L’Nba dei piè veloci…

Nash e i suoi Suns hanno fatto scuola…

Son trascorsi appena tre anni dall'esordio sul proscenio Nba dei Phoenix Suns timonati dal duo Nash – D'Antoni e se in questo lungo lasso di tempo non son ancora riusciti a raggiungere il traguardo più prestigioso, buona parte degli addetti ai lavori riconosce loro – l'indiscutibile – merito di aver sensibilizzato l'intero panorama cestistico ad un uso più smodato e meno timoroso del gioco in transizione.

Non è certo un mistero infatti che negli ultimi anni ed – in quest'ultimo in particolare – molte franchigie della lega più spettacolare del mondo abbiano deciso di condividere totalmente o – almeno – in parte la filosofia nella quale il coach dei Suns crede ciecamente.

Giova rammentare però che per tutti gli anni '90 lo stile di pallacanestro che imperava sui campi di mezza America fosse diametralmente opposto: “Da quando sono nella lega un'unica certezza mi accompagna ogni sera: le squadre che appartengono all'èlite del torneo son quelle che prediligono il gioco a metà  campo e che del controllo del ritmo fanno il propio punto di forza…”

Queste parole furono proferite all'alba del nuovo millennio da Jeff Van Gundy che con questa massima cercava di giustificare all'incalzante stampa della grande mela il motivo per cui i suoi Knicks non si convertissero al gioco in contropiede – nonostante – tra le loro fila militassero autentici “animali da campo aperto” quali Sprewell e Camby.

Come anticipato, sono diversi i coach che oggi hanno deciso di aumentare il ritmo dell'attacco e – di conseguenza – il numero dei possessi. Tra tutti spiccano Jim O'Brien e Van Gundy… Stan.

Nella “patria del gioco” la stagione appena andata ai libri era stata contrassegnata da un cupo avvilimento generato sia dagli scarsi risultati conseguiti dai Pacers che dalla “machiavellica” e compassata pallacanestro esibita dalla truppa di Rick Carlisle.

Una volta defenestrato il suo ex protetto, Larry Bird ha visto bene di risollevare le sorti della franchigia scegliendo una guida che – prima di tutto – prediligesse uno stile di gioco decisamente più spensierato e spettacolare.

L'ex coach dei Celtics – che guidò alla finale di conference nel 2002 – non cela di pretendere che i suoi schiaccino l'acceleratore a tavoletta (“Pedal to the metal” come dicono loro…) il più possibile.

Figuratevi quale possa esser stata la reazione della sua point – guard titolare – alias “the abuser” – al primo gorno di training camp…

Come narra l'autorevole Jack McCullum nel suo libro “Seven seconds or less” l'ossessione per la ricerca della transizione nasce da un credo ben preciso: “La nostra idea è che una difesa sia più vulnerabile nei primi secondi dell'azione piuttosto che negli ultimi”.

“Perchè?” domandò a Mike D'Antoni la “prima penna” di Sports Illustrated (che realizzò l'interessante opera dopo esser stato al seguito dei Suns per buona parte della stagione 05 – 06)

“Perchè all'inizio dell'azione la retroguardia avversaria non è ancora completamente schierata, mentre negli ultimi secondi – pur essendo certamente più stanca – lo è completamente…”

Spostandoci in Florida non si può non ricondurre la prorompente scalata dei Magic all'empireo Nba anche al fatto che il loro allenatore abbia preso la saggia decisione di detonare tutta la potenza atletica del propio roster.

Nella passata stagione era invece lampante come il gioco troppo ragionato imposto – dall'allora capo allenatore Hill non facesse che “segregare” il pirotecnico talento di gente come Howard , Ariza (incomprensibilmente svenduto ai Lakers di recente), Nelson e compagnia, agevolando – a volte – più gli avversari che i Magic stessi…

Nella stupenda recita di inizio stagione contro i Celtics avrete sicuramente notato come Jameer e soci abbiano in più di un'occasione sorpreso nei primi rintocchi d'orologio la difesa finora più efficace della lega. E l'Arena della città  di Topolino – nel frattempo – ribolle d'entusiasmo come non accadeva dai tempi di Shaq e Penny…

Gli aficionados degli “speroni dell'Alamo” – allo stesso tempo – son ben lieti di ammirare un team che in quest'ultimo biennio sta sfoderando un gioco sicuramente più brioso e divertente rispetto a quello che aveva contraddistinto il recente passato della franchigia texana.

Nessuno di voi spero si sia perso la sparatoria della settimana scorsa contro i Magic nella quale Ginobili e compagni hanno realizzato 128 punti cercando ripetutamente il contropiede anche da canestro subito.

Solo qualche anno fa tutto ciò sarebbe stato ritenuto – a dir poco – esecrabile dall'ex agente della Cia, il quale deve – evidentemente – aver avuto qualche reminiscenza del periodo (primi anni 90 ad Oakland) in cui era un giovane assistente alla scuola di tale… Don Nelson.

Molto interessante anche ciò che sta accadendo dalle parti dello Staples dove Pacific Phil – notoriamente alla guida di teams che amano ritmi blandi – ha azionato il semaforo verde.

I Lakers attuali corrono che una bellezza, e se la triangolo di “Tex Winteriana” memoria rimane sempre all'ordine del giorno, non si possono di certo celare i benefici generati dalla svolta voluta dal plurianellato maestro zen:

Kobe sembra più spensierato e… difensore; Bynum, Farmar ed Odom vedono maggiormente valorizzati i propri talenti grazie ad uno stile a loro congeniale.

E se persino uno che non ha certo doti da centometrista come Fisher scocca con sicurezza “jumpers” in transizione … si capisce come da queste parti l'ottimismo stia tornando di casa e “l'aria fritta” che per tutta l'estate ha accompagnato qualsiasi discorso riguardasse la franchigia più amata – odiata del Paese piano – piano sia destinata ad evaporare.

Discorso analogo si può fare anche per la seconda squadra di New York (ma… ancora prima per risultati). Non scopriamo certo adesso le caratteristiche principali del gioco di “Vinsanity” e “RJ” ,nè tantomeno il genio “picassiano” del miglior playmaker della lega.
Come mai allora Lawrence Frank ha deciso – solo di recente – di liberare gli istinti più selvaggi dei suoi tre fuoriclasse?

Sarà  stata la falsa partenza?
O… la scoperta di un altro bipede capace di esaltare le folle con balzi da capogiro che risponde al nome di Sean Williams?
Ai posteri l'ardua sentenza …

Ma di certo i Nets – da qualche settimana a questa parte – giocano una pallacanestro più fedele ai propri cromosomi.

Rimirando – si fa per dire… – l'orrido spettacolo messo in scesa dai Cavs nell'epilogo della scorsa stagione, era assai arduo mascherare il nostro stupore per l'improvvida scelta attuata da coach Brown di tentare di sconfiggere gli speroni lasciando continuamente schierare quella che – da maggio in poi – è considerata all'unanimità  la difesa meno perforabile dell'intero torneo…

Senza tralasciare il fatto che tale idea malasana finisse per “auto – castrare” anche l'infinito potenziale del loro miglior elemento…

Per sua fortuna anche in questo caso pare che la pausa estiva abbia portato consiglio e – nonostante l'assenza ormai cronica di Hughes – i campioni dell'Est stanno segnando cento – o più punti – ad uscita per la prima volta da tempo immemore…

Già , ma quali sono i principali vantaggi generati dall'uso disinibito del gioco in transizione?

Si segna più agevolmente ovvio , ma diminuendo le situazioni d'attacco alla difesa schierata si prendono anche meno botte, riducendo così il rischio infortuni.
Non solo…

Canestri facili riducono anche i margini di errori – leggasi palle perse – e fanno risparmiare preziose energie mentali, cosa che non accade a chi si condanna – ogni riferimento alla nostra nazionale è puramente casuale… – ad affrontare per tutto il corso della gara la retroguardia avversaria completamente posizionata.

Inoltre l'alta qualità  di una conclusione garantisce sempre l'equilibrio del quintetto, assicurando così buone chances di catturare l'eventuale carambola o di poter effettuare una transizione difensiva efficace.

La logica conclusione di questo ritrovato appeal per il “run – and – gun” è rappresentata dal fatto che in questo “bocciolo” di stagione – e le premesse perchè il trend si confermi sono evidenti – ben tredici franchigie sfondino il muro dei 100 o più punti ad intrattenimento.

Tre anni fa – quando “nacquero” gli attuali Suns – accadeva solo a sei, per non parlare della stagione 2000 – 01 quando in tripla cifra di media viaggiavano appena quattro squadre…

Come lo stesso D'Antoni ha esclamato dopo una recente scorrazzata dei suoi: “E' decisamente il caso di allacciarsi le cinture e tenersi pronti a sfrecciare da canestro a canestro sempre con più frequenza…”

Chissà  che – dal suo “buen ritiro” – anche il Van Gundy “conservatore” abbia imparato la lezione e si stia adeguando a questa autentica rivoluzione. Attendiamo fiduciosi…

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