Duncan in borghese, applaude i suoi compagni.
L'intensa e decisa ballata d'inizio stagione dei San Antonio Spurs, possiede un ritmo (argentino), un nome (Manu) e un cognome (Ginobili), e senza dubbio, la miglior versione bianco-celeste vista ad Alamo City.
Carico zeppo di responsabilità ha dimostrato nelle due partite più impegnative, una vivacità e una padronanza del gioco fuori dal comune.
Popovich si dice "non sorpreso" del momento d'oro di Ginobili, forse perché abituato alle sue magie e a quella capacità di fare tutto quello che un giocatore può mostrare su di un parquet (nel bene e nel male).
Due gare da 37 punti (27 punti di media in 31' nelle ultime 5), una dopo l'altra quasi a rimarcare con un pennarello più scuro e doppio i margini delle sue prestazioni autoritarie, venute tra l'altro, contro due signore d'elite della NBA, Dallas e Utah, incapaci di organizzare una efficace difesa contro le sue scorribande. Nessun giocatore degli Spurs ha segnato cosi tanti punti in due gare consecutive in Regular Season dal 2001 quando Tim Duncan smistò 53 e 38 punti nelle sconfitte di Dallas e Milwaukee.
Già , Tim Duncan, il fulcro di una squadra o meglio della storia della squadra. Perché in questa settimana, sintetizzata con l'en-plein di vittorie, che hanno portato gli Spurs sul 17-3 stagionale (miglior partenza di sempre) si è avuto anche il tempo per qualche leggero brivido sulla schiena, avvertito da tutti i tifosi di San Antonio a 7'40" dalla fine del primo tempo nella sfida casalinga contro i Blazers.
Duncan a terra, cercando di tener ferme quella caviglia e quel ginocchio che avevano appena compiuto uno strano, innaturale e pericoloso movimento dopo un contatto con Jumaine Jones nel tentativo di ricevere un passaggio lob di Manu Ginobili.
I successivi esami (distorsione della caviglia con nessun danno procurato ai legamenti del ginocchio) hanno rifornito ossigeno alle speranze di vittoria finale. Ossigeno puro, anche se in questo momento, basta e avanza quello della ditta franco-argentina, capace di prendere le responsabilità ed il carisma di Duncan e suddividerlo a metà per far camminare (anzi correre) la macchina da vittorie guidata da Gregg Popovich.
Una macchina vistosamente alimentata con quantitativi di benzina limitati e con le marce a far su e giù.
La recita a Minneapolis contro il futuro KG dei T'Wolves, Al Jefferson ne è stata una prova inconfutabile. Prime tre quarti di una pochezza difensiva quasi irritante che ha fatto piombare gli Spurs sotto di 14 a 14' dalla fine. Poi d'un tratto (atteso e un po' preventivabile) la benzina ha cominciato a bruciar meglio nel motore, le marce si sono alzate e tutto è tornato nel suo stato ottimale di pieno regime. 40-11 di parziale con tanta salsa argentina (31 pts e 7/9 dall'arco per Manu).
Senza Duncan, però questa è un'altra squadra, che predilige con maggiore frequenza l'uno contro uno, che vive di penetrazioni ed eventuali scarichi per tiri da 3 dal perimetro. Ma l'area anche senza la presenza cestisticamente imponente del 2 volte MVP da Wake Forest è sempre presa d'assalto dalla ditta sopracitata, come ad esempio nella gara dell'infortunio di Tim, dove Parker ha fatto il bello e cattivo tempo (11/15 dal campo) con canestri e assist per tiri comodi presi dal deserto a forma di perimetro dei vari Barry e Bowen.
Ma le due prove di maturità consumate all'At&t center contro due ostiche pretendenti al titolo della Western Conference hanno voltato come una frittata il primordiale scetticismo generale sulla squadra vedova del suo miglior giocatore, scetticismo controllato perché Ginobili che viaggia, in stagione sopra i 20 punti di media con minutaggio inferiore ai 30' (unico nella NBA) quando deve prendersi della responsabilità ha sempre fatto un passo avanti e risposto presente. Contro Dallas, Manu ha fatto il Duncan, forse anche di più giocando un terzo quarto da leader consumato, arrogante in attacco e intensamente efficace in difesa. Anche Parker ha cancellato la bruttissima figura del match precedente a Dallas, applicandosi sufficientemente bene in difesa su Harris e punendo la scelta di Jonhson di mettergli sulle proprie piste, Jason Terry, meno propenso a seguire la scia sfuggente del franco-belga rispetto a Devin Harris.
Dall'altra parte la grande difesa di Bowen su Nowitzki (da sottolineare anche quella contro Roy) ha fatto emergere un problema, già evidente da tempo. Josh Howard. E' lui il pericolo numero 1 per gli speroni, vestito di questo ruolo in ormai troppe ed ordinarie occasioni. Soprattutto quando sorge il sole della partita, gli Spurs sono incapaci di contrastare l'impatto fisico e tecnico dell'ex Wake Forest e quando avviene questo, i Mavs scappano prendendo il largo sin dalle prime battute del match. Come successo a Dallas, stava per accadere anche a San Antonio. Poi il ciclone Ginobili con le sue 37 folate di vento a spazzato via le certezze Mavs.
L'esecuzione in attacco è un altro aspetto che sta facendo sbocciare un timido sorriso al sempre irrequieto e preoccupato (è ormai la maschera che si è costruito) Gregg Popovich.
Rispetto al passato si vincono più partite privilegiando l'attacco rispetto al collaudatissimo sistema difensivo, da qui la scelta sempre più frequente, nei momenti topici, dei 4 piccoli. Contro i Jazz, pur non iscrivendo nella caselle delle statistiche del tiro, valori straordinari, l'attacco ha avuto la meglio (ancora una volta) sulla difesa (concesso il 54% a Utah).
E' una questione di attitudine, di contesti e di avversari (a Deron Williams è stato concesso il 60% dal campo anche nella finale della Western Conference di un anno fa).
Ma è soprattutto la voglia di attaccare il canestro, di cercare il contatto (30/38 ai liberi, entrambi season high), di dipendere dal proprio estro offensivo.
Ginobili di estro ne ha da vendere, Parker, se pur qualche volta scarabocchiando, dimostra la cattiveria giusta nel farlo e in più la crescente fiducia in se stessi di alcuni componenti della "Second-Unit", quali Bonner e Barry fanno aumentare le già tante possibilità di scegliere come provare a vincere una partita.
Le cifre delle ultime 5 partite disputate e vinte parlano chiaro. Terzi per percentuale dal campo (49,5%) e secondi per in quella da tre punti (42,6%) e con 9,8 TOpg, si confermano come la squadra che perde meno palloni nella lega.
Che l'aggressività e l'intensità (comunque in crescita) non siano quelle stile-playoff è fuor di dubbio. 28° posto nei rimbalzi (36 rpg), 16° nella percentuale concessa agli avversari (46,3%), 26° nei falli (19 pfpg), e 28° nelle stoppate (3 bpg) e 21° nelle palle recuperate (6,4 spg).
Aspettando il ritorno di Duncan, previsto per la prossima partita, gli Spurs saranno protagonisti di una cinquina abbastanza impegnativa. 5 partite in 10 giorni. Dapprima si vola ad Oakland per affrontare i caldissimi Golden State Warriors del Barone mentre due giorni dopo si va a far visita a Kobe. Si torna a casa con la coppia Melo/Iverson che saranno ospiti all'At&t center.
Il 17 dicembre ci sarà la prima sfida stagionale contro l'altra grande potenza dell'Ovest, in questo momento, i Phoenix Suns dal dente avvelenato di Nash & D'Antoni. Si chiude con la trasferta di Memphis, il 19.
Vedremo se Ginobili continuerà ad essere goloso di punti e magie e se Duncan tornerà nel suo ufficio con il carisma di sempre"
Vedremo, ma sarà comunque un bel vedere"