Il puzzle di Nate

Brandon Roy: è un blazer il player of the week

Nate McMillan ha un squadra tanto giovane quanto ricca di qualità , un roster che ha raccolto tre anni fa partendo in piena ricostruzione. Nel suo primo biennio da head coach ha fatto un buon lavoro, lavorando bene con i tanti rookie. Ora viene la parte più difficile, trovare la strada giusta per valorizzare tutti questi talenti emergenti.

In queste ultime settimane, la sensazione è che Nate stia ancora girando attorno a questa formula magica.

Portland è una squadra perennemente in striscia. La regular season è inziata con 3 sconfitte, poi 4 vittorie, poi il crollo – 1 vittoria su 10 partite – quindi la rinascita inattesa con le ultime 4 vittorie consecutive. Alti e bassi così clamorosi che hanno messo in difficoltà  un coach sempre più confuso. Continui aggiustamenti nello starting five, continui cambiamenti nelle rotazioni. Minaccie di stravolgere gerarchie e minutaggi.

Channing Frye è passato da vice Przybilla nel ruolo di centro a compagno di Aldridge nella frontline, per poi partire di nuovo dalla panchina e finire addirittura dietro a LaFrentz nella rotazione dei lunghi. “Ne ho parlato con Channing, – ha spiegato McMillan – non so per quanto sarà  così, forse per una partita, forse per alcune. Gli ho fatto capire che non è una punizione, ma ora abbiamo bisogno di altro”.

Anche Webster sembrava stesse finalmente facendo un discreto salto di qualità , grazie alla continuità  e alla responsabilità  concesse in questa sua quarta nba season. Anche lui ha pagato un calo di rendimento passando più tempo in panchina a guardare James Jones. L'ex suns, rientrato dall'infortunio, ha infilato un esaltante 14-20 dall'arco dei tre punti nelle prime tre vittorie dell'attuale striscia vincente.

Przybilla per Frye, Jones per Webster. Nel momento di crisi nera il coach si è affidato ai veterani. “In questo momento abbiamo bisogno di provare qualcosa di diverso – conferma McMillan – Servono centimentri, rimbalzi e un po' d'esperienza”.

Pochi giorni prima McMillan si era espresso in modo ben diverso. Aveva confessato a Jason Quick (The Oregonian) di voler dare un taglio alla sua abitudine di dare continuamente istruzioni e chiamare gli schemi da bordo campo. Una prassi comune ai coach con un roster molto giovane, ma come affermava Nate – “Alcuni di loro sono con me da tre anni, è ora di lasciarli fare e vedere come se la cavano”.
Un proposito, evidentemente, accantonato per qualche tempo.

Con la pessima batosta subita dai campioni in carica i Blazers avevano registrato una media di poco più di 80 punti a partita in quattro sconfitte consecutive. Sceso il contributo di Jack e Webster, McMillan ha deciso di puntare con maggiore decisione sulle doti realizzative di Travis Outlaw. Risultato: 17 punti a partita (carrier-high di 26 punti contro i Pacers) nelle ultime 7 gare.

Proprio la tappa successiva all'AT&T Center di San Antonio è stata la prima grande ribalta per Outlaw. Finale scosigliato ai cuori deboli con continui sorpassi e canestri nell'ultimo minuto. Outlaw segna gli ultimi 7 punti dei Blazers, compreso il buzzer-beater della vittoria su Memphis.

Con 2 secondi da giocare, McMillan disegna uno schema per Roy, ma al riento dal timeout i Grizzlies non permettono alla guardia dei Blazers di smarcarsi per ricevere il pallone. Jones vede allora Travis, che riceve sulla lunetta e anziché prendersi il suo solito jumpers, grande elevazione e rilascio mentre cade allontanandosi dal canestro, attacca il canestro e trova l'appoggio al tabellone vincente.

Grande esultanza, tutta la panchina dei Blazers che salta in campo. Non solo per abbracciare l'inedito game-winner, ma anche perché si tratta della prima soffertissima vittoria in trasferta. Al decimo tentativo.

Qualcosa si è sbloccato, pare. Dopo Miami e Milwaukee è giunta, infatti, anche la vittoria sul campo degli Utah Jazz. Erano quasi 5 anni che Portland non aveva la meglio sui ragazzi di Sloan. Momento poco felice della squadra di Salt Lake City, ma va anche sottolineato che i Blazers si sono imposti senza disporre del top scorer e miglior rimbalzista: LaMarcus Aldridge se ne starà  a riposo per almeno una settimana a causa della fascite plantare.

BRANDON ROY, UN GO-TO-GUY?
Prima di uscire dal tunnel con il canestro di Outlaw a Memphis, uno dei temi più caldi a Portland era: ma Brandon Roy è un go-to-guy? Può essere o diventare un grande realizzatore, in grado di caricarsi la squadra sulle spalle e gestire i palloni nei momenti decisivi?

La domanda non era tanto ingrata, visto il periodo nero del regnante rookie of the year. “È una questione mentale, – sosteneva Roy – una cosa è sbagliare un tiro, un'altra è sbagliare semplici appoggi sottomano e cose simili. Devo essere più forte mentalmente e non farmi condizionare dagli errori”.

Una striscia di partite con percentuali dal campo ignobili (22%) e meno di 9 punti di media, il cui culmine è ben fotografato dalla prova contro gli Spurs: 4 punti e 1-9 al tiro in 33 minuti.

Questo è il punto più basso della stagione, – commenta Roy nel dopo gara – decisamente il momento peggiore. Penso che da qui in poi ci saranno dei cambiamenti. Non dico che sarò io la point guard, ma penso che mi riprenderò il ruolo che avevo l'anno scorso, quando tenevo di più la palla e controllavo il tempo”.

Roy non ha nascosto la sua preferenza: avere la palla per crearsi da sé il tiro anziché ricevere in uscita da un blocco. Non solo nel quarto finale, ma ora anche nel resto della gara, Roy si alterna con Blake (o Jack) nel ruolo di point guard, con licenza di segnare, tentare la penetrazione o scaricare ai compagni sul perimetro quando raddoppiato. Mi sono sempre proclamato scettico riguardo uno spostamento in cabina di regia di Roy, tuttavia non si può dire che Brandon abbia avuto problemi a trovare il ritmo dopo quelle dichiarazioni.

Tre vittorie consecutive, con una media di 25.7 punti, 7.3 rimbalzi e 7.3 assists. Percentuale dal campo: 59.2%. Carrier high di tiri liberi segnati in una gara, 11 contro Miami. Questi i numeri che sono valsi a Brandon Roy il premio di Miglior giocatore della settimana (scorsa) nella Western Conference.

Per rendere l'idea, l'ultimo blazer a ricevere tale riconoscenza fu Rasheed Wallace! Un buon lustro fa. O se preferite possiamo andare a citare il penultimo ed il terzultimo: Arivdas Sabonis e Cliff Robinson, entrambi nel '96.

Roy ora gongola orgoglioso quando gli chiedono cosa si prova ad essere Player of the Week, ma ha anche parole d'elogio per i compagni di squadra. “I ragazzi hanno fatto un gran lavoro nel supportarmi e non farmi perdere la sicurezza nelle mie capacità . Questa settimana ho cercato di portare in campo il mio miglior basket, e non parlo di segnare canestri, ma penso di aver fatto un buon lavoro all-around, prendendo rimbalzi e servendo assists”.

Anche McMillan elogia il suo pupillo ricordando che la concorrenza per il riconoscimento era d'altissimo livello, citando in primis quel Ginobili che sta rimediando all'assenza di Duncan.

A quanto pare è bastata una settimana per passare da flop a top. Quel che è certo è che i Blazers avranno ancora bisogno di questa versione di Brandon Roy, e del contributo di Outlaw, Webster, Jack, Jones, Przybilla & Frye, per supplire all'assenza di Aldridge. Come se non bastasse già  quella di Oden.

Frammenti

Activated. ~ James Jones torna a disposizione a partire dal match del 2/12 contro gli Spurs e in un goffo tentativo di difesa su Duncan ha finito per causare al caraibico la distorsione al ginocchio.

Activated? ~ Darius Miles è tornato ad allenarsi con i compagni. Parole sue, è al 90% della condizione atletica. McMillan cautamente lo fa allenare a parte, tranne qualche uno-contro-uno in compagnia di Josh McRoberts. Per una partita ufficiale pare ci vorranno altre 6 settimane, almeno.

Bloggin' ~ Nel tempo libero Greg Oden gioca col suo cane. Che nome gli ha dato? Charles Barkley!

Scimmie scomode ~ Il commento (originale) di James Jones dopo la prima vittoria on the road della stagione: “we finally won one, it was big for us to get that monkey off our back”.

Next D-Leaguers ~ Taurean Green e Josh McRoberts dovrebbero giocare di più. Rientrato James Jones, possibile che uno dei due o entrambi finiscano (a turno) a giocare in NBDL con la squadra di Boise. McMillan: “Abbiamo bisogno che imparino il nostro sistema di gioco, qui. Ma allo stesso tempo loro hanno bisogno di giocare”.

Finland Blazers ~ Steve Gordon è in Finlandia per seguire il pick n.30 del recente draft, il playmaker Peteri Koponen (candidato a MVP del mese in Finlandia).

Foul line ~ Portland è tra le squadre che si guadagna meno tiri liberi nella Lega. Contro Orlando solo Outlaw è andato in lunetta!

Standing

(L) Portland vs. New Jersey 101-106
(W) Portland vs. Sacramento 87-84
(L) Portland vs. Orlando 74-85
(L) Portland vs. Indiana 89-95
(L) Portland @ Dallas 80-91
(L) Portland @ San Antonio 79-100
(W) Portland @ Memphis 106-105
(W) Portland vs. Miami 112-106
(W) Portland vs. Milwaukee 117-113 ot
(W) Portland @ Utah 97-89

Record: 42.9% — [9W/12L]
Western Conference: decimi
Northwest Division: terzi

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