sabbie mobili in cui si sono ficcati dal giorno dopo la vittoria del titolo; la mossa decisiva, o almeno così sperano in Florida, è il taglio di Anfernee "Penny" Hardaway per recuperare dalla Lega di Sviluppo Luke Jackson. Attimo di raccoglimento per chi al suo arrivo nella Nba è stato considerato il nuovo Magic Johnson. Da "Radio Mercato" veniamo a sapere che Miami gradirebbe prendersi dai Sixers il play Andre Miller. "Non è possibile - ha commentato un anonimo general manager della Western Conference - Miller non è in buona forma fisica, tira male dalla lunga distanza ed è debole in difesa: non è il play che fa per Riley" Il coach che ha scelto, e si arrangia, con Jason Williams.
"Interrogato sull'argomento Chris Mullin s'è detto dubbioso sull'opportunità di diventare il prossimo plenipotenziario dei New York Knicks, squadra della sua città Natale: "Penso che sia una situazione troppo difficile da capovolgere", avrebbe risposto l'ex Dream Teamer all'emissario dei Knicks che, durante il fine settimana del Ringraziamento, avrebbe tastato il terreno. Dalla Grande Mela, Isiah Thomas sentitamente ringrazia: aveva proprio bisogno che qualcun'altro facesse notare il casino che ha combinato.
Sempre secondo le solite fonti, Mullin terrebbe molto a conservare la bella opinione che su di lui gira in città . Per questo pensa di bene di starne alla larga.